Francesco Federico
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Benedicta: Don Ciotti invece di fare propaganda per i comunisti avrebbe dovuto ricordare Don Pellizzari il prete martire che voleva salvare quei ragazzi

Benedicta: Don Ciotti invece di fare propaganda per i comunisti avrebbe dovuto ricordare Don Pellizzari il prete martire che voleva salvare quei ragazzi
di Andrea Guenna –
Ieri a Capanne di Marcarolo nel comune di Bosio, Don Luigi Ciotti (nella foto de La Stampa, sul palco durante la sua orazione, di fianco a Valter Ottria del Pd ed alla prefetta di Alessandria Romilda Tafuri) ha commemorato i 120 martiri dell’eccidio della Benedicta in occasione del suo settantaquattresimo anniversario.

Eravamo nel 1944 e la guerra civile, voluta dai Gap guidati da Luigi Longo agli ordini di Palmiro Togliatti che era segretario di Stalin e comandava da Mosca le operazioni dei partigiani comunisti in Italia che volevano instaurare nel “Bel Paese” la dittatura del proletariato facendone l’Ungheria del Mediterraneo, era ormai divampata ovunque.

Sostanzialmente c’erano quattro categorie di italiani: i ragazzi di Salò che avevano continuato la guerra al fianco dell’alleato germanico ed erano circa mezzo milione, i partigiani – all’inizio tutti comunisti agli ordini di Mosca – che erano circa 20.000, gli internati militari italiani che non avevano aderito alla Repubblica Sociale Italia (Repubblica di Salò) e che per questo motivo erano stati deportati nel lager tedeschi (fra i quali mio padre), che erano circa 700.000 e gli italiani congedati, chiamati “Attendisti”, che costituivano la stragrande maggioranza, insieme agli internati militari deportati in Germania, dei soldati in grigioverde dopo l’otto settembre 1943. Questi militari in licenza illimitata, insieme agli IMI, erano stanchi della guerra che tutti consideravano persa dall’Italia, non avevano nessuna voglia di tornare a combattere ed erano considerati da tutti una straordinaria garanzia di neutralità per una soluzione finale accettabile della Seconda Guerra Mondiale. Anche per questi motivi, in quel tempo, in Italia, la situazione era abbastanza vivibile, in virtù di circostanze favorevoli mantenute tali dalle autorità, per cui nessuno si sentiva di scatenare una guerra civile, preferendo rimandare a dopo l’inevitabile resa dei conti tramite regolari processi per crimini di guerra, come è accaduto per i gerarchi nazisti nel processo di Norimberga. Si aspettava solo l’arrivo degli americani che il 9 settembre 1943 (il giorno dopo dell’armistizio badogliano) erano già sbarcati a Salerno.

La guerra civile
Tuttavia all’inizio del 1944 la situazione era già compromessa da alcune azioni terroristiche messe a segno dai Gap (Gruppi d’Azione Patriottica), costituiti clandestinamente già da parecchio tempo, e composti all’inizio da alcune decine di terroristi comunisti (le Brigate Rosse del tempo) quasi tutti provenienti dalle Brigate Internazionali in azione già nella guerra di Spagna del 1936, e dalle file del gruppo terroristico internazionale di stampo francese Ftp (Francs Tireurs Partisans). Secondo attendibili notizie fra questi vi erano anche quelli che chiameremo “i due fratelli di Tagliolo”, amici e stretti collaboratori di Palmiro Togliatti, schedati dall’Ovra (Organizzazione per la Vigilanza e la Repressione dell’Antifascismo) i quali, seguendo alla lettera le direttive di Luigi Longo (il Partigiano Gallo), si adoperarono immediatamente per alimentare l’entusiasmo per la lotta clandestina tra i giovani della zona, molti dei quali non erano neppure di leva, e renderli subito irreperibili per poi mandarli sui monti a fare i partigiani, proprio come successo a quei poveri martiri della Benedicta. Intanto erano iniziate le esecuzioni sommarie ad opera dei gappisti (a Borlasca, sul monte Zuccaro, a Tagliolo, ad Ovada ecc.) che avrebbero avuto l’effetto di scatenare la reazione dei “Ragazzi di Salò” e della Wehrmacht, che prima di allora non avevano compiuto nessuna rappresaglia. Era la guerra civile, una guerra civile che solo un mese prima non voleva quasi nessuno, ma che ora stava per coinvolgere anche buona parte di quegli attendisti che diventarono partigiani. Per quanto riguarda i fatti di Borlasca e di Tagliolo, deve ancora uscire il responsabile di quel che è successo. Evidentemente, se mi si passa l’ironia, Salvo d’Acquisto non era nelle vicinanze a disposizione per attribuirsi tutte le colpe e pagare per tutti, per cui i nazi-fascisti, raggiunti i ragazzi della Benedicta, credettero di aver messo le mani sulle bande dei partigiani di cui erano alle calcagna, mentre invece i veri responsabili erano svaniti nel nulla. Scappati chissà dove. Inutile ricordare che la situazione precipitò andando fuori controllo per cui, a partire dal 1944, la reazione nazi-fascista risultò sempre più difficile da contenere.

