Quelle profetiche parole di Don Bosco e Papa Pio XII: tutto si sta compiendo...

Eugenio Pacelli, quando era ancora Segretario di Stato sotto il Pontificato di Pio XI, rivelò, con parole impressionanti, ciò che sarebbe avvenuto nella Chiesa:

« Sono preoccupato per il messaggio della Beata Vergine a Lucia di Fatima. Questo insistere di Maria riguardo ai pericoli che minacciano la Chiesa è un avvertimento divino contro l'atto suicida di alterare la Fede nella Sua Liturgia, la Sua Teologia e la Sua anima. [...] Sento tutto intorno a me questi innovatori che desiderano smantellare la Sacra Cappella, distruggere la fiamma universale della Chiesa, rigettare i suoi ornamenti e farla sentire in colpa per il suo passato storico ».

Inoltre:

«Verrà un giorno in cui il mondo civilizzato negherà il proprio Dio, quando la Chiesa dubiterà come dubitò Pietro. Sarà allora tentata di credere che l’uomo è diventato Dio. Nelle nostre chiese, i cristiani cercheranno invano la lampada rossa dove Dio li aspetta. Come Maria Maddalena, in lacrime dinanzi alla tomba vuota, si chiederanno: “Dove lo hanno portato”? » (1)

Aridità spirituale, poi nostalgia, infine disperazione... Sono i tre passaggi dell’uomo che, ad un certo punto, si rende conto di non avere più Dio e, perdendo la Fede, perde se stesso.

« Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi » (2).

In questo mondo, ormai, si comprende soltanto il linguaggio dell’«esperienza», ovvero le emozioni e le sensazioni che ciascuno prova di fronte ai fatti; non esistono più certezze, ma soltanto dubbi e miriadi di interpretazioni anche all’interno della stessa Chiesa. E la Passione della Chiesa, quella che Maria Santissima annunciò ai pastorelli. Nel 1917 la Regina del Cielo individuò nel comunismo il grande nemico delle anime, invitando il Papa e i vescovi del mondo a consacrare al suo Cuore Immacolato la Russia affinché cessasse la sua tirannia sulle nazioni e sulle persone. Ma questo atto religioso non è stato compiuto, perché sarebbe stato interpretato come un atto politico... perciò il comuniSmo ha veramente perseguitato la Chiesa, spargendo i suoi errori ovunque fino a trasformare la cultura e le coscienze. Gli atti della Santa Sede correlati alla consacrazione mariana sono stati:

• Pio XII compie una consacrazione della Chiesa e del genere umano al Cuore Immacolato di Maria, documentato dal Radio- messaggio al Portogallo del 31 ottobre 1942. Questo atto lo rinnova a Roma nella basilica di San Pietro l’8 dicembre dello stesso anno.

• Pio XII scrive, con la data del 7 luglio 1952, la Lettera apostolica Sacro vergente anno,nella quale consacra la Russia al Cuore Immacolato della Vergine. Tale atto, però, non assolve al comando della Madonna, come ripetutamente dichiarato dalla stessa suor Lucia, perché non vengono rispettate le modalità e le procedure che la stessa Madre di Dio aveva indicato: soprattutto non sono presenti tutti i vescovi del mondo.

• Paolo VI consacra il mondo il 21 novembre 1964, durante i lavori del Concilio Vaticano H, rinnovando la « consacrazione a Maria come atto di affidamento alla celeste Madre di tutta l’umana famiglia ». Pellegrino a Fatima, il 13 maggio 1967, nel 50° anniversario delle apparizioni, Papa Montini invita «... tutti i figli della Chiesa a rinnovare personalmente la propria consacrazione al Cuore Immacolato della Madre della Chiesa e di vivere questo nobilissimo atto di culto con una vita più conforme alla Volontà Divina, in uno spirito di filiale servizio e di devota imitazione della loro Celeste Regina».

