Fatima: un messaggio duro, escatologico, apocalittico – Di Vittorio Messori

FATIMA: UN MESSAGGIO DURO, POLITICAMENTE SCORRETTO MA EVANGELICO!

Ogni apparizione sembra assomigliare a ogni altra, avendo sempre al centro un appello alla preghiera e alla penitenza e, al contempo, è diversa da ogni altra per l’accentuazione di un aspetto particolare della fede. L’aura che circonda Lourdes è pacata, tanto che è stato notato che in nessun’altra occasione Maria ha tanto sorriso, giungendo sino al punto di avere addirittura riso in tre occasioni. Disse Bernadette: «Rideva come una bambina». E non sapeva, quella piccola santa, che proprio questo avrebbe indotto gli austeri inquisitori della commissione che ne giudicava l’attendibilità a diventare ancora più sospettosi. «Nostra Signora che ride! Suvvia, un po’ di rispetto per la Regina del Cielo!». Alla fine dovettero farsene una ragione: era proprio così. Certo, non si dimentichi che Colei che nella grotta dirà di essere l’Immacolata Concezione assumerà anche un aspetto assai serio, ripetendo gli appelli alla penitenza e alla preghiera per se stessi e per i peccatori. Ma c’è un’aria di serenità, la mancanza di minacce di un castigo, che è forse uno tra gli aspetti che più attirano nei Pirenei le folle che sappiamo.

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Misericordia e giustizia

L’atmosfera di Fatima, invece, appare soprattutto escatologica, apocalittica. Anche se con un finale che conforta e rasserena. È evidente che la ragione principale dell’apparizione portoghese è richiamare gli uomini alla tremenda serietà di una vita terrena che altro non è che una breve preparazione alla vita vera, a un’eternità che può essere di gioia ma anche di tragedia. È un richiamo alla misericordia e, al contempo, alla giustizia di Dio.


L’insistenza unilaterale di oggi sulla sola misericordia dimentica l’et-et che presiede al cattolicesimo e che, qui, scorge in Dio il Padre amoroso che ci attende a braccia spalancate e, al contempo, il giudice che peserà sulla sua infallibile bilancia il bene e il male. Ci attende sì un paradiso, ma che occorre guadagnarsi, spendendo al meglio i talenti piccoli o grandi che ci sono stati affidati. Il Dio cattolico non è di certo quello sadico del calvinismo che, a suo insondabile piacimento, divide in due l’umanità: coloro che nascono predestinati al paradiso e coloro che ab aeterno sono attesi dall’inferno. […] È così, afferma Calvino, che Egli manifesta la gloria della sua potenza. No, il Dio cattolico non ha nulla a che fare con simili deformazioni. Ma non è neppure il bonario permissivista, lo zio tollerante che tutto accetta e tutti egualmente accoglie, il Dio di cui parla soprattutto il lassismo dei teologi gesuiti (che furono condannati dalla Chiesa) e contro i quali Blaise Pascal lanciò le sue indignate Lettres provinciales.

Anche se suona sgradevole alle orecchie di un certo «buonismo» attuale, così insidioso per la vita spirituale, Cristo propone alla nostra libertà una scelta definitiva per l’eternità intera: o la salvezza o la dannazione. Quindi potrebbe attenderci anche quell’inferno che abbiamo rimosso, però al prezzo di rimuovere anche i chiari, ripetuti avvertimenti del Vangelo. In esso c’è sì il commovente invito di Gesù: «Venite a me, voi tutti che siete travagliati e oppressi e io vi darò ristoro». E tante altre sono le parole e i gesti della sua tenerezza. Eppure, piaccia o no, nei Vangeli vi è anche ben altro. Vi è un Dio che è infinitamente buono e anche infinitamente giusto e ai cui occhi, dunque, un mascalzone impenitente non equivale a un credente in Lui che si è sforzato, pur con i limiti e le cadute di ogni essere umano, di prendere sul serio il Vangelo. […]

