SANt'ATANASIO, VESCOVO E DOTTORE DELLA CHIESA (300-373)

QUANTE SOFFERENZE
PER LA FEDE E PER LA VERITA'


Il grande Agostino di Ippona, vescovo e dottore della Chiesa, davanti alle difficoltà che anche nei suoi anni i cristiani incontravano disse una volta che la Chiesa andava avanti tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio. Guardando la Storia della Chiesa possiamo tranquillamente affermare che non sono mancate né le une né le altre. Le persecuzioni del mondo tante e sempre, documentate dalla Storia. E le consolazioni di Dio? Il loro numero lo conosce solo... Dio.
Le persecuzioni ci sono sempre state (“hanno perseguitato me perseguiteranno anche voi” parola di Gesù) e, non bisogna essere profeti per affermare che ci saranno anche in futuro. Ma anche i santi e le sante, che sono le vere consolazioni di Dio mandate come testimonianza del suo amore alla Chiesa e all’umanità tutta. Quanti e
quante? Certamente “una moltitudine immensa” che solo Dio può enumerare, e che hanno reso la nostra Terra (“l’aiuola che ci fa tanto feroci” per dirla con il sommo Dante) meno invivibile, anche se lontana dal paradiso.
Se diamo uno sguardo alla Chiesa del IV secolo ci accorgiamo che è stato un secolo pieno di difficoltà e persecuzioni per la comunità cattolica ad opera delle varie eresie (in primis l’arianesimo che imperversò per tanti anni) e dei vari imperatori che spesso usarono il braccio armato del potere per imporre questa eresia. Atanasio e molti altri santi del calendario e fuori da esso, furono vittime di queste persecuzioni. Ma anche le consolazioni di Dio, proprio in questo secolo, furono molto abbondanti.
Un rapido sguardo ai santi “prodotti” dal IV secolo: Sant’Antonio (Atanasio era suo amico e ne scrisse una celeberrima Vita), Basilio il Grande († 379) e il fratello Gregorio Nazianzeno († 390), Gregorio di Nissa († 394), Giovanni Crisostomo († 407), Cirillo di Gerusalemme († 386), Efrem il Siro († 373), Ilario di Poitiers († 367), Atanasio († 373), Ambrogio di Milano († 397) e infine altre due stelle di prima grandezza nella Chiesa d’Occidente che hanno “lavorato” anche nel secolo seguente e cioè: Gerolamo († 420) e Agostino († 430). Naturalmente senza dimenticare tanti altri santi e sante tali davanti a Dio ma non presenti nel calendario della Chiesa.
La Rivista Maria Ausiliatrice ha già presentato quasi tutti questi nostri grandi fratelli nella fede, ma mi sembra che la figura di Atanasio superi tutti non per la santità (quella la giudica in pienezza solo Dio) ma per le tribolazioni e persecuzioni accumulate in vita. Un’esistenza la sua molto travagliata, disseminata di spine e di trappole, di accuse false e di invidia e gelosia “apostoliche”, di ripetuti esili e di
ritorni trionfanti in patria, di minacce e di spiate, e tutto questo per quasi 50 anni.
Ma Atanasio è riuscito ad attraversare il mare in tempesta della sua vita apostolica rimanendo sempre esemplare per la costanza e la pazienza, per la perseveranza nella fede e per il coraggio nel difendere la verità su Cristo e il suo amore a Lui. San Basilio Magno lo definì “anima grande e apostolica”, Gregorio Nazianzeno lo chiamò “Colonna della Chiesa” mentre la Chiesa d’O­riente gli diede il titolo di “Padre dell’ortodossia”. È anche scritto, a ragione, nel numero dei grandi Padri della Chiesa.
