Verso la "Sesta Età della Chiesa", profezie stupende su ciò che avverrà!

Se la nostra epoca non è quella della fine del mondo, come mai le assomiglia così tanto? La risposta è semplice: le assomiglia perché ne costituisce una prefigurazione storica. L’odierna crisi della Chiesa prefigura la finale apostasia generale; l’odierna persecuzione anticristiana prefigura quella che colpirà i fedeli degli ultimi tempi; i recenti precursori dell’Anticristo ci preavvisano del suo futuro avvento[1]; i castighi minacciati dalla Madonna a Fatima prefigurano quelli che provocheranno la fine del mondo. Ma proprio questa somiglianza tra il nostro tempo e quello escatologico ci conferma l’imminenza di un’epoca storica che vedrà un trionfo della Chiesa tale, da prefigurare (sia pure debolissimamente) il finale e definitivo trionfo della “Gerusalemme celeste” nella beata eternità.

Vale quindi la pena di approfondire questa ipotesi del futuro trionfo storico-sociale della Chiesa.

Questo trionfo è stato profetizzato dal Vangelo stesso nella entusiasmante scena della Domenica delle Palme, quando a Gerusalemme la folla ebraica e perfino alcuni pagani, sia pure per pochi giorni, celebrarono Gesù di Nazareth riconoscendolo come Messia, ossia come Salvatore, Pontefice e Re (Mc. 11, 8-10), tanto che per un certo tempo parve davvero che «il mondo intero lo seguiva» (Mt. 21,19). Per questo la Chiesa, nella sua liturgia della Domenica delle Palme, rievoca:

«Le folle vanno incontro al Redentore con fiori e palme per rendere degno omaggio al trionfante Vincitore; le nazioni Lo acclamano Figlio di Dio»[2].

E’ significativo che i farisei si scandalizzarono per questo pubblico trionfo di Gesù, tanto che osarono chiedergli di farlo cessare; ma Egli si rifiutò rispondendo col noto ammonimento: «Se gli uomini tacessero, sarebbero le pietre a gridare» (Lc. 19, 39-40). Osserva un grande biblista, il p. Louis Fillion:

«La sua [di Gesù] vita terrena sarebbe rimasta incompleta, senza una sorta di gloriosa apoteosi che manifestasse il suo Regno messianico. (…) Fra le folle che Lo seguivano, molti restavano indecisi. Una manifestazione eclatante era dunque necessaria per trionfare sulla loro indecisione ed anche per consolidare la fede di coloro che credevano in Lui. Ecco perché Lo vediamo entrare nella capitale teocratica (…) da vero trionfatore. (…). Non accontentandosi di permettere ai suoi amici ed alle folle di rendergli l’omaggio più magnifico, Egli stesso prende (…) la diretta e personale iniziativa del proprio trionfo. (…) Fu una manifestazione grandiosa, paragonabile a quelle che accompagnavano il ritorno dei Re vittoriosi. (…) Egli accettò come un sacro debito tutti questi omaggi resigli, perché facevano parte del piano divino su di Lui»[3].

Orbene, la dottrina cristiana insegna che la vita di Cristo ha riassunto e prefigurato e l’intera storia della Salvezza:

«quello che avvenne nella vita mortale del Cristo, avviene ora nella Chiesa»[4].

Riassumendo l’esegesi tradizionale, l’allora prof. Joseph Ratzinger precisava che

«la Passione di Gesù viene trasferita dal Capo al Corpo; come nella sofferenza di Gesù vi fu dapprima la luce, poi le tenebre e infine di nuovo la luce, allo stesso modo anche nel cammino di dolore del Corpo Mistico si deve prevedere (…) un’analoga alternanza»[5].

Siccome il trionfo della Domenica delle Palme avvenne prima dell’apostasia del Venerdì Santo e della conclusiva Resurrezione, possiamo prevedere che la Chiesa militante vivrà un’epoca di trionfo prima dell’apostasia finale e della definitiva apoteosi escatologica. Prima della fine dei tempi, dunque, si realizzerà una nuova Domenica delle Palme che, a differenza di quella vecchia, esalterà non tanto il Cristo quanto quel suo Corpo Mistico che è la Chiesa, anche allo scopo di consolare i fedeli, umiliare gl’infedeli e spingere gl’indecisi a schierarsi prima della lotta finale. La Domenica delle Palme costituisce quindi una prefigurazione dapprima di un futuro trionfo storico della Chiesa, e poi anche della finale Parusìa del Redentore[6].

