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LE STIGMATE DI PADRE PIO: C’È CHI CERCA DI RIABILITARE PADRE GEMELLI

Ancora una volta, viene tirato in ballo padre Gemelli. La questione è quella che, almeno per ora, ha impedito all’illustre medico francescano di essere candidato agli onori degli altari: la sua falsa testimonianza su una visita fatta a Padre Pio, con un esame delle stigmate, logicamente tendente a negarne la soprannaturalità.
Donato Calabrese


Nel numero di luglio 2021, il Bollettino dell’Archivio per la Storia del Movimento Sociale Cattolico in Italia, ha pubblicato un articolo dal titolo: Padre Agostino Gemelli disse il vero: visitò le stimmate di Padre Pio da Pietrelcina. La Casa editrice di tale bollettino è Vita e Pensiero, dell’università cattolica, logicamente legata al suo fondatore: padre Agostino Gemelli.

L’articolo sarebbe passato quasi inosservato se il quotidiano cattolico Avvenire non l’avesse pubblicato, a firma di don Flavio Peloso, il 26 agosto 2021, con il titolo: Lo studio. Padre Gemelli non disse il falso: vide davvero le stimmate di padre Pio.

Quella precisazione iniziale, “Lo Studio” appare destinata ad enfatizzare l’importanza del titolo, e quindi, del relativo contenuto. E, difatti, l’AVVENIRE ha fatto da cassa di risonanza di un articolo che non aggiunge nulla a quanto già si sapeva sull’incontro tra Padre Pio e Gemelli.
Ma veniamo a quell’anno 1920, quando padre Agostino Gemelli appare come una delle figure più eminenti della cultura italiana e della stessa Chiesa Cattolica. Nato in un ambiente anticlericale e socialista militante, da medico e chirurgo di fama si è convertito al cattolicesimo, entrando a far parte dei frati minori francescani. Ha poi fondato l’Università cattolica Sacro Cuore di Milano, venendo in contatto con mons. Achille Ratti, il futuro Papa Pio XI, divenendone amico.
All’inizio del 1920, Gemelli si interessa di Padre Pio e delle sue stigmate, scrivendo una lettera al Ministro provinciale dei Cappuccini di Foggia, padre Pietro di Ischitella, onde ottenere l’autorizzazione ad esaminare le misteriose lesioni del Frate di Pietrelcina. Ma questi è già stato visitato dai medici Romanelli, Bignami e Festa, e non ci sono motivi per una nuova visita, considerato anche quanta sofferenza abbiano causato a Padre Pio, a causa dei meticolosi esami medici.

Il Superiore provinciale non concede, quindi, l’autorizzazione, rifiutando la richiesta del Gemelli, e supponendo la possibilità di un’eventuale visita solo nel caso in cui lui sia in possesso di autorizzazione delle autorità ecclesiastiche romane.
Di fronte a tale diniego, padre Gemelli prova una scorciatoia, dicendo che vuole andare a San Giovanni Rotondo “solo per fini privati e spirituali”[1].
Dopo essersi recato a Foggia nel vano tentativo di un’autorizzazione che non poteva ottenere, in compagnia della fidata Armida Barelli, Gemelli si reca a San Giovanni Rotondo, accompagnato da padre Benedetto da San Marco in Lamis.
La mattina del 18 aprile 1920, seguito da Emanuele Brunatto e dal Padre guardiano, Padre Pio si reca in sacrestia, dove incontra Gemelli. La conversazione tra loro due ha la durata di qualche minuto, non di più. A un certo punto il medico passa decisamente allo scopo della sua visita: osservare le “piaghe” del frate. Pur non provvisto di necessaria autorizzazione, esige senza mezzi termini, e sicuramente conforme al suo carattere deciso, di verificare le misteriose ferite: “Padre Pio, sono venuto per un esame clinico delle sue lesioni”. Impassibile, il frate di Pietrelcina gli domanda: “Ha un’autorizzazione...scritta?”. “Scritta no, ma... ”. “In questo caso non sono autorizzato a fargliele vedere”. Pertanto, senza aggiungere una parola, se ne va a celebrare la messa.
Interdetto di fronte a una risposta che sicuramente non si attendeva, Gemelli lo vede allontanarsi, ma fa appena in tempo a esclamare: “Bene, Padre Pio, ne riparleremo”[2]. Dopo qualche ora l’illustre medico francescano lascia definitivamente San Giovanni Rotondo.
Ci sono delle testimonianze autorevoli e sicure a tal proposito, sulla scorta delle quali è assolutamente certo che il Gemelli non ha potuto osservare in alcun modo, neppure da lontano, le stigmate di Padre Pio. Una delle più autorevoli è quella di padre Benedetto, direttore spirituale di Padre Pio nonché ex Ministro provinciale dei Cappuccini, che è stato presente all’incontro, insieme con Emanuele Brunatto. Ed è proprio lui a rilasciare questa importante testimonianza scritta: “l’incontro “avvenne in sacrestia. Durò pochi minuti. Ero in un angolo lontano ed ebbi l’impressione che il padre Pio lo licenziasse come seccato. Ecco tutto”[3].
Come si evince dalla testimonianza scritta di padre Benedetto, nei pochi minuti dell’incontro con padre Pio, Gemelli non ha potuto assolutamente verificare le lesioni di Padre Pio. Quindi, appare ben definita la realtà storica dei fatti accaduti nel lontano 1920. Gli effetti sono davanti agli occhi di tutti: Padre Pio da Pietrelcina è stato elevato agli onori degli altari.

