1° Agosto. SANT'ALFONSO MARIA DE' LIGUORI. Il Patrono dei Confessori nacque a Marianella, nei dintorni di Napoli, il 27 Settembre 1696, da una famiglia di antica nobiltà. Degli otto figli che ebbero …Altro
1° Agosto.
SANT'ALFONSO
MARIA DE' LIGUORI.

Il Patrono dei Confessori nacque a Marianella, nei dintorni di Napoli, il 27 Settembre 1696, da una famiglia di antica nobiltà.
Degli otto figli che ebbero i genitori, ben cinque si consacrarono al Signore.
Oltre ad Alfonso, il primogenito, Antonio si fece Benedettino, Gaetano fu Sacerdote Secolare, mentre Barbara e Anna si fecero Monache.
Come si usava allora nelle famiglie di un certo rango, Alfonso studiò in casa, dimostrando un’intelligenza fuori dal comune: a soli dodici anni sostenne con esito eccellente l’esame di ammissione all’Università, davanti al filosofo Giambattista Vico e, grazie a una speciale dispensa, si laureò in "utroque iure" (cioè in “Diritto Civile e in Diritto Canonico”) a soli sedici anni, quattro prima del limite stabilito per legge, diventando ben presto uno dei più noti avvocati di Napoli, dal momento che le cause da lui sostenute ottenevano sempre la vittoria.
Il padre pensava di trovargli una moglie, ma lui rinunciò a sposarsi, continuando per undici anni a esercitare la professione con successo.
La svolta decisiva per la sua vita avvenne nel Luglio 1723, quando perse una causa di grande importanza, intentata da un suo cliente napoletano al granduca Cosimo III de’ Medici: una piccola distrazione, su uno dei documenti riguardanti la proprietà che il cliente riteneva essere sua, insieme a pressioni e interferenze da parte dei potenti, gli fecero perdere la causa.
Disgustato per questa gravosa sconfitta, Alfonso decise di ritirarsi dalla professione e si concentrò sulla vita interiore, inseguito anche da una “esperienza mistica”, fatta nell’Agosto successivo, mentre stava uscendo dall’Ospedale degli Incurabili, dove si recava ad assistere gli infermi poveri.
Egli, abbagliato da una grande luce, sentì una voce che gli diceva: «Lascia il Mondo, donati a Me».
Credeva di essere vittima di una suggestione, ma dopo qualche ora la Voce si fece nuovamente sentire e allora Alfonso non ebbe più dubbi, depose simbolicamente la sua “Spada di Cavaliere del Sedile di Portanova”, davanti alla Statua della Madonna della Mercede, presso Porta Alba.
Seguirono tre anni di studi teologici, inframmezzati dall’esercizio del Sacro Ministero (Catechesi ai fanciulli e persino predicazione, nonostante fosse soltanto Diacono) e, vinta finalmente la tenace opposizione paterna, il 21 Dicembre 1726 fu ordinato Sacerdote.
Intanto, nella Chiesa di Santa Maria, aveva conosciuto un gruppo di seminaristi e alcuni laici impegnati, con i quali egli predicava nei quartieri più poveri e malfamati della città.
L’iniziativa destò la curiosità della gente che accorse sempre più numerosa e nelle strade cominciarono a levarsi canti e preghiere, che però suscitarono delle proteste dei residenti, costringendo il Governatore a proibire tali incontri.
Allora Alfonso divise i suoi collaboratori in tanti piccoli gruppi, che si riunivano in luoghi diversi e l’Arcivescovo mise a loro disposizione gli Oratori, le Chiese e le Cappelle della Diocesi.
Nacquero così quelle “Cappelle Serotine”, in cui Alfonso raccoglieva i cosiddetti “lazzaroni” (ragazzi di strada), perché potessero essere recuperati dal punto di vista civile e religioso.
La formula ebbe un grande successo, tanto che quelle “Cappelle” arrivarono a quota trecento, con circa trentamila iscritti da educare.
Parallelamente a questo Apostolato, egli scriveva anche libri di contenuto ascetico e morale: il primo, intitolato "Massime Eterne", ebbe una diffusione straordinaria.
Ma Alfonso, che da giovane aveva anche studiato musica e suonava il clavicembalo, componeva anche “canzoncine spirituali”, la più famosa delle quali, "Tu scendi dalle stelle", che ancora oggi si canta in occasione della Nascita di Gesù; Giuseppe Verdi diceva che “… Senza di essa Natale non sarebbe più Natale”.
Nel 1730, inoltre, a Scala, presso Amalfi, egli contribuì in maniera decisiva alla trasformazione di un Monastero femminile, che seguiva la Regola della Visitazione, in quella che fu la culla delle Monache del Santissimo Redentore, il ramo femminile della Congregazione Redentorista, tuttora diffuso in 14 paesi, con una trentina di monasteri.
