La Chiesetta della Madonna della Pietà fuori Porta Lavinia (Chiusi)

La chiesetta della Madonna della Pietà e il Longobardo d’oro

di: Fausto Lottarini e Giovanni Mignoni

Nelle strutture murarie adiacenti o sopra l'arco di Porta Lavinia era custodita, almeno sin dalla seconda metà del Cinquecento, un’immagine della Madonna che aveva grande venerazione a Chiusi.

A metà del diciassettesimo secolo erano ormai in condizioni precarie le fortificazioni interne della Città, compreso il “casotto” sopra Porta Lavinia dove crediamo si conservasse, incastonata nelle muraglie, l'immagine della Madonna .

Si pensò così di costruire, appena fuori porta, una chiesetta per custodire meglio l'immagine sacra e per favorirne il culto che sembra portasse molte elemosine.

La chiesetta fu costruita a ridosso delle antiche mura castellane che circondavano il promontorio dell'Arcisa e sopra alla strada che conduce al podere Peschiera allora detta via comune e fu dedicata alla Madonna della Pietà .

La vita di questo piccolo monumento fu breve e travagliata infatti negli anni 1784-85, essendo ormai pericolante così come le mura a cui era appoggiata, fu definitivamente demolita. Della immagine sacra non sappiamo nulla, non crediamo che sia stata distrutta ma piuttosto trasferita in altro luogo magari nel Convento delle monache di S. Stefano proprietarie del terreno.

Circa un secolo dopo, nella primavera del 1874, nel ripiano dell'Arcisa, in uno scavo clandestino si rinvenne una ricchissima tomba longobarda i cui materiali furono subito venduti dagli scavatori che poi furono individuati e processati. Le cronache del tempo ci dicono che la tomba era stata rinvenuta a due metri di profondità sotto le fondamenta della chiesa della Madonna della Pietà demolita un secolo prima.

Note di archeologia

di: Roberto Sanchini


Anello-sigillo di Faolfus (Firenze, Museo del Bargello)

La Tomba del Longobardo d’oro reimpiegava un’epigrafe romana come copertura e conteneva un inumato con corredo interamente in metallo prezioso, databile fra il VI e il VII secolo, oggi conservato in parte nel Metropolitan Museum (New York) e in parte nel Musée des Antiquitatés Nationales de Saint Germain-en-Laye (Parigi).

Guarnizioni di spada in lamina d'oro, già collezione Baxter (New York, Metropolitan Museum on Art)

Si tratta di diciassette guarnizioni in oro di una cintura, di quattro guarnizioni auree dell’elsa di una spada, dei resti di un pugnale con fodero d’avorio e decorazioni auree, di un set da calzature costituito da due fibbie, due puntali e due contro-placche, di una fibbia d’oro decorata a filigrana, di cinque crocette auree lisce, di un anello d’oro con pietra etrusca raffigurante un guerriero ferito sorretto da altri due guerrieri e di un bottone aureo con faccia umana incisa.

A tali oggetti se ne devono aggiungere altri, andati dispersi, nonché gli unici acquistati per il Museo locale, cioè un umbone di scudo, una spada, uno scramasax (specie di coltello ad un solo taglio), due bacini di rame, un vaso di vetro e un fibbia d’argento.


Fibbia e bottone in oro, già collezione Baxter (New York, Metropolitan Museum of Art)

Fra i materiali sporadici provenienti da Arcisa spicca l’anello-sigillo aureo di Faolfus ora al Museo del Bargello di Firenze.

Caso non unico a Chiusi, la necropoli altomedievale si estese in un’area già urbanizzata, probabilmente a destinazione pubblica come quella contigua dell’attuale parcheggio già “vigna del canonico Ragnini”; lo testimoniano i cunicoli di drenaggio presenti nel suo sottosuolo, resi evidenti dai molti sbocchi sui fianchi della collina, e i frammenti di un probabile feriale (elenco di feste pubbliche annuali) del II-III secolo dell’era cristiana.