• Giovanni Paolo II compie un Atto di affidamento e di consacrazione del mondo alla Vergine sia a Fatima, il 13 maggio 1982, che a Roma, il 25 marzo 19843. Nel 1982 nel compiere la consacrazione del mondo e « di tutte le genti », il Pontefice evitò di menzionare la Russia per paura di offendere i russi ortodossi, violando il principio ecumenico che, da dopo il Concilio Vaticano II, ha assunto un ruolo privilegiato e di primo piano. Giovanni Paolo II dichiarò, a riguardo di tale consacrazione, di « aver fatto tutto ciò che era possibile nelle circostanze concrete »4. Il 25 marzo 1984, solennità dell’Annunciazione, Giovanni Paolo Il invitò tutti i vescovi a consacrare in quel giorno le diocesi, le parrocchie, i parrocchiani, le famiglie e ogni singolo fedele al Cuore Immacolato di Maria Santissima. Tuttavia la maggior parte dei vescovi non si unì al Papa e non tutti i sacerdoti si unirono ai pochi vescovi disponibili; di conseguenza la maggior parte dei fedeli non venne neppure a conoscenza di quell’atto.

Benedetto XVI nel 2009, a Betlemme, parlò esplicitamente del Trionfo del Cuore Immacolato come di un evento ancora di là da venire:

« TU hai promesso ai tre bambini di Fatima: “Alla fine, il Mio Cuore Immacolato trionferà”. Che così avvenga! Che l’amore trionfi sull’odio, la solidarietà sulla divisione e la pace su ogni forma di violenza! Possa l’amore che hai portato a Tuo Figlio insegnarci ad amare Dio con tutto il nostro cuore, con tutte le forze e con tutta l’anima. Che l’Onnipotente ci mostri la Sua misericordia, ci fortifichi con il Suo potere, e ci ricolmi di ogni bene (cfr. Le 1, 46-56) ».

A Fatima ci furono la presenza della Santa Eucaristia (portata dall’Angelo Custode del Portogallo), della Madonna e del Papa. Ovvero i Tre Amori bianchi di san Giovanni Bosco. A Fatima si riprodusse di fronte a Lucia, Francesco e Giacinta, in maniera tangibile e plastica, quel dipinto che è presente nel santuario di Maria Ausiliatrice di Torino, raffigurante il celebre sogno profetico del padre e maestro dei giovani: il « sogno delle due colonne ». Lo raccontò lo stesso don Bosco la sera del 30 maggio 1862 a ventidue sacerdoti neo-salesiani:

