Il Natale nel suo senso più autentico

Chiediamoci ora perché è così importante l'evento storico del Natale. Ogni anno, il 25 di Dicembre, festeggiamo la nascita a questa vita temporale del Verbo Divino, venuto nella carne a visitare l'umanità. Quel bambino che contempliamo infreddolito e piangente nel presepe non è un comune bambino, ma è Dio fatto uomo, niente di meno. Chiediamoci: perché Dio ha scelto di incarnarsi, abbassando se stesso alla nostra misera condizione umana? È stato un degrado senza paragoni .Tanto che per questo motivo Lucifero e i suoi angeli scelsero di ribellarsi a Dio e di fare guerra a noi uomini sin dalle origini. Guerra che tutt'oggi continua senza sosta né pause. La Rivelazione Cristiana viene in aiuto della nostra cecità e ci dice il motivo di questa scelta da parte di Dio. Badate che questo punto è fondamentale e se dimentichiamo questo il Natale passerà senza lasciare in noi nulla di nuovo rispetto agli altri anni. "Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; Io Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Gv 10, 10). Chi è il ladro, l'omicida, il distruttore di cui parla Gesù? Ascoltiamo: "Perché non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alle mie parole, voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità" (Gv 8, 43-46). Cristo richiama la storia dei nostri progenitori, storia che tutti noi conosciamo ma a cui forse non crediamo e di cui certamente non abbiamo compreso tutta la gravità. Il demonio tentò Adamo ed Eva e questi commisero il primo peccato - detto peccato originale - e l'uomo e la donna e tutta la loro discendenza (quindi anche noi) sono stati esclusi dalla comunione con Dio che li ha creati. Perduta la grazia santificante non c'era più speranza per l'umanità di riscattare se stessa davanti alla divina Giustizia e riaprire cosi le porte del paradiso. Nessuna creatura, per quanto giusta, poteva operare tutto questo. Troppo grande infatti era il peso del peccato nel mondo perché una persona potesse portarli su di sé per riscattare gli uomini. La speranza sembrava perduta per sempre e ognuno di noi era destinato all'inferno eterno, in cui non c'è solo la perdita eterna della visione di Dio, ma in cui c'è anche la pena dei sensi dell'anima e del corpo; questo produce il fuoco dell'inferno. Sorte orribile, frutto del peccato. Vediamo già ora quanto sia grave il peccato; lo vediamo non in se stesso perché non ne siamo capaci, siamo limitati nel nostro intelletto e nella nostra conoscenza delle realtà soprannaturali. Lo vediamo però dagli effetti: il peccato porta alla morte dell'anima e priva della comunione con Dio, unico vero bene per l'uomo. "In verità, in verità Io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero" (Gv 8, 34-37). Solo Dio poteva riscattare l'umanità e Dio scelse di farlo. Scelse di farlo mentre noi eravamo ancora peccatori. Mentre eravamo sotto la sua ira, non mentre eravamo suoi amici! Non meritavano questo dono. Non meritavano che Dio si incarnasse e patisse il freddo, la fame, la sete, il caldo, la fatica, il lavoro, i viaggi, i flagelli, le spine, i chiodi, la crocifissione e tutti i dolori interni che gli ha causato il disamore e l'odio degli uomini che stavano per essere salvati da Lui e che loro volevano mettere in croce per liberarcene una volta per sempre. "Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi" (Rm 5, 7-9). "Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori" (Mt 9, 13). "Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire,come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua sorte? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per l'iniquità del mio popolo fu percosso a morte" (Is 53). Il senso del Natale è uno solo: Dio ha assunto la nostra natura umana per offrire la sua vita per riscattare l'umanità dalla schiavitù del demonio che è schiavitù del peccato, per riaprirci così le porte del cielo e dare a chiunque lo voglia la possibilità di tornare a Dio come sarebbe dovuto essere in origine nelle intenzioni di Dio. Perduto il senso del peccato - e ascoltando i Papi da Pio XII a Benedetto XVI sembra proprio che si sia perso quasi del tutto - si perde il bisogno di redenzione e quindi si travisa il senso del Natale così come il senso della fede stessa. "Per questo il Figlio di Dio si è manifestato, per distruggere le opere del diavolo". (1 Gv 3, 8). L'opera del diavolo è il peccato che rende schiavo chi lo commette e lo allontana da Dio. Cristo ha pagato il prezzo del peccato sulla croce versando fino all'ultima goccia di sangue e patendo ciò che nessun altro al mondo ha mai patito e che mai nessuno patirà mai.