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«Se gli Angeli potessero invidiare, ci invidierebbero la Santa Comunione» (San Pio X) - Preziosità della Santa Comunione quotidiana

Gesù è mio

Nella Santa Comunione Gesù si dona a me e di-venta mio, tutto mio, in Corpo, Sangue, Anima e Di-vinità. «Sono padrona di Te», diceva a Gesù con can-dore santa Gemma Galgani. E il beato Contardo Fer-rini affermava che nella Comunione «Gesù s’incarna nel nostro cuore...». Con la Comunione, Gesù penetra nel mio petto e rimane corporalmente presente in me fin quando durano le specie del pane, ossia per circa un quarto d’o-ra. Durante questo tempo, insegnano i Santi Padri, gli Angeli mi circondano per continuare ad adorare Gesù e amarLo ininterrottamente: «Quando Gesù è presen-te corporalmente in noi, attorno a noi fanno la guar-dia d’amore gli Angeli», scriveva san Bernardo.

Lui in me e io in Lui

Forse noi pensiamo tanto poco alla sublimità di ogni Santa Comunione. Eppure, san Pio X diceva che «se gli Angeli potessero invidiare, ci invidierebbero la Santa Comunione». E santa Maddalena Sofia Barat definiva la Santa Comunione «il Paradiso sopra la terra». Tutti i santi hanno compreso la divina meraviglia dell’incontro e dell’unione con Gesù Eucaristico, per essere posseduti da Lui e possederLo: «Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue rimane in Me e io in lui» (Gv 6,56). «È notte - scriveva una volta santa Gemma - mi avvicino a domattina: Gesù possederà me e io possederò Gesù». Non è possibile unione d’amore più profonda e totale: Lui in me e io in Lui: l’uno nell’altro! Che si può voler di più? «Voi invidiate - diceva san Giovanni Crisostomo - la sorte della donna che toccò le vesti a Gesù, della peccatrice che bagnò i piedi con le sue lagrime; delle donne di Galilea che ebbero la felicità di seguirlo nelle sue peregrinazioni, degli apostoli e dei discepoli con i quali conversava familiarmente; della popola-zione del tempo che ascoltava le parole di grazia e di salvezza che uscivano dalle sue labbra. Voi chiamate felici coloro che lo videro... Ma venite all’altare, e voi lo vedrete, lo toccherete, gli donerete baci santi, lo ba-gnerete con le vostre lagrime, lo porterete dentro di voi come Maria Santissima».

Per questo i santi hanno desiderato e bramato la Santa Comunione con amore struggente. San France-sco di Assisi o santa Caterina da Siena, san Pasquale Baylon o santa Veronica, san Gerardo o santa Mar-gherita Alacoque, san Domenico Savio o santa Gem-ma Galgani...; è inutile continuare, perché bisogne-rebbe elencarli proprio tutti! A santa Caterina da Genova, ad esempio, succes-se una notte di sognare che il giorno seguente non avrebbe potuto ricevere la Santa Comunione. Il dolore che provò fu così forte che pianse inconsolabilmen-te, e quando si svegliò al mattino si trovò con il volto tutto bagnato dalle lacrime versate nel sogno! Santa Teresa del Bambin Gesù ha scritto un pic-colo poema eucaristico «Desideri presso il Taberna-colo», in cui, tra le altre cose deliziose dice: «Vorrei essere il calice dove adoro il Sangue divino. Posso però anche io, nel Santo Sacrificio, raccoglierlo in me ogni mattina. Più cara è perciò a Gesù l’anima mia, che il più prezioso dei vasi d’oro». E quale non fu la felicità dell’angelica Santa quando, durante un’epide-mia, le fu concessa la Comunione quotidiana?