« Figuratevi - disse ai giovani - di trovarvi con me sopra uno scoglio prospiciente sul mare e di vedere sulla vasta superficie marina, una innumerevole flotta di navi ordinate a battaglia e con le prore terminanti a rostro di ferro. Immaginate queste navi, munite di cannoni e provviste di materie incendiarie, avanzarsi contro una nave molto più grossa e alta, per tentar di urtarla con il rostro per poi incendiarla. A quella maestosa nave, così bene armata, fanno scorta molti altri navigli, che si regolano secondo i comandi dell’ammiraglio ed eseguiscono evoluzioni per difendersi dalla flotta avversaria. Il vento loro contrario e il mare agitato sembrano favorire i nemici. Ma dalla distesa marina si adergono due altissime colonne granitiche e poco distanti l’una dall’altra. Sopra una di esse, domina una bella statua dell’Immacolata, ai cui piedi pende la scritta latina: “Ausiliatrice dei cristiani”, mentre sull’altra colonna, molto più alta e consistente, raggia un’Ostia, sotto la quale si leggono le parole latine: “Salute dei credenti”. Il comandante supremo, che vigila sulla grande nave, è il romano Pontefice. Nel notare il furore dei nemici e il pericolo al quale sono esposti i suoi fedeli, egli pensa di convocare d’intorno a sé i piloti delle navi secondarie per tenere consiglio e decidere sul da farsi. Perciò tutti i piloti salgono sulla nave ammiraglia per adunarsi d’intorno al Papa. Mentre si tiene consesso, il vento infuria sempre più gagliardo e la tempesta rugge talmente, che i piloti devono ritornare quanto prima a governar le loro navicelle. Ma fattasi poi bonaccia, il Pontefice li raduna nuovamente, mentre la nave ammiraglia segue la propria rotta. Quando la burrasca imperversa maggiormente, il Papa si pone al timone per guidar la sua nave verso le due colonne, dalle cui sommità pendono ancore e grossi ganci attaccati a catene. Intanto le navi avversarie si muovono per assalirla, arrestarla e poi farla sommergere, ma i piloti di alcune navi nemiche ripiene di libri e di materie infiammabili, cercano di gettar tali combustibili a bordo di quelle avversarie, mentre quelle delle altre azionano i cannoni, i fucili e i rostri, in modo che il combattimento diventa sempre più accanito. Le prore nemiche le urtano violentemente, ma il loro sforzo e impeto riescono vani. Indarno si ritentano le prove con notevole spreco di munizioni: la nave ammiraglia continua sicura e franca la propria rotta. Talvolta, però, percossa da formidabili colpi, essa riporta alla carena larghe e profonde falle, ma queste si otturano al soffio del maestrale, che spira dalle due colonne. Intanto tuonano i cannoni degli assalitori; si spezzano i fucili, si spuntano i rostri e molte navi avversarie sprofondano dentro il mare. Allora i nemici diventano furibondi, combattono ad armi corte proferendo bestemmie e maledizioni. A un tratto il Pontefice resta colpito gravemente e cade con onore. Sollecitamente soccorso, è colpito per la seconda volta, ricade e muore. Un grido di vittoria erompe allora dal petto degli avversari, ma mentre sulle loro navi si tripudia subentra un altro Pontefice, che sostituisce il caduto nel governo della nave ammiraglia. I piloti, radunati a consiglio, lo hanno eletto così sollecitamente, che la notizia della morte del Papa caduto giunge con quella dell’elezione del suo nuovo successore. Perciò gli avversari si disanimano. Il nuovo Pontefice supera ogni ostacolo e guida la nave fino alle due colonne; giunto tra di esse, la lega con la prora a un’àncora pendente della colonna dell'Immacolata. Allora succede un grave rivolgimento. Tutte le navi, sulle quali si era combattuto contro quella del Pontefice, fuggono, si disperdono, si urtano e si fracassano a vicenda. Alcune navicelle, su cui si era valorosamente combattuto con il Papa, procedono verso le colonne per vincolarsi a esse. I piloti di molte altre navicelle rimaste prudentemente a distanza per evitare il proprio affondamento, appena vedono tra i gorghi del mare i rottami di tutte le navi avversarie, guidano i loro navigli verso le due colonne per ancorarsi presso la nave ammiraglia. Intanto sul mare regna una grande calma » (5).

A questo punto don Bosco interrogò don Michele Rua (1837— 1910), il primo successore del fondatore dei Salesiani (6): « Che cosa pensi di questo sogno? ». « Mi pare che la nave del Papa sia la Chiesa, le navi gli uomini, il mare il mondo. Quelli che difendono la grande nave sono i buoni, affezionati alla Chiesa; gli altri, i suoi nemici che la combattono con ogni sorta di armi. Le due colonne di salvezza mi sembra che siano la devozione a Maria SS. e al SS. Sacramento dell’Eucaristia». «Hai detto bene», commenta don Bosco «bisogna soltanto correggere una espressione. Le navi dei nemici sono le persecuzioni. Si preparano gravissimi travagli per la Chiesa. Quello che finora fu, è quasi nulla rispetto a quello che deve accadere. Due soli mezzi restano per salvarsi fra tanto scompiglio: devozione a Maria SS., frequente Comunione » (7).

