Francesco I
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Intervista esclusiva su guerra e Chiesa con Padre Bogdan Vytrykush, sacerdote cattolico ucraino fedele alla Tradizione

Intervista esclusiva su guerra e Chiesa con Padre Bogdan Vytrykush, sacerdote cattolico ucraino fedele alla Tradizione

Radio Spada da sempre ama affrontare i fatti nella loro complessità. Mettendo in guardia da comode semplificazioni, abbiamo dato ampio spazio alle ragioni dei vari attori di questo conflitto cercando di mantenere prima di tutto una prospettiva di analisi cattolica. Arrivati a questo punto ci è parso utile realizzare qualcosa che ancora in Italia non era stato fatto: dare voce a un sacerdote fedele alla Tradizione che la guerra la vive non dai social ma di persona, tutti i giorni. Si tratta di Padre Bogdan Vytrykush della Fraternità San Giosafat, una comunità associata alla Fraternità Sacerdotale San Pio X, ma di rito bizantino. L’intervista – lo vedrete – è forte e merita di essere letta, comunque la si pensi.

RS: Buongiorno Padre Bogdan, iniziamo dalle vostre attività: cos’è, in breve, la fraternità San Giosafat? Come svolge il suo apostolato?

BV:
La Fraternità Sacerdotale San Giosafat Ieromartire è una società sacerdotale fondata a Lviv (Leopoli, Ucraina) nel 2000 e il suo obiettivo è il mantenimento e la diffusione della Tradizione cattolica, delle pratiche cattoliche e della vita spirituale tradizionale tra i fedeli della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina (UGCC). Quando parlo di “Tradizione” cattolica intendo anzitutto l’insegnamento che la Chiesa Cattolica è l’unica Chiesa di Nostro Signore e che tutti gli altri fedeli orientali necessitano di appartenervi, per salvarsi.

Il nostro fondatore, p. Vasyl Kovpak, provò in prima istanza ad ottenere il permesso di fondare una fraternità tradizionale dall’Ordinario locale di Kiev (che all’epoca era anche Cardinale, e Arcivescovo Metropolita della UGCC), ma senza successo. A quel punto p. Kovpak si rivolse alla FSSPX: Mons. Bernard Fellay ha benedetto la nostra Fraternità e, poco tempo dopo, anche il nostro seminario. Al momento la nostra Fraternità conta 22 sacerdoti, gestisce un seminario in cooperazione con la FSSPX e ha altresì un ramo religioso femminile. Svolgiamo il nostro apostolato soprattutto nelle regioni occidentali dell’Ucraina, dove la UGCC è storicamente radicata, ma abbiamo una missione nell’est, che è zona a prevalenza “ortodossa”.

RS: Può dirci che cosa vi distingue in senso dottrinale e liturgico dal resto della Chiesa di rito bizantino in Ucraina?

BV:
Iniziamo col dire quali sono le “chiese” di rito bizantino in Ucraina. Le “chiese ortodosse” in Ucraina sono tre, in conflitto per quanto riguarda la giurisdizione, nel senso che non si riconoscono giurisdizione a vicenda: la “Chiesa Ortodossa Ucraina” (sotto il Patriarcato moscovita), la “Chiesa Ortodossa di Ucraina” (sotto il Patriarcato di Costantinopoli) e la “Chiesa Ortodossa Ucraina Autocefala” (che al momento fa parte della seconda, ma hanno tuttora qualche conflitto).

E poi c’è la Chiesa Ucraina Greco-Cattolica, in unione con Roma dal 1596. Anch’essa utilizza una versione del rito bizantino, arricchito e sviluppato nel corso della storia. La UGCC confessa la fede cattolica nella sua interezza, ma la sua gerarchia segue gli errori del Vaticano II, in particolare l’ecumenismo e la libertà religiosa.

Le differenze dottrinali tra “ortodossi” e cattolici dovrebbero essere ben note a ogni cattolico formato: gli “ortodossi” non riconoscono il Pontefice Romano come Vicarius Christi, dichiarano che lo Spirito Santo procede solo dal Padre (negando quindi il “filioque“), non credono all’esistenza del fuoco del Purgatorio e non professano la verità riguardo all’Immacolata Concezione di Maria SS. La principale differenza in campo morale è il riconoscimento delle cosiddette seconde nozze.