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L'Inferno non è un'invenzione

In quel testo fondamentale dell’insegnamento della Chiesa che è il Catechismo, quello interamente rinnovato, redatto per volontà di san Giovanni Paolo II e sotto la direzione dell’allora cardinale Joseph Ratzinger (un testo che ha fatto del tut- to suo lo spirito del Vaticano II) gli autori ammoniscono: «Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l’inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l’uomo deve usare la propria libertà in vista del destino eterno. Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione». Sono proprio questi appelli (alla responsabilità e alla con- versione) che sono al centro del messaggio di Fatima e che lo rendono più che mai urgente e attuale: certamente ancor più di quando Maria apparve alla Cova da Iria.

Da decenni, ormai, dalla predicazione cattolica sono scomparsi i Novissimi, come li chiama la teologia: morte, giudizio, inferno, paradiso. Una reticenza clericale che ha rimosso, anzi, in fondo rinnegato, il vecchio, salutare adagio che ha salvato tante generazioni di credenti: l’inizio della sapienza è il timor di Dio. Nella storia dei santi, questa consapevolezza di un possibile fallimento eterno ha costituito un pungolo costante per la pratica sino in fondo delle virtù. Sapevano che l’esistenza dell’inferno non è un segno di crudeltà divina bensì di rispetto radicale: il rispetto del Creatore per la libertà concessa alle sue creature, fino al punto di permettere loro di scegliere la separazione definitiva.

Sia nella teologia che nella pastorale di oggi il doveroso annuncio della misericordia non è unito all’annuncio altrettanto doveroso della giustizia. Ma se in Dio convivono in dimensione infinita tutte le virtù, può mancare in Lui quella virtù della giustizia che la Chiesa - ispirata dallo Spirito Santo, ma seguendo anche il senso comune - ha messo tra quelle cardinali? Non mancano teologi, anche rispettati e noti, che vorrebbero amputare una parte essenziale della Scrittura, rimuovendo ciò che infastidisce coloro che si credono più generosi e buoni di Dio. Dicono, dunque: «L’inferno non esiste. Ma, se esiste, è vuoto».

Peccato che la Vergine Maria non sia di questo parere... È vero che la Chiesa ha sempre affermato la salvezza certa di alcuni suoi figli, proclamandoli beati e santi. E la stessa Chiesa non ha mai voluto proclamare la dannazione di alcuno, lasciando giustamente a Dio l’ultimo giudizio. Chi dicesse tuttavia che un inferno potrebbe anche esistere ma che sarebbe vuoto, meriterebbe la replica: «Vuoto? Ma ciò non esclude la terribile possibilità che siamo tu e io a inaugurarlo». Qualcun altro ha ipotizzato che la dannazione sia solo temporanea, non eterna: ma pure questo si scontra con le nette parole del Cristo, che parla più volte di pena senza fine. Dunque, a vari concili non è stato difficile respingere una simile possibilità, senza alcun appoggio nella Scrittura.

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«Pregate, pregate molto»

[…] nell’apparizione più importante, quella del 13 luglio 1917, avvenne ciò che suor Lucia narrerà così, nel 1941, nella famosa lettera al suo vescovo:

«Il segreto affidatoci dalla Vergine consta di tre parti distinte, due delle quali sto per rivelare. La prima, dunque, fu la visione dell’inferno. La Madonna ci mostrò un grande mare di fuoco, che sembrava stare sotto terra. Immersi in quel fuoco i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere o bronzee, con forma umana fluttuavano nell’incendio, portate dalle fiamme che uscivano da loro stesse insieme a nuvole di fumo, cadendo da tutte le parti simili al cadere delle scintille nei grandi incendi, senza peso né equilibrio, tra grida e gemiti di dolore e disperazione, che mettevano orrore e facevano tremare dalla paura...». […] Giacinta, spirando tre anni dopo, ancora bambina di 10 anni e ancora sconvolta per quello che aveva visto in quei pochi istanti, dirà sul letto di morte: «Se solo potessi mostrare l’inferno ai peccatori, farebbero di tutto per evitarlo cambiando vita». […simili visioni dell’inferno non sono affatto isolate nella storia della Chiesa. Scorgere questa terribile realtà è un’esperienza che hanno vissuto molti santi e sante. E la loro credibilità anche psicologica e mentale è stata vagliata con rigore nei processi canonici. Per limitarci alle più note e venerate delle sante ecco, tra le altre, santa Teresa d’Avila, santa Veronica Giuliani, santa Faustina Kowalska. E, tra gli uomini, poteva forse mancare quel san Pio da Pietrelcina, lo stigmatizzato che visse nel soprannaturale come fosse la condizione più naturale, al punto di stupirsi che gli altri non vedessero quel che lui vedeva?

