La sana filosofia, quella di san Tommaso d’Aquino

Voi comprendete che per combattere il soggettivismo e il razionalismo che sono alla base degli errori liberali, io non farò appello alle filosofie moderne, infettate appunto dal soggettivismo o dal razionalismo. Non è il soggetto, né la sua conoscenza, né il suo amore, che la filosofia di sempre, e in particolare la metafisica, prende per oggetto, è l’essere stesso delle cose, ciò che è. È infatti l’essere, con le sue leggi e i suoi princìpi, che la nostra più spontanea conoscenza scopre. E al suo apice, la saggezza naturale che è la filosofia termina, grazie alla teodicea o teologia naturale, sull’Essere per eccellenza, l’Essere che sussiste per se stesso. Infatti è questo Essere primo che il buon senso, sostenuto, rincuorato e sollevato dai doni della fede, suggerisce di porre al sommo del reale, secondo la sua definizione rivelata: «Ego sum qui sum» (Es 3, 14): Io sono Colui che sono. Voi sapete appunto che, a Mosè che gli domandava il suo nome, Dio rispose: «io sono colui che sono», il che significa; io sono Colui che è da se stesso, io possiedo l’essere da me stesso.

Riflettiamo dunque su quest’Essere che sussiste da se stesso, che non ha ricevuto l’esistenza ma che ce l’ha da se stesso. Esso è «ens a se», l’essere da se stesso, in opposizione a tutti gli altri esseri, che sono «ens ab alio», essere per mezzo di un altro, per mezzo del dono che Dio ha fatto loro dell’esistenza! Vi si può meditare sopra per ore, tanto è sorprendente, inimmaginabile. Avere l’essere da sé, è vivere nell’eternità, è essere eterno. Colui che ha l’essere da sé non può mai essere stato senza averlo; l’essere non può mai averlo lasciato. Al contrario, colui che è «ens ab alio», essere per mezzo di un altro, ha ricevuto l’essere da un altro, dunque ha cominciato ad essere ad un momento dato: esso ha avuto inizio!

Quando deve mantenerci nell’umiltà questa considerazione! Compenetrarci del nulla che noi siamo dinanzi a Dio! «Io sono Colui che è, tu sei quella che non è», diceva un giorno Nostro Signore ad un’anima santa. Com’è vero! Più l’uomo s’immedesima in questo principio della filosofia più semplice, meglio si pone al suo vero posto dinanzi a Dio.

Il solo fatto di dire: io sono «ab alio», Dio è «ens a se»; io ho avuto inizio, Dio è sempre, che stupefacente contrasto! Che abisso! Allora è questo piccolo essere «ab alio», che riceve il suo essere stesso da Dio, che avrebbe il potere di limitare la gloria di Dio? Costui avrebbe il diritto di dire a Dio: «voi avete diritto a questo, ma non di più»! «Regnate nei cuori, nelle sacrestie, nelle cappelle, sì, ma sulla via, nella città, no!» Che boria! Allo stesso modo, sarebbe questo essere «ab alio» che avrebbe il potere di correggere i piani di Dio, di far sì che le cose siano in maniera diversa da quel che sono, in maniera diversa da come Dio le ha fatte? E le leggi che Dio, nella sua saggezza e nella sua onnipotenza, ha preposto a tutti gli esseri e in modo particolare all’uomo e alla società, lo spregevole essere «ab alio» avrebbe il potere di rifarle a suo capriccio dicendo: «Io sono libero»! Che presunzione! Che assurdità, la rivolta del liberalismo! Vedete quanto è importante possedere una sana filosofia e avere così una conoscenza approfondita dell’ordine naturale, individuale, sociale e politico. E a tal fine l’insegnamento di san Tommaso d’Aquino è insostituibile; non posso fare a meno di citarvi Leone XIII nella sua Enciclica Aeterni Patris del 4 agosto 1879:

«L’angelico dottore ha considerato le conclusioni filosofiche nelle ragioni e nei princìpi stessi delle cose: l’ampiezza di questi princìpi e le verità innumerevoli che essi contengono in germe forniscono ai maestri delle epoche posteriori ampia materia per utili sviluppi, che si produrranno a tempo opportuno. Impiegando come fa questo stesso procedimento nella confutazione degli errori, il grande dottore è giunto a questo duplice risultato, di respingere da solo tutti gli errori dei tempi anteriori, e di fornire armi invincibili per dissipare quelli che non mancheranno di emergere in futuro».

Ed è in particolar modo agli errori moderni del liberalismo che Leone XIII vuole che si applichi il rimedio della filosofia tomista:

«Anche la società domestica e civile, le quali a cagione di perverse ed esiziali dottrine si trovano condotte, come ciascuno vede, al più grave pericolo, se ne starebbero certamente più tranquille e più sicure se nelle accademie e nelle scuole s’insegnasse una dottrina più sana e più conforme al magistero della Chiesa, quale appunto si contiene nei volumi di Tommaso d’Aquino. Poiché quello che Tommaso insegna circa la vera natura della libertà, che va oggigiorno tramutandosi in licenza, circa la divina origine di ogni autorità, circa le leggi e la loro forza, circa il paterno e giusto impero dei principi, circa l’obbedienza dovuta alle più sublimi potestà, circa la mutua carità fra gli uomini, queste ed altre simili dottrine hanno una forza grandissima ed invincibile per rovesciare quei princìpi del nuovo diritto, che si conoscono perniciosi alla tranquillità dell’ordine sociale ed alla pubblica salute».
alacer condivide questo
3
2016 - 20.04
Articoli d'interesse.Altro
2016 - 20.04

Articoli d'interesse.