Tempi di Maria
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Rivelazioni sulla Passione, dice Gesù: «Ho sofferto nel veder soffrire mia madre»

RIVELAZIONI SULLA PASSIONE DI CRISTO E SULLA COMPASSIONE DI MARIA

(dagli scritti di Maria Valtorta)

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L'Evangelo come mi è stato rivelato, volume VII, capitolo 477

14 febbraio 1944


Dice Gesù:
«Anche questo non ho dimenticato dei dolori di Maria, mia Madre. L’avere dovuto straziarla con l’attesa del mio soffrire, l’avere dovuto vederla piangere. È per questo che non le nego nulla. Ella mi ha dato tutto. Io le do tutto. Ella ha sofferto tutto il dolore. Io le do tutta la gioia.

Vorrei che, quando pensate a Maria, meditaste questa sua agonia durata trentatré anni e culminata ai piedi della Croce. Ella l’ha sofferta per voi. Per voi le derisioni della folla che la giudicava madre di un pazzo. Per voi i rimproveri dei parenti e delle persone d’importanza. Per voi la mia apparente sconfessione: "Mia Madre e i miei fratelli sono coloro che fanno la volontà di Dio". E chi più di Lei la faceva, ed una Volontà tremenda, che le imponeva la tortura di vedere suppliziare il Figlio?

Per voi le fatiche di raggiungermi qua e là. Per voi i sacrifici, da quello di lasciare la sua casetta e mescolarsi alle folle, a quella di lasciare la sua piccola patria per il tumulto di Gerusalemme. Per voi il dovere essere a contatto con colui che covava in cuore il tradimento. Per voi il dolore di sentirmi accusato di possessione diabolica, di eresia. Tutto, tutto per voi.

Voi non sapete quanto l’ho amata la Madre mia. Voi non riflettete come il cuore del Figlio di Maria fosse sensibile agli affetti. E credete che la mia tortura sia stata puramente fisica, al massimo vi aggiungete la tortura spirituale dell’abbandono finale del Padre.

No, figli. Anche le passioni dell’uomo Io le ho provate. Ho sofferto di veder soffrire mia Madre, di doverla condurre, come agnella mansueta, al supplizio, di doverla straziare coi successivi addii, a Nazaret prima dell’evangelizzazione, in questo che vi ho mostrato e che precede la mia imminente Passione, in quello – quando già essa è in atto col tradimento dell’Iscariota – prima della Cena, in quello atroce sul Calvario.

Ho sofferto di vedermi schernito, odiato, calunniato, circuito da curiosità malsane che non evolvevano in bene ma anzi in male. Ho sofferto di tutte le menzogne che ho dovuto udire o vedere agenti al mio fianco. Quelle dei farisei ipocriti, che mi chiamavano maestro e mi facevano domande non per fede nella mia intelligenza ma per tendermi tranelli; quelle dei beneficati da Me e che mi volsero in accusatori nel Sinedrio e nel Pretorio; quella, quella premeditata, lunga, sottile di Giuda, che m’ha venduto ed ha continuato a fingersi discepolo, che m’ha indicato ai carnefici col segno dell’amore. Ho sofferto della menzogna di Pietro, preso da paura umana.

Quanta menzogna, e tanto rivoltante per Me che sono Verità! Quanta, anche ora, ve ne è rispetto a Me! Dite di amarmi, ma non mi amate. Avete il mio Nome sulle labbra, e in cuore adorate satana e seguite una legge contraria alla mia.

Ho sofferto pensando che davanti al valore infinito del mio Sacrificio – il Sacrificio di un Dio – troppo pochi si sarebbero salvati. Tutti, dico: tutti coloro che nei secoli dei secoli della Terra avrebbero preferito la morte alla vita eterna, rendendo vano il mio Sacrificio, Io li ho avuti presenti. E con questa cognizione sono andato incontro alla morte.

