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Suor Consolata Betrone: una Santa Teresina "francescana"?...

Si chiama Pierina Betrone ed è nata a Saluzzo (Cuneo) il 6 aprile 1903, figlia di un panettiere, Pietro, e di Pierina Nirino, in una numerosa famiglia. Ad Airasca, dove si sono trasferiti, i suoi gestiscono una trattoria. Nel 1917 si stabiliscono definitivamente a Torino, dove si occupano di un negozio di pasta e granaglie. Un ambiente concreto, fatto di lavoro e di cose. Pierina cresce con tanta voglia di pregare, di studiare e di lavorare, di fare del bene agli altri. Entra nella “Compagnia delle figlie di Maria”; coltiva progetti di amicizia-dedizione a Gesù e di apostolato. Legge presto il Trattato della vera devozione a Maria di san Luigi M. de Montfort e si consacra alla Madonna, “in totale schiavitù di amore”. È bella e gentile, piuttosto dotata... Dopo le elementari continua, come può, gli studi – le scuole magistrali festive – alternandoli al lavoro in negozio. Sa di latino, francese, di pittura e di arte, e scrive molto bene. L’8 dicembre 1916, solennità dell’Immacolata, dopo la Messa e la Comunione, sente la prima volta Gesù che la chiama: «Vuoi essere tutta mia?». Pierina risponde: «Sì!».

Alla ricerca...

14-15-20 anni. Nella sua parrocchia di San Massimo, a Torino, lavora nell’Azione Cattolica, prendendosi cura delle ragazze, con intelligenza e dedizione, soprattutto delle più piccole e bisognose. Va a Messa e riceve Gesù eucaristico ogni giorno, vincendo diverse difficoltà da parte di chi non la vorrebbe troppo in chiesa e, con il cuore traboccante di Lui, spiega alle bambine che la vita cristiana è amore a Dio, vita divina di Dio che passa nelle anime. A loro insegna a ripetere spesso: «Gesù, ti amo». Ha un temperamento appassionato e forte. Ma dentro di sé soffre un lungo periodo di oscurità interiore. Non si scoraggia, anzi si fa più ardente, prega, lavora e condivide i suoi ideali di consacrazione religiosa con alcune amiche che, come lei, saranno tutte di Dio. Un giorno, attorno ai 21 anni, si reca a pregare a Valsalice, presso la tomba di Don Bosco. Attraverso il vetro dell’urna, legge un autografo del Santo che dice: «Molti furono i chiamati, ma a loro mancò il tempo». Comprende all’improvviso che la sua “ora” è giunta. Proprio quella sera, le capita tra le mani Storia di un’anima di santa Teresa di Gesù Bambino, e comincia a leggerla nella sua stanzetta, alla luce del lampione in Via San Massimo. In quel momento intuisce la sua vocazione: «Sentii – dirà – che la vita di amore di santa Teresina, potevo farla mia; questa santa avrei potuto imitarla. Ciò che più mi commosse, che mi fece scoppiare in pianto, fu la frase: “Vorrei amarlo tanto, Gesù, amarlo come mai è stato amato”». È un incontro decisivo; comincia a uscire dalla sua “oscurità” e a trovare la via della confidenza e dell’abbandono in Dio: nel suo amore, infatti, c’è ogni soluzione! Il 26 gennaio 1925 entra tra le Figlie di Maria Ausiliatrice e diventa “suor Pierina”. Dopo poco più di un anno, si convince che non è la sua strada... Tenta un’altra esperienza di vita religiosa al “Cottolengo”, dove rivela la sua sete di nascondimento e di sacrificio... Ma neppure lì è la sua strada e il 26 agosto 1928 ritorna con i suoi in Via San Massimo. Nelle comunità dove è passata, fervorosa e sorridente, è stata molto amata. Nel mondo, ormai venticinquenne, cerca ancora la sua via. Continua a lavorare nell’Azione Cattolica, prega più intensamente e si consiglia con la sua guida spirituale per giungere là dove Dio la vuole da tutta l’eternità. Suor Maria, superiora delle Suore del Buon Pastore d’Angers, le dice: «Se mi ascolta, entri tra le Cappuccine: è clausura papale e hanno l’Ufficio divino».

«Gesù, ti amo...»