La questione liturgica merita una trattazione a parte. Tra le varie denominazioni “ortodosse” ovviamente esistono differenze liturgiche, ma sono scarsamente significative, al punto che non le conosco in modo approfondito. La “Chiesa Ortodossa di Ucraina” usa l’ucraino come lingua liturgica, ma penso sia per ragioni politiche. Anzi, il nazionalismo è una delle principali ragion d’essere, se non l’unica, per l’esistenza di questa “chiesa”.

Nella storia della UGCC, la liturgia ha costituito argomento di vivace dibattito. Dopo la nostra unione con Roma, il rito è stato arricchito da svariate feste, devozioni e pratiche cattoliche, quali ad esempio la devozione al SS. Sacramento, la sua ostensione, le processioni eucaristiche, la prima Comunione per i fanciulli, la festa del Sacro Cuore di Gesù e la devozione correlata, ecc. Di tanto in tanto però, nel clero e tra i fedeli, c’è stato chi ha rinnegato questa influenza cattolica sul nostro rito e l’ha chiamata, con accezione negativa, latinizzazione. Hanno quindi auspicato una “pulizia” del nostro rito, un ritorno al “puro rito orientale” (senza però fornire una chiara definizione del rito “puro” cui si dovrebbe ritornare). Ma questo “purismo” [nel testo originale il sacerdote conia e utilizza il neologismo/calembour “puro-ritanesimo”, ndt] è stato assai pericoloso, specie in terre occupate dalla Russia, dove il governo spingeva la popolazione a “convertirsi” all’ortodossia. Il risultato di tali “purghe” liturgiche è stata la confusione tra i fedeli e l’indifferentismo religioso. Occasionalmente la nostra Chiesa ha perso intere diocesi, che hanno apostatato e si sono unite alla “chiesa” ortodossa.

In effetti, la nostra Fraternità è stata fondata precisamente per sostenere lo spirito cattolico all’interno della nostra Chiesa, in un’epoca in cui la nostra gerarchia era imbevuta di quest’idea di purificazione liturgica.

RS: Secondo Lei i cattivi effetti del Vaticano II si manifestano in ugual misura in Oriente e in Occidente, o da voi sono più attenuati? Diversi dalle nostre parti credono questo, può confermarlo?

BV:
Credo che gli effetti del Vaticano II non siano i medesimi ovunque, no. E’ vero ed è facilmente constatabile, ma non sono sicuro che dipenda principalmente dal rito: vediamo infatti che i cattolici polacchi [che sono di rito latino, ndt] sono assai più conservatori che in Germania o USA. Ho sentito per esempio che i cattolici di rito orientale negli Stati Uniti non frequentano la Messa domenicale o i Sacramenti più dei fedeli latini. Penso che la Provvidenza abbia usato anche un male come il comunismo per ottenere alcuni effetti positivi, attenuando nelle terre al di qua della “cortina di ferro” l’influsso degli errori che venivano da ovest.

Vi è poi un diverso effetto del Vaticano II, che invece dipende dal rito e che chiamerei il “volto dell’ecumenismo”. Mentre infatti l’ecumenismo nel rito latino ha un “volto protestante”, nel rito orientale ha un “volto ortodosso”. Il movimento liturgico “purista” tende a elidere in un primo momento le differenze esteriori tra cattolici e ortodossi e, in un secondo momento, anche quelle non visibili. E così, per i cattolici occidentali i “fratelli separati” più prossimi sono i protestanti, per gli orientali gli “ortodossi”.

RS: Uno dei miti che circolano in Italia è che tra gli scismatici orientali (tanto fedeli a Kiev quanto a Mosca) ci sia una forte adesione religiosa e un’intensa vita spirituale. Lei è un osservatore privilegiato, cosa ne pensa?