Giovane diacono già protagonista a Nicea (325)
Atanasio (che significa Immortale) è nato ad Alessandria d’Egitto nel 300 circa, da una famiglia cristiana. Ebbe la fortuna di ricevere oltre alla fede anche una buona formazione culturale: conobbe quindi la cultura ellenistica, la filosofia e la teologia che si insegnavano nel famoso Didaskaleion della sua città. Ancora ragazzo ebbe l’opportunità di ammirare il coraggio dei martiri durante le persecuzioni contro i cristiani, fatto questo che gli rimase sempre impresso nella memoria e lo aiutò durante le persecuzioni contro di lui. Sembra anche che già in gioventù abbia conosciuto il mondo del monachesimo attraverso il monaci carismatici Pacomio e Antonio, con i quali stabilì una profonda amicizia spirituale.
Nel 319, quindi a 20 anni circa, diventò diacono nella sua comunità al servizio del vescovo Alessandro, il quale si accorse subito del valore del giovane nominandolo suo segretario. E così Atanasio ebbe l’ opportunità di accompagnare il proprio vescovo al grande Concilio di Nicea del 325. Perché grande?
Facciamo un passo indietro. Ad Alessandria in quello stesso periodo viveva un certo presbitero di nome Ario. Uomo colto teologicamente e brillante, con una vasta cultura ellenistica di tipo accademico. Ma, ahimè per la Chiesa del tempo, le sue intuizioni teologiche causarono aspre lotte e divisioni, profonde lacerazioni e accese contrapposizioni che si trascinarono per tutto il secolo IV, e di cui Atanasio (ma non solo lui) ne fece le spese. Di che si trattava?
Ario voleva portare ad una semplificazione della dottrina cristiana della Trinità. Chi erano esattamente Cristo e lo Spirito Santo? La sua risposta a questa domanda semplicemente distruggeva la peculiarità del cristianesimo e di colui che ne è il centro, cioè Gesù Cristo. Per Ario Gesù era un semplice uomo che Dio stesso aveva elevato alla dignità di suo figlio per farlo nostro maestro e guida di vita. Un uomo eccezionale, straordinario, carismatico quanto si vuole, ma solo un uomo. E quindi anche il suo Spirito non
poteva essere che una creatura, come il Cristo. E così Dio rimaneva nella sua solitudine infinita, nella sua Bontà e Onnipotenza. La mente umana non doveva fare grandi sforzi per accettare un Dio così, senza il rompicapo della Trinità (che è il mistero dei misteri, insondabile dalla mente umana per quanto brillante e sottile sia). E così Gesù Cristo non era “consustanziale al Padre” ma veniva degradato a semplice anche se grande maestro dell’umanità. L’uomo in questo modo si doveva salvare con le proprie forze anche se ispirandosi a lui.
Molti vescovi, ma anche il giovane Atanasio avevano intuito il pericolo devastante e disgregante della dottrina di Ario (chiamata arianesimo). Lo stesso imperatore Costantino convocò il Concilio di Nicea per dirimere la questione. E qui Atanasio giocò un ruolo forte e deciso nella condanna delle teorie ariane. Gesù Cristo era il Figlio di Dio, consustanziale al Padre, “Luce da Luce, generato non creato”. Vero Dio e vero uomo. Ma Ario, anche davanti all’intero Concilio di vescovi, non volle sottomettersi. E qui cominciarono i guai e le tribolazioni per Atanasio. Nuvoloni neri e minacciosi si addensavano sulla sua vita futura.
Nel 328 morto Alessandro, Atanasio fu acclamato suo successore. Una delle sue prime visite pastorali fu nella Tebaide, tra i discepoli di Pacomio e di Antonio. Questi monaci avevano un grande influsso sul popolo cristiano, e Atanasio voleva rinsaldarne l’unità e averne l’appoggio non solo spirituale. E avenne proprio così.
Mentre era ancora in visita pastorale arrivarono le prime grane. Piuttosto grosse. I seguaci di un certo Melezio lo accusarono presso l’imperatore di elezione vescovile non valida (troppo giovane!), di aver tramato addirittura contro la vita dello stesso Costantino, di avere un comportamento dispotico e violento, e perfino di aver eliminato fisicamente il vescovo Arsenio di Ipsele. Materiale sufficiente per tre ergastoli. Quest’ultima accusa si rivelò poi grottesca perché l’Arsenio in questione lo si vide in seguito comparire in tribunale sano come un pesce.