A Fatima, a conferma della centralità nel messaggio del pericolo di perdersi, sta anche il fatto che l’Apparsa insegna ai veggenti una preghiera da ripetere nel rosario dopo ogni decina di Ave Maria. Preghiera che ha avuto una straordinaria accoglienza nel mondo cattolico, tanto che è recitata ovunque si preghi con la corona mariana e che dice: «Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’inferno e porta in Cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia». Parole, come si vede, tutte centrate sui Novissimi e detta- te ai bambini dalla Vergine stessa. Ciò che soprattutto il cristiano deve implorare è la salvezza dal «fuoco dell’inferno», oltre a chiedere alla misericordia divina una sorta di sconto di pena per chi soffre in purgatorio. Dirà la Madonna, «con aria assai addolorata», come annota suor Lucia: «Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori. Molte anime vanno infatti all’inferno perché non c’è nessuno che preghi e si sacrifichi per loro».

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Sotto il Suo mantello

Ma torniamo alle ultime righe del resoconto della testimone Lucia, dopo la visione della sorte terribile dei peccatori impenitenti: «Alzammo gli occhi alla Madonna, che ci disse con bontà e tristezza: “Avete visto l’inferno dove cadono le anime dei poveri peccatori. Per salvarli, Dio vuole istituire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato. Se faranno quel che vi dirò, molte anime si salveranno”». Ecco, dunque, il consolante tocco tutto cristiano, anzi cattolico […]. La verità impone di ricordare che corrono un grave rischio gli uomini immemori della serietà del Vangelo. Ma la misericordia del Cielo è subito pronta a proporre un rimedio: rifugiarsi sotto il mantello di lei, Maria, confidare nel suo Cuore Immacolato, aperto a chiunque chieda la sua materna intercessione. […]

Il peso crescente del peccato è grave, ma sono indicati i rimedi e, soprattutto, l’Apparsa ha in serbo un happy end, con le parole giustamente famose e giustamente fonte di speranza per i credenti. Infatti, dopo avere profetizzato le molte tribolazioni del futuro, Maria annuncia, a nome del Figlio: «Alla fine, il mio Cuore Immacolato trionferà». Perciò la salvezza personale è possibile - ed è sorretta dal Cielo stesso - pur nel dilagare dell’iniquità. Ma possiamo anche sperare nella conversione del mondo, in un futuro imprecisato e che Dio solo conosce, confidando nel cuore della Madre di Cristo, potente avvocata della causa dell’umanità.

A che «servono» le apparizioni? […] Fatima è tra le risposte maggiori, per un mondo che sempre più dimenticava, e oggi ancor più dimentica, il significato vero della vita sulla terra e la sua continuazione nell’eternità. Fatima è un messaggio «duro» che, nel linguaggio odierno, diremmo «politicamente scorretto»: proprio per questo è evangelico, nella sua rivelazione della verità e nel suo rifiuto di ipocrisie, eufemismi, rimozioni. Ma, come sempre in ciò che è davvero cattolico, dove tutti gli opposti convivono in una sintesi vitale, la «durezza» convive con la tenerezza, la giustizia con la misericordia, la minaccia con la speranza. Così, l’avviso che ci è giunto dal Portogallo è, al contempo, inquietante e consolante.