BV: Anzitutto, va chiarito che cosa si intende per intensa vita spirituale e chi prendere come termine di paragone rispetto agli “ortodossi”. Se parliamo dell’Ucraina, posso dire che la Chiesa Cattolica di entrambi i riti ha un’influenza spirituale molto maggiore sui suoi fedeli rispetto alle denominazioni “ortodosse”. Il numero di fedeli che praticano con regolarità (presenti a Messa ogni domenica, e che si accostano a confessione e comunione) è in proporzione assai più alto tra i cattolici. Persino in grandi città, molti templi “ortodossi” non hanno funzioni quotidiane, molti sacerdoti celebrano solo sabato e domenica. Molti fedeli “ortodossi” non si confessano, e si comunicano una o due volte l’anno, senza che i sacerdoti abbiano alcunché da obiettare. Non ho sentito poi di movimenti in questo ambito paragonabili a quelle di parte cattolica come il Rosario Vivente, l’Apostolato della Preghiera, ecc.

Naturalmente c’è anche una porzione di fedeli ortodossi” che cerca di seguire forti restrizioni alimentari durante la Quaresima, o di rispettare altre severe disposizioni, ma non direi si tratti di una grossa percentuale. E’ importante infatti considerare i numeri (di parrocchie, enti e fedeli) in proporzione: perché è vero che il 75% degli Ucraini si identifica come “ortodosso”, ma la maggioranza di costoro non entra da anni in chiesa e non conosce nemmeno le preghiere più semplici, come il Padre Nostro o “Virgo Dei Genitrix” (l’Ave Maria nella versione orientale).

C’è poi da dire che alcuni “ortodossi” amano confrontarsi con i cattolici liberali dell’occidente per criticarne gli errori moderni, e ovviamente in tale confronto appaiono davvero conservatori e attenti alla vita spirituale. Per esempio, in Russia gli “ortodossi” hanno pubblicato il libro di Mons. Lefebvre “Lo hanno detronizzato“, per mostrare tutto il marcio all’interno della Chiesa Cattolica e uscire vincitori dal paragone con i “cattivi cattolici”.

RS: Veniamo alla guerra. Qui nell’Europa Occidentale una delle più frequenti obiezioni che si fa al “fronte ucraino” è quello di essere sostenuto dai governi liberali e dalle lobby progressiste di mezzo mondo. Del resto è improbabile che un’integrazione dell’Ucraina nell’Europa delle direttive pro-LGBT, pro-aborto e anti-famiglia sia un bene per le anime dei fedeli. Qual è il punto di vista di voi cattolici ucraini fedeli alla tradizione? Se da un lato abbiamo la Russia scismatica alleata del regime comunista-anticristiano cinese, dall’altra abbiamo l’Occidente dissolutore: le due alternative non paiono entusiasmanti.

BV:
Dal vostro punto d’osservazione, si tratta di un giusto argomento. Molti ucraini in effetti desiderano ardentemente un’integrazione del nostro Paese nell’Europa e nella NATO, per due ragioni principali: l’indipendenza nazionale dalla Russia e le opportunità economiche che l’Europa offre. La nostra gente non vuole più essere un satellite della Russia, e questa è la vera ragione dietro alla presente guerra mossa da Putin. Penso che la maggioranza della nostra popolazione – specie chi lavora o si sposta in Europa – si aspetti dall’UE un aiuto a superare i problemi interni (corruzione, oligarchie, ecc.), oltre a investimenti e strumenti giuridici per poter diventare un membro forte e paritario nella “famiglia” europea. Sto parlando del pensiero di cittadini ordinari, tra i quali anche buoni cattolici.

Sarebbe ovviamente puerile pensare che dall’UE si possano importare solo buone opportunità per il nostro Paese, evitando le pressioni ideologiche riguardanti il gender e altre porcherie. Possiamo constatare questa realtà per esempio in Polonia, sanzionata economicamente dalla UE per la resistenza che il governo polacco oppone a questo tipo d’influenza. Ed è da sottolineare che l’UE mantiene queste sanzioni durante la guerra in Ucraina, quando la Polonia è il Paese europeo che più di tutti ci sta aiutando. Non sono molto ferrato nelle questioni politiche, ma non vedo nel panorama politico ucraino politici conservatori del livello di quelli polacchi.

