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Perchè il giusto soffre? Dio è davvero Giusto?

Diversi sono i temi teologici contenuti nel libro di Giobbe, tra i quali la concezione di Dio come Creatore e Signore della storia, la giustizia divina, il rapporto fra creazione e redenzione, tra responsabilità e retribuzione, il significato della sofferenza del giusto, i limiti e il carattere frammentario della conoscenza umana, il legame fra cammino di fede e conoscenza umana. La grande armonia di motivi e di contenuti umani e spirituali, e le problematiche sollevate dalla fondamentale domanda su Dio e sul senso della vita di fronte all'assurdità della sofferenza definiscono il profilo dell'opera e ne testimoniano la profondità teologica. È indicativa la metafora utilizzata da san Girolamo nell'esordio del suo commento al libro di Giobbe: «Spiegare Giobbe è come tentare di tenere nella mani un'anguilla o una piccola murena: più forte la si preme, più velocemente sfugge di mano». Indichiamo tuttavia due temi principali che ricorrono con maggiore evidenza nell'opera sapienziale: la sofferenza del giusto, la giustizia e la sapienza divina.

a) La sofferenza del giusto

Senza dubbio, uno degli argomenti centrali del libro di Giobbe è il problema del perché Dio permette la sofferenza del giusto. Diverse sono state le risposte a questo enigma, sia nell'ambito della letteratura veterotestamentaria che nelle tradizioni antiche extrabibliche: la sofferenza rappresenta la punizione per il peccato (Gb 4,8), è sorgente di correzione morale (Gb 33,14-24), è sacrificio espiatorio vicario (Is 52,13-53,12), mezzo di conversione (Is 1,25.26; 48,10) e di purificazione (Sal 66,10), è via necessaria per compiere i disegni divini (Gn 50,20), realtà che se ben accolta viene premiata con la vita eterna (Sap 2-3), e diverse altre.

Il libro di Giobbe, pur non rivelando il «senso» del dolore e della sofferenza, sembra indicare una prospettiva pedagogica: Dio permette la sofferenza del giusto perché la sua rettitudine si dimostri fedele e autentica. È questo il motivo che appare nel prologo del libro. Dio permette che Giobbe venga tentato per dimostrare che la sua virtù non era interessata (come insinuava Satana) né sorretta da motivazioni strumentali per il fatto che a Giobbe tutto va bene e non ha difficoltà da superare (cfr. 1,6-11; 2,3.5). Infatti, provando Giobbe con la sofferenza, Dio riceve conferma della sua integrità. In questo senso, il libro di Giobbe mette in evidenza, nella cornice veterotestamentaria in cui si situa, che se la sofferenza può essere conseguenza di una punizione, quando è legata alla colpa, non ogni sofferenza è effetto della colpa e sia da intendere in conseguenza della punizione.

Quest'insegnamento non era certamente del tutto nuovo, in quanto appare nella tradizione deuteronomistica e prima ancora nella prova di Abramo (Gn 22). In Dt 8, 2.16, infatti, l'azione di Dio nei confronti del popolo d'Israele durante il cammino nel deserto viene interpretata come prova di fedeltà: «Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarantanni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi».

Così nella vicenda di Abramo, Dio mette alla prova il Patriarca chiedendogli di sacrificare Isacco, il figlio delle promesse (Gn 22,1.16). Nel libro di Giobbe tuttavia si rivela in modo unico questa dottrina riguardante la sofferenza del giusto: Giobbe fa l'incontro con Jahvé attraverso la comprensione teologica del senso del dolore e del valore della vita.

b) La giustizia e la sapienza divine

La situazione descritta dal libro di Giobbe mette in evidenza un secondo importante tema: la giustizia imperscrutabile di Dio che infrange la logica umana. Infatti la vera sofferenza di Giobbe sembra risiedere nell'incomprensibilità della sua situazione. Non sono le tragedie della sua famiglia o i dolori fisici a mettere in crisi il suo spirito, poiché in questo Giobbe ha dato prova di insuperata integrità e di fede disinteressata, come viene segnalato nel prologo.

Ciò che è messo a prova è la fede in un Dio giusto. Il lamento di Giobbe (si vedano i soliloqui: 27,1-23; 29-31) è causato soprattutto dal conflitto intimo generato a partire dalla sua fede nella giustizia di Dio. Egli crede con una fede incrollabile che Dio tutto governa con le sue leggi e ristabilisce la giustizia quando è necessario; in questa convinzione Giobbe concorda con i suoi tre amici (i quali però traggono conseguenze troppo rigide a partire dalla posizione retribuzionista), ma ciò che non riesce a spiegare è perché Dio sembra si sia dimenticato della lealtà di chi sempre lo benediceva, oppure, perché Dio pare indifferente alla sua disgrazia, venendo meno nel suo impegno di fedeltà. Perché l'Altissimo non mostra la sua giustizia? Giobbe non riesce a capire l'agire di Dio, e perciò contesta con dolore la sua innocenza. Il lungo silenzio di Dio alle sue domande sembra confermarlo. Questo silenzio quasi colpevole spinge Giobbe a formulare la celebre apologia, nella quale confessa la sua innocenza: «Oh, avessi uno che mi ascoltasse! Ecco qui la mia firma! L'Onnipotente mi risponda! II documento scritto dal mio avversario vorrei certo portarlo sulle mie spalle e cingerlo come mio diadema! Il numero dei miei passi gli manifesterei e mi presenterei a lui come sovrano» (31,35-37).

Solo alla fine, nella sua teofania, Dio darà una risposta, non però legata ad una visione legalista della grandezza divina. Nel rispondere a Giobbe l'Altissimo mostra la limitatezza della capacità umana a capire i misteri della creazione e quindi, indirettamente, la completa inadeguatezza a comprendere i più alti disegni divini riguardanti la salvezza degli uomini. Con le sue parole Dio guida Giobbe ad approfondire e accogliere il valore della sofferenza che non è un segno di allontanamento da parte di Dio, bensì un mistero che deve essere accettato con atteggiamento di umiltà e di fiducia (Gb 33,1-13. 31-33).

La sofferenza ha un posto preciso nei piani divini di salvezza, benché l'uomo non riesca a capire tutto il suo significato. Nel momento della prova è richiesta la fiducia in Dio e nella sua sapienza infinita. Perciò nel libro di Giobbe troviamo un richiamo a vivere nell'ascolto della sapienza divina, perché tutto concorre al bene di coloro che amano Dio (cfr. Rm 8,28).

Tratto da:
Padre Michelangelo Tabet, Introduzione alla lettura dei libri poetici e saapienziali dell'Antico Testamento, Apollinare Studi, Roma 2000, pp. 127-130.