La sana teologia insegna anzi che, lungo la storia, il Redentore si manifesterà invisibilmente all’umanità in “visite” che la influenzeranno preparandola alla Parusìa finale:

«Diciamo subito che non ci sarà mai, lungo il corso della storia, una venuta di Cristo in persona, ossia non ci sarà alcuna Parusìa pubblica di Cristo fuori dalla Parusìa per eccellenza che è l’ultima. (…) Ciò significa che i diversi “avventi” o “venute” di Cristo non debbono essere identificati con la Parusìa, ma debbono essere interpretati in altro senso. (…) Cristo, come Uomo-Dio, verrà agli uomini in genere, in quanto ci sarà, lungo il corso della storia, una manifestazione solenne della verità del suo Regno, e in quanto la storia stessa rivelerà la divinità di Cristo. (…) Risulta quindi che esiste una particolare “venuta” di Cristo che s’identifica, in concreto, con una manifestazione del suo Regno e che pertanto questa “venuta” dev’essere intesa in senso metaforico. (…) La Sacra Scrittura afferma o insinua l’esistenza di altre “venute”, di altri “avventi” di Cristo, da intendersi in senso metaforico, che si concretizzeranno in eventi particolari, fausti o infausti, che nel Vecchio Testamento sono chiamati “visite di Dio”, sia di grazia che di giustizia»[7].

In questa prospettiva, il futuro trionfo della Chiesa sarà appunto un caso di questa manifestazione di grazia e di consolazione per i buoni. Del resto, se consideriamo che il demonio non fa che scimmiottare le divine imprese, possiamo dire che il breve regno dell’Anticristo, ossia dell’anti-Chiesa, sarà il perverso tentativo di scimmiottare un Regno di Cristo, ossia della Chiesa militante, già realizzatosi storicamente prima dell’apostasia finale: la suprema colpa del regno anticristico consisterà appunto nell’estinguere la più gloriosa Cristianità apparsa lungo la storia.
Insomma, è vero che «la Chiesa della Croce deve precedere quella della gloria»[8], perché è solo attraverso l’umiliazione e la persecuzione che si può arrivare alla santificazione; ma è anche vero che la vicenda terrena della Chiesa richiede che i (molti) periodi di oppressione e di persecuzione vengano ricompensati da (pochi) periodi di liberazione e di trionfo; l’importante è il rendersi bene conto che nella storia tutto è provvisorio e «sulla Terra non si avanza di vittoria in vittoria, ma piuttosto di rivincita in rivincita»[9].

Questa futura era trionfale non è una costruzione intellettuale né un sogno utopistico; essa è stata preannunciata da molti illustri santi, profeti, teologi e dottori ecclesiastici, che l’hanno indicata col termine di “penultima età della Chiesa” e l’hanno solitamente numerata come sesta della serie temporale. Difatti, come nel sesto giorno della creazione Dio compì la sua opera stabilendo il regno del primo uomo sul creato, così, nella sesta era della storia, Egli compirà la propria opera redentrice stabilendo sull’umanità il Regno dell’Uomo-Dio, ossia della Chiesa come Corpo mistico di Cristo. Questa sesta età precederà la settima ed ultima, che corrisponderà al settimo giorno della creazione, ossia all’eterno riposo sabbatico della Chiesa trionfante in Cielo[10].

Numerosi santi teologi hanno profetizzato e celebrato questa sesta età in cui speravano; vediamone alcuni.

Secondo san Bonaventura da Bagnoregio, prima dell’avvento dell’Anticristo, Dio concederà alla Chiesa un’epoca trionfale che sarà una debolissima ma significativa prefigurazione dell’ultima epoca, quella dell’apoteosi escatologica. Se l’ultima era sarà caratterizzata dalla «longitudine dell’eternità», la penultima sarà caratterizzata dalla «latitudine della divina benevolenza perfezionatrice», sarà

«il tempo del risanamento di tutti coloro che erano caduti», «il tempo della Chiesa dilatata» durante il quale «avverrà la riparazione del culto divino e la restaurazione della Città. Allora si realizzerà la profezia di Ezechiele (Ez. 40-48), quando la Città (…) terrena, cioè quella militante, sarà conforme a quella trionfante, per quanto è possibile in questa vita. Allora si compirà la costruzione della Città, che tornerà ad essere com’era in principio, e vi sarà la pace»[11].

