Tempi di Maria
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Guai a chi si scandalizza di Gesù Cristo e non si scandalizza del male – Riflessione di tempi di Maria

GUAI A CHI SI SCANDALIZZA DI GESÙ CRISTO

Gesù è apparso come un segno di contraddizione: pur essendo stato mandato per la salvezza di tutti, di fatto è occasione di indurimento per molti: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione» (Lc 2, 34). Nella persona di Gesù e nella sua vita tutto costituisce scandalo:

- è il figlio del falegname di Nazareth (Mt 13, 57);
- rifiuta il messianismo vendicatore (Mt 11, 2-5; cfr. Gv 3, 17), così come il messianismo politico (Gv 6, 15);
- si incammina verso il suo destino di passione e di croce (Mt 16, 21).
Perfino molti discepoli si oppongono a lui come Satana (Mt 6, 22-23) e, scandalizzati, abbandonano il loro Maestro (Gv 6, 66). Ma Gesù risorto li raduna (Mt 26, 31-32).

L'evangelista Giovanni mette in rilievo il carattere scandaloso del Vangelo: Gesù è in tutto un uomo simile agli altri (Gv 1, 14), del Quale si pensa di conoscere l’origine (Gv 1, 46; 6, 42; 7, 27) e del Quale non si può comprendere il disegno redentore mediante la croce (Gv 6, 52) e mediante l'ascensione (Gv 6, 62). Gli uditori inciampano tutti nella rivelazione del triplice mistero dell'incarnazione, della redenzione e dell'ascensione; ma i discepoli sono rialzati da Gesù, mentre altri si ostinano e il loro peccato è senza scusa (Gv 15, 22-24).

Presentandosi agli uomini, Gesù li ha posti in condizione di optare per lui o contro di lui: «Beato è colui che non trova in me motivo di scandalo» (Mt 11,6; Lc 7, 23). La comunità apostolica ha quindi applicato a Gesù in persona l'oracolo di Is 8,14 che si riferiva a Dio: Gesù è la “pietra di scandalo” e nello stesso tempo “la pietra d'angolo” (1 Pt 2, 7-8; Rm 9, 32-33; Mt 21, 42); Cristo è, ad un tempo, per gli uni fonte di vita e per gli altri causa di morte (cfr. 2 Cor 2, 16).

San Paolo ha dovuto affrontare lo scandalo generato da Cristo sia nel mondo greco che nel mondo giudaico, cosa di cui peraltro aveva fatto egli stesso esperienza prima della sua conversione. Per l’Apostolo delle genti Cristo – e in particolare la sua croce – è «stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio» (1Cor 1, 18). Cristo crocifisso è «scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani» (1Cor 1, 23). La sapienza umana non può comprendere che Dio voglia salvare il mondo per mezzo di un Messia umiliato, sofferente, crocifisso. Soltanto lo Spirito di Dio permette all’uomo di superare lo scandalo della croce – o meglio – di riconoscervi la suprema sapienza (1 Cor 1, 25; 2, 11-16).

Lo stesso scandalo, la stessa prova della fede continuano attraverso tutta la storia della Chiesa. La Chiesa è sempre nel mondo un segno di contraddizione, e l’odio, la persecuzione sono per molti un’occasione di caduta (Mt 13, 21; 24, 10), benché Gesù abbia annunciato tale realtà affinché i suoi discepoli non soccombano davanti ad essa (Gv 16, 1).

GUAI A CHI NON SI SCANDALIZZA DEL MALE

Ma esiste un’altra modalità, un altro profilo complementare a quello cristologico sotto il quale considerare lo scandalo.

Se lo scandalizzatore merita il severo “guai!” del Divin Maestro – «Guai al mondo per gli scandali! È necessario che succedano scandali; ma guai a colui per colpa del quale avviene lo scandalo» (Mt 18, 6-7)» – per la gravità del fatto stesso di attentare alla vita di grazia nell'anima di un fratello o di una sorella, commettendo peccato e inducendolo altri a cadere nei lacci di Satana, si può considerare anche un altro aspetto dello scandalo, quasi ribaltando il punto di vista adottato dal Signore.

Potremmo dire: “guai” a chi non si scandalizza; “beato” è, invece, colui si scandalizza. In che senso? È presto spiegato. Lo scandalo etimologicamente significa “ostacolo” e consiste in una parola, azione o fatto che offende o turba la coscienza altrui. È sempre un male che induce al male. Quindi chi assiste ad uno scandalo, in un certo senso, ha il dovere di scandalizzarsi perché se non si scandalizzasse non considererebbe il male quale esso è veramente, qualcosa di malvagio che si oppone alla norma morale e alla volontà del supremo Legislatore.

Chi non si scandalizza davanti al male ha una coscienza erronea, deformata, che non gli permette di vedere il male nel male e di indignarsi per esso.

L’incapacità di scandalizzarsi del male pone nell’impossibilità di convertirsi perché se esso è accettato come qualcosa di innocuo che non ferisce, non dispiace, come si farà a rifuggirlo attaccandosi al bene?

"Guai a chi commette gli scandali", dunque (come dice Gesù); ma anche guai a coloro che, inebetiti dal dilagare del male, stravolti e disorientati dal turpe fango morale presente ovunque, non sono più capaci di scandalizzarsi di esso. Senza scandalizzarsi del male è impossibile anche ogni riscossa controrivoluzionaria.