Don Bosco parlò in questi termini nel 1862, cento anni dopo si sarebbe aperto il più travagliato, il più discusso, il più sofferto Concilio di tutti i tempi, il Concilio Vaticano II (1962-1965), che provocò una vera e propria rivoluzione nella Chiesa, una Chiesa che volle parlare, « dialogare » con il mondo, e il mondo, a volte con irruenza, a volte con blandizia si insinuò nella Chiesa, corrompendo non soltanto i costumi, ma anche metodologie (la pastorale) e prassi (formazione dottrinale e teologale). La confusione, l’annebbiamento, il prevalere dell’euforia per il «nuovo» hanno nascosto i tesori della Tradizione. La Chiesa dell’avanguardia e dell’« anti » ha soffocato e imbavagliato la Chiesa bella e pura, quella senza età, quella sempre giovane e rassicurante. Negli ultimi tempi alcune menti acute, illuminate e coraggiose di teologi, come monsignor Brunero Gherardini, o di storici, come il professor Roberto de Mattei, emergono con le loro opere, evidenziando i danni che una mentalità più moderna che cattolica è penetrata nei documenti del Concilio Vaticano II, falsando alcune verità trasmesse da sempre dalla Chiesa:

« Di fronte allo spirito anti non s’innalzò l’antemurale della verità rivelata: s’abbandonò il quadro delle certezze indiscutibili e s’aprì il ventaglio del discutibile. A chi lo proponeva come la quintessenza del messaggio cristiano non si rispose con la dovuta fermezza: le poche volte che si tentò di farlo (penso ai casi di Schilebeeckx, Kung, Segundo, Boff e di pochi altri), non mancò F intimidazione di qualche eminentissimo protettore e le parole, tardivamente pronunciate, parvero aver paura di se stesse. Il male allignò assai più velocemente e profondamente di quanto fosse prevedibile e la ragione parve caduta in catalessi, non per effetto d’una perversa ammaliatrice volontà che trovasse soddisfazioni luciferine nel minar il tesoro delle verità rivelate, ma per la leggerezza con cui non ci si curò del terreno minato, si chiusero gli occhi dinanzi al discutibile, spalancandoti invece al pluralistico, al molteplice, al diverso, al contradditorio come se si trattasse d’arricchimenti provvidenziali. L’operazione, in atto già da vari anni, trovò piena accoglienza nell’aula conciliare. E da lì straripò negli anni successivi » (8).

I sacerdoti hanno perso lo « smalto ». Molti di loro scimmiottano i laici e non ne sono più la guida; hanno ceduto alle lusinghe evanescenti del mondo per seguire fantasmi di piacere: potere, sesso e lusso, oppure si danno ad interessi di carattere sociale, venendo assorbiti da un attivismo che sradica l’identità sacerdotale fatta, per sua essenza, di atti ministeriali e di apostolato. Buona parte dell’editoria cattolica e i giornali, che si fregiano di essere cristiani, non comunicano più dogmi e virtù, ma scelte politiche e sociologiche, puntando su linee progressiste passate ormai di moda: resistono, in parrocchie o altri luoghi di volontariato assistenziale, alcune realtà pseudocattoliche di chiara ideologia comunista, dove il centro non sono la Fede e la preoccupazione a nutrirla e corroborarla, bensì l’uomo e le sue esigenze materiali. Il clero, troppo spesso, imita i laici nel loro stile di vita, nel quale sono compresi vizi e debolezze.