Ora, l’articolo di Flavio Peloso sul quotidiano Avvenire intende riaprire di nuovo la questione, affermando che «Padre Gemelli non fu un “bugiardo”: vide davvero le stimmate di padre Pio». Quindi, l’autore dell’articolo annuncia una «novità ora emersa», consistente in «una dettagliata relazione al Sant’Uffizio (13 pagine dattiloscritte, con correzioni autografe) datata 6 aprile 1926», da cui – sempre secondo l’autore – «risulta» che «padre Agostino Gemelli visitò due volte San Giovanni Rotondo e padre Pio. “La prima volta fu «Nel 1919, essendo di passaggio, per ragioni di servizio militare, a Foggia». «Mi recai a S. Giovanni Rotondo – scrive il francescano – accompagnato dal segretario dell’allora Vescovo di Foggia. Questi mi espresse il desiderio che io esaminassi il P. Pio e poscia gli riferissi il risultato delle mie osservazioni. Il mio viaggio poteva essere utile. Ritenni mio dovere di accettare e mi recai e mi trattenni due giorni a S. Giovanni Rotondo, ospite del Convento dei Cappuccini. Ebbi modo di vedere più volte il P. Pio e di conversare assai a lungo con lui. Esaminai anche le piaghe del P. Pio». Si presentò come medico e così «io continuai sino in fondo la commedia del medico convinto e convertito per avere agio di osservare, vedere, constatare. Di tutto questo riferii a Mgr. Vescovo di Foggia»”[4].

Innanzitutto, sembra strano che il vescovo di Foggia chieda al Gemelli di visitare Padre Pio, quando lo stesso appartiene a un’altra Diocesi, quella di Manfredonia. Sarebbe una grave mancanza di rispetto, da parte del vescovo di Foggia verso quello di Manfredonia. Tanto più grave perché allora entrambe le Diocesi appartenevano alla Regione metropolitana di Benevento, retta dall’arcivescovo di Benevento.
Ripeto la domanda: può un vescovo rivolgersi a un medico e chiedergli di esaminare le stigmate di un Frate cappuccino di un’altra Diocesi, visto che entrambe, Foggia e Manfredonia, erano, allora, diocesi suffraganee dipendenti dalla sede metropolitana di Benevento?
Ma proseguiamo con l’esame di quanto scrive il Pelosi sulle pagine dell’Avvenire del 28 agosto scorso: “Il mio viaggio poteva essere utile. Ritenni mio dovere di accettare (l’invito del vescovo di Foggia, sic!) e mi recai e mi trattenni due giorni a S. Giovanni Rotondo, ospite del Convento dei Cappuccini. Ebbi modo di vedere più volte il P. Pio e di conversare assai a lungo con lui. Esaminai anche le piaghe del P. Pio».
Della sosta di due giorni di Gemelli, presso il convento, non ci sono tracce. Anzi, come riporta la nota PER AMORE DI VERITA', CONSIDERAZIONI SU PADRE GEMELLI, pubblicata da Tele Radio Padre Pio, ci si chiede: “Se Gemelli è stato per due giorni nel convento di San Giovanni Rotondo nel 1919, arrivando con il segretario del Vescovo di Foggia, come mai di questa presenza non c’è traccia nella Cronistoria del Convento? E come mai da tale visita non è scaturita alcuna relazione?”.
Altro aspetto poco edificante del francescano, del sacerdote, e del medico Gemelli, sarebbe, se fosse vero quanto ha dichiarato, il fatto che “Si presentò come medico e così «io continuai sino in fondo la commedia del medico convinto e convertito per avere agio di osservare, vedere, constatare»”[5]. Gemelli avrebbe fatto ricorso a un artificio, a una finzione, mascherando la sua volontà di esaminare le stigmate di Padre Pio con il desiderio di vederle, e, quindi, ingannando il Frate di Pietrelcina. Mi domando: se fosse vero, dove sarebbe andata a finire la deontologia professionale del medico, la coscienza del sacerdote, e l’umile e semplice comportamento del francescano?
A questo punto voglio riportare quanto scritto nella biografia ufficiale di Padre Pio, scritta da padre Fernando da Riese Pio X: “Documentato che a S. Giovanni Rotondo il Gemelli salì una sola volta e documentato il modo con cui si svolse l’incontro, non si riescono a capire tante sue affermazioni. In un inedito, il dott. Giorgio Festa scrive che il Gemelli si sarebbe «avventurato ad esprimere un giudizio a priori, senza avere affatto una nozione della natura e delle condizioni anatomo-patologiche con le quali si presentavano… le piaghe del Padre Pio, e senza aver avuto agio di eseguire su di lui neppure le ricerche psicologiche più elementari»[6] ”. Il Gemelli – ribadisce il Festa - «ha invece giudicato del padre Pio non secondo scienza, ma solo secondo la propria immaginazione; senza aver affatto esaminato le sue piaghe, e senza neppure aver avuto con lui quella conversazione iniziale che è elemento indispensabile a raccogliere dati positivi per un qualsiasi giudizio psicologico»”[7].
Ma non finisce qui. In concomitanza con il settimo centenario delle stigmate di San Francesco d’Assisi, padre Agostino Gemelli pubblica sul numero di settembre di Studi Francescani e in quello d’ottobre di Vita e pensiero, un articolo dal titolo: “Le affermazioni della scienza sulle stigmate di San Francesco”. Facendo leva sulla consapevolezza della propria competenza scientifica, Gemelli afferma che “il solo vero stigmatizzato della Chiesa è stato San Francesco, e con le debite riserve, Santa Caterina da Siena. Tutti gli altri «non sono che un prodotto di origine isterica» ”[8]. È chiaro l’intento di demolire la presunta soprannaturalità delle stigmate di Padre Pio.
A tale studio risponde il gesuita padre Gervasio Celi, e dalle pagine dell’autorevole rivista La Civiltà Cattolica, definisce “inesatte e imprudenti” le affermazioni di Gemelli, ricordando che dopo Francesco d’Assisi, la Chiesa ha elevato altri sessanta stigmatizzati agli onori degli altari.
L’articolo della rivista dei Gesuiti ne promette un secondo per concludere il discorso. Ma la continuazione non esce in stampa. Qualcuno ha pensato, e non a torto, che scottato dalla prima puntata, padre Gemelli si sia dato da fare per fermare la seconda[9].