Insomma, «la teologia della storia di san Bonaventura culmina nella speranza in una età, interna alla storia, di quiete sabbatica donata da Dio. (…) E’ una pace che Dio istituirà su questa terra, spettatrice di così tanto sangue e lacrime, come se volesse ancora mostrare, perlomeno nel momento della fine, come avrebbe potuto e dovuto essere in realtà secondo i suoi disegni»[12].

Secondo santa Caterina da Siena,

«dopo tutte queste tribolazioni e angustie, in un modo che non si può comprendere dagli uomini, Dio purificherà la santa Chiesa risvegliando lo spirito degli eletti. Seguirà un miglioramento così grande nella Chiesa di Dio, e un rinnovamento tale di santi pastori, che al solo pensarlo il mio spirito esulta nel Signore. La Sposa, che ora è brutta e malvestita, allora sarà bellissima e adorna di gemme preziose e coronata con diademi di tutte le virtù; (…) e anche gl’infedeli, attratti dal buon odore di Cristo, ritorneranno all’ovile cattolico e si convertiranno al vero pastore e vescovo delle anime loro. Ringraziate dunque il Signore che, dopo la tempesta, darà alla sua Chiesa un gran bel sereno»[13].

Secondo il p. Gerolamo Savonarola, discutibile ma significativo predicatore apocalittico,

«Dio darà in eredità le genti a Cristo suo Figlio; gl’infedeli cioè si convertiranno e verranno alla fede di Cristo e la sua Chiesa sarà rinnovata, (…) e la fede si spanderà in tutto il mondo fino ai confini della terra e Cristo governerà con grande giustizia»[14].

Secondo il venerabile Bartolomeo Holzhauser, che nel XVII secolo scrisse un profetico commento dell’Apocalisse,

«prima che cali la tenebrosa notte del regno dell’Anticristo, Dio consolerà ancora una volta la sua Chiesa. (…) Nella sesta età della Chiesa, gli eretici verranno vinti e convertiti, la Chiesa gioirà della più grande consolazione, il dominio turco [= islamico] verrà profondamente umiliato, la fede cattolica brillerà per terra e per mare, la disciplina ecclesiastica verrà restaurata e perfezionata. (…) Subito prima degli ultimi tempi, la Chiesa sarà immensa, essa verrà come ricostruita e riconsacrata al suo Sposo Gesù Cristo. (…) Gli uomini vivranno in pace, e questa verrà concessa perché le genti avranno fatto pace con Dio e Dio legherà Satana per un certo numero di anni, prima del tempo concesso al figlio della perdizione»[15].

Secondo la Beata Anna Catharina Emmerich, favorita da visioni profetiche,

«Mi apparve il tormento della Chiesa e il suo crollo interno ed esterno. (…) Ma, in mezzo alla rovina, vidi dodici uomini che ricevevano nell’anima i raggi dello splendore dell’Acqua viva: (…) tutto quello ch’era andato perduto, essi lo ricevevano di nuovo da Dio usandolo per il bene. (…) Così tutto venne rigenerato e rinnovato. (…) Le sette riconobbero la Chiesa, convinte dalla meravigliosa vittoria dei bianchi [= i cattolici]. (…) Mi comparve una grande celebrazione nella Chiesa che, dopo il superamento della battaglia, splendeva come un sole. (…) La Chiesa aveva ripreso il suo magnifico splendore; fin dai confini del mondo, la gente di buona volontà, di tutte le condizioni, aveva formato una immane catena umana per passarsi ad una ad una le pietre per ricostruirla, e fu del tutto ricostruita in breve tempo»[16].

Un grande apostolo e maestro spirituale, il p. Pierre de Clorivière, così scrisse durante la Rivoluzione Francese:

«mai le perdite della Chiesa sono state maggiori, ed essa verrà in qualche modo ridotta alla condizione in cui era nel momento della Passione del Salvatore. Ma questo accadrà per restaurare l’imperio di Gesù Cristo con un nuovo splendore e propagarlo più ampiamente di prima; la giovinezza della Chiesa verrà rinnovata e lo Spirito Santo diffonderà su di essa una maggiore abbondanza di doni»[17].

