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Il rischio di confondere scrupolo e tentazione.

Volentieri offriamo ai lettori questo prezioso estratto del capolavoro Vincere la paura. Ossessioni e scrupoli di Padre Antonino Eymieu.

Si confonde molto spesso [lo] scrupolo con la tentazione. Senza l’ausilio dell’esperienza, si correrebbe rischio d’esser con lui tratti in inganno.

Non solo egli esagera sempre nelle sue confessioni, si accusa al di là di ciò che crede, ma ancora, egli crede contro sé medesimo al di là di ciò che è in fatto.

Abbiamo già mostrato che l’idea di un male che stia per accadere, ravvivata dalla paura può, trovandosi sola per un momento in una coscienza sfatta e dispersa, assumere l’apparenza di un’idea consentita, d’una volizione.

Noi sappiamo ancora che quest’idea può, fino a un certo punto, divenire impulsiva, e così l’ammalato vedendo gli atti susseguirsi o almeno ricevere un inizio d’esecuzione, si trova confermato nel timore di averli, verosimilmente, voluti.

Se poi, il suo buon senso protesta tuttavia abbastanza per lasciargli dei dubbi sulla realtà della colpa, egli non ne ha sulla realtà della tentazione. La tentazione vien definita: un’idea, un’attrattiva, che inclina verso il male.

Ora, può ben sembrare all’ammalato che quest’idea o quest’attrattiva sconvolga profondamente il suo vero io; ma come dubitare di averla subita, s’egli ha sentito l’idea piantarsi viva e forte nella sua coscienza e scuotersi il suo organismo per tradurla in atto?

Il suo confidente, d’altronde, dinanzi a questa raffica di idee malsane che sorge a proposito di tutto o fuor d’ogni proposito, che rievoca le associazioni più vergognose, le intenzioni più perverse, le combinazioni di particolari più mostruose, e che raggiunge il suo parossismo proprio nelle circostanze in cui l’ammalato dovrebbe normalmente sentirsi più lontano dal male, per esempio, al momento della preghiera o della comunione; in faccia d’una situazione di questo genere, il confidente, se non sta in guardia, corre lui pure rischio di prendere tutto ciò per vere e proprie tentazioni, e quest’errore di diagnosi può essergli ispiratore di storti e funesti consigli.

É d’uopo ch’egli stia all’erta e non si lasci tanto facilmente persuadere. Senza dubbio, gli scrupolosi non sono impeccabili, né al riparo dalla tentazione; anzi avviene talvolta che molto rigidi nei rapporti dello scrupolo, presentino invece su tale o talaltro punto un sorprendente lassismo.

Ma è rarissimo il caso ch’essi si trovino in colpa, od anche solo che siano veramente tentati, sul punto che riguarda lo scrupolo, in modo speciale i grandi ammalati, almeno nei primi anni della loro malattia; e le tentazioni, allorché davvero esistono non si presentano in quella forma bizzarra, smisurata, stravagante, che abbiamo testé descritto, esagerantesi in ragione delle circostanze che dovrebbero diminuirla, in proporzione dell’orrore ch’essa ispira.

La tentazione non va d’un salto, soprattutto nelle nature oneste, a quanto v’è di peggiore, ancor meno a degli atti fantastici, chimerici; essa diritta si volge alla soddisfazione dell’istinto, al piacere per il piacere e non al male per il male.

Soltanto nei peggiori scellerati assume quest’ultima forma; però io dubito che neanche in quelli essa vada tanto lungi, quanto l’immaginazione degli ossessionati.

A, che, nello scrivere la sua memoria s’è sentita più calma, ci dice: Non sarebbe bastato ch’io fossi stata viziosa; avrei dovuto essere del tutto pazza per commettere simili peccati; e più in là: Un giorno voi voleste mettermi sull’avviso: «Allorché avrete della tentazioni…», io v’interruppi per protestare colla maggiore energia: ma non sono già queste delle tentazioni che mi facciano piacere; bensì delle ossessioni ch’io detesto Infatti la tentazione non esiste quando l’io spontaneamente la detesta.

Ciò si ricava dalla sua stessa definizione ed è condizione indispensabile a ben comprenderla: «Un’attrazione che inclina verso il male». Verso il male morale, s’intende; ma allora quest’attrattiva deve inclinare, sollecitare, non soltanto l’istinto, ma la volontà libera; è dessa sola che può mettere ad un atto l’impronta dell’io umano, dell’io tutt’intero, cosciente di sé stesso, padrone dei propri atti e quindi responsabile; è dessa sola che ha la missione di realizzare il bene morale e che sola, può, in conseguenza, anche defezionare.

Fintantoché nulla lo inclina a mancare, nessuna attrattiva verso il male lo alletta, si tratterà di un’impressione, un’idea, un’immagine, una violenza subita, di tutto ciò che si vuole, non però di una tentazione.

L’io subisce, ma non è tentato di acconsentire. È ciò che avviene quasi sempre in quelle irruzioni d’idee estreme, mostruose, in quelle impulsioni altresì che, nello scrupoloso, assalgono la virtù più intensamente amata; è, in modo particolare, ciò che accade in quelle recrudescenze d’immaginazioni oscene, che coincidono, nella preghiera o al momento della comunione, con un più grande amore di purità.

>>> Vincere la paura. Ossessioni e scrupoli <

Photo by Merlin Lightpainting: pexels.com/photo/man-with-red-and-blue-light-11308989/
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