Il martirio di Don Pellizzari
La tensione era ormai al calor bianco, alimentata anche dai gappisti e da delinquenti comuni che, approfittando del caos generale, misero a segno vari crimini. In questo contesto si verificò il martirio di Don Francesco Pellizzari, Parroco di Tagliolo, e della signorina M.C., anche lei di Tagliolo. Ma se per la seconda non si conoscono le ragioni della sua tragica fine, per la scomparsa del parroco, invece, una spiegazione sembra esserci. Infatti, nel corso di un’accorata omelia durante una Messa del gennaio 1944, Don Pellizzari, preoccupato per i pericoli reali che stavano correndo quei ragazzi ammassati alla Benedicta (forse qualche fascista gli aveva confidato che le truppe italo-tedesche si preparavano a rastrellare la zona), invitava i parrocchiani a fare immediatamente rientrare i loro ragazzi a casa in quanto stavano correndo un serio pericolo. Infatti, essendo tutti ammassati in un unico luogo ben identificabile perché isolato e, nonostante tutto, raggiungibile facilmente con ogni mezzo, costituivano un bersaglio fin troppo facile. Erano finiti in una vera e propria trappola, perché la Benedicta non poteva contare sulle classiche quattro vie di fuga, ed era completamente priva di difesa sul lato orientale. Quei ragazzi erano stati abbandonati da tutti, anche dai garibaldini della Brigata “Liguria” che, molto probabilmente, sapevano molte cose sugli eccidi di Borlasca e di Tagliolo Monferrato.
Secondo alcune attendibili testimonianze, tutte concordanti fra loro, il parroco di Tagliolo avrebbe gridato dal pulpito: “…Tenetevi a casa i vostri ragazzi!…”. È del tutto evidente che quell’esortazione deve aver disturbato qualcuno, magari qualcuno presente alla Messa, forse perché poteva far saltare i piani terroristici di chi voleva dei morti per scatenare la reazione e le inevitabili rappresaglie nazi-fasciste nell’ambito di una guerra civile che avrebbe dovuto portare il comunismo al potere in Italia.
Agli occhi di qualcuno quel parroco doveva essere, non solo punito, ma condannato a morte.
Fu così che la notte del 9 maggio 1945, a guerra ormai finita, fu prelevato da due individui – fra i quali i bene informati hanno individuato i fratelli di Tagliolo o, almeno, uno di essi – invitandolo a confessare un moribondo in paese. Don Franco andò ma non fece mai più ritorno. Alcuni anziani del paese da me intervistati una ventina di anni fa, mi hanno detto che quella notte avevano sentito una scarica di mitra nelle campagne. Certamente era per lui.
Il corpo del parroco di Tagliolo non fu mai ritrovato e ancora oggi il suo nome non sta scritto sul monumento dei caduti del paese.

Scomparso nel nulla
Le sue tracce si fermano qui e di lui non si seppe più nulla fino alla dichiarazione di morte presunta dell’anno successivo. Il suo cadavere non si trovò mai più.
Qualche tempo dopo i parenti del povero prete chiesero alla autorità comunale di Tagliolo notizie sullo scomparso, ma non fu data loro nessuna risposta.
L’unica cosa che si può dire è che don Pellizzari, che ormai è legittimo considerare un martire, aveva avuto ragione, e ciò gli fu fatale.
E non resta che un’ultima, amara considerazione, e cioè che l’unico amico di quei poveri ragazzi della Benedicta è stato proprio lui, un prete di sessant’anni di un piccolo paese del Monferrato che ha osato sfidare la menzogna.
Don Pellizzari non è scappato, non si è nascosto ma ha affrontato da eroe la tragedia che stava per abbattersi sulla sua gente.
Lo ha fatto da vero Parroco cristiano che difendeva le sue pecorelle. Ed è morto per questo.
Ma ieri Don Ciotti, prete come lui, di lui s’è dimenticato.


Benedicta: Don Ciotti invece di fare propaganda per i comunisti avrebbe dovuto ricordare Don Pellizzari il prete martire che voleva salvare quei ragazzi