Arrivarono anche grane dai seguaci di Ario, che lui non voleva riammettere nella Chiesa di Alessandria. Gli ariani tanto tramarono, che in un sinodo convocato impedirono ai vescovi pro Nicea di parteciparvi. Atanasio fu insultato, calunniato, sbeffeggiato, minacciato e condannato. Ma riuscì a fuggire verso Costantinopoli. Dove addirittura ebbe un colloquio con l’imperatore. Costantino sembrò dargli ragione, salvo poi pochi giorni dopo decretare l’esilio per lui.
A Treviri, in Germania. Due anni. Ma Atanasio non era un uomo da stare in ozio e aspettare gli eventi. Predicò quanto più poté mettendo in guardia contro l’eresia ariana. I cristiani di Alessandria da loro canto non riconobbero il vescovo successore imposto su di loro, opponendosi fortemente. Il loro vescovo era solo Atanasio, anche se in esilio. E mentre questi predicava contro l’arianesimo in Germania, il monaco Antonio, suo amico, dal deserto tempestava l’imperatore di lettere pro Atanasio. E come capita spesso nella storia fu sorella morte a risolvere questa volta il problema.
La verità predicata con la pazienza e con la persuasione
Morto Costantino (337) i successori permisero il ritorno di Atanasio. Questi venne accolto trionfalmente dalla sua gente di Alessandria. Ma gli ariani non si arresero. Imposero un loro vescovo chiedendo al Papa Giulio di Roma la convocazione di un Concilio per esaminare il caso di Atanasio. Questi invece vista la totale confusione, si rifugiò tra i suoi amici monaci della Tebaide. Si nascose così bene che la polizia imperiale non riuscì a trovarlo. Poi su invito del Papa di Roma, Atanasio andò nella capitale per prendere parte ad un Concilio indetto da Giulio stesso. Rimase a Roma per sei anni fino al 346, continuando la sua crociata contro l’arianesimo.
Intanto nel 343 ci fu un altro Concilio a Sardica (odierna Sofia). Il Papa vi mandò un suo legato Osio di Cordoba che presiedette il Concilio a nome suo. Ma anche qui gli ariani giocarono con l’astuzia. Quando si profilava l’assoluzione di Atanasio lasciarono il Concilio riaffermando le loro posizioni in una lettera. E l’imperatore Costanzo nel 346 permise il ritorno di Atanasio ad Alessandria, dove venne accolto trionfalmente. La pace purtroppo non durò a lungo.
L’imperatore era dichiaratamente pro ariani ma il papa di Roma, Liberio, lo difese. Allora lo stesso imperatore convocò un Concilio ad Arles nel 352, e Atanasio fu condannato di nuovo. Il Papa naturalmente non accettò la condanna e dietro sua richiesta fu convocato un altro Concilio a Milano. Anche qui altra vittoria degli ariani, altra condanna di Atanasio. E altro esilio. Non solo per lui. Questa volta ne fecero le spese anche altri illustri vescovi come Eusebio di Vercelli, Dionigi di Milano, Lucifero di Cagliari. Tutti in esilio. In seguito seguiranno la stessa sorte il Papa di Roma, Liberio e Ilario di Poitiers. Il partito ariano, appoggiato dall’imperatore, sembrava stravincere. Scrisse il dottissimo Girolamo (santo e dottore della Chiesa) che il mondo allora sembrava essere diventato tutto ariano.
Ma quando la polizia imperiale giunse ad Alessandria per eliminare una volta per sempre l’ostinato Atanasio, non riuscì a trovarlo. I suoi cristiani lo nascosero bene.
I suoi amici monaci fecero altrettanto. Nessuno lo tradì. Rimase per circa sei anni tra di loro. Ebbe così l’occasione e il tempo di scrivere la celeberrima Vita di Sant’Antonio, il suo grande amico. Libro che ebbe un enorme influsso nei secoli seguenti.
