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LO STUDIO SULLE STIGMATE DI PADRE PIO DA PIETRELCINA: EZIOLOGIA, AUTENTICITA’ DI UN UOMO DI DIO, PERCOSSO PER 50 ANNI, MA SEMPRE UMILE, MITE, MANSUETO, COME QUESTE SUE PAROLE: “LA CHIESA È MADRE, ANCHE QUANDO PERCUOTE”

LE STIGMATE DI PADRE PIO

Il fatto che le stigmate profonde e sanguinanti per cinquant’anni, scompaiano poco prima della sua morte senza lasciare nessuna cicatrice, è del tutto inspiegabile dal punto di vista scientifico[1], così attesta il dott. Marianeschi, confermando a distanza di decenni le medesime conclusioni a cui era giunto il dott. Giorgio Festa.

Donato Calabrese


Che differenza c’è tra un libro storico e uno che non è storico?
Un libro storico deve avere un valido fondamento di storia, altrimenti non può essere considerato tale. Ma oggi non è così. Oggi basta una parola magica per presentare un libro come storico. E sapete qual è la parola magica? Dossier. Basta questo termine per barattare come storico ciò che non appartiene alla storia. È il caso di un libro distribuito da varie case editrici che porta scritto in copertina: Dossier Padre Pio, cronologia e documenti di un grande inganno.
Da quello che ho intuito, oltre alla parola Dossier, il testo in questione, distribuito da varie case editrici, tra cui Amazon, rispolvera vecchie accuse di padre Gemelli che ormai restavano nella polvere del dimenticatoio, visto che già quando furono formulate, ritornarono al mittente senza esito, anche se furono tra le cause scatenanti della prima persecuzione che colpì il Frate di Pietrelcina. Per dare una considerazione storica al testo Dossier Padre Pio, vengono rispolverate le vecchie accuse, gettando ombre sulla stigmatizzazione del Santo di Pietrelcina, elevato agli onori degli altari da uno dei Papi più grandi di questi due secoli: San Giovanni Paolo II Magno.

Intanto, nel numero di luglio 2021, il Bollettino dell’Archivio per la Storia del Movimento Sociale Cattolico in Italia, ha pubblicato un articolo dal titolo: Padre Agostino Gemelli disse il vero: visitò le stimmate di Padre Pio da Pietrelcina. La Casa editrice di tale bollettino è Vita e Pensiero, dell’università cattolica, logicamente legata al suo fondatore: padre Agostino Gemelli.

L’articolo sarebbe passato quasi inosservato se il quotidiano cattolico Avvenire non l’avesse pubblicato, a firma di don Flavio Peloso, il 26 agosto 2021, con il titolo: Lo studio. Padre Gemelli non disse il falso: vide davvero le stimmate di padre Pio.

Quella precisazione iniziale, “Lo Studio” è un’altra parola magica che, agli occhi di un’opinione pubblica distratta da tante cose e non più attenta alla virgola, come quella di una volta, potrebbe servire a barattare come storico ciò che non lo è affatto, enfatizzando il titolo e il relativo contenuto di un articolo dedicato all’incontro tra Padre Pio e Gemelli che non ha più nulla da dire, se non mostrare, ancora una volta, la stucchevole intenzione di riabilitare in qualche modo il medico francescano. L’AVVENIRE, poi, ha fatto da cassa di risonanza di uno pseudo-studio costruito ad arte su dichiarazioni di Gemelli che mal si presta alla verifica storica, non solo per un’aprioristica chiusura dello stesso fondatore della Cattolica verso il futuro Santo di Pietrelcina, quanto per l’inconsistenza delle prove addotte, a dimostrazione di un atteggiamento pregiudiziale nei confronti dello stigmatizzato del Gargano, incorrendo, a più riprese, in reazioni negative negli scritti di religiosi come i gesuiti Gervasio Celi e Cirillo Martindale, e clinici come il dott. Giorgio Festa: il clinico romano che più e meglio di tutti i medici che hanno visitato Padre Pio, ha potuto studiare così profondamente le cosiddette stigmate, da scrivere, poi, il libro: Tra i misteri della scienza e le luci della fede, ovvero le stigmate di Padre Pio da Pietrelcina[2].
Vediamo perché le tesi di padre Gemelli lasciano il tempo che trovano, trovando accoglienza solo laddove non si conosce la storia di Padre Pio, né tantomeno il suo incontro con lo stesso Gemelli.
All’inizio del 1920, Gemelli si interessa di Padre Pio e delle sue stigmate, scrivendo una lettera al Ministro provinciale dei Cappuccini di Foggia, padre Pietro di Ischitella, onde ottenere l’autorizzazione ad esaminare le misteriose lesioni del Frate di Pietrelcina. Ma questi è già stato visitato dai medici Romanelli, Bignami e Festa, e non ci sono motivi per una nuova visita, considerato anche quanta sofferenza abbiano causato a Padre Pio, a causa dei meticolosi esami medici.