Giorno senza sole

Santa Gemma Galgani, una volta, venne messa alla prova dal Confessore che le proibì la Comunione. «O Padre, Padre - scriveva ella al suo Direttore spiri-tuale - oggi sono stata a confessarmi, e il Confessore ha detto di levarmi Gesù. O Padre mio, la penna non mi vuole più scrivere, la mano mi trema forte, io piango». Cara santa! Vero serafino tutto fuoco e sangue d’amore a Gesù Eucaristico. Per l’angelico ragazzo Aldo Marcozzi un giorno senza la Comunione era un giorno senza sole. Nelle mattine d’inverno, la mamma voleva che il figliolo prendesse qualcosa di caldo prima di recarsi a scuola. In tal modo, però, egli non poteva fare la Comunione (poiché a quei tempi ci voleva il digiuno dalla mezzanotte, e non da un’ora soltanto, come oggi). Il santo ragazzo diceva allora alla mamma, con dolore: «Mamma, dovrai rendere conto a Dio della Comunione che non mi lasci fare!». Un’altra volta un compagno gli chiese se stava male, perché appariva un po’ mesto: «Oggi è per me una brutta giornata - rispose Aldo - perché non ho potuto ricevere Gesù». Anche san Gerardo Maiella, per una calunnia di cui non volle scolparsi, venne punito con la privazione della Santa Comunione. La sofferenza del santo fu tale che un giorno si rifiutò di andare a servire la Santa Messa a un Sacerdote di passaggio, «perché - diceva - a vedere Gesù Ostia fra le mani del Sacerdote, non resisterei e glielo strapperei di mano!».

Quale brama consumava questo mirabile santo! E quale rimprovero per noi che forse possiamo comunicarci con ogni comodità, e non lo facciamo. È segno che ci manca l’essenziale: l’amore. E forse siamo così innamorati dei piaceri terreni che non possiamo più gustare le delizie celesti dell’unione con Gesù Ostia. «Figliuolo, come puoi tu sentire le fragranze di Paradiso che si diffondono dal Tabernacolo?», diceva san Filippo a un giovane amante dei piaceri di carne, dei balli, dei divertimenti... Le gioie dell’Eucaristia e le soddisfazioni dei sensi sono «cose opposte» (Gal 5,17) e «l’uomo carnale non può gustare le cose dello spirito» (1 Cor 2,14). Questa è sapienza che viene da Dio. San Filippo Neri era così amante dell’Eucaristia che, pur gravemente infermo, si comunicava ogni giorno, e se non gli si portava Gesù molto presto al mattino, dava in smanie e non poteva trovar riposo in nessun modo: «Ho un tal desiderio di ricevere Gesù, - esclamava - che non posso darmi pace ad attendere». La stessa cosa avveniva, ai nostri tempi, a san Pio da Pietrelcina, che soltanto l’ubbidienza poteva placare nell’attesa della celebrazione della Santa Messa alle quattro o alle cinque del mattino. Veramente l’amore di Dio è un «fuoco divorante» (Dt 4,24).

La purità di anima per la Santa Comunione

Che dire della grande purità di anima con cui i Santi si accostavano a ricevere il Pane degli Angeli? Sappiamo che erano di una delicatezza veramente angelica. Consapevoli della propria miseria, essi cercavano di presentarsi a Gesù «santi e immacolati» (Ef 1,4), ripetendo con il pubblicano: «O Dio, abbi pietà di me che sono peccatore» (Lc 18,13), e ricorrendo con grande premura al lavacro della santa Confessione. «Appressatevi alla Sacra Mensa - diceva san Giovanni Battista de La Salle - con le stesse disposizioni che vorreste avere per entrare in cielo. Non bisogna avere meno rispetto per ricevere Gesù Cristo, che per essere ricevuti da Lui». Quando a san Girolamo venne portato il Santo Viatico, in fin di vita, si vide il santo prostrarsi a terra in adorazione, e lo si udì ripetere con profonda umiltà le parole di santa Elisabetta e quelle di san Pietro: «Donde questo, che viene a me il mio Signore? Allontanati da me, che sono uomo peccatore» (Lc 1,43; 5,8). E quante volte l’angelica e serafica santa Gemma fu tentata di non comunicarsi, ritenendosi nient’altro che un vile «letamaio»?