Di Vittorio Messori
Niko Sanpatrizio
DANNAZIONE E SALVEZZA
Mosso dal grande amore per la Verità, vorrei tranquillizzare i vostri timori con pronostici di felicità, dicendo a ciascuno di voi: “Rallegrati, il Paradiso è tuo; la maggior parte dei cristiani si salva, dunque, anche tu ti salverai”. Ma come potrò darvi questo dolce conforto se voi, nemici dichiarati di voi stessi, vi ribellate contro Dio? Vedo in Dio un vivo desiderio …Altro
DANNAZIONE E SALVEZZA

Mosso dal grande amore per la Verità, vorrei tranquillizzare i vostri timori con pronostici di felicità, dicendo a ciascuno di voi: “Rallegrati, il Paradiso è tuo; la maggior parte dei cristiani si salva, dunque, anche tu ti salverai”. Ma come potrò darvi questo dolce conforto se voi, nemici dichiarati di voi stessi, vi ribellate contro Dio? Vedo in Dio un vivo desiderio di salvarvi, e in voi noto una somma propensione a essere condannati. Che dirò, allora? Se parlo chiaro, vi dispiacerò; se non parlo, dispiacerò a Dio. Sto prendendo lo spunto iniziale di un grande predicatore: San Leonardo da Porto Maurizio.

“E se il giusto appena sarà salvato, dove compariranno l'empio e il peccatore?" (1Pietro 4, 18)

Il Vangelo di Luca dà una risposta chiara alla domanda: “Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Rispose: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno” . (Lc 13, 23-24)

Ed ancora: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!” (Mt 7, 13-14). L’opposizione è chiara e netta, “pochi” e “molti”. Queste sono parole di Gesù!

"Non sapete voi che noi dobbiamo stare in allerta sulla strada della salvezza? Solamente i ferventi riescono a raggiungere essa, giammai i tiepidi or coloro dormenti.". (Padre Pio)

"Caro Dio, se tutti fossero coscienti della Vostra severità oltre che della Vostra tenerezza quale creatura sarebbe così stolta da offenderVi?" (Padre Pio 27/05/1914)

"Solamente pochi ne beneficeranno, la più parte corre sulla strada della perdizione." (Padre Pio sul preziosissimo Sangue)

San Leonardo da Porto Maurizio è stato uno dei più grandi missionari nella storia della Chiesa, ed uno dei più grandi predicatori di missioni popolari. I suoi 44 anni di ministero apostolico, accompagnato da miracoli e prodigi, si svolsero percorrendo instancabilmente tutta l’Italia.
Uno dei più famosi sermoni di San Leonardo da Porto Maurizio è stato “Il piccolo numero di coloro che si salvano”.
Così la pensano San Teodoro, San Basilio, Sant’Efrem, San Giovanni Crisostomo.
Sant’Agostino afferma: “Pochi sono, pertanto, quelli che si salvano, a confronto di quelli che si condannano”.


Nelle rivelazioni della grande mistica del 20° secolo, Maria valtorta, Gesù dice: “E in verità ti dico che egli ha più fortuna di Dio. Le sue conquiste sono più numerose delle mie”. (Valtorta - QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 404 - 18 settembre 1944)

Continua dicendo: “E in verità vi dico che ora è un momento in cui, per ordine del padre della menzogna, i suoi figli mietono fra le anime, che erano create per Me e che inutilmente ho fertilizzate col mio Sangue. Messe abbondante più che ogni diabolica speranza concepisse, e i Cieli fremono per il pianto del Redentore che vede la rovina dei due terzi (2/3) del mondo dei cristiani. E dire due terzi è ancora poco”. (Valtorta - QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 129 - 24 settembre 1943)

Gesù conferma dicendo: “In verità ti dico che oltre due terzi (2/3) della razza umana appartengono a questa categoria che vive sotto il segno della Bestia. Per questa inutilmente Io sono morto”. (Valtorta - QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 20 - 7 giugno 1943)