CIL, 2593 a-f: frammenti di tavole marmoree da Arcisa pertinenti a probabile feriale


Cunicoli dell’Arcisa (da: F. Fabrizi, Il Labirinto di Chiusi. Storia – Scavi – Esplorazioni, Calosci 2001)

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di: Fausto Lottarini e Giovanni Mignoni

Recenti pubblicazioni sulla storia altomedioevale della nostra città (1) hanno risvegliato l'attenzione sulle necropoli longobarde e in particolare su un ritrovamento, avvenuto nel 1874,di una tomba con ricco corredo appartenuta sicuramente ad un personaggio di elevato rango sociale.

Le cronache dell'epoca ci dicono che il “ longobardo d'oro” fu rinvenuto sul ripiano dell'Arcisa a circa due metri di profondità sotto il pavimento di una chiesetta demolita circa un secolo prima.

Naturalmente l'interesse degli studiosi è sempre rivolto alla descrizione e studio delle suppellettili, raramente si descrivono i luoghi del rinvenimento così che oggi abbiamo qualche problema a ricollocare nel territorio la tomba e quindi la chiesa; ma questo purtroppo è accaduto per la maggior parte degli scavi ottocenteschi.

Sulla scorta di quanto detto e con l'obiettivo più generale di ricostruire un percorso archeologico lungo una antica viabilità, oggi quasi scomparsa, che uscendo da porta Lavinia scendeva a Pian dei Ponti per andare ai passaggi sulle Chiane.,abbiamo iniziato ad occuparci proprio della chiesetta, dedicata alla Madonna della Pietà, sotto al cui pavimento fu rinvenuta la ricca tomba longobarda.

Molte notizie che abbiamo incontrato sulla Chiesa della Madonna della Pietà si riferiscono direttamente o indirettamente,alla sua demolizione avvenuta dopo il 1784 (2). Sulla sua costruzione,purtroppo, non possiamo essere altrettanto precisi.

La prima notizia la incontriamo in un documento del 1567 (3) quando le magistrature chiusine decisero di edificare una “chiesetta della Madonna della Pietà a Porta Lavinia” con i sassi del diruto ponte di S.Silvestro . La chiesa non si costruì allora, come vedremo, ma è significativo il fatto che fosse già decisa la sua intitolazione come se si volesse trasferire lì un culto ormai consolidato.

A questo proposito abbiamo altre notizie che vogliono una Cappellina o Arco della Pietà in fondo a via della Pietriccia all'incrocio con via Torri del Fornello. Anche questa costruzione venne demolita negli ultimi anni ottanta del Settecento e ciò ci aveva indotti, inizialmente, a ritenere i due manufatti coincidenti. Ma se l'Arco della Pietà era in fondo a via della Pietriccia e questo è certo (4) non può essere identificato con la Chiesetta della Pietà che abbiamo detto si trovava sul ripiano dell'Arcisa. La notizia del 1567, ossia la volontà di trasferire il culto della Madonna della Pietà a Porta Lavinia potrebbe trovare una spiegazione con le devastazioni che la guerra di Siena potrebbe aver causato alla porta di S. Silvestro dove poteva essere presente l'immagine della Madonna. Al momento queste sono solo suggestioni non confortate da alcun documento.

Il 31 Marzo 1783 (5) si propose di demolire il Casotto sopra Porta Lavinia perché minacciava rovina e non era più di utilità. L'immagine della Madonna che esisteva in detto casotto non era più in venerazione “essendo stata da gran tempo trasportata altrove in una chiesola detta della Madonna della Pietà che era una volta presso la predetta immagine”.

Sembra dunque che una immagine della Madonna fosse venerata a Porta Lavinia e avesse una sua Cappellina prima che si costruisse la nostra chiesa . Ciò è confermato anche dai libri di memorie del nostro archivio comunale. Ogni anno si estraevano dal Bossolo i nomi dei Santesi dei vari luoghi di culto della città. La prima notizia dell'elezione dei Santesi della Madonna di Porta alla Vigna è dell'anno 1562 (6) e ne troviamo traccia negli anni successivi almeno fino al 1660. Qui non si parla di Madonna della Pietà, ma si dice genericamente Madonna di Porta alla Vigna, e ci si riferisce sicuramente ad una Cappellina esistente a ridosso della porta.