Si confessavano ogni giorno

San Pio da Pietrelcina ripeteva con trepidazione ai confratelli: «Dio vede le macchie anche negli Angeli, figuriamoci in me!». Per questo egli era molto assiduo alla Confessione sacramentale. Anche santa Teresa di Gesù, quando era consapevole della minima colpa veniale, non si comunicava mai senza prima confessarsi. «Oh se potessimo comprendere chi è quel Dio che riceviamo nella Comunione, quale purezza di cuore gli porteremmo!», esclamava santa Maria Maddalena de’ Pazzi. Per questo sant’Ugo, san Tommaso d’Aquino, san Francesco di Sales, sant’Ignazio, san Carlo Borromeo, san Francesco Borgia, san Luigi Bertrando, san Giuseppe da Copertino, san Leonardo da Porto Maurizio e tanti altri Santi si confessavano ogni giorno prima di celebrare la Santa Messa. San Camillo de Lellis non celebrava mai la Santa Messa senza prima confessarsi, perché voleva almeno «spolverare» la sua anima. Una volta in una piazza di Livorno, al tramonto, prima di separarsi da un confratello, il Santo, prevedendo che il mattino seguente non avrebbe avuto un Sacerdote per confessarsi prima di celebrare, si fermò, si levò il cappello, si fece il segno di croce e si confessò, lì, in piazza, dal confratello. Anche sant’Alfonso, san Giuseppe Cafasso, san Giovanni Bosco, san Pio X, san Pio da Pietrelcina, si confessavano molto spesso. E perché mai san Pio X volle anticipare a sette anni l’età della Prima Comunione per i piccoli, se non per fare entrare Gesù nei cuori dei fanciulli innocenti che tanto somigliano agli Angeli? E san Pio da Pietrelcina, perché esultava quando gli portavano bambini di cinque anni, preparati per la Prima Comunione? San Giovanni Bosco sosteneva che «quando un fanciullo sa distinguere il pane ordinario dal Pane eucaristico ed abbia un’istruzione sufficiente, non ci si deve preoccupare della sua età, ma bisogna che il Re dei cieli venga a regnare nella sua anima».

Esaminarsi, pentirsi, purificarsi

I Santi applicavano alla perfezione la direttiva dello Spirito Santo: «Ciascuno esamini prima se stesso, e poi mangi di quel Pane e beva di quel Calice, perché chi ne mangia e chi beve indegnamente, mangia e beve la propria condanna» (1 Cor 11,28). Esaminarsi, pentirsi, accusarsi, chiedere perdono approfittando anche ogni giorno del Sacramento della Confessione era cosa naturale per i Santi. Beati loro, capaci di tanto! E i frutti di santificazione erano co-stanti e abbondanti, perché l’anima pura che accoglie in sé Gesù, «Frumento degli eletti» (Zc 9,17), è come la «terra fertile... che produce frutto con perseveran-za» (Lc 8,15). Sant’Antonio M. Claret illustra molto bene la co-sa: «Quando ci comunichiamo, tutti noi riceviamo il medesimo Signore Gesù, ma non tutti riceviamo le medesime grazie, né produce in tutti gli stessi effetti. Ciò proviene dalla nostra maggiore o minore disposizione. Per spiegare questo fatto, mi serve un parago-ne naturale: l’innesto. Quanto più le piante si rassomi-gliano, tanto meglio è per l’innesto. Così, quanta più somiglianza ci sarà tra chi si comunica e Gesù, tanto migliori saranno i frutti della Santa Comunione». Il Sacramento della Confessione è appunto il mezzo eccellente di restauro della somiglianza fra l’anima e Gesù. Per questo san Francesco di Sales insegnava ai suoi figli spirituali: «Confessatevi con umiltà e devozione... se è possibile ogni volta che vi comunicate, quantunque non vi sentiate nella coscienza alcun rimorso di peccato mortale». Sacrilegio: peccato orrendo