Il 17 aprile 1929 Pierina entra nel monastero delle Cappuccine di Borgo Po, a Torino, e intraprende il suo cammino verso la totale consacrazione a Dio. Veste il saio austero, diventa suor Consolata, nome assunto in onore a Maria Consolatrice, la patrona di Torino. È novizia, è professa, lieta di essere al suo posto. Dal primo giorno, sente in modo speciale la presenza di Gesù accanto a lei e tra Gesù e Consolata nasce una vera storia di amore. Gesù le parla, Consolata risponde... e, per ordine delle sue superiore, di padre Lorenzo Sales, suo direttore spirituale, annota quanto Gesù le dice... Ne nasce una storia d’anima, simile a quella di santa Teresa di Gesù Bambino. Gesù le rivela la “piccolissima via”, dell’atto continuo di amore a Lui: «Gesù, Maria, vi amo, salvate anime», in cui ella concentrerà il suo cammino di religiosa e di apostola, certissima che vivendo l’atto di amore totale, realizzerà la più alta santità. Questo è il suo solo proposito, che rinnova ogni giorno, cercando in ogni cosa “il più perfetto”, l’obbedienza assoluta, la dedizione totale, di cuore, di mente e di opere, fino a evitare ogni pensiero che non sia Gesù. È Lui che la invade, la occupa e le insegna anche per gli altri la “piccolissima via”, la medesima che ella sta percorrendo, quella dell’amore e della confidenza: «Tu appartieni alle piccolissime anime... Queste ti seguiranno nel darmi l’atto incessante di amore... Non saranno solo migliaia le piccolissime, ma milioni e milioni. Ad esse appartengono anche gli uomini. E alla tua morte le piccolissime correranno a me, come un giorno al tuo apparire sul piazzale di San Massimo, correvano a te le bimbe più piccole» (le “Beniamine” dell’Azione Cattolica). Nel 1938, suor Consolata è assegnata al nuovo monastero di Moriondo (Testona-Torino), a pochi passi dalla ferrovia Torino-Genova, che le Cappuccine hanno aperto per l’affluire di molte giovani tra loro. Ella aveva previsto tutto questo e, per suo suggerimento, il monastero è dedicato al Sacro Cuore di Gesù. Da quando è entrata in monastero, ella si immola con Gesù Crocifisso, per la conversione dei sacerdoti che “hanno lasciato”, per la santificazione di tutti i sacerdoti, che chiama “i miei Fratelli”. Rinnova la sua consacrazione alla Madonna, in totale schiavitù di amore, affinché “la Mamma” doni a Gesù tutte le anime che ella chiede. «Dammi le anime – prega come Don Bosco – e prenditi il resto, salute, gioie, vita».

Anche tu puoi...

Non finiremmo più di raccontare questa storia avvincente, intessuta di piccole cose, tutte segnate dall’amore più puro ed eroico, dal Sangue di Gesù, ricevuto e offerto, dalla configurazione sempre più perfetta a Lui. La guerra finisce. Nel novembre del 1945, suor Consolata è ricoverata in sanatorio: è sacrificio enorme lasciare la sua cella, la preghiera in solitudine o in comunità davanti a Gesù eucaristico. Ma offre i suoi ultimi “sì” a Dio, intensi, pieni, fino al culmine. Poi passa all’ospedale San Luigi a Torino, tra i malati inguaribili. Le restano pochi giorni da vivere. Con le mani aggrappate al Rosario, ripete sino all’ultimo: «Gesù, Maria, vi amo; salvate anime». Il 3 luglio 1946 rientra a Moriondo. Pesa appena 35 chili e ha solo 43 anni. Ha un sorriso meraviglioso e tutte vogliono vederla e salutarla, ora che è in partenza per il Paradiso. Quindici giorni di agonia. Il 17 luglio 1946, l’ultima sera della sua vita, suor Consolata desidera di essere vegliata: è la prima e l’unica volta. Alle 3.00 del mattino, si gira verso l’immagine di Gesù e della Madonna e mormora in piemontese: «Gesù, Maria, aiutatemi perché non ne posso proprio più». Alle 4.00 si fa il Segno della croce e bacia il Crocifisso, come si bacia il Volto dell’amore... e vede Lui. È il 18 luglio 1946. Alla sua guida spirituale, il padre Lorenzo Sales, il 7 ottobre 1944 aveva scritto: «Gesù, un giorno, mostrandomi al mondo, dirà: si è fidata di Me. Mi ha creduto! Sì, Gesù farà cose grandi... Consolata diverrà consolatrice. Mi chinerò con amore su chi soffre, chi dispera, chi impreca... Gesù e io: ci vogliamo tanto bene! Chissà poi nel suo Regno!». L’8 febbraio 1995, con l’introduzione della sua causa di beatificazione da parte del card. Giovanni Saldarini, arcivescovo di Torino, suor Consolata Betrone comincia il suo cammino verso gli altari. Il 6 aprile 2019 la Chiesa la proclama “eroica” nelle sue virtù cristiane e religiose, quindi “venerabile”. E noi preghiamo che sia presto beatificata e canonizzata. La sua “piccolissima via verso il Cielo”, fatta di confidenza e di amore, è possibile a tutti: anche a me, a te, a tutti è dato di fare della vita, in unità con Gesù, un continuo atto di amore per la gloria di Dio e la salvezza del mondo.

(Paolo Risso)

Fonte: Il Settimanale di Padre Pio (n. 28 - 12 luglio 2020), pp. 11-14.