Cardinale Angelo Comastri, Come ho conosciuto Maria.

Cardinal Angelo Comastri: “Come ho conosciuto Maria”
Io ho conosciuto Maria attraverso la mamma e attraverso la mamma ho capito Maria. Nella mia vita ci sono due ricordi fondamentali di Maria e della mamma insieme. Ricordo di quando nemmeno avevo 4 anni e la mamma spesse volte, nelle serate d’inverno, si intratteneva con me per insegnarmi le preghiere. E ricordo quando la prima volta seduto su una sedia nella grande cucina della mia casa riuscii per la prima volta a dire tutta l’Ave Maria e rivedo ancora gli occhi felici della mia mamma che mi ricompensarono con un bacio. Quel momento l’ho ancora vivo dentro di me ed è uno di quei ricordi ai quali spesse volte attingo per trovare il coraggio e la forza di andare avanti nel cammino della vita. Un altro grande ricordo mariano, l’ultimo grande ricordo mariano legato alla mia mamma risale al giorno stesso della sua morte. Era il 5 maggio del 1957 e mia mamma, com’era sua abitudine, entrò un quarto alle 6 del mattino nella mia camera dicendo la preghiera dell’Angelo: ‘Angelus Domini nuntiavit Mariae...’. Soprattutto mi ha aiutato una poesia, una poesia alla quale io sono affezionatissimo ed è una poesia di Giuseppe Ungaretti intitolata ‘La Madre’. Qui il poeta riesce a focalizzare il mistero della mamma come colei che dimentica sempre se stessa, o meglio potremmo dire con più forza colei che non riesce a pensare a se stessa, perché vive totalmente per gli altri. Ebbene il poeta immagina che l’ultimo battito del suo cuore faccia cadere la parete che lo separa dall’Eternità. E quando entra nell’Eternità cerca la mamma, perché un figlio resta sempre figlio. Dentro di sé resta sempre qualcosa del bambino. Ed ecco la sorpresa: la mamma non guarda verso il figlio, la mamma guarda verso Dio, fissa gli occhi di Dio e davanti a Dio fa intercessione per il figlio. E soltanto quando negli occhi di Dio ha letto la certezza che il figlio è stato perdonato, allora la mamma fa un sospiro di sollievo e va incontro al figlio per abbracciarlo. Ecco la madre: la madre è colei che sulla terra realizza la più bella e la più profonda visibilità del mistero di Dio. Dio ha voluto nella grande opera della salvezza coinvolgere una madre. Se fosse mancata la madre sarebbe mancato un colore, un colore materno; sarebbe mancato un calore, un calore materno. Per questo Dio ha voluto che accanto alla Croce nel momento del più grande, del più sublime atto di amore, l’amore che contrasta tutto l’odio, tutta la cattiveria, tutta la violenza dell’umanità, ci fosse una madre quasi per tradurlo con il linguaggio materno all’umanità. Allora è chiaro che se Dio ha voluto accanto a sé una madre, la madre ha un grande ruolo nella storia dell’umanità e nella storia dei popoli, e se entra in crisi, se si annebbia il mistero della maternità, il mondo precipita nell’inciviltà. Un grande statista, tra l’altro non frequentatore di Chiesa, Clemenceau, ebbe a dire che i popoli vengono educati sulle ginocchia della madre. Se viene a mancare la madre, e oggi siamo in una crisi della maternità, ci dobbiamo rendere conto e capirne tutto il rischio e la drammaticità, precipita la civiltà: non si riesce più a leggere l’alfabeto della vita, non si riesce più a leggere nemmeno l’alfabeto della religione e viene a mancare una visibilità di Dio, la visibilità appunto attraverso la madre.
ROMA, giovedì, 15 novembre 2007 (ZENIT.org)