A questo proposito, è bene ricordare l’insegnamento della Chiesa. La Comunione deve essere fatta stando in grazia di Dio. Perciò, quando si è commesso un peccato mortale, anche se si è pentiti e si ha un grande desiderio di comunicarsi, è necessario, è indispensabile confessarsi prima della Santa Comunione, altrimenti si commette peccato gravissimo di sacrilegio, per il quale, come disse Gesù a santa Brigida, «non esiste sulla terra supplizio che basti a punirlo!». Sant’Ambrogio diceva che i sacrileghi «vengono in Chiesa con pochi peccati, e se ne escono con molti». E san Cirillo scriveva con più forza ancora: «Chi fa una Comunione sacrilega riceve nel suo cuore satana e Gesù Cristo; satana per farlo regnare, e Gesù Cristo per offrirlo in sacrificio, come vittima, a satana».

Invece, la Confessione fatta prima della Comunione, soltanto per rendere più pura e più bella l’anima già in grazia, non è necessaria, ma è preziosa, perché riveste l’anima del più bell’«abito nuziale» (Mt 22,14) con cui assidersi alla mensa degli Angeli. Per questo le anime più delicate hanno sempre cercato con frequenza (almeno ogni settimana) l’assoluzione sacramentale anche per le colpe leggere. Se, infatti, la purità dell’anima deve essere massima per ricevere Gesù, nessuna purità è più fulgente di quella che si ottiene confessandosi, con il bagno nel Sangue di Gesù che rende l’anima pentita divinamente bella e splendente. «L’anima che riceve il Sangue Divino diventa bella, come rivestita dell’abito più prezioso, e così risplendente, che, se poteste vederla, sareste tentati di adorarla» (santa Maria Maddalena de’ Pazzi).

La Comunione con la Madonna

Quale conforto per Gesù l’essere ricevuto da un’anima purificata e rivestita del suo Divin Sangue! E quale gioia tutta d’amore per Lui se si tratta di un’anima verginale, perché «l’Eucaristia venne dal cielo della verginità» (sant’Alberto Magno) e non trova il suo cielo più soave che nella verginità. Nessuno come la vergine può ripetere con la Sposa dei Cantici ad ogni Comunione: «Il mio Diletto è mio e io sono tutta del mio Diletto che pascola fra i gigli e a me rivolge il suo amore» (Ct 2,16). Un modo delicato di preparamento alla Santa Comunione è quello di invocare l’Immacolata e affidarci a Lei perché ci faccia ricevere Gesù con la sua umiltà, con la sua purezza e con il suo amore, e anzi, venga Ella stessa a riceverLo in noi. Questa pia pratica venne raccomandata molto dai Santi, specialmente da san Luigi Grignion de Montfort, da san Piergiuliano Eymard, da sant’Alfonso de’ Liguori e da san Massimiliano M. Kolbe.

«La migliore preparazione alla Santa Comunione è quella che si fa con Maria», scrisse san Piergiuliano Eymard. Ella, la donna Madre, nostra Corredentrice, sa ben purificarci e prepararci rivestendoci delle sue virtù per donare a Gesù la gioia più grande. Una descrizione deliziosa ci è fatta da santa Teresina, quando immagina la sua anima come una bimba di tre o quattro anni, tutta in disordine nei capelli e nei vestiti, vergognosa di presentarsi all’altare per ricevere Gesù. Ma fa ricorso alla Madonna e «subito - scrive la santa - la Vergine Maria si affaccenda attorno a me; mi toglie prestamente il grembiulino sudicio e riannoda i miei capelli con un bel nastro o anche con un semplice fiore... E ciò basta per farmi apparire graziosa e farmi sedere senza arrossire, al banchetto degli Angeli». Facciamone anche noi la prova. Non ne resteremo delusi. Anzi, potremo anche noi esclamare con santa Gemma estatica: «Quanto è bella la Comunione fatta con la Mamma del Paradiso!».


Padre Stefano Maria Manelli, Fondatore dei Francescani dell'Immacolata