Il problema vero è che oggi non si crede più all’Inferno e di conseguenza non si riflette su quanto il “dono della vita” può trasformarsi nel nostro maggir incubo eterno, tanto da poter dire come sritto nel Vangelo: “Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!.” (Mt 26, 24)

Sono molte le anime dei Santi a cui Gesù ha fatto vedere con gli occhi dello spirito il terribile luogo dell’Inferno, basta leggere quello che hanno scritto sull’argomento: Santa Teresa d'Avila, Santa Maria Faustina Kowalska, San Pio da Pietralcina, San Veronica Giuliani, ecc.

Ma voglio farvi leggere un passo su quello che Gesù dice a Maria Valtorta nei QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 236 scritto il 15 gennaio 1944:
Dice Gesù: “Una volta ti ho fatto vedere il Mostro d’abisso. Oggi ti parlerò del suo regno (Inferno). Non ti posso sempre tenere in paradiso. Ricordati che tu hai la missione di richiamare delle verità ai fratelli che troppo le hanno dimenticate. E da queste dimenticanze, che sono in realtà sprezzi per delle verità eterne, provengono tanti mali agli uomini.
Scrivi dunque questa pagina dolorosa. Dopo sarai confortata. È la notte del venerdì. Scrivi guardando al tuo Gesù che è morto sulla croce fra tormenti tali che sono paragonabili a quelli dell’inferno, e che l’ha voluta, tale morte, per salvare gli uomini dalla Morte.
Gli uomini di questo tempo non credono più all’esistenza dell’inferno. Si sono congegnati un al di là a loro gusto e tale da essere meno terrorizzante alla loro coscienza meritevole di molto castigo. Discepoli più o meno fedeli dello Spirito del Male, sanno che la loro coscienza arretrerebbe da certi misfatti, se realmente credesse all’inferno così come la Fede insegna che sia; sanno che la loro coscienza, a misfatto compiuto, avrebbe dei ritorni in se stessa e nel rimorso troverebbe il pentimento, nella paura troverebbe il pentimento e col pentimento la via per tornare a Me.
La loro malizia, istruita da Satana, al quale sono servi o schiavi (a seconda della loro aderenza ai voleri e alle suggestioni del Maligno) non vuole questi arretramenti e questi ritorni. Annulla perciò la fede nell’inferno quale realmente è e ne fabbrica un altro, se pure se lo fabbrica, il quale non è altro che una sosta per prendere lo slancio ad altre, future elevazioni.
Spinge questa sua opinione sino a credere sacrilegamente che il più grande di tutti i peccatori dell’umanità, il figlio diletto di Satana, colui che era ladro come è detto nel Vangelo (Gv 12, 4-6), che era concupiscente e ansioso di gloria umana come dico Io, l’iscariota, che per fame della triplice concupiscenza si è fatto mercante del Figlio di Dio e per trenta monete e col segno di un bacio - un valore monetario irrisorio e un valore affettivo infinito - mi ha messo nelle mani dei carnefici, possa redimersi e giungere a Me passando per fasi successive.
No. Se egli fu il sacrilego per eccellenza, io non lo sono. Se egli fu l’ingiusto per eccellenza, io non lo sono. Se egli fu colui che sparse con sprezzo il mio Sangue, io non lo sono. E perdonare a Giuda sarebbe sacrilegio alla mia Divinità da lui tradita, sarebbe ingiustizia verso tuttigli altri uomini, sempre meno colpevoli di lui e che pure sono puniti per i loro peccati, sarebbe sprezzo al mio Sangue, sarebbe infine venire meno alle mie leggi.