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L'Evangelo come mi è stato rivelato, volume X, capitolo 601

10 febbraio 1944


Dice Gesù:
«Ed ora vieni. Per quanto tu sia questa sera come uno prossimo a spirare, vieni, ché Io ti conduca verso le mie sofferenze. Lungo sarà il cammino che dovremo fare insieme, perché nessun dolore mi fu risparmiato. Non dolore della carne, non della mente, non del cuore, non dello spirito. Tutti li ho assaggiati, di tutti mi sono nutrito, di tutti dissetato, fino a morirne.

Se tu appoggiassi sul mio labbro la tua bocca, sentiresti che essa ancora conserva l'amarezza di tanto dolore. Se tu potessi vedere la mia Umanità nella sua veste, ora fulgida, vedresti che quel fulgore emana dalle mille e mille ferite che coprirono con una veste di porpora viva le mie membra lacerate, dissanguate, percosse, trafitte per amore di voi.

Ora è fulgida la mia Umanità. Ma fu un giorno che fu simile a quella d'un lebbroso, tanto era percossa ed umiliata. L'Uomo-Dio, che aveva in Sé la perfezione della bellezza fisica, perché Figlio di Dio e della Donna senza macchia, apparve allora, agli occhi di chi lo guardava con amore, con curiosità o con occhio sprezzante, brutto: un "verme", come dice Davide, l'obbrobrio degli uomini, il rifiuto della plebe.

L'amore per il Padre e per le creature del Padre mio mi ha portato ad abbandonare il mio corpo a chi mi percoteva, ad offrire il mio volto a chi mi schiaffeggiava e sputacchiava, a chi credeva fare opera meritoria strappandomi le chiome, svellendomi la barba, trapassandomi la testa con le spine, rendendo complice anche la terra e i suoi frutti dei tormenti inflitti al suo Salvatore, slogandomi le membra, scoprendo le mie ossa, strappandomi le vesti e dando così alla mia purezza la più grande delle torture, configgendomi ad un legno e innalzandomi come agnello sgozzato sugli uncini di un beccaio, e abbaiando, intorno alla mia agonia, come torma di lupi famelici che l'odore del sangue fa ancora più feroci.

Accusato, condannato, ucciso. Tradito, rinnegato, venduto. Abbandonato anche da Dio perché su Me erano i delitti che m'ero addossato. Reso più povero del mendico derubato da briganti, perché non mi fu lasciata neppur la veste per coprire la mia livida nudità di martire. Non risparmiato neppur oltre la morte dall'insulto di una ferita e dalle calunnie dei nemici. Sommerso sotto il fango di tutti i vostri peccati, precipitato sino in fondo al buio del dolore, senza più luce del Cielo che rispondesse al mio sguardo morente, né voce divina che rispondesse al mio invocare estremo.

Isaia la dice la ragione di tanto dolore: "Veramente Egli ha preso su di Sé i nostri mali ed ha portato i nostri dolori". I nostri dolori! Sì, per voi li ho portati! Per sollevare i vostri, per addolcirli, per annullarli, se mi foste stati fedeli. Ma non avete voluto esserlo. E che ne ho avuto? Mi avete "guardato come un lebbroso, un percosso da Dio". Sì, era su Me la lebbra dei vostri peccati infiniti, era su Me come una veste di penitenza, come un cilicio; ma come non avete visto tralucere Dio, nella sua infinita carità, da quella veste indossata per voi sulla sua santità?

"Piagato per le nostre iniquità, trafitto per le nostre scelleratezze" dice Isaia, che coi suoi occhi profetici vedeva il Figlio dell'uomo divenuto tutta una lividura per sanare quelle degli uomini. E fossero state unicamente ferite alla mia carne!
Ma ciò che più m'avete ferito fu il sentimento e lo spirito. Dell'uno e dell'altro avete fatto zimbello e bersaglio; e mi avete colpito nell'amicizia, che avevo posto in voi, attraverso Giuda; nella fedeltà, che speravo da voi, attraverso Pietro che rinnega; nella riconoscenza per i miei benefici, attraverso coloro che mi gridavano: "Muori!", dopo che Io li avevo risorti da tante malattie; attraverso l'amore, per lo strazio inflitto a mia Madre; attraverso alla religione, dichiarandomi bestemmiatore di Dio, Io che per lo zelo della causa di Dio m'ero messo nelle mani dell'uomo incarnandomi, patendo per tutta la vita e abbandonandomi alla ferocia umana senza dire parola o lamento.

