Se il pensiero impuro abbia la stessa gravità di un atto impuro

Il Signore ha detto: “Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla (letteralmente: la concupisce), ha gia commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt 5,27-28).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica commenta: “La «concupiscenza», nel senso etimologico, può designare ogni forma veemente di desiderio umano. La teologia cristiana ha dato a questa parola il significato specifico di moto dell’appetito sensibile che si oppone ai dettami della ragione umana. L’Apostolo san Paolo la identifica con l’opposizione della «carne» allo «spirito» (Gal 5,16-17:24). E’ conseguenza della disobbedienza del primo peccato (Gn 3,11). Ingenera disordine nelle facoltà morali dell’uomo e, senza essere in se stessa un peccato, inclina l’uomo a commettere il peccato” (CCC 2515).
Va ricordato che il passaggio all’atto può comportare il superamento di eventuali difficoltà. Per cui è necessario ribadire concretamente la volontà di commettere il peccato.
Inoltre nell’atto c’è il coinvolgimento di tutta la persona, che ne rimane segnata e allora sotto questo aspetto l’atto è un peccato che radica maggiormente nel male che il solo desiderio o pensiero.
Tuttavia è necessario domandarsi: quando siamo di fronte ad un pensiero impuro che di fatto coincide con un peccato grave?
È necessario allora ricordare che per compiere un peccato grave, anche di pensiero, sono necessarie tre condizioni:
- che si tratti di materia grave;
- che vi sia piena avvertenza della mente;
- che vi sia il deliberato consenso della volontà.
Per quanto riguarda la materia va ricordato il pronunciamento della Congregazione per la dottrina della fede (29.12.1975): “Ora, secondo la tradizione cristiana e la dottrina della Chiesa, e come riconosce anche la retta ragione, l’ordine morale della sessualità comporta per la vita umana valori così alti che ogni violazione diretta in quest’ordine è oggettivamente grave” (Persona Humana l0).
La materia dunque è grave.
Ma sebbene la materia sia grave perché si pensa alla sessualità in un orizzonte che è del tutto alieno dalla volontà santa di Dio, tante volte la mente non è pienamente avvertita.
Molto spesso si viene sorpresi da un pensiero, da un comportamento o da una fantasia impura, prima ancora che uno se ne renda conto.
E anche quando uno se ne rende conto, se da una parte si cerca di rimuovere il pensiero, ci si accorge che esso torna da un’altra. Talvolta si tratta di un vero assedio. Ma in tutto questo è necessario stare tranquilli: un conto è sentire, un altro conto è acconsentire.
Potrei dire in termini più concreti: quando uno si mette davanti al televisore e cerca qualcosa di sconcio e poi vi si butta dentro, allora si tratta di un vero peccato grave. La stessa cosa vale per la pornografia e per porno-internet.
Quando si tratta solo di qualche sfarfallamento non ben controllato o dominato, nella linea di quanto si è detto sopra, è necessario stare tranquilli. Sebbene la sessualità venga pensata o desiderata in maniera difforme dal progetto di Dio, tuttavia non vi è stata piena avvertenza della mente e deliberato consenso della volontà.
Il peccato allora è veniale per l’imperfezione dell’atto.
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