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Del terzo grado di Umiltà: In cosa consiste

Il terzo grado dell'umiltà è quando, avendo ricevuto da Dio grandi doni, e vedendosi onorato e stimato, non se ne gloria e non se ne attribuisce il merito; ma che mettiamo tutto in relazione con la fonte di ogni bene, che è Dio. La Beata Vergine possedette l'umiltà in questo grado sovrano di perfezione: infatti, quando seppe di essere stata scelta per essere la Madre di Dio, riconobbe e si definì serva del Signore: quando santa Elisabetta la chiama beata fra tutte le donne , non attribuisce in alcun modo a se stessa la gloria dei vantaggi che possiede, ma la riferisce tutta a Dio; e ritirarsi in sentimenti di profonda umiltà; lo ringrazia per i favori che le ha elargito: «L'anima mia - dice - glorifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, che è il mio Salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. »
Ma, si potrebbe dire, se in questo consiste l’umiltà, siamo tutti umili; poiché chi c'è che non riconosce e non confessa che tutto ciò che c'è di buono in lui viene da Dio, e che di per sé non è che peccato e miseria? Chi c'è che non è d'accordo sul fatto che potrebbe diventare il più malvagio di tutti gli uomini, se Dio lo abbandonasse per un momento? La vostra perdizione viene da voi stessi, popolo d'Israele, dice il Signore per mezzo del suo profeta; ma è solo in me che puoi trovare aiuto. È una verità fondata sui principi della fede, che da noi stessi abbiamo solo il peccato, e che tutto ciò che abbiamo altrove, lo abbiamo dalla sola liberalità di Dio: sembra quindi che tutti abbiamo l'umiltà di cui abbiamo parlare, poiché tutti crediamo ad una verità così evidente, e di cui sono pieni i Libri Sacri: Tutto ciò che di buono e di perfetto ci è stato dato, dice l'apostolo san Giacomo, viene dall'alto, e discende dal Padre dei luci. San Paolo ci ricorda la stessa verità in quasi tutte le sue epistole: «Che cosa hai», dice, «che non hai ricevuto? Di noi stessi non siamo capaci di formare alcun buon pensiero, in quanto proveniente da noi stessi; ma se siamo capaci di qualcosa, viene da Dio... È Dio che ti ispira i tuoi buoni progetti e che te li fa eseguire. » Senza Dio non possiamo né pensare, né dire, né cominciare, né compiere, né volere, né fare alcuna cosa per la nostra salvezza: tutto deve necessariamente venire da Lui. Non potremmo fare un paragone più chiaro per rendere percepibile questa verità di quello che Gesù Cristo stesso usa in san Giovanni: «Come il tralcio – dice – non può portare frutto da se stesso, “non rimane attaccato alla vite, così non puoi sopportarne uno, se non resti attaccato a me... Io sono la vite, e tu sei il tralcio: chi rimane unito con Me e al quale sono unito, solo lui porta molto frutto; perché senza di me non puoi fare nulla. » Siamo, dico, tutti convinti di questa verità; ciascuno di noi riconosce che di sé non abbiamo altro che il peccato; che tutto ciò che c'è di buono in noi viene da Dio; che non possiamo attribuire la gloria a noi stessi, e che è dovuta solo a Dio: Ora, una verità così chiara e così evidente richiede una disposizione d'animo che sembra così facile da acquisire, ad ogni uomo che crede, sembra che in questo non dovrebbe consistere il grado sovrano dell’umiltà.
È vero che è una cosa che a prima vista sembra facile, sia considerandola superficialmente, sia considerandola solo speculativamente; ma è molto difficile nella sostanza e nella pratica; Deve bastare, per convincerci, che proprio in questo i Santi stabilirono il grado sovrano dell'umiltà; e dicono che solo i perfetti possono raggiungere questo obiettivo. Perché è necessaria una grande perfezione quando ci vediamo ricolmi di grazie e quando consideriamo le grandi cose che realizziamo, per riportare a Dio la gloria che gli appartiene, senza riservare nulla per noi stessi e senza sviluppare sentimenti di compiacenza. o vanità. Ci vuole una virtù ben collaudata, ma molto difficile da acquisire, per vedersi rispettato da tutti come Santo, senza che questa vista o questo pensiero possano fare alcuna impressione nel cuore.
Ma per spiegare ancor più in che cosa consiste questo terzo grado dell'umiltà, e per darne un'idea più precisa, riporteremo ciò che ne hanno detto diversi santi Dottori, affinché questa conoscenza ne renda più facile la pratica, chi è ? che proponiamo in conclusione di questo articolo. Questi Santi Dottori dicono che quest'ultimo grado consiste nel saper distinguere ciò che siamo per la misericordia di Dio, da ciò che siamo per la corruzione della nostra natura, per poi riferire a ciascuno ciò che gli appartiene: a Dio ciò che viene da lui, e a noi ciò che è puramente da noi. Quindi questo grado non consiste proprio nel sapere che non possiamo e non meritiamo nulla di noi stessi; che tutto ciò che c'è di buono in noi viene da Dio; e che è Dio che, secondo il suo beneplacito, ci dà la grazia di volere e di realizzare; perché essendo questa verità fondata sui principi della fede, basta essere cristiani per esserne convinti; ma consiste soprattutto nel vedere questa conoscenza così profondamente impressa nel cuore, da farne una legge e un dovere metterla in pratica in tutti gli incontri.
Questo è ciò che san Crisostomo e san Bernardo ammirarono particolarmente negli Apostoli, in parecchi altri grandi Santi, i quali, ricolmi dei doni di Dio, risuscitarono i morti e operarono ogni giorno un'infinità di altri miracoli, che attirarono su di loro la stima e la ammirazione di tutti, e che tuttavia conservavano in mezzo a tutti questi onori un sentimento così grande della loro bassezza, come se non fossero stati favoriti di nessuno di questi doni soprannaturali. Sono coloro che se ne servono in questo modo, dice san Bernardo, che adempiono, come devono, questo precetto del Signore: «Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei il cielo. » Questi sono quelli che sono veri imitatori dell'Apostolo e veri predicatori evangelici, e che non predicano se stessi, ma predicano solo Gesù Cristo. Questi sono, infine, coloro che sono servitori buoni e fedeli, che non cercano il proprio interesse, che non rubano nulla a Dio e che non attribuiscono nulla a se stessi; ma che gli rendono fedelmente ogni cosa e gli restituiscono la gloria di tutto.
Possiamo aggiungere che questo grado consiste ancora in questo annientamento di sé tanto raccomandato dai Maestri di vita spirituale; in questa conoscenza della propria indegnità e impotenza, che san Benedetto e quasi tutti i Santi considerano il grado sovrano dell'umiltà cristiana; in questa continua sfiducia in se stessi, e in questa fiducia totale in Dio di cui tante volte parla la Scrittura, e infine in questo vero disprezzo di se stessi, che vorrei che avessimo tanto spesso nel cuore quanto sulla bocca , e questo ci dà una convinzione tanto intima quanto quella che sperimentiamo sentendo, che di noi stessi abbiamo solo peccato e miseria da condividere; che tutto ciò che abbiamo e tutto ciò che di buono facciamo non è opera nostra; e che lo facciamo; ma che otteniamo tutto da Dio e che dobbiamo portargli tutta la gloria.

(Ridotto dalla Pratica della Perfezione Cristiana)

tratto da: le-petit-sacristain.blogspot.com