Perché si deve dare al Prete un’offerta nel richiedergli una Messa

Nostro Signore GESÙ-CRISTO, incaricando i suoi Apostoli di predicare il Vangelo a tutti i popoli, di salvare e santificare le anime, di amministrare i Sacramenti e di presiedere al culto divino, ha comandato loro di lasciar tutto per adempiere a questo grande ministero. A causa di questo, il Preti cattolici, che continuano sulla terra la missione dei santi Apostoli, non hanno il diritto, quando anche ne avessero il tempo, di dedicarsi al commercio o all’agricoltura, e la Chiesa vuole che “essi vivano dell’altare”, secondo la stessa parola del Vangelo. “Vivere dell’altare”, significa trovare nel ministero ecclesiastico le risorse sufficienti per vivere, e per vivere convenientemente. Di conseguenza, la Chiesa ha ordinato fin dalle origini, anche dai tempi degli Apostoli, che i fedeli, in cambio dei beni spirituali ed eterni che dispensano loro i Preti, provvedessero ai loro bisogni donando loro, sotto una forma o un’altra, una certa parte dei loro beni temporali. È nello stesso tempo giustizia, riconoscenza e carità. Ora da questi principi cristiani, abbiamo quel che si chiamano “diritti dei Preti”. Il diritto è l’insieme delle elemosine, dei doni che i cristiani depongono tra le mani dei loro Preti, in occasione di questo o tale servizio religioso che essi reclamano dal loro ministero. Tutto questo è regolato nei dettagli in ogni diocesi dall’autorità del Vescovo; ma dappertutto, la celebrazione della Messa richiede, da parte dei fedeli che la richiedono, una modesta retribuzione, che si chiama l’onorario della Messa. L’onorario di una Messa è generalmente fissato a un franco, o ad un franco e cinquanta centesimi, o due franchi. – Non è la Messa che si paga uno o due franchi. Il sangue divino di GESÙ-CRISTO non è una mercanzia; se si volesse pagarlo, il cielo e la terra non sarebbero sufficienti. Ciò che si paga non è l’impegno del Prete, perché egli non vende le sue preghiere, né la sua carità. Il suo divino ministero non si vende e non si compra. Ciò che si da al Prete, quando gli si corrisponde l’onorario della Messa, è il tributo alla pietà cristiana; è il tributo filiale dei fedeli, compiendo così verso i loro padri spirituali il precetto evangelico, apostolico e cattolico. Questo non significa che se si è tanto poveri non si potrebbe far celebrare una Messa per un parente defunto, ad esempio, o per qualche altra intenzione importante. Non c’è Prete che rifiuterebbe questa opera di carità ad un povero che glielo domandasse. Ma anche celebrando questa Messa senza onorario, il Prete conserverebbe il diritto di esigerlo; egli non può abbandonare questo diritto, di cui la Chiesa stessa ha posto la legge. Le Messe cantate ed i servizi funebri richiedono un onorario più o meno elevato, a sempre regolato dall’autorità del Vescovo, che concilia nel contempo i bisogni dei Preti e gli interessi dei fedeli nella sua diocesi. Queste Messe solenni e questi servizi richiedono diverse spese accessorie, e non si creda quindi che tutto quel che si da al curato sia solo per lui. Malgrado la casuale, la maggioranza dei ostri Preti, sono poveri. Essi non se ne lamentano, ma sarebbe doppiamente ingiusto imputar loro una ricchezza e soprattutto un’avidità che essi non hanno affatto, per grazia di DIO!