Sarebbe bastato un volgere di occhi per incenerire accusatori, giudici e carnefici. Ma ero venuto volontariamente per compiere il sacrificio, e come agnello, perché ero l'Agnello di Dio e lo sono in eterno, mi sono lasciato condurre per essere spogliato e ucciso e per fare della mia Carne la vostra Vita.

Quando fui innalzato ero già consumato da patimenti senza nome, con tutti i nomi. Ho cominciato a morire a Betlemme nel vedere la luce della Terra, così angosciosamente diversa per Me che ero il Vivente del Cielo. Ho continuato a morire nella povertà, nell'esilio, nella fuga, nel lavoro, nell'incomprensione, nella fatica, nel tradimento, negli affetti strappati, nelle torture, nelle menzogne, nelle bestemmie. Questo ha dato l'uomo a Me che venivo a riunirlo con Dio!

Maria, guarda il tuo Salvatore. Non è bianco nella veste e biondo nel capo. Non ha lo sguardo di zaffiro che tu gli conosci. Il suo vestito è rosso di sangue, è lacero e coperto di immondezze e di sputi. Il suo volto è tumefatto e stravolto, il suo sguardo velato dal sangue e dal pianto, e ti guarda attraverso la crosta di questi e della polvere che appesantiscono le palpebre. Le mie mani — lo vedi? — sono già tutte una piaga e attendono la piaga ultima.

Guarda, piccolo Giovanni, come mi guardò tuo fratello Giovanni. Dietro il mio andare restano impronte sanguigne. Il sudore dilava il sangue che geme dalle lacerazioni dei flagelli, che ancor resta dall'agonia dell'Orto. La parola esce, nell'anelito dell'affanno di un cuore già morente per tortura d'ogni nome, dalle labbra arse e contuse.

D'ora in poi mi vedrai sovente così. Sono il Re del Dolore e verrò a parlarti del dolore mio con la mia veste regale. Seguimi, nonostante la tua agonia. Saprò, poiché sono il Pietoso, mettere davanti alle tue labbra, attossicate dal mio dolore, anche il miele profumato di più serene contemplazioni. Ma devi ancor più preferire queste di sangue, perché per esse tu hai la Vita e con esse porterai altri alla Vita. Bacia la mia mano sanguinosa e vigila meditando su Me Redentore».

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PER APPROFONDIRE


E INFINE

Gesù e Maria sono l'antitesi di Adamo ed Eva. Giuda Iscariota è il nuovo Caino. La vera evoluzione dell'uomo è quella del suo spirito.

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GIUDIZIO DELLA CHIESA E ATTENDIBILITA' DELL'OPERA DI MARIA VALTORTA

LA POSIZIONE DELLA CHIESA SULL'OPERA DI MARIA VALTORTA

QUALE É IL GRADO DI ATTENDIBILITÀ DI MARIA VALTORTA ?

DOCUMENTI DELLA CHIESA SULL'OPERA DI MARIA VALTORTA

Domande fondamentali su Maria Valtorta

Valtorta, la scienza conferma la fede


La Cattedrale di Maria Valtorta: Quale valore per le rivelazioni private?
caterina Giuliana turina
Perdono Gesu' da tempo ho capito l'amore che ti univa alla Madre Nostra' era tuttuno....x questo amore lei e la Corredentrice..non e vero come dicono tanti lei era solo tua mamma una donna come tante Lei e' il tutto con te ecco perche' ci amo come ci sai amare grazie... e grazie a te Gesu' mio
Lucius Romolo Sciacca
SIGNORE tuttora non sei capito da chi dovrebbe amarti per essere il VERO RE DEI RE.SIGNORE AIUTACI SALVACI E PERDONACI ,come sai fare TU!!