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Il pellicano, Simbolo eucaristico per eccellenza La simbologia cristologica del pellicano trae la sua origine da un antico inno eucaristico: “Adoro te Devote”, un concentrato di poesia e di dottrina …Altro
Il pellicano, Simbolo eucaristico per eccellenza

La simbologia cristologica del pellicano trae la sua origine da un antico inno eucaristico: “Adoro te Devote”, un concentrato di poesia e di dottrina attribuito a San Tommaso d’Aquino che lo scrisse in occasione dell’introduzione della solennità del Corpus Domini nel 1264 e che, in un verso, così recita:

Pie pellicáne, Jesu Dómine, me immúndum munda tuo sánguine,
Cujus una stilla salvum fácere, totum mundum quit ab ómni scélere
”.

“Oh, pio pellicano, Signore Gesù, purifica me, immondo, con il Tuo sangue;
del quale una sola goccia può salvare il mondo intero da ogni peccato”.

La leggenda, nata in tempi remoti racconta che quando la tempesta non gli permette di pescare, il pellicano alimenta i suoi figli con il suo stesso sangue e, per sfamarli, arriva a lacerarsi il petto.

Il suo sangue ha anche il potere di riportarli in vita se nati morti, perché è il segno tangibile del miracolo che soltanto un infinito amore può compiere.

Per il suo altruismo spinto fino all’estremo sacrificio viene associato al Cristo che, durante l’ultima cena e nelle successive cerimonie eucaristiche, offre il proprio sangue per nutrire i suoi figli/fedeli.

Quest’uccello, anche se non viene mai nominato nei Vangeli e compare una sola volta in un salmo dell’Antico Testamento, è l’icona dell’amore filiale che trova la sua ragion d’essere nel dono totale di sé.

Il pellicano, nell’arte religiosa, viene raffigurato spesso eretto sopra il suo nido posto sulla sommità della croce nell’atto di nutrire i suoi piccoli e diventa, per “traslazione”, l’immagine dello Spirito che richiama al pensiero la purezza celeste di Dio.

La sua caratteristica principale è quella di avere nel becco una sacca membranosa dove depone i pesci catturati. Esso ritrae il becco verso il petto proprio per favorire l’apertura di questa sacca e spesso le sue piume sono tinte di rosso a causa del sangue delle sue prede.

I greci lo chiamavano pelekos (da pelekus=ascia) per l’apertura del suo becco smisurato simile ad un’antica ascia,
oppure onocrotalo per il suo grido (krotos) che ricordava quello di un asino.

Dante in un Canto del Paradiso nella Divina Commedia, chiama Cristo nostro Pellicano e, mentre addita l’apostolo Giovanni (che durante l’ultima cena posò il capo sul petto di Cristo), fa dire a Beatrice le seguenti parole: “Questi è colui che giacque sopra il petto del nostro pellicano; e questi fue d’in su la croce al grande ufficio eletto”.

Il comportamento del pellicano, emblema palpitante del mistero dell’amore divino, veicola un messaggio potente che finisce per abbracciare l’intera vicenda della redenzione dell’uomo che anela alla salvezza.

In un santino il suo nido è posto su una X, iniziale della parola ‘Χριστός’ (Khristòs), appellativo dato a Gesù, che in greco significa “unto”.
Alla X s’ intersecano l’alfa (Α) e l’omega (Ω), prima e ultima lettera dell’alfabeto greco che indicano sempre Cristo, principio e fine di ogni cosa, come si legge nell’Apocalisse (22, 13): “Io sono l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine”.

Scimmiottando il Sacro, lo hanno legato alla simbologia degli alti gradi della Massoneria.

Negli ultimi tre secoli del medioevo, sovente lo spirituale uccello è stato al centro dell’attenzione esoterica.
Il sangue scaturente dal petto del Pellicano è, per l’Ars Symbolica, la forza spirituale che alimenta il lavoro dell’alchimista che, con grande amore e sacrificio, conduce la ricerca della perfezione; raffigura un recipiente nel quale veniva riposta la materia liquida per la distillazione, il cui “beccuccio” è piegato in direzione della cupola convessa; infine costituisce un’immagine della “pietra filosofale” dispersa nel piombo allo stato fluido, nel quale si fonde al fine di determinare la trasmutazione del “vile metallo in oro”.

Questo volatile è quindi la metàfora dell’aspirazione massonica non egoistica all’ascesa verso la purificazione, della generosità assoluta, “in mancanza della quale, nell’iniziazione, tutto resterebbe irrimediabilmente vano” (O. Wirth),

Alla luce di questo significato, il pellicano indica anche il grado di “Rosacroce” nella Massoneria di rito scozzese.
I suoi membri definiti “Cavalieri di Rosacroce” nei sistemi più antichi erano chiamati anche “Cavalieri del Pellicano

Il pellicano è una figura rappresentativa anche in altre culture, infatti i musulmani considerano lo stesso un uccello sacro poiché, come narra una loro leggenda, allorché i costruttori della Ka’ba dovettero interrompere i lavori per mancanza d’acqua, stormi di pellicani avrebbero trasportato nelle loro borse naturali l’acqua occorrente a consentire il completamento dell’importante costruzione sacra.
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