Ho detto, io Dio Uno e Trino, che ciò che è destinato all’inferno dura in esso per l’eternità, perché da quella morte non si esce a nuova resurrezione. Ho detto che quel fuoco è eterno e che in esso saranno accolti tutti gli operatori di scandali e di iniquità. Né crediate che ciò sia sino al momento della fine del mondo. No, ché anzi, dopo la tremenda rassegna, più spietata si farà quella dimora di pianto e tormento, poiché ciò che ancora è concesso ai suoi ospiti di avere per loro infernale sollazzo - il poter nuocere ai viventi e il veder nuovi dannati precipitare nell’abisso - più non sarà, e la porta del regno nefando di Satana sarà ribattuta, inchiavardata dai miei angeli, per sempre, per sempre, per sempre, un sempre il cui numero di anni non ha numero e rispetto al quale, se anni divenissero i granelli di rena di tutti gli oceani della terra, sarebbero meno di un giorno di questa mia eternità immisurabile, fatta di luce e di gloria nell’alto per i benedetti, fatta di tenebre e orrore per i maledetti nel profondo.
Ti ho detto che il Purgatorio è fuoco di amore. L’Inferno è fuoco di rigore.
Il Purgatorio è luogo in cui, pensando a Dio, la cui Essenza vi è brillata nell’attimo del particolare giudizio e vi ha riempito di desiderio di possederla, voi espiate le mancanze di amore per il Signore Dio vostro. Attraverso l’amore conquistate l’Amore, e per gradi di carità sempre più accesa lavate la vostra veste sino a renderla candida e lucente per entrare nel regno della Luce i cui fulgori ti ho mostrato giorni sono.
L’inferno è luogo in cui il pensiero di Dio, il ricordo del Dio intravveduto nel particolare giudizio non è, come per i purganti, santo desiderio, nostalgia accorata ma piena di speranza, speranza piena di tranquilla attesa, di sicura pace che raggiungerà la perfezione quando diverrà conquista di Dio, ma che già dà allo spirito purgante un’ilare attività purgativa perché ogni pena, ogni attimo di pena, li avvicina a Dio, loro amore; ma è rimorso, è rovello, è dannazione, è odio. Odio verso Satana, odio verso gli uomini, odio verso se stessi.
Dopo averlo adorato, Satana, nella vita, al posto mio, ora che lo posseggono e ne vedono il vero aspetto, non più celato sotto il maliardo sorriso della carne, sotto il lucente brillio dell’oro, sotto il potente segno della supremazia, lo odiano perché causa del loro tormento.
Dopo avere, dimenticando la loro dignità di figli di Dio, adorato gli uomini sino a farsi degli assassini, dei ladri, dei barattieri, dei mercanti di immondezze per loro, adesso che ritrovano i loro padroni per i quali hanno ucciso, rubato, truffato, venduto il proprio onore e l’onore di tante creature infelici, deboli, indifese, facendone strumento al vizio che le bestie non conoscono - alla lussuria, attributo dell’uomo avvelenato da Satana - adesso li odiano perché causa del loro tormento.
Dopo avere adorato se stessi dando alla carne, al sangue, ai sette appetiti della loro carne e del loro sangue tutte le soddisfazioni, calpestando la Legge di Dio e la legge della moralità, ora si odiano perché si vedono causa del loro tormento.
La parola "Odio" tappezza quel regno smisurato; rugge in quelle fiamme; urla nei chachinni dei demoni; singhiozza e latra nei lamenti dei dannati; suona, suona, suona come una eterna campana a martello; squilla come una eterna buccina di morte; empie di sé i recessi di quella carcere; è, di suo, tormento, perché rinnovella ad ogni suo suono il ricordo dell’Amore per sempre perduto, il rimorso di averlo voluto perdere, il rovello di non poterlo mai più rivedere.
L’anima morta, fra quelle fiamme, come quei corpi gettati nei roghi o in un forno crematorio, si contorce e stride come animata di nuovo da un movimento vitale e si risveglia per comprendere il suo errore, e muore e rinasce ad ogni momento con sofferenze atroci, perché il rimorso la uccide in una bestemmia e l’uccisione la riporta al rivivere per un nuovo tormento. Tutto il delitto di aver tradito Dio nel tempo sta di10 fronte all’anima nell’eternità; tutto l’errore di aver ricusato Dio nel tempo sta per suo tormento presente ad essa per l’eternità.