Il Superiore provinciale non concede, quindi, l’autorizzazione, rifiutando la richiesta del Gemelli, e supponendo la possibilità di un’eventuale visita solo nel caso in cui lui sia in possesso di autorizzazione delle autorità ecclesiastiche romane.
Di fronte a tale diniego, padre Gemelli prova una scorciatoia, dicendo che vuole andare a San Giovanni Rotondo “solo per fini privati e spirituali”[3].
Dopo essersi recato a Foggia nel vano tentativo di un’autorizzazione che non poteva ottenere, in compagnia della fidata Armida Barelli, Gemelli si reca a San Giovanni Rotondo, accompagnato da padre Benedetto da San Marco in Lamis.
La mattina del 18 aprile 1920, seguito da Emanuele Brunatto e dal Padre guardiano, Padre Pio si reca in sacrestia, dove incontra Gemelli. La conversazione tra loro due ha la durata di qualche minuto, non di più. A un certo punto il medico passa decisamente allo scopo della sua visita: osservare le “piaghe” del frate. Pur non provvisto di necessaria autorizzazione, esige senza mezzi termini, e sicuramente conforme al suo carattere deciso, di verificare le misteriose ferite: “Padre Pio, sono venuto per un esame clinico delle sue lesioni”. Impassibile, il frate di Pietrelcina gli domanda: “Ha un’autorizzazione...scritta?”. “Scritta no, ma... ”. “In questo caso non sono autorizzato a fargliele vedere”. Pertanto, senza aggiungere una parola, se ne va a celebrare la messa.
Interdetto di fronte a una risposta che sicuramente non si attendeva, Gemelli lo vede allontanarsi, ma fa appena in tempo a esclamare: “Bene, Padre Pio, ne riparleremo”[4]. Dopo qualche ora l’illustre medico francescano lascia definitivamente San Giovanni Rotondo.
Ci sono delle testimonianze autorevoli e sicure a tal proposito, sulla scorta delle quali è assolutamente certo che il Gemelli non ha potuto osservare in alcun modo, neppure da lontano, le stigmate di Padre Pio. Una delle più autorevoli è quella di padre Benedetto, direttore spirituale di Padre Pio nonché ex Ministro provinciale dei Cappuccini, che è stato presente all’incontro, insieme con Emanuele Brunatto. Ed è proprio lui a rilasciare questa importante testimonianza scritta: “l’incontro “avvenne in sacrestia. Durò pochi minuti. Ero in un angolo lontano ed ebbi l’impressione che il padre Pio lo licenziasse come seccato. Ecco tutto”[5].
Come si evince dalla testimonianza scritta di padre Benedetto, nei pochi minuti dell’incontro con padre Pio, Gemelli non ha potuto assolutamente verificare le lesioni di Padre Pio. Quindi, appare ben definita la realtà storica dei fatti accaduti nel lontano 1920.