Un giorno, dopo i mille fallimenti di questi ultimi cinquant’anni di pastorale, dopo la delusione di tante persone assetate dell’acqua viva, come la Samaritana di Sicàr (« Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva ») (9), si dovranno ammettere le mancanze e saranno suppliche di pietà e di pentimento al Cielo per aver taciuto la Verità, per aver rinnegato i difensori della Tradizione, per aver negato la cura delle anime ed essersi asserviti alle esigenze del mondo, alle sue immoralità, ai suoi peccati, cadendo, ineludibilmente, nel castigo. Grande è la responsabilità del clero nell’indicare le ragioni per cui vivere e per cui morire, nel consegnare la chiave per migliorare nelle virtù e per rendersi presentabili, nel giorno del trapasso, quando si sarà faccia a faccia con il Creatore. La Chiesa è l’unica e vera via per essere introdotti alla presenza della Maestà dell’Altissimo. Spiegava il Catechismo di San Pio X: « Esser fuori della Chiesa è danno gravissimo, perché fuori non si hanno né mezzi stabiliti né la guida sicura alla salute eterna, la quale per l’uomo è l’unica cosa veramente necessaria » (10).

Molti superbi saranno tacitati per dare finalmente spazio agli umili che si «limitano» a trasmettere ciò che la Chiesa ha sempre dichiarato. Ricorda, infatti, padre Réginald Ganigou-Lagrange O.P. nel suo capolavoro Dieu, son existence et sa nature:

« L’Eglise est intransigeante en principe parce qu’elle croit, elle est tolérante en pratique parce qu’elle aime. Les ennemis de l’Eglise sont tolérants en principe parce qu’ils ne croient pas, et intransigeants en pratique parce qu’ils n ’aiment pas » (11).

Dio è Onnipotente ed è esigente, permanentemente vigile, mentre gli uomini sono facili alle distrazioni, alle negligenze e al peccato. La Madonna a Fatima ha rivelato che guerre e rivoluzioni sono castighi, causati dai peccati degli uomini. La Madre di Dio ribadisce quanto la Chiesa ha sempre insegnato: l’unico modo per allontanare le guerre è vivere in grazia di Dio. Tale affermazione viene oggi, purtroppo anche in molti ambienti cattolici, circondata da un sorriso beffardo e scettico; quello stesso sorriso con cui si sono allontanate le opere di mortificazione. Eppure, ancora una volta, la ragione umana ci dimostra come la divina Rivelazione sia nel vero. Le guerre sono, al tempo stesso, castigo e conseguènza dei peccati. Solo un cuore orgoglioso ed incapace di sottostare alla volontà divina può desiderare, progettare ed attuare una guerra ingiusta. Ecco che la diffusione delle mortificazioni e l’elevazione del controllo di sé tra gli uomini non può che condurre ad una drastica diminuzione della violenza e della stessa mentalità edonistica che alla violenza conduce.

Oltre a ciò, la guerra è la suprema disgrazia, tra quelle mondane, e, proprio per questo, è il castigo divino per l’empietà; è il richiamo ai propri doveri, soprattutto verso Dio e verso se stessi, vale a dire quei doveri che permettono di avvicinarsi a Dio. Da tutto quanto visto emerge chiaramente come il pacifismo non sia altro che una perversione ideologica atta unicamente a moltiplicare le guerre e la violenza. Questa ideologia, mettendo sullo stesso piano l’aggressore e l’aggredito ed eliminando dal proprio orizzonte mentale ogni tipo di ascesi mistica, da un lato tende a non permettere più di contrastare militarmente le aggressioni e dall’altro tende a moltiplicarle con. il rilassamento dei costumi e, quindi, la crescita delle brame, individuali e collettive, soddisfacibili tramite la violenza. Il risultato è un duplice favor nei confronti dell’aggressore e del malvagio in genere.

« Il pensiero del giudizio universale deve accompagnare la nostra vita. Dio esiste, Dio ci ha creato, a Lui dovremo rendere conto di ogni parola, di ogni azione, che Lui ci ha donato nella nostra vita e che solo a Lui appartiene. [...] L’uomo ha un’anima immortale e un destino ultraterreno: se rifiuta la misericordia di Dio nel tempo, conoscerà la sua giustizia nell’eternità. Il tempo è l’ora della misericordia, l’eternità è l’ora della giustizia. Per questo i castighi nell’eternità sono atti di giustizia inappellabili e conclusivi, mentre i castighi nel tempo sono atti di misericordia verso gli uomini o verso i popoli per chiamarli al pentimento » (l2).

