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Quella volta che Padre Pio e don Dolindo Ruotolo si incontrarono

Inedite e preziose fotocopie, Grazia Ruotolo ci segnala una lettera del 13 marzo 1967 del cappuccino Padre Pellegrino che, scrivendo ad una Figlia spirituale collaboratrice di Don Dolindo, così dichiara: “Padre Pio ha detto che niente di quanto è scaturito dalla penna di Don Dolindo deve andare perduto. Preoccupatevi quindi di affidare il materiale inedito a persone intelligenti, oneste e piene di buona volontà evitando, per quanto dipende da voi, di “DARE LE COSE SANTE AI CANI E DI METTERE LE MARGHERITE INNANZI AI PORCI…“.

E ancora: “Non è vero che Don Dolindo è impossibilitato a scrivere gli ultimi capitoli sulla Madonna… – mi ha detto Padre Pio, egli infatti li sta scrivendo nella sua carne crocifissa sotto lo sguardo dell’Addolorata…” Per Don Dolindo due sole le “armi” che i veri Discepoli di Cristo non devono mai abbandonare: il Crocefisso e il Rosario! Li definiva “distintivi identificativi dell’appartenenza a Gesù e a Maria”.

Il 12 ottobre 1968, Don Dolindo, viene sollecitato a scrivere qualcosa in Memoria di Padre Pio da poco deceduto (il 23 settembre). Non sentendosi in grado di scrivere di un’Anima così bella e santa, decide di raccontare come si svolse il loro primo incontro. Dopo una serie di fatti messi insieme come solo la Divina Provvidenza sa fare, Don Dolindo parte alle quattro del mattino con il Vescovo mons. Palaticci di Campagna, quale suo accompagnatore provvidenziale. Ecco come descrive i fatti Don Dolindo:

“Vi andai con due precisi desideri, dei quali non parlai a nessuno: domandargli luce sul mio cammino sacerdotale, e sulle conseguenti tribolazioni nelle quali ero cascato… e domandargli qualche cosa benedetta da lui, per gli infermi che io confortavo. Per me volevo luce nel mio cammino per assicurarmi se ero stato o ero un illuso, o un sognatore, date le penose contraddizioni che avevo subito e che subivo nel mio apostolato e nelle opere che pubblicai con le debite approvazioni, per il bene delle anime. Allora infieriva il Modernismo, come infierisce forse di più oggi, nonostante la precisa condanna del Santo Papa Pio X, e nonostante le accorate proteste del Papa Paolo VI…. (...)

M’incontrai col Padre Pio, e lo supplicai di ascoltarmi! Si meravigliò di vedermi vecchio con la chioma imbiancata per l’età e mi disse scherzando: “Ti sei imbiancato, t’è caduta la neve sul capo??”. Parlava così perché mi conosceva spiritualmente nell’anima, perciò soggiunse: “Ma l’anima è sempre giovane!”… Poi alla mia domanda di confessarmi per avere luce, mi disse: “Non c’è bisogno, sei tutto benedetto!!” Alla domanda che volevo fargli sul mio cammino doloroso, provocato dai Modernisti, rispose leggendo il mio pensiero: “Che ne vuoi sperare figlio mio”, e con gesto significativo della mano, soggiunse in dialetto: “Chille tènerie chélla capa…. (quelli hanno quella testa…)”. Poi mi abbracciò e mi benedisse. (...)

Dovemmo licenziarci perché dovevo trovarmi a Napoli per la predicazione e gli domandai la benedizione. Egli rispondendo al mio pensiero sull’Opera di Gesù, sorridendo mi disse: “Ma tu sei avido di benedizioni! tu non ti sazi mai!”.

Ed abbracciandomi, e stringendomi al suo cuore mi disse, rassicurandomi sul percorso passato della mia vita, sul presente ed anche sul futuro, mi disse in tono enfatico, innanzi ai frati che lo circondavano: “Ascoltami bene! Tutto il Paradiso è nell’anima tua, c’è stato sempre, c’è e ci sarà per tutta l’eternità”. E mi baciò con profondo affetto che mi commosse, avanti a tutti. I frati stessi rimasero sorpresi dei gesti e del linguaggio, tanto che mi chiesero: “Ma voi avete capito che cosa vi ha detto Padre Pio? E’ mirabile, ma che cosa ha voluto dirvi?“

Egli rispondeva allo scopo principale per il quale ero andato da lui, rassicurandomi che ciò che era svolto nella mia povera vita travagliata, ma piena di tanti avvenimenti, era volontà divina. Non ero un illuso, dunque, il mio cammino era dato da Dio, lo era e mi portava all’eterna salvezza. Nel mio cuore non feci che umiliarmi, giacché non vedevo e non veggo in me, altro che nullità e miseria.”
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