Canton Zugo: una mozione parlamentare chiede l'abrogazione del concordato

Il cantone di Zugo è uno dei ventisei cantoni svizzeri, il più piccolo per superficie, ad eccezione dei due semicantoni di Appenzello Interno e Basilea-Città, ma che occupa il primo posto per ricchezza, perché svolge il ruolo di un paradiso fiscale all’interno della Confederazione.

Al Consiglio cantonale – il parlamento cantonale – è stata proposta una mozione parlamentare volta ad abrogare il concordato del 1828 con la Santa Sede, per ragioni finanziarie. La proposta è stata avanzata da tre deputati appartenenti rispettivamente ai Verdi, al Partito socialista e ai Verdi liberali, i tre partiti con il minor numero di deputati in questo Consiglio.

Il concordato del 1828
Bisogna innanzitutto ricordare – per chi non è svizzero – che la Svizzera è una Confederazione e che ogni Cantone è uno Stato, certo limitato nelle sue prerogative, ma che ha la capacità di firmare un trattato internazionale come un concordato. Inoltre la Costituzione svizzera risale al 1848 e quindi è successiva al concordato di Zugo.

Questo concordato fu stipulato tra la Santa Sede e i cantoni di Soletta, Lucerna, Berna – l’attuale Canton Giura – e Zugo. Ha definito il nuovo territorio della diocesi di Basilea riunendo le parrocchie di questi quattro cantoni. Il trattato prevede che il cantone di Zugo – che qui ci riguarda – si faccia carico degli emolumenti di un canonico residente e di un contributo diretto al vescovado di Basilea.

Una preoccupazione per l'imparzialità?
La motivazione addotta dai parlamentari è la diminuzione del numero dei cattolici: “Abbiamo una tradizione cattolica nel cantone di Zugo, ma non è accettabile che il contribuente paghi lo stipendio del canonico e del vescovo”, ha dichiarato Luzian Franzini (Verdi).

Soprattutto, spiega, il 57% della popolazione non è più cattolico. La mozione rileva quindi che il finanziamento del vescovo e del canonico con fondi pubblici è “sempre più anacronistico”.

Infine, gli autori della mozione criticano il fatto che la diocesi di Basilea non è stata sufficientemente “riformata” (?) e che il suo attuale vescovo, mons. Félix Gmür, ha commesso degli errori riguardo alle procedure di abuso.

Una mozione che non ha alcuna possibilità di successo
Questa mozione dovrà però passare attraverso diverse prove: prima il voto del Parlamento per essere trasmessa al governo. Tuttavia i partiti di maggioranza (Centro, UDC, PLR) probabilmente non sono pronti a farlo. Ma non si sa mai...

Dire poi che il 57% della popolazione cantonale non è più cattolica è un modo per dire che il 43% degli zughesi professa la fede cattolica e paga le corrispondenti tasse ecclesiastiche. Non è quindi davvero anormale che gli emolumenti del canonico e del vescovo di Basilea siano pagati con le tasse della maggioranza dei cattolici.

Infine, i parlamentari che hanno presentato tale mozione dovrebbero sapere che un concordato è un trattato internazionale che non può essere denunciato unilateralmente. La violazione di un simile trattato è considerata una violazione della legge più elementare. Per non parlare delle considerazioni finali che giudicano il modo in cui la Chiesa di Basilea è guidata dal suo vescovo.

In definitiva, questa mozione è una pessima manovra politica che rivela solo l'antagonismo degli autori nei confronti della Chiesa e un desiderio di danneggiarla che non li onora.

(Fonti: cath.ch/Wikipédia/Dictionnaire Historique de la Suisse – FSSPX.Actualités)
Immagine: Schulerst, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons


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