Sempre a Scala, nel 1732, egli fondò nell’Ospizio delle Monache la sua opera più grande, la “Congregazione Maschile del Santissimo Salvatore”, alla quale, nel 1749, Papa Benedetto XIV avrebbe imposto il nuovo nome di “Santissimo Redentore” (Redentoristi).
Per anni egli si dedicò alla guida e alla formazione dei suoi Religiosi, finché nel 1762 Papa Clemente XIII lo nominò Vescovo di Santa Agata dei Goti, nel Beneventano.
La sua indefessa attività, le penitenze a cui si assoggettava e le diverse infermità, tra cui una dolorosa artrite, gli incurvarono progressivamente la spina dorsale, costringendolo a dimettersi dalla carica, con il consenso di Papa Pio VI.
Alfonso si ritirò a Pagani (Salerno) tra i suoi figli spirituali, ma ebbe a subire una prova assai dolorosa, perché i Redentoristi, che vivevano nelle quattro case della Campania, furono costretti dall’Autorità Civile ad accettare una Regola alterata in certi punti (per esempio i Voti religiosi erano sostituiti da giuramenti) e il Papa, probabilmente per protestare contro le continue ingerenze del Re di Napoli, in ambito Ecclesiastico, separò le Case del Napoletano da quelle che la Congregazione aveva in Sicilia e nello Stato Pontificio.
Alfonso dimostrò, nell’obbedienza sofferta per questa separazione, l’eroismo delle sue virtù.
Soltanto nel 1793 i due tronconi si riuniranno, formando nuovamente un’unica Famiglia Religiosa.
Alfonso morì il 1° Agosto 1787, a 91 anni.
Lo stesso Papa Pio VI, nel 1796, ne introdusse la Causa di Canonizzazione che, per ragioni legate anche alle situazioni politiche di quel periodo, subì dei ritardi; Papa Pio VII beatificò Alfonso nel 1815, mentre Papa Gregorio XVI lo canonizzò il 26 Maggio 1839.
Subito dopo arrivarono alla Santa Sede numerose lettere postulatorie, che con il tempo raggiunsero il numero di ottocento, per chiedere che Alfonso de’ Liguori fosse dichiarato Dottore della Chiesa.
Fu Papa Pio IX, da sempre grande estimatore del Santo, a conferirgli questo titolo.
Dal canto suo, nel 1950, il Pontefice Pio XII lo proclamò “Celeste Patrono di tutti i Confessori e dei Moralisti”.
Tra gli altri scritti più famosi del Santo si ricorda la "Pratica di amare Gesù Cristo", che ebbe 516 Edizioni; "Le Glorie di Maria", definito il più bel libro italiano sulla Madonna, che ebbe un centinaio di Edizioni in Italia e altre in tutti i Paesi Europei; nonché la sua più grande Opera "Visite al Santissimo Sacramento e a Maria Santissima", che ebbe una enorme diffusione: 2009 Edizioni, di cui 265 italiane, 861 francesi, 165 spagnole, 54 inglesi, 324 tedesche, 184 olandesi e 176 in altre lingue.
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Maria di Magdala
1° Agosto
Sant'Alfonso Maria dei Liguori
"Ne manda all'inferno più la Misericordia di Dio che non ne manda la Giustizia".
Da “Apparecchio alla morte” di Sant’Alfonso Maria dei Liguori
(…) “Dio è di misericordia”. Ecco il terzo inganno comune de’ peccatori, per cui moltissimi si dannano. Scrive un dotto autore che ne manda più all’inferno la misericordia di Dio, che non ne manda la giustizia;…Altro
1° Agosto
Sant'Alfonso Maria dei Liguori
"Ne manda all'inferno più la Misericordia di Dio che non ne manda la Giustizia".
Da “Apparecchio alla morte” di Sant’Alfonso Maria dei Liguori

(…) “Dio è di misericordia”. Ecco il terzo inganno comune de’ peccatori, per cui moltissimi si dannano. Scrive un dotto autore che ne manda più all’inferno la misericordia di Dio, che non ne manda la giustizia; perché questi miserabili, confidano temerariamente alla misericordia, non lasciano di peccare, e così si perdono. Iddio è di misericordia, chi lo nega; ma ciò non ostante, quanti ogni giorno Dio ne manda all’inferno! Egli è misericordioso, ma è ancora giusto, e perciò è obbligato a castigare chi l’offende. Egli usa misericordia, ma a chi? A chi lo teme. “Misericordia sua super timentes se… Misertus est Dominus timentibus se” (Ps. 102. 11. 13). Ma con chi lo disprezza e abusa della sua misericordia per più disprezzarlo, Egli usa giustizia. E con ragione; Dio perdona il peccato, ma non può perdonare la volontà di peccare.