Anche nelle visite pastorali dell'anno 1576 si parla di Cappella della Beata Vergine a Porta alla Vigna (7) .

La prima notizia che ci conferma l'esistenza della Chiesa della Pietà ci viene fornita dalla visita pastorale del 1678 (8) . Si dice che è stata costruita da pochi anni con le elemosine dei fedeli fuori la porta della Città e vicino alle mura castellane. Ne è custode e curatore il prelato Giovanni Ghezzi. Lo stesso Ghezzi nel 1684 chiede al Vicario (9) il permesso per utilizzare le elemosine conservate in una cassetta dentro la Chiesa per restaurarne il tetto e per altri lavori necessari.

Altro documento del 1697 (10), sempre dall'Archivio Vescovile, fornisce notizie più dettagliate.

Gli scriventi, lo stesso Ghezzi detto prima, e il Canonico Francesco Marri, incaricati a riferire sullo stato della chiesa e suoi beni espongono quanto segue: “il Canonico Bossi particolarmente devoto alla immagine della Vergine detta volgarmente della Pietà posta nella fabbrica fatta ad onor suo col titolo di chiesa dentro alle mura vecchie di questa città e vicino alla porta di essa detta di Pacciano” offre un campo per fondo dotale di detta chiesa di stara 6, posto nella contrada di Dolciano nel contempo si decidono nuove regole per l'elezione del rettore e si fa l'inventario dei beni in dotazione.

Le condizioni della chiesina pertanto non erano buone sin dai primi anni dopo la sua edificazione.

Dopo 60 anni nel 1757 (11) Romualdo Giuseppi minore conventuale nel Convento di S. Francesco di Chiusi, oratore e custode della nostra chiesetta, in una richiesta alle autorità ci dice che fuori della città esisteva una piccola Chiesa dedicata alla Madonna Santissima della Pietà “presso la quale vi sono alcune mura castellane” e volendo ampliare la chiesa a sue spese chiede di poter appoggiare i travi del tetto alle suddette muraglie. Di questa richiesta si occuparono niente meno che i Quattro Provveditori della General Biccherna dello Stato di Siena che ordinarono ai Priori una visita dei luoghi. Tutto ciò che riguardava le mura non si decideva a Chiusi da tantissimo tempo e il povero frate crediamo non sia stato accontentato.

Sino ad ora non siamo riusciti a capire dove fosse esattamente la Chiesetta della Pietà, tutti i documenti però ci dicono che era a ridosso delle mura esterne della città, le cosi dette mura castellane A questo proposito in un documento del 15 Febbraio 1786 (12), quando la nostra chiesetta era già stata demolita, il Provveditore alle strade e fabbriche segnala che il Nob. Sign. Alessandro Nardi ha demolito “un pezzo di muro castellano,poco distante dalla pubblica strada,in luogo detto la Madonna della Pietà fuori Portonaccio”. Portonaccio era ed è la località fuori Porta Lavinia a nord del promontorio dell'Arcisa dove, nei secoli passati, era un cimitero ebraico e dove si eseguivano le condanne a morte come ci dicono alcuni documenti del nostro Archivio Comunale. Si potrebbe così spiegare il termine spregiativo della località e pensare che alla Madonna della Pietà e prima ancora alla Madonna di Porta alla Vigna fossero rivolte le ultime preghiere dei condannati a morte. Il toponimo Portonaccio ovviamente fa riferimento ad una porta nella cinta esterna poi andata del tutto perduta in epoche più antiche.