Fin dai tempi più remoti abbiamo esempio dei castighi di Dio: l’Antico Testamento riporta le emblematiche sette piaghe d’Egitto, tanto orrende quanto l’ostinazione, nella «durezza di cuore», del Faraone (13). Perché non si parla più dell’Inferno? « Si tratta di una verità di fede sempre insegnata dalla Chiesa e confermata dalla Madonna nel Messaggio di Fatima, che si apre proprio con la terrificante visione dell’Inferno, nel quale i tre pastorelli vedono cadere una moltitudine di anime »(14).

L’Inferno è l’eterno castigo per chi muore nello stato di peccato mortale, senza pentimento e rifiutando l’amore misericordioso di Dio. Fatima, commenta la stessa suor Lucia, ha offerto una « ulteriore prova » a garanzia « che è vero che esiste l’Inferno e che ci vanno le anime dei poveri peccatori » (15). La misericordia di Dio è stata collocata là dove non è possibile stabilirla, ovvero nelle anime dannate. Teologi come Hans Kung, Karl Rahner (1904-1984), Urs von Balthasar (1905-1988) o Edward Schilebeeckx (1914-2009), con il loro ottimismo e la loro baldanza soggettiva e ideologica hanno creduto bene di insegnare una nuova dottrina dove non c’era più posto né per l’Inferno né per il Purgatorio, ma soltanto un Paradiso aperto e accogliente per tutti. E il castigo non è stato più preso in considerazione.

NOTE:

1) Mons. G. Roche, Pie XII devant l’Histoire, Éditions Robert Laffont, Paris 1972, pp. 52-53.
2) Mc 8,36-38.
3) Testo della consacrazione del mondo e dei popoli al Cuore Immacolato di Maria: www.vatican.va/…/docu ments/hfjp-ii_spe_l9820513_vergme-fatimajt.html.
4) « L’OsservatoreRomano », 19 maggio 1982.
5) E. Pilla, I sogni di don Bosco, Cantagalli, Siena 20044, pp. 193-196.
6) Proclamato beato il 29 ottobre 1972 da papa Paolo VI.
7) P. Zerbino (a cura di), I sogni di don Bosco, LDC, Leumann 19952, pp. 53-55.
8) B. Gherardini, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Casa Mariana Editrice, Frigento (AV) 2009, p. 18.
9) Gv 4, 10.
10) Catechismo di San Pio X, Capo VI, « Chiesa Cattolica-Comunione dei Santi », n. 284.
11) « La Chiesa è intransigente nei princìpi perché crede, è tollerante nella pratica perché ama. I nemici della Chiesa sono tolleranti nei princìpi perché non credono, e intransigenti nella pratica perché non amano », in R. Garrigou-Lagrange, Dieu, son existence et sa nature, Beauchesne, Paris 1923, p. 725.
12) R. de Mattei, Il mistero del Male e i castighi di Dio, Fede & Cultura, Verona 2011, p. 30.
13) Cf. Es 7, 13.22; 8,11.15.28.
14) R. de Mattei, Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, Lindau, Torino 2010, pp. 286-387.
15) L. dos Santos, Gli appelli del messaggio di Fatima, Secretariado dos Pasto- rinhos, Fatima 2006, p.
16) Cfr. anche S.M. Manelli F.I., Fatima, l’Inferno e il Cuore Immacolato, in « Fides Catholica », n. 2 (2008), pp. 529-568.

Tratto da:

Cristina Siccardi, Fatima e la Passione della Chiesa, Sugarco, Milano 2012, pp. 115-124.
Riccardo Piva
Avanti a tamburo battente per la Verità e contro la falsa chiesa
lilloekikki
Cosa aspettano a canonizzare questo grande e Santo Papa?