In esilio ma sempre amato
Morto Costanzo pro ariani, arrivò Giuliano (passato alla storia come l’apostata). Questi in un primo tempo permise a tutti i vescovi in esilio (parecchie decine) di ritornare nelle loro sedi. Così fece anche Atanasio nel 362. Iniziò subito un’opera di rappacificazione tra le chiese, riaffermando naturalmente la
fede scaturita dal Concilio di Nicea. Giuliano, che aveva in mente di restaurare addirittura il paganesimo non vide di buon occhio tutto questo lavoro... e ordinò: “Che quell’infame sia mandato fuori dall’Egitto”. E così fu. Atanasio di nuovo in esilio. Di nuovo nel deserto. Di nuovo tra i monaci.
Poco tempo però perché Giuliano, il sognatore del neo paganesimo, morì presto (363). Via Giuliano, di nuovo Atanasio ad Alessandria tra la sua gente, tutta felice. Ma non per molto, perché Valente l’imperatore d’Oriente, era un sostenitore del partito ariano. E di conseguenza Atanasio fu costretto a nascondersi. Questa volta scoppiarono tumulti in città. Valente temendo allora di perdere il favore del popolo permise al vescovo “ribelle” di ritornare tra il suo popolo di Alessandria, ostinatamente cristiano (e non ariano).
L’indomito Atanasio riuscì a vivere in pace gli ultimi sette anni della sua vita (morì il 3 maggio del 373). Era ammirato, venerato e amato dal suo gregge (con tutto quello che aveva sofferto per la fede e per la verità di questa fede nel Cristo), ed era anche rispettato dai suoi nemici, che non mancarono mai. Scrisse moltissime lettere ad altri vescovi, anche a quello di Roma e naturalmente ai suoi amici monaci. Scrisse inoltre opere di carattere omiletico (la sua predicazione al popolo), esegetico (spiegazione della Sacra Scrittura), apologetico (difesa della fede contro gli ariani) e pastorale.
La Chiesa ne ha riconosciuto il valore proclamandolo non solo santo per la sua vita così travagliata ma sempre coerente e fedele alla propria fede, ma anche Maestro di vita spirituale, e cioè Dottore della Chiesa.

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« Che Dio vi consoli! ... Quello che rattrista ... è il fatto che gli altri hanno occupato le chiese con violenza, mentre in questo periodo voi vi trovate fuori. È un dato di fatto che hanno la sede, ma voi avete la fede apostolica. Possono occupare le nostre chiese, ma sono al di fuori della vera fede. Voi rimanete al di fuori dei luoghi di culto, ma la fede abita in voi. Vediamo: che cosa è più importante, il luogo o la fede? La vera fede, ovviamente: Chi ha perso e chi ha vinto in questa lotta - quella che mantiene la sede o chi osserva la fede? È vero, gli edifici sono buoni, quando vi è predicata la fede apostolica; essi sono santi, se tutto vi si svolge in modo santo ... Voi siete quelli che sono felici, voi che rimanete dentro la Chiesa per la vostra fede, che mantenete salda nei fondamenti come sono giunti fino a voi dalla tradizione apostolica, e se qualche esecrabile gelosamente cerca di scuoterla in varie occasioni, non ha successo. Essi sono quelli che si sono staccati da essa nella crisi attuale. Nessuno, mai, prevarrà contro la vostra fede, amati fratelli, e noi crediamo che Dio ci farà restituire un giorno le nostre chiese. Quanto i più violenti cercano di occupare i luoghi di culto, tanto più essi si separano dalla Chiesa. Essi sostengono che rappresentano la Chiesa, ma in realtà sono quelli che sono a loro volta espulsi da essa e vanno fuori strada. Anche se i cattolici fedeli alla tradizione sono ridotti a una manciata, sono loro che sono la vera Chiesa di Gesù Cristo ». (Sant'Atanasio vescovo Coll. Selecta SS. Eccl. Patrum. Caillu e Guillou, vol. 32, pp 411-412).