Che fare dunque, come cattolici tradizionali, in questa situazione? Ricordare, anzitutto, che Nostro Signore è il vero Reggitore del mondo, e la Sua Santa Madre è la Mediatrice di ogni Sua grazia. Certamente ci aspettiamo un intervento reale di Maria SS. dopo la consacrazione di Ucraina e Russia ad opera di Papa Francesco. Non sappiamo come Ella interverrà, ma dobbiamo essere pronti a divenire suoi strumenti. Dobbiamo combattere per la nostra libertà spirituale, prima ancora che per la nostra indipendenza nazionale. La nostra arma principale è lo stato delle nostre anime, e dobbiamo allenarle ogni giorno, per provare a vivere anzitutto in un costante stato di grazia. In secondo luogo, dobbiamo utilizzare la potente arma dataci da Maria SS. a Fatima: la preghiera quotidiana del Rosario. E infine, dobbiamo educarci ed educare i nostri figli a resistere al peccato pubblico. Non possiamo mai approvare il male; non possiamo mai anteporre gli interessi economici o nazionali ai comandamenti divini. Questa è la nostra unica alternativa. Lasciamo il resto a Dio.

RS: Nella retorica bellica spesso si sente usare, rispetto all’Ucraina, la parola “banderismo” (da Stepan Bandera) riferita ad alcuni suoi attuali dirigenti politici. L’uso è in termini esclusivamente dispregiativi e quasi come sinonimo di nazismo. Che cosa rappresenta la famiglia Bandera per l’Ucraina e in particolare per i cattolici ucraini? L’uso disinvolto da parte russa dell’accusa di “neo-nazismo” corrisponde alla realtà, o vanno fatte delle distinzioni?

BV:
Vediamo anzitutto: chi sta utilizzando attivamente questo termine oggi, e perché? E’ il governo russo e i mezzi di propaganda massmediatica russi, e lo fanno per giustificare la guerra che hanno iniziato. La Russia spende miliardi di dollari ogni anno per la sua propaganda, ad intra e ad extra (pensiamo a Russia Today) e il termine Banderismo è la loro arma ideologica. Ma non è un’invenzione recente: la leggenda che la gente delle regioni ucraine occidentali siano “terribili banderisti” che odiano tutti gli altri, i russi in particolare, è stata ampiamente diffusa in tutta l’URSS, durante i lunghi anni di occupazione comunista.

Stepan Bandera è stato il leader della Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN) durante la II Guerra Mondiale e nel dopoguerra. Tale movimento ha creato le milizie della Armata Ucraina Partigiana (UPA) che ha operato per circa un decennio nell’Ucraina dell’ovest. Il loro obiettivo era ottenere l’indipendenza per gli Ucraini ed è questo il motivo per cui il nome di Bandera è ancora oggi onorato con monumenti e nella toponomastica cittadina in quelle zone. Sì, fecero accordi con la Germania di Hitler, nella speranza di raggiungere l’obiettivo, ma dopo la proclamazione dell'”Atto di restaurazione della statualità ucraina” compiuta dall’OUN nel 1941 a Lviv, i veri nazisti arrestarono Bandera e molti esponenti chiave dell’OUN, e molti di loro furono uccisi nelle prigioni tedesche. Questi fatti mostrano che i Banderisti non erano proprio “nazisti”.

C’è da dire che la Chiesa Cattolica in Ucraina ha supportato la spinta verso l’indipendenza nazionale, ma ha altresì condannato gli omicidi politici compiuti dal movimento, nella lettera pastorale “Non uccidere” del 1942. Dobbiamo capire che la II Guerra Mondiale è stato un periodo estremamente difficile, una guerra di tutti contro tutti. Dobbiamo compiere valutazioni partendo dai fatti storici, dopo una ricerca che vada in profondità e prenda in esame tutti gli aspetti delle cose. Purtroppo, invece, molti politici amano usare manipolazioni ideologiche in luogo della verità.