Nel fuoco le fiamme simulano le larve di ciò che adorarono in vita, le passioni si dipingono in roventi pennellate coi più appetitosi aspetti, e stridono, stridono il loro memento: "Hai voluto il fuoco delle passioni. Ora abbiti il fuoco acceso da Dio il cui santo Fuoco hai deriso".
Fuoco risponde a fuoco. In Paradiso è fuoco di amore perfetto. In Purgatorio è fuoco di amore purificatore. In Inferno è fuoco di amore offeso. Poiché gli eletti amarono alla perfezione, l’Amore a loro si dona nella sua Perfezione. Poiché i purganti amarono tiepidamente, l’Amore si fa fiamma per portarli alla Perfezione. Poiché i maledetti arsero di tutti i fuochi, men che del Fuoco di Dio, il Fuoco dell’ira di Dio li arde in eterno. E nel fuoco è gelo.
Oh! che sia l’Inferno non potete immaginare. Prendete tutto quanto è tormento dell’uomo sulla terra: fuoco, fiamma, gelo, acque che sommergono, fame, sonno, sete, ferite, malattie, piaghe, morte, e fatene una unica somma e moltiplicatela milioni di volte. Non avrete che una larva di quella tremenda verità.
Nell’ardore insostenibile sarà commisto il gelo siderale. I dannati arsero di tutti i fuochi umani avendo unicamente gelo spirituale per il Signore Iddio loro. E gelo li attende per congelarli dopo che il fuoco li avrà salati come pesci messi ad arrostire su una fiamma. Tormento nel tormento questo passare dall’ardore che scioglie al gelo che condensa.
Oh! non è un linguaggio metaforico, poiché Dio può fare che le anime, pesanti delle colpe commesse, abbiano sensibilità uguali a quelle di una carne, anche prima che quella carne rivestano. Voi non sapete e non credete. Ma in verità vi dico che vi converrebbe di più subire tutti i tormenti dei miei martiri anziché un’ora di quelle torture infernali.
L’oscurità sarà il terzo tormento. Oscurità materiale e oscurità spirituale. Esser per sempre nelle tenebre dopo aver visto la luce del paradiso ed esser nell’abbraccio della Tenebra dopo aver visto la Luce che è Dio! Dibattersi in quell’orrore tenebroso in cui si illumina solo, al riverbero dello spirito arso, il nome del peccato per cui sono in esso orrore confitti! Non trovare appiglio, in quel rimestio di spiriti che si odiano e nuocciono a vicenda, altro che nella disperazione che li rende folli e sempre più maledetti. Nutrirsi di essa, appoggiarsi ad essa, uccidersi con essa. La morte nutrirà la morte, è detto. La disperazione è morte e nutrirà questi morti per l’eternità.
Io ve lo dico, io che pur l’ho creato quel luogo: quando sono sceso in esso per trarre dal Limbo coloro che attendevano la mia venuta, ho avuto orrore, io, Dio, di quell’orrore; e, se cosa fatta da Dio non fosse immutabile perché perfetta, avrei voluto renderlo meno atroce, perché sono l’Amore e di quell’orrore ho avuto dolore.
E voi ci volete andare.
Meditate, o figli, questa mia parola. Ai malati viene data amara medicina, agli affetti da cancri viene cauterizzato e reciso il male. Questa è per voi, malati e cancerosi, medicina e cauterio di chirurgo. Non rifiutatela. Usatela per guarirvi. La vita non dura per questi pochi giorni della terra. La vita incomincia quando vi pare finisca, e non ha più termine.
Fate che per voi scorra là dove la luce e la gioia di Dio fanno bella l’eternità e non dove Satana è l’eterno Suppliziatore.»

Che dite, forse se la gente sapesse la Verità tutta intera senza falsi sentimentalisti, e cominciasse a riflettere, si darebbe una smossa?