Ora, l’articolo di Flavio Peloso sul quotidiano Avvenire intenderebbe riaprire di nuovo la questione, affermando che «Padre Gemelli non fu un “bugiardo”: vide davvero le stimmate di padre Pio». Quindi, l’autore dell’articolo annuncia una «novità ora emersa», consistente in «una dettagliata relazione al Sant’Uffizio (13 pagine dattiloscritte, con correzioni autografe) datata 6 aprile 1926», da cui – sempre secondo l’autore – «risulta» che «padre Agostino Gemelli visitò due volte San Giovanni Rotondo e padre Pio. “La prima volta fu «Nel 1919, essendo di passaggio, per ragioni di servizio militare, a Foggia». «Mi recai a S. Giovanni Rotondo – scrive il francescano – accompagnato dal segretario dell’allora Vescovo di Foggia. Questi mi espresse il desiderio che io esaminassi il P. Pio e poscia gli riferissi il risultato delle mie osservazioni. Il mio viaggio poteva essere utile. Ritenni mio dovere di accettare e mi recai e mi trattenni due giorni a S. Giovanni Rotondo, ospite del Convento dei Cappuccini. Ebbi modo di vedere più volte il P. Pio e di conversare assai a lungo con lui. Esaminai anche le piaghe del P. Pio». Si presentò come medico e così «io continuai sino in fondo la commedia del medico convinto e convertito per avere agio di osservare, vedere, constatare. Di tutto questo riferii a Mgr. Vescovo di Foggia»”[6].

Innanzitutto, sembra strano che il vescovo di Foggia chieda al Gemelli di visitare Padre Pio, quando lo stesso appartiene a un’altra Diocesi, quella di Manfredonia. Sarebbe una grave mancanza di rispetto, da parte del vescovo di Foggia verso quello di Manfredonia. Tanto più grave perché allora entrambe le Diocesi appartenevano alla Regione metropolitana di Benevento, retta dall’arcivescovo di Benevento.
Inoltre, della sosta di due giorni di Gemelli, presso il convento, non ci sono tracce. Anzi, come riporta la nota PER AMORE DI VERITA', CONSIDERAZIONI SU PADRE GEMELLI, pubblicata da Tele Radio Padre Pio, ci si chiede: “Se Gemelli è stato per due giorni nel convento di San Giovanni Rotondo nel 1919, arrivando con il segretario del Vescovo di Foggia, come mai di questa presenza non c’è traccia nella Cronistoria del Convento? E come mai da tale visita non è scaturita alcuna relazione?”.
Altro aspetto poco edificante del francescano, del sacerdote, e del medico Gemelli, sarebbe, se fosse vero quanto ha dichiarato, il fatto che “Si presentò come medico e così «io continuai sino in fondo la commedia del medico convinto e convertito per avere agio di osservare, vedere, constatare»