Tornando al presente, dobbiamo sottolineare che tutta la narrativa russa sul banderismo (equiparato al nazismo) presente nella vita politica ucraina è una fake assoluta. Sì, abbiamo movimenti politici che onorano la personalità politica di Stepan Bandera, e la cui idea è di diffondere la lingua e la cultura ucraina in tutto il Paese: ma è nazismo? Non si sta invitando all’odio verso altre nazionalità. Inoltre, anche in Ucraina la figura di Stepan Bandera è controversa e i partiti politici menzionati non sono neppure rappresentati nell’attuale composizione del Parlamento. A tale proposito voglio menzionare una “challenge” diffusasi sui nostri social network nei mesi precedenti alla guerra, nella quale erano postati video di gruppi di persone – scolaretti, vigili del fuoco, ufficiali, militari e altri – che cantavano una vecchia canzone: “Bandera è nostro padre, l’Ucraina è nostra madre, combatteremo per l’Ucraina”. Credo sia la migliore spiegazione di che cosa Bandera rappresenta oggi per gli ucraini: un simbolo della lotta per la Patria.

RS: L’idea di un’Ucraina occidentale, con una forte presenza cattolica, separata dall’area a maggiore componente russa è un’ipotesi percorribile? Un ritorno della Galizia (almeno di una sua parte), con territori attigui annessi, che rappresenti una realtà politica distinta dal resto dell’attuale Ucraina può essere uno scenario accettabile o auspicabile per voi?

BV:
In una parola, assolutamente NO, e per due ragioni: nazionale e spirituale.

Mi viene da dire che gli ucraini non sono mai stati così uniti verso un comune obiettivo, come durante la presente guerra. La nostra gente è stata storicamente divisa e occupata da differenti Paesi e regimi nel corso della sua storia, e ne sono ovviamente risultate alcune differenze religiose e culturali, com’è naturale, ma siamo comunque un solo popolo. Non esiste una nazione “galiziana”. Ci sono, è vero, alcune minoranze etniche in Ucraina e all’interno della stessa Galizia, ma non costituiscono nazioni separate. Questa unità l’abbiamo attesa per secoli.

La ragione spirituale è simile: non dimentichiamoci la missione del Cattolicesimo. La Chiesa Cattolica ha strutture in tutte le regioni dell’Ucraina e persino la nostra Fraternità, come detto poc’anzi, ha una piccola missione a est; tirare una linea di confine significa quindi aggiungere impedimenti alla comunicazione spirituale. Guardiamo poi gli eventi di queste settimane da un’altra angolazione: molti rifugiati dall’est si trovano a vivere temporaneamente in Galizia. Molti tra loro non hanno mai avuto una vera pratica religiosa, ma ora chi di loro vive presso buone famiglie cattoliche hanno un valido esempio davanti agli occhi: vanno insieme a Messa la domenica, imparano a pregare il Rosario, qualcuno chiede di essere preparato al sacramento della confessione. Sono aperti nei nostri confronti, perché noi condividiamo con loro un destino comune, perché i nostri uomini, da qualunque regione provengano, stanno combattendo insieme. Si tratta invero di una grande occasione per l’apostolato, non è così? Noi la chiamiamo Provvidenza.

Dobbiamo anche tenere a mente la promessa di Maria SS. a Fatima: anche la Russia infine si convertirà. Non sappiamo in qual modo ciò accadrà, ma spero che gli ucraini cattolici avranno in ciò una grande opportunità per il loro apostolato. Il primo passo verso un simile scenario potrebbe essere proprio la conversione della maggioranza degli ucraini, e l’unità nazionale è una buona base di partenza.

RS: Se, in questa situazione, dovesse dare un messaggio in una frase ai cattolici dell’Europa Occidentale, cosa direbbe?

BV: Prendete i vostri Rosari; aiutiamo la Beata Vergine a convertire la Russia.

Intervista esclusiva su guerra e Chiesa con Padre Bogdan Vytrykush, sacerdote cattolico ucraino fedele alla Tradizione

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