Il “muro castellano” è sicuramente un tratto delle vecchie fortificazioni esterne che difendevano il promontorio dell'Arcisa. Questi strappi di mura,come venivano definiti allora,non avevano più alcuna funzione difensiva da molto tempo ma erano diventati semplice sostegno ai terreni in forte pendenza. Il Casuccini e il Nardi in questi anni ottengono dal Comune in cambio di poche lire,la possibilità di demolire queste antiche vestigia per edificare o restaurare i loro numerosi poderi. Si è persa in questo modo quasi ogni traccia delle vecchie fortificazioni, alcune sicuramente di epoca romana, che cingevano la collina dei Forti, le ripe della Petriccia e dell'Arcisa. La pubblica strada è con molta probabilità la strada che da Porta Lavinia scende a mano sinistra verso il podere Portonaccio mentre il ramo principale prosegue diritto verso il podere Peschiera.

Dal Catasto Settecentesco possiamo vedere che la proprietà Nardi era da queste parti rappresentata dalla particella 620 denominata Botusso che recingeva a sud e a est il promontorio dell'Arcisa.

Nel 1794 (13) il Provveditore di Strade e Fabbriche Antonio Magnoni ci informa sulle solite devastazioni del Casuccini e del Nardi che hanno provocato con le loro opere gravi danni alla “strada che staccasi dal muro del giardino del sig. Filippo Dei(Vasta area oggi occupata dal Museo e dalle case dietro fino alla piazzetta Cesare Battisti compresa ) per avere i medesimi incanalato la forma dove scolano le acque di Chiusi e parimenti è stata devastata la strada che è diventata un fosso dai confinanti Casuccini e Nardi sotto la demolita Chiesa detta della Pietà............e molto di più il sig. Casuccini che fece serrare la chiavica che riceveva l'acqua di tutti i campi superiori a detta strada medesima,che esisteva poco di sopra la demolita Chiesa....”

Qui Pietro Casuccini era proprietario (Catasto di fine Settecento) della particella 622 denominata Arcisa confinante con la particella 620 di A. Nardi .

Come abbiamo già detto la nostra chiesetta ritorna alle cronache circa un secolo dopo la sua demolizione, in occasione di uno scavo clandestino eseguito dai fratelli Foscoli, noti scavini di Chiusi, nella primavera del 1874. Il trafugamento e la vendita della ricca suppellettile generò anche un processo, avendo il Regio Conservatorio di Chiusi, proprietario dei terreni, intentato causa contro i Foscoli. La Commissione Archeologica sollecitata dalla Pretura di Montepulciano si dovette ufficialmente occupare della cosa in una seduta del 14 Aprile 1874. Il verbale della adunanza (14) ci fornisce altri dati importanti .

La chiesetta della Pietà si trovava sul promontorio dell'Arcisa, era stata demolita in modo parziale infatti erano state risparmiate parte delle fondamenta. Alla profondità di circa due metri sotto al piano della antica chiesa era stata scavata la tomba longobarda che aveva restituito un ricchissimo corredo, poi venduto a collezionisti chiusini e fiorentini. Si trovava su un terreno del Regio Conservatorio nel secolo precedente appartenuto alle Monache di S. Stefano.

Sappiamo poi che si trovava a ridosso delle mura esterne della città e vicino ad una pubblica strada che le transitava a valle. Mettendo insieme tutti questi dati possiamo dire che la nostra chiesa doveva trovarsi nella particella 621 del Catasto Settecentesco denominata Arcisa, confinante con le proprietà Casuccini e Nardi di cui dicevamo prima. Nel catasto attuale con contorno pressoché immutato si tratta della particella 134.

Galli descrive nel 1942 (15) i suoi scavi all'Arcisa del 1913 e 1914 e ricorda i primi contatti presi a Chiusi negli anni 1907 e 1908 con i personaggi che si occupavano di archeologia come i Paolozzi, Ottieri della Ciaja, Casuccini, Galeotti e Lancetti. Era fresco, dice, in quegli anni il ricordo di una scoperta eccezionale avvenuta non molti anni prima sull'altura dell'Arcisa nel lato di nord-est. Prosegue poi dicendo che poté personalmente ritrovare i resti lapidei della grande tomba disfatta avvalendosi anche delle indicazioni dei fratelli Mignoni esperti scavini di Chiusi.

