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Quando il Papa era ancora un vero Papa: Le Cappelle Papali di Natale

di Giuliano Zoroddu

Anticamente il Papa celebrava tutte e tre le messe di Natale: la prima, in nocte, a Santa Maria Maggiore, dov’è custodita la greppia dove fu adagiato Gesù Bambino; la seconda, in aurora, a Sant’Anastasia; la terza, in die, a San Pietro.

Quest’ultima, con l’andare del tempo, anche per una questione di distanze, fu traslata a Santa Maria Maggiore, come stabilito al fine da Sisto V nel 1586; la prima veniva solitamente, ma con qualche eccezione, celebrata nella Cappella Sistina in Vaticano o Paolina al Quirinale; la seconda, venne meno.

Il Papa normalmente, in tempi recenti, celebrava personalmente solo il pontificale del giorno di Natale.

A mezzanotte cantava messa il Camerlengo di Santa Romana Chiesa o un altro Cardinale e il Pontefice assisteva al trono. Le particolarità di questa funzione erano il canto del Gloria anche in greco e la presenza dello stocco e del berrettone, che precedevano Sua Santità nella processione d’ingresso come in quella di uscita.

All’aurora, come già detto, si teneva in tempi antichi la cappella papale nella antichissima e illustre basilica collegiata di Sant’Anastasia, matrona romana martirizzata a Sirmio nel 304.

Da qui, concluso il sacro rito, il Pontefice cavalcava solennemente fino a San Pietro, o come detto sopra, a Santa Maria Maggiore.

Nel primo caso, trovava acceso davanti alla Confessione il grande faro argenteo con 1362 candele, che veniva acceso anche in occasione della Pasqua, dei Santi Pietro e Paolo e dell’anniversario dell’incoronazione del Papa; nel secondo caso invece egli stesso accendeva con una canna della stoppa posta sui capitelli delle colonne per ricordare come la fine del mondo sarà accompagnata da una pioggia di fuoco.

Tra le particolarità della messa, nel Medioevo, il canto delle lodi al Pontefice dopo l’inno angelico: “Domino nostro (si nominava il Papa) a Deo decreto Summo Pontifici et universali Papae, vita etc.”.

Col tempo si abbandonò il costume di tenere cappella nella Liberiana, onde il pontificale del giorno di Natale si celebrò quasi sempre nella basilica Vaticana, con tutto il solennissimo apparato proprio della messa celebrata dal Sommo Pontefice con l’assistenza del Sacro Collegio e di tutta la sua corte e famiglia.

I Cardinali, secondo il loro ordine, assumevano i paramenti bianchi nella Cappella della Pietà. Qui pure discendeva Sua Santità e assumeva il manto e il triregno. Così parato, saliva sulla gestatoria, e ricoperto dal baldacchino, faceva ingresso in Basilica, preceduto e seguito dai dignitari laici ed ecclesiastici. In processione veniva pure portato lo stocco col berrettone, che sarà poi posto a lato della mensa dell’altare.

Prima della messa, si svolgeva la consueta adorazione del Santissimo Sacramento e si canta l’ora di Terza, col papa assiso su un trono innalzato sul lato dell’epistola dell’altare della Confessione, dopodiché assumeva i paramenti della messa.

Nell’approssimarsi all’altare per le preci iniziali il Pontefice riceveva l’abbraccio e il bacio del volto e del petto da parte degli ultimi tre Cardinali Preti.

L’epistola e il vangelo, per esprimere l’unità dei Latini e dei Greci sotto l’autorità del Romano Pontefice, venivano canti in latino e in greco. Tutti genuflettevano quando in entrambe le lingue veniva letto il passo del prologo di Giovanni “Il Verbo si è fatto carne”: Et Verbum caro factum est; Καὶ ὁ λόγος σὰρξ ἐγένετο. Parimenti era prevista la genuflessione durante il canto delle parole del Credo “Et incarnatus est etc.”. Come al solito, il Papa comunicava al trono e distribuiva la comunione ai Cardinali Diaconi, al Principe assistente e ad altri notabili della corte.

Conclusa la messa il Pontefice impartiva la benedizione e, ritornato nella Cappella della Pietà, riceveva dal Sacro Collegio gli auguri natalizi.

Anticamente il Papa ritornava in cavalcata al Patriarchio Lateranense e qui si svolgeva il lauto convito, a cui i Cardinali prendevano parte indossando i sacri paramenti loro proprio e con la mitria in capo.

Ecco come il Natale di Cristo veniva celebrato dal suo Vicario: un fasto visibile, che parafrasando il prefazio natalizio, rapiva all’amore delle realtà invisibili.