Diceva Sant’Agostino: “La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle”.

Senza indignazione per il male la vita cristiana (sia dal punto di vista del proprio progresso spirituale che dal punto di vista della riscossa controrivoluzionaria nel mondo) sarebbe atona, flemmatica, smorta.

Ancora Sant’Agostino: «Dobbiamo sopportare con pazienza le ingiurie che ci si fanno, ma quando, dinanzi a noi, una bocca sacrilega vomita bestemmie contro Dio, noi, lungi dall’essere pazienti, dobbiamo resistere all’empio e condannare la bestemmia, senza nascondere la nostra indignazione».

E San Tommaso: «Sopportare con troppa pazienza le ingiurie fatte a Dio è cosa empia».

Inequivocabile questa dichiarazione di San Giovanni Crisostomo: «Soltanto colui che si arrabbia senza motivo è colpevole; chi si adira per un motivo giusto non incorre in nessuna colpa. Poiché, se mancasse la collera, non progredirebbe la conoscenza di Dio, i giudizi non avrebbero consistenza ed i crimini non sarebbero repressi. Ed ancor più: chi non si incollerisce quando lo esige la ragione, commette un peccato grave, poiché la pazienza non regolata dalla ragione propaga i vizi, favorisce le negligenze e porta al male, non soltanto i cattivi ma, soprattutto, i buoni».

L’emblema dell'uomo apatico davanti al turpe oceano di male in cui il mondo affoga lo troviamo nei tre Apostoli che, durante l'agonia di Gesù nel Getsemani – l'ora del male per antonomasia, l'ora del peccato supremo –, anziché vegliare e pregare come comandato dal Maestro si addormentano. Anziché combattere contro il male, dunque, cedono sopraffatti dalla sua forza operante.

Guai a quel sonno dei buoni per il quale il male può avanzare nel mondo!

La parola, ora, a Benedetto XVI che ha parlato e scritto, in merito, con particolare unzione e acume nel corso dei suoi anni di travagliato pontificato:

«La sonnolenza dei discepoli rimane nel corso dei secoli l’occasione favorevole per il potere del male. Questa sonnolenza è un intorpidimento dell’anima che non si lascia scuotere dal potere del male nel mondo (...), è una insensibilità che (...) si tranquillizza col pensiero che tutto, in fondo, non è poi tanto grave, per poter così continuare nell’autocompiacimento della propria esistenza soddisfatta. Ma questa insensibilità delle anime, questa mancanza di vigilanza (...) conferisce al Maligno un potere nel mondo» (1)

Quello della sonnolenza dei tre Apostoli nel Getsemani «è un messaggio permanente per tutti i tempi (…), è il problema di tutta la storia. La questione è in che cosa consiste questa sonnolenza, in che cosa consisterebbe la vigilanza alla quale il Signore ci invita. Direi che la sonnolenza dei discepoli lungo la storia è una certa insensibilità dell'anima per il potere del male, un’insensibilità per tutto il male del mondo. Noi non vogliamo lasciarci turbare troppo da queste cose, vogliamo dimenticarle: pensiamo che forse non sarà così grave, e dimentichiamo. E non è soltanto insensibilità per il male, mentre dovremmo vegliare per fare il bene, per lottare per la forza del bene. È insensibilità per Dio: questa è la nostra vera sonnolenza; questa insensibilità per la presenza di Dio che ci rende insensibili anche per il male. Non sentiamo Dio - ci disturberebbe - e così non sentiamo, naturalmente, anche la forza del male e rimaniamo sulla strada della nostra comodità», per cui il Papa invitava a «riflettere sulla sonnolenza dei discepoli, dei difensori di Gesù, degli apostoli, di noi, che non vediamo, non vogliamo vedere tutta la forza del male, e che non vogliamo entrare nella sua passione per il bene, per la presenza di Dio nel mondo, per l'amore del prossimo e di Dio» (2)

«“Vedete, Pietro dorme, Giuda è sveglio”. Questa è una cosa che ci fa pensare: la sonnolenza dei buoni. Papa Pio XI [1857–1939] ha detto: “il problema grande del nostro tempo non sono le forze negative, è la sonnolenza dei buoni”. “Vegliate”: meditiamo questa cosa, e pensiamo che il Signore nell’Orto degli Ulivi per due volte ha detto ai suoi apostoli: “Vegliate!”, ed essi dormono. “Vegliate”, dice a noi; cerchiamo di non dormire in questo tempo, ma di essere realmente pronti per la volontà di Dio e per la presenza della sua Parola, del suo Regno» (3).

fr. Pietro P. M. (Tempi di Maria)

Note

(1) Benedetto XVI, Gesù di Nazareth, LEV, Città del Vaticano 2011, pp. 172-173.

(2) Idem, Udienza generale, Piazza San Pietro, mercoledì 20 aprile 2011.

(3) Idem, Incontro con i parroci della diocesi di Roma, Aula della benedizione, giovedì 10 marzo 2011
Annacantoni
MARIA SANTISSIMA ci conceda la grazia di essere Suoi soldati , sarà Lei a far si che le Sue piccole sentinelle non si lascino vincere dalla sonnolenza e dall insensibilita. Con Lei sempre saremo vigilanti e fiduciosi in battaglia. MAMMA aumenta la nostra fede