Il primo comandamento: i peccati contro la fede

ATEISMO, ERESIA, FEDE "FAI DA TE", RISPETTO UMANO, DUBBIO OSTINATO

Abbiamo visto che il primo comandamento, fondamentalmente, ci obbliga a rendere a Dio solo il culto che gli è dovuto. Ora, per poter dare a Dio ciò che gli è dovuto, bisogna anzitutto credere che egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano e lo amano (cf Eb 11,6). È l’ambito pertinenza delle tre virtù teologali di cui ora conviene occuparci.
L’immortale catechismo di san Pio X insegna che la fede è l’atto per mezzo del quale si crede nell’esistenza di Dio e nell’assoluta ed incontrovertibile certezza di tutte le verità da Lui rivelate ed insegnate dalla Chiesa, nella qualità di maestra del genere umano. L’adesione dell’intelletto alle verità di fede, che non sono evidenti e lo trascendono, si poggia sull’autorità di Colui che parla, il quale non sbaglia e non può sbagliare, non inganna e non può ingannare; a questa “inevidenza” sopperisce, nell’atto di fede, l’ausilio della volontà, in quanto proprio in forza dell’autorità infallibile di Dio spinge l’intelletto a sottomettersi ad esse pur rimanendo in una conoscenza “oscura”, per parafrasare san Giovanni della Croce. La speranza è l’atto per mezzo del quale si tende ai beni promessi dal Signore a coloro che lo amano e lo servono e che consistono nel dono della vita eterna e di tutte le grazie necessarie per compiere le opere meritorie (che si possono e si devono fare) necessarie per raggiungerla. È una virtù che pur partendo dalle facoltà superiori dell’uomo, ne coinvolge anche la sfera sentimentale ed affettiva, rendendolo capace di vivere con i piedi per terra ma con la mente e il cuore in cielo. Infine la carità, la terza in ordine diacronico ma la prima in ordine di grandezza ed importanza, è la virtù per mezzo della quale di ama Dio al di sopra di ogni cosa ed il prossimo come noi stessi (o meglio, come Gesù insegna, “come Lui ci ha amati”, Gv 13,34).
Cominciando dunque dai peccati contro la fede, il primo e il più grave, vero tarlo che ha roso l’occidente nei secoli XIX e XX è l’ateismo, ovvero il rifiuto di credere nell’esistenza di Dio e, di conseguenza, a tutto il patrimonio di veritàinsegnate dalla Chiesa cattolica. A dire il vero questo peccato, come afferma anche la Sacra Scrittura (cf Sal 13,1 e 52,2 dove si dice che è da stolti affermare che Dio non esiste), è l’attestazione emblematica di quanto possa essere stupido l’uomo. Le menti più luminose della scienza, infatti, sono ben felici di prendere atto dell’evidenzadell’esistenza di un Essere necessario che sia la causa di un Universo così perfetto (basti leggere, in merito, i libri del professor Antonio Zichichi o riascoltare le memorabili catechesi del grande Enrico Medi). Perfino gli atei, come raccontò un professore durante una lezione di filosofia alla Pontificia Università Gregoriana, devono piegarsi dinanzi a tale verità, dal momento che qualche scienziato si prese la briga di dimostrare che è più facile che un gatto impazzito esegua la quinta sinfonia di Beethoven saltellando su un pianoforte piuttosto che l’universo fuoriesca dal caso…Ancora più diffuso, tuttavia, in questi nostri sciagurati tempi è il peccato di eresia, ovvero la negazione di qualche veritàdi fede o di morale. Per comprendere questo peccato non dobbiamo pensare solo alle grandi eresie susseguitesi nel corso della storia di cui abbiamo qualche reminiscenza scolastica (Ario, Lutero, Calvino, i Catari, etc.). Oggi questo peccato è diffusissimo in tanti fedeli che hanno la pretesa di farsi la “fede fai da te”: una sorta di “pick up” ad un fantomatico “supermarket spirituale”, dove si prende quello che aggrada e si scarta ciò che non piace. Dio èmisericordioso e buono va bene, Dio è giusto e severo con i peccatori impenitenti non va bene; sul quinto e settimo comandamento siamo tutti d’accordo, ma “per me non andare alla Messa domenica non fa nulla”; credo in quello che dice Gesù, però mi confesso direttamente con Lui (dimenticando che è Lui che ha detto che rimette soltanto i peccati rimessi dai suoi apostoli, cf Gv 20,23). Discorso non dissimile va fatto per l’adesione, anche solo col pensiero, a dottrine e idee condannate dalla Chiesa o comunque assolutamente incompatibili con la fede cattoliche. Chi, per esempio, tra i moltissimi fedeli che hanno votato a favore del divorzio o dell’aborto è cosciente di aver commesso un peccato mortale e se lo è confessato? Chi, andando a votare partiti o persone che presentano programmi o principi diametralmente opposti al cristianesimo (si pensi ai partiti che lottano per legalizzare la droga, le unioni di fatto, le unioni omosessuali, la fecondazione artificiale, o per diffondere la contraccezione nelle scuole), sa di aver commesso un peccato gravissimo di cui Dio gli chiederà severamente conto avendo contribuito, per quanto sta in lui, alla diffusione del male, del peccato e della morte? Oppure chi, vergognandosi di fare un segno di croce prima dei pasti solo perché era a mensa davanti ai colleghi, oppure rinunciando a dire un Rosario in pullmann per paura di essere visto e deriso, sa di aver commesso il peccato di “rispetto umano” incorrendo nelle minacce lanciate da Gesù contro i suoi rinnegatori (“chi si vergognerà di Me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell’uomo, quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi”, Lc 9,26)? Stesso discorso vale per la frequenza di sette o associazioni scomunicate dalla Chiesa perché assolutamente incompatibili con una visione cattolica della vita o perché interessate, sia pur in modo raffinato e subdolo, alla sua distruzione (prima fra tutte la Massoneria, la cui condanna rimane tutt’ora oggi assolutamente inalterata così come la scomunica di chiunque vi sia iscritto). Infine una parola sul dubbio ostinatodelle verità di fede, che offende gravemente Dio perché ne mette in discussione l’assoluta verità. Ricordiamo al riguardo che la vera questione del “caso Galilei” non era se la terra si muoveva o meno o se la luna avesse o no le macchie, ma la doverosa “gerarchia delle verità” nel senso che le verità di fede, per la loro origine (Dio stesso) sono da ritenersi più certe delle verità scientifiche, che sono sì incontrovertibili ma solo a livello empirico e non in modo assoluto. Lo ha dimostrato scientificamente nel secolo scorso il grande scienziato Kurt Goedel, affermando che le verità scientifiche, per quanto evidenti, sono di carattere sempre relativo (valgono in certi casi e a certe condizioni) e mai autoreferenziali (traggono sempre fuori del proprio ambito i postulati su cui si fondano), mentre le verità di fede sono assolute e fondate su Colui che le ha stabilite ab aeterno ed usque in aeternum.