”[7]. Gemelli avrebbe fatto ricorso a un artificio, a una finzione, mascherando la sua volontà di esaminare le stigmate di Padre Pio con il desiderio di vederle, e, quindi, ingannando il Frate di Pietrelcina. Che credibilità potrebbe avere una testimonianza del genere, costruita sull’artificio, sull’inganno, sul sotterfugio? E se tale vicenda fosse vera, come ne uscirebbe la deontologia professionale del medico Gemelli, la coscienza del sacerdote Gemelli, ed il comportamento del francescano Gemelli?
Senza i paraocchi dei giudizi interessati e affrettati, come giudichereste l’azione del Gemelli, nei confronti dell’umile e innocente Frate di Pietrelcina?
A questo punto voglio smentire tale tardiva testimonianza, e riportare quanto scritto nella biografia ufficiale di Padre Pio, scritta da padre Fernando da Riese Pio X: “Documentato che a S. Giovanni Rotondo il Gemelli salì una sola volta e documentato il modo con cui si svolse l’incontro, non si riescono a capire tante sue affermazioni.
In un inedito, il dott. Giorgio Festa, che ho citato prima come il maggiore studioso delle stigmate di Padre Pio, scrive che il Gemelli si sarebbe «avventurato ad esprimere un giudizio a priori, senza avere affatto una nozione della natura e delle condizioni anatomo-patologiche con le quali si presentavano… le piaghe del Padre Pio, e senza aver avuto agio di eseguire su di lui neppure le ricerche psicologiche più elementari»[8] ”. Il Gemelli – ribadisce il Festa - «ha invece giudicato del padre Pio non secondo scienza, ma solo secondo la propria immaginazione; senza aver affatto esaminato le sue piaghe, e senza neppure aver avuto con lui quella conversazione iniziale che è elemento indispensabile a raccogliere dati positivi per un qualsiasi giudizio psicologico»”[9].
Ma non finisce qui. Come ho anticipato prima, in concomitanza con il settimo centenario delle stigmate di San Francesco d’Assisi, padre Agostino Gemelli pubblica su Studi Francescani e Vita e pensiero, un articolo dal titolo: “Le affermazioni della scienza sulle stigmate di San Francesco”. Facendo leva sulla consapevolezza della propria competenza scientifica, Gemelli afferma che “il solo vero stigmatizzato della Chiesa è stato San Francesco, e con le debite riserve, Santa Caterina da Siena. Tutti gli altri «non sono che un prodotto di origine isterica» ”[10]. È chiaro l’intento di demolire la presunta soprannaturalità delle stigmate di Padre Pio.
A tale studio risponde il gesuita padre Gervasio Celi, e dalle pagine dell’autorevole rivista La Civiltà Cattolica, definisce “inesatte e imprudenti” le affermazioni di Gemelli, ricordando che dopo Francesco d’Assisi, la Chiesa ha elevato altri sessanta stigmatizzati agli onori degli altari.
L’articolo della rivista dei Gesuiti ne promette un secondo per concludere il discorso. Ma la continuazione non esce in stampa. Qualcuno ha pensato, e non a torto, che scottato dalla prima puntata, padre Gemelli si sia dato da fare per fermare la seconda[11].