Quando Ranuccio Bianchi Bandinelli, nei primi anni venti del passato secolo, soggiornava a Chiusi per preparare la sua tesi di laurea (16) e visitava tanti luoghi accompagnato dal fedele Santoni altro scavino di Chiusi, sicuramente avrà voluto conoscere il luogo del ritrovamento della ricca tomba longobarda all'Arcisa che forse era ancora riconoscibile sul terreno.

Non erano questi anni felici per l'archeologia medievale e anche il Bandinelli è avaro di notizie, tuttavia sulla collina dell'Arcisa a monte della strada che conduce al podere Peschiera segna due tombe longobarde. Una delle due è sicuramente il luogo del rinvenimento del “longobardo d'oro” su cui fu costruita la nostra chiesetta alla metà del secolo XVII.

Concludiamo la nostra storia con una notizia del Marzo del 1782 (17). Alcuni cittadini di Chiusi tra cui Antonio Marchetti e Simone Ragnini chiedono ai Priori il permesso di trasportare la immagine della Madonna della Neve, custodita nella Cappellina di Porta Lavinia che si doveva demolire, nella Cappella della Pietriccia (Asso di Picche) che era in totale abbandono e serviva solo per ricovero ai pastori e pertanto chiedono di poterla restaurare per non far morire a Chiusi, dicono i supplicanti, il culto e la devozione alla Madonna della Neve di cui annualmente si celebrava una festa.

I Priori non autorizzarono il trasferimento sostenendo che la immagine sacra poteva essere venerata in altri luoghi. Ma a noi interessa l'altra notizia e cioè che nella Cappella di Porta Lavinia, quando l'immagine della Madonna della Pietà fu trasferita nella chiesetta a lei dedicata, si pose in venerazione l'immagine della Madonna della Neve.

Il culto della Madonna della Neve era assai antico ma rifiorisce negli anni della Controriforma quando nella Toscana dei Medici nacquero e prosperarono tantissimi culti mariani perlopiù gestiti da enti laicali spesso in contrasto con l'autorità vescovile.

Volevamo ricordare e sopratutto ricollocare nel territorio un piccolo monumento dalla vita breve e travagliata ma importante per dare uno spaccato della società chiusina di quegli anni e del forte sentimento religioso che la pervadeva spesso al limite della superstizione. Crediamo di aver in qualche modo assolto al nostro compito.

Note al testo

Goti e Longobardi a Chiusi a cura di Carla Falluomini Ediz. Luì 2009
S.C (Archivio Storico di Chiusi )- Memorie vol XXXVI
S.C.- Memorie vol XVIII
L'Arco o Cappellina della Pietà in fondo a via della Pietriccia è ricordato da molte fonti tra cui il Catasto Particellare del 1782, le Visite Pastorali dall'anno 1777 al 1798 e da una relazione sullo stato delle strade chiusine di Lorenzo Paolozzi del 1798 conservato nel nostro Archivio Storico.
S.C.- Memorie vol.XXXVI , in questa occasione si propone di demolire anche il casotto delle altre due porte cittadine e cioè Porta S. Pietro e Porta di Pacciano.
S.C.- Memorie vol. XVII
C.V.C. ( Archivio della Curia Vescovile di Chiusi) - Visite Pastorali
idem
idem
idem
idem
S.C. - Memorie vol. XXXVII.
S.C. - Urbanistica e Viabilità
Giulio Paolucci – Memorie della Commissione Archeologica in Biblioteca di Studi Etruschi vol.39
Galli - Nuovi materiali barbarici dell'Italia centrale in Mem.Pont.Acc. 1942
B. Bandinelli – Clusium - Ricerche Archeologiche e topografiche su Chiusi ed il suo territorio - Roma 1925
A.C.V.C. - Luoghi di culto - miscellanea di documenti 1782

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