Un noto predicatore del XIX secolo, il p. Henri Lacordaire, tentò una sorta di profezia: come le conquiste militari e le imprese civili dell’impero romano svolsero il ruolo provvidenziale di favorire la diffusione della neonata Chiesa nel mondo antico, così le conquiste scientifiche e le imprese economiche e tecnologiche dell’età moderna stanno preparando le condizioni che favoriranno un nuovo trionfo della Chiesa adulta nel mondo contemporaneo:

«L’opera di Dio è giovane e non ancora recata a fine; (…) se il Sole di giustizia non è ancor giunto al suo meriggio, (…) un giorno Esso correrà più rapido, illuminando a un tempo l’Oriente e l’Occidente; così il Vangelo, giunto al culmine della sua potestà, sarà signore del mondo. (…) Si vedrà il Cristianesimo compiere la conquista della Terra. (…) Non vi sarà che un Gregge e un Pastore, e questo sarà il segnale che il tempo è finito e che si approssima il giorno che non ha fine»[18].

Un maestro spirituale del XIX secolo, il beato cardinale John Henry Newman, constatando che «la notte è quasi passata, il giorno si avvicina», prevedeva «un nuovo avvento» di Cristo nella Sua Chiesa e il trionfo di una nuova civiltà cristiana[19].
Non va poi dimenticato che san Giovanni Bosco ebbe un quell’epoca il celebre sogno profeticodetto “delle due colonne”. Egli previde che la Nave della Chiesa, pur essendo sul punto di affondare nel mare in tempesta, si salverà agganciandosi a due colonne poste sulla terraferma, una delle quali raffigura l’Eucaristia e l’altra la Madonna Immacolata, per cui la Nave riuscità ad approdare in porto tra acclamazioni di giubilo[20].

Un grande apostolo del XIX secolo, il p. Henri Ramière, così riassunse la questione:

«Confessiamo comunque che sembra molto più conforme alla dignità dell’Uomo-Dio e della sapienza di suo Padre, che questo trionfo non venga prorogato all’eternità. Se l’Uomo-Dio è Re della Terra come lo è del Cielo, perché mai il suo Regno non dovrebbe stabilirsi anche sulla Terra come in Cielo? Questa gloria, ch’Egli riceverebbe da tutti i popoli liberamente sottomessi al suo imperio, non Gli è forse dovuta sotto tutti gli aspetti? E se Gli è dovuta, potrà forse suo Padre rifiutargliela? (…) D’altra parte, Dio si è pronunciato: egli ha promesso di dare a suo Figlio le nazioni in eredità (Ps. 2, 6 ss.). (…) Siamo persuasi che il Regno universale di Gesù Cristo sulla Terra cesserà un giorno di essere solo un Regno di diritto per diventarlo anche di fatto. (…) L’instaurazione del Regno di Gesù Cristo è lo scopo perseguito dalla Provvidenza, tanto nel governo delle società temporali quanto in quello della Chiesa. (…) L’avvento di tale Regno nel mondo: questa è la felicità che ci è lecito sperare per la società e che dobbiamo implorare senza sosta e procurare con l’ardore dei nostri desideri e l’energia dei nostri sforzi»[21].

Secondo il dotto cardinale Alfonso Capecelatro,

«poiché l’umanità non può a lungo adagiarsi in questa contraddizione, tutto prenunzia una grande trasformazione, nella quale Cristo e la Chiesa manifesteranno un nuovo raggio della luce onde sono ammantati; tutto ci avvicina al giorno che la società, erudita e ritemprata dai suoi dolori, si poserà nuovamente e con amore tra le braccia di Chi la salvò dagli errori, dalle corruttele, dalle ignominie, dalla barbarie, e la fece capace di prodigi»[22].

Un profeta del nostro tempo, mons. Henri Delassus, osservò:

«La vita della Chiesa è fatta di un’alternanza di prove e di trionfi: prove sempre più terribili, trionfi sempre più strepitosi. (…) Il completo dominio della setta massonica non sarà che il culmine della prova, alla quale dovrà essere sottoposta l’umanità prima di godere pienamente dei benefici della Redenzione. Succederanno poi molti secoli del Regno di Cristo su tutte le nazioni. (…) Lungi dall’essere agli ultimi tempi del mondo, noi non siamo ancora che ai primi secoli della Chiesa»[23].