Vent’anni dopo, attaccato dal gesuita padre Cirillo Martindale[10], Gemelli si difenderà con queste parole: “Io ho esaminato accuratamente padre Pio e le sue stimmate. Durante questo esame era presente il padre provinciale”[11]. Ma, come si evince dalla testimonianza scritta di padre Benedetto, nei pochi minuti dell’incontro con padre Pio, Gemelli non ha potuto assolutamente verificare le lesioni di Padre Pio.
“A fare ulteriore chiarezza in questa vicenda è stato il libro La via di Padre Pio, pubblicato nel 2013 da fr. Riccardo Fabiano, in cui l’autore rivela una sua personale testimonianza: «Negli anni 1970 padre Giovanni Aurilia da Montemarano, studente all’Antonianum di Roma, dove insegnava pare Roberto Zavalloni, discepolo di padre Gemelli, fu destinatario della seguente risposta di Gemelli a Zavalloni, che confidenzialmente e privatamente gli aveva chiesto della sua posizione sullo stimmatizzato: “Ma che ti voglio dire, io le stimmate non le ho viste!”. Padre Giovanni Aurilia ha riferito questa frase a me, io la scrivo per voi lettori!» (pp. 218-219).
Eppure, dopo un po’ di tempo, giunge al Sant’Ufficio una “terribile”[12] relazione, nella quale Gemelli presenta un rapporto dettagliato della sua visita a Padre Pio, con un esame delle stigmate che in realtà non è mai avvenuto.
Per chiudere definitivamente questo discorso, ripromettendomi di analizzare, in seguito, alcuni dati della terribile relazione di Gemelli, invito i lettori a visitare e leggere ciò che Padre Pio TV ha pubblicato su questa pagina: teleradiopadrepio.it/…-alcune-considerazioni-sul-caso-gemelli-padre-pio/.

[1] Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, 1996, 161.
[2] Testimonianza pubblicata, con altre che la confermano, in G. Pagnossin, Il Calvario di Padre Pio, t. I, pp. 203 ss. in Yves Chiron, Padre Pio, una strada di misericordia, Ed. Paoline Milano, 1997, 152.
[3] Padre Benedetto da San Marco in Lamis, Lettera a padre Luigi d’Avellino, 16 luglio 1932, in Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, 1996, 161.

[4] avvenire.it/…-un-bugiardo-vide-davvero-le-stimmate-di-padre-pio.
[5] Idem.
[6] G.Festa, Erroneità della tesi sostenuta dal padre Gemelli, in Per amore di verità…, ms. c.., (ff. 19-28e) f. 20, in Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo 1996, 162.
[7] Id., f 22, in, Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo 1996, 162.
[8] Renzo Allegri, A Tu per Tu con Padre Pio, Arnoldo Mondadori Editore, III edizione, dicembre 1995, 109.
[9] Cfr. Alessandro Pronzato, Padre Pio un Santo scomodo, Gribaudi, seconda edizione settembre 2002, 48.
[10] Sulla rivista Month di Londra aveva accreditato le stimmate di Padre Pio (Padre Pio da Pietrelcina, in The Month, vol 7, 1952, n.6, pp.348-357 [particolarmente le pp.352 s.]),
[11] Agostino Gemelli, Lettera a padre Martindale, in Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, 1996, 161-162.

[12] Cfr. Yves Chiron, Padre Pio, una strada di misericordia, Ed. Paoline Milano, 1997, 153.