Un esegeta e mistico contemporaneo, p. Dolindo Ruotolo, così scrisse:

«Vi sarà un lungo periodo di pace, di vita cristiana e di santità, dopo grandi tribolazioni che purificheranno l’umanità e la Chiesa; in questi periodi i santi saranno grandemente onorati sulla terra e la inonderanno di tante grazie, da sembrare novellamente vivi in mezzo agli uomini»[24].

Un noto poeta, Giovanni Papini, precisò che la teologia della storia prevede il succedersi di tre epoche progressive caratterizzate da tre “razze” diverse:

«la prima fu quella delle bestie senza Legge, e il suo nome fu guerra; la seconda, dei barbari dirozzati dalla Legge, e la sua più alta perfezione fu la giustizia, ed è la razza che dura ancora; (…) la terza dev’essere la razza degli uomini veri, non soltanto giusti ma santi, non somiglianti alle bestie ma a Dio», ossia la razza animata dall’amore annunciata da Gesù Cristo nel Vangelo e incaricata di «far discendere, alla fine, il Cielo – la Legge del Cielo – sulla Terra»[25].

Anche il filosofo Jacques Maritain previde, a modo suo, una nuova era cristiana:

«Noi siamo ancora ai primi tempi del Cristianesimo. (...) La liquidazione di quattro o cinque secoli di storia[26] non si fa in un giorno. Ma, dopo una notte di cui solo Dio conosce la durata e dopo rinnovamenti di cui Egli solo conosce la profondità, vogliamo sperare che una nuova era cristiana della cultura, un’era di umanesimo integrale, sorgerà finalmente; e io credo che il pensiero di san Tommaso d’Aquino ne sarà l’anima, come quello di sant’Agostino è stato l’anima della cristianità medioevale»[27].

Scrisse infine il noto predicatore e vescovo Fulton Sheen:

«Molti considerano il nostro mondo moderno come se fosse senza speranza. Invero, esso è come un vasto e orribile Venerdì Santo in cui ogni cosa divina sembra stata sconfitta. (…) Ma il mondo sembrava senza speranza anche allora, quando crocifisse il suo Salvatore; eppure, nonostante tutto il suo paganesimo e nazionalismo, esso giunse alla novità e freschezza della vita e della civiltà cristiane. Il miracolo della Risurrezione può ripetersi. Il mondo può risollevarsi ancora, com’è accaduto almeno una dozzina di volte dall’avvento della Cristianità. Ma non dobbiamo illuderci: esso non risorgerà alla pace e alla felicità mediante rimedi meramente economici; esso risorgerà solo mediante una spirituale rinascita dei cuori e delle anime umane. (…) Fu questo l’insegnamento supremo di Cristo: ossia che il mondo non verrà salvato da un risanamento sociale, ma da una rinascita: rinascita dalla morte in forza del potere della divinità il Cristo»[28].

Non meraviglia quindi che anche alcuni Papi tipicamente “politici”, come Leone XIII e Pio XI, abbiano auspicato, previsto e pregustato questo trionfo sociale della Chiesa:

«Noi vediamo laggiù, nel lontano avvenire, un nuovo ordine di cose [cristiano], e non conosciamo niente di più dolce che contemplare gl’immensi benefìci che ne saranno il naturale effetto»[29].

«Attendiamo quel giorno beatissimo in cui il mondo intero di sottometterà volentieri al dolcissimo dominio di Cristo Re»[30].


Di Guido Vignelli

Note:

[1] Cfr. san Tommaso d’Aquino, Commento alla II Lettera di san Paolo ai Tessalonicesi, II, 1-3.
[2] Missale Romanum, liturgia della Domenica delle Palme, alla processione, antifona IV.
[3] L. C. Fillion, Vie de Notre Seigneur Jésus-Christ, Letouzay & Ané, Paris 1922, vol. III, pp. 208-222.
[4] D. Barsotti, Meditazione sull'Apocalisse, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 2006, p. 69.
[5] J. Ratzinger, San Bonaventura: la teologia della storia, Nardini, Firenze 1991, p. 71.
[6] Si noti che il termine greco di parousìa indicava in origine l’ingresso trionfale del Re vincitore nella città conquistata; analogamente, il termine evangelo (eu-anghelìon) indicava non la banale “buona notizia”, come oggi si dice, bensì il “lieto annuncio” per eccellenza, ossia quello della vittoria militare del comandante sui nemici della polis; in senso cristiano, esso indica il trionfo del Redentore sui nemici della Città di Dio (Satana, il mondo e la carne).
[7] U. Lattanzi, La visione biblica della storia, cit., pp. 802-804, con le citazioni evangeliche che supportano questa tesi.
[8] Card. C. Journet, L’Eglise du Verbe incarné, Desclée, Paris 1969, vol. II, p. 91.
[9] R. Plus S.J., Come pregare sempre, Sugarco, Milano 2009, p. 94.
[10] Cfr. N. Cavedini, Teologia della restaurazione, su “Civitas Christiana” (Verona), settembre 1999, pp. 3-17.
[11] San Bonaventura da Bagnoregio, Collationes in Hexaemeron, XVI, §§ 6, 9, 30. Nella citata profezia di Ezechiele, il futuro Regno messianico (ossia la Chiesa) è descritto con la trionfale immagine della “città sul monte” costruita come un tempio.
[12] J. Ratzinger, San Bonaventura: la teologia della storia, pp. 121 e 302.
[13] Cfr. beato Raimondo da Capua O.P., Vita di Santa Caterina da Siena, Cantagalli, Siena 1978, p. 298.
[14] G. Savonarola O.P., predica del 24-12-1494; cfr. I. Cloulas, Savonarola, Piemme, Casale Monferrato 1998, p. 119.
[15] Ven. B. Holzhauser, Interpretation de l’Apocalypse, Groupe Saint Rémi, Cadillac 2000, vol. II, pp. 150, 3, 18, 136.
[16] Ven. A. C. Emmerich, Visioni, Cantagalli, Siena 1995, pp. 136, 143, 144, 148-9 (visioni del 1820).
[17] P. Picot de Clorivière S.J., Etudes sur la Révolution, Fideliter, Escurolles 1988, p.52.
[18] H. D. Lacordaire O.P., Conferenze, All’Insegna del Salvator Rosa, Napoli 1853, vol. I, p. 353 e pp. 102-103; si tratta della conferenza XXXII (1845) e della conferenza X (1836). Un secolo dopo, il noto storico protestante Arnold Toynbee sostenne una tesi molto simile nel suo libro Civiltà al paragone (Garzanti, Milano 1949, pp. 331 ss).
[19] Beato J. H. Newman, Discussions and arguments, London 1891, pp. 102-103.
[20] S. Giovanni Bosco, I sogni di don Bosco, ElleDiCi, Torino 2006, pp. 53 ss.
[21] H. Ramière S.J., Le Royaume de Jésus Christ dans l’histoire, Paris-Lyon 1870, cap. XIII, parr. 1 e 2; cap. XV, par. 5.
[22] Card. A. Cacepelatro, La vita di Gesù Cristo, Desclée, Roma-Tournai 1887, vol. I, p. 32.
[23] H. Delassus S.J., Il problema dell'ora presente, Cristianità, Piacenza 1978, vol. I, pp. 59-60.
[24] D. Ruotolo, L’Apocalisse, Apostolato della Stampa, Napoli 1983, pp. 516 ss.
[25] G. Papini, Storia di Cristo, pp. 164-5 e 167 (cap. XXVI).
[26] Maritain qui allude ai secoli della Rivoluzione, dal XVI (protestantesimo) al XX (socialcomunismo).
[27] J. Maritain, L'umanesimo di san Tommaso, in Id., Da Bergson a Tommaso d'Aquino, Mondadori, Milano 1947, pp. 291-293. Tuttavia Maritain prevede che questa “nuova cristianità” non sarà teocentrica e sacrale bensì antropocentrica e profana, poiché la Chiesa dovrà limitarsi a formarne la cultura e i costumi rinunciando a formarne la politica e il diritto, per salvare quella “laicità” che sarebbe una conquista dellas moderna era democratica. Ma questo è un grave erorre dottrinale, perché riduce il diritto pubblico della Chiesa a quel “diritto comune” già condannato da Leone XIII cone “diritto nuovo”, e costituisce una menomazione non tanto dei diritti della Chiesa sulla società, quanto della Regalità sociale di Cristo stesso.
[28] F. J. Sheen, The prodigal world (1936), Society of St. Paul, Alba 2003, pp. 154-155.
[29] Leone XIII, Praeclara, enciclica del 20-6-1894.
[30] Pio XI, Miserentissimus Redemptor, enciclica del 1928.
fasoms
@Tempi di Maria. Mi consenta di aggiungere anche questo link
www.scrittivaltorta.altervista.org/profezie.htm