Vent’anni dopo, attaccato dal gesuita padre Cirillo Martindale[12], Gemelli si difenderà con queste parole: “Io ho esaminato accuratamente padre Pio e le sue stimmate. Durante questo esame era presente il padre provinciale”[13]. Ma, come si evince dalla testimonianza scritta di padre Benedetto, nei pochi minuti dell’incontro con padre Pio, Gemelli non ha potuto assolutamente verificare le lesioni di Padre Pio.
“A fare ulteriore chiarezza in questa vicenda è stato il libro La via di Padre Pio, pubblicato nel 2013 da fr. Riccardo Fabiano, in cui l’autore rivela una sua personale testimonianza: «Negli anni 1970 padre Giovanni Aurilia da Montemarano, studente all’Antonianum di Roma, dove insegnava pare Roberto Zavalloni, discepolo di padre Gemelli, fu destinatario della seguente risposta di Gemelli a Zavalloni, che confidenzialmente e privatamente gli aveva chiesto della sua posizione sullo stimmatizzato: “Ma che ti voglio dire, io le stimmate non le ho viste!”. Padre Giovanni Aurilia ha riferito questa frase a me, io la scrivo per voi lettori!» (pp. 218-219).
Eppure, dopo un po’ di tempo, giunge al Sant’Ufficio una “terribile”[14] relazione, nella quale Gemelli presenta un rapporto dettagliato della sua visita a Padre Pio, con un esame delle stigmate che in realtà non è mai avvenuto.
Per chiudere definitivamente questo discorso, ripromettendomi di analizzare in seguito, la terribile relazione recapitata da Gemelli al Santo Ufficio, innescando il lunghissimo procedimento persecutorio nei confronti di Padre Pio, è doverso porre in evidenza, ancora una volta, la verità pura e santa di un Frate martire di Cristo e della Chiesa.
“Dopo la visita effettuata a maggio dal dott. Romanelli di Barletta, il 26 luglio 1919 giunge a San Giovanni Rotondo il prof. Amico Bignami, ordinario di patologia medica all’Università di Roma.
Inviato dal Vaticano, Bignami resta sul Gargano per circa una settimana, eseguendo un esame abbastanza approfondito delle piaghe del Frate di Pietrelcina. Anche in seguito ad altri esami successivi, Bignami “dichiara «almeno in parte, attendibile» l’ipotesi che le alterazioni riscontrate nelle mani siano «la manifestazione di uno stato morboso», riducendole a «risultato di una necrosi superficiale dell’epidermide e forse delle parti più esterne del derma», riavvicinabili quindi alle necrosi neurotiche. La lesione del torace sarebbe «il risultato di una abrasione dell’epidermide»”[15]. Infine, lo studioso conclude affermando che “Nulla vi è nelle alterazioni della cute descritte che non possa essere il prodotto di uno stato morboso e dell’adozione di agenti chimici noti”[16].
La conclusione del Bignami non trova d’accordo il dott. Romanelli, specialmente per quanto riguarda la tesi sull’uso della tintura di iodio da parte di Padre Pio. Essendo un potente caustico, essa “non permetterebbe ai tessuti causticati di dare sangue e sangue rutilante, e ancora insistendo sulla insostenibilità dell’origine nervosa delle ferite, perché, una volta prodotte, dovrebbero seguire il corso di qualunque altra lesione, cioè o guarire o suppurare”[17].
Pur sottoposto a scrupolose cure, prescritte dal Bignami, Padre Pio non guarisce né ora né in seguito, da queste misteriose ferite. Esse scompariranno solo prima della sua morte, lasciando l’epidermide nivea e pulita, come se non avesse mai avuto tali lesioni. Non solo, ma le stesse non produrranno mai complicazioni o suppurazioni nel lungo itinerario esistenziale del Frate di Pietrelcina. Questa è la verità.
A ulteriore dimostrazione dell’inconsistenza della tesi di Bignami, c’è il suo tentativo andato a vuoto di favorire la rimarginazione delle ferite, perché dell’idea che Padre Pio impedisse o tardasse la cicatrizzazione. Di fatto, secondo la testimonianza di padre Paolino da Casacalenda, “Bignami «ordinò di fasciare e suggellare le ferite alla presenza di due testimoni e di controllare i suggelli delle stesse alla presenza degli stessi testimoni, per otto giorni affinché si potesse avere la certezza che le ferite non erano state affatto toccate, molto meno curate. Dopo otto giorni bisognava fare una coscienziosa relazione per dire se le ferite si erano rimarginate oppure no...»”[18]. È evidente che Bignami può aver pensato che fossero bastate queste semplici precauzioni per far rimarginare le lesioni. Ma è ancora più palese il risultato finale di tali cautele: l’ottavo giorno, dopo aver controllato i sigilli e tolte le fasciature, si scopre con inatteso stupore che le ferite sono sempre lì: vive, vere, e sanguinanti. Anzi, nel tempo successivo alla rimozione dei sigilli e delle fasciature, mentre Padre Pio celebra la Santa Messa, cola tanto sangue dalle mani traforate che i confratelli sono costretti a fargli recapitare dei fazzoletti, per tamponare questa continua perdita di sangue vivo[19]. Tutto ciò conferma l’infondatezza delle tesi sostenute dal dottor Bignami.
Alla visita del patologo segue quella del dott. Giorgio Festa, medico curante della Casa generalizia dei Cappuccini, il quale su invito del Superiore generale dei Cappuccini padre Venanzio da Lisle-en-Rigault, parte per San Giovanni Rotondo l’8 ottobre 1919.
Giunto sul Gargano la sera del giorno 9, Festa sale subito al Convento cappuccino con l’intento di effettuare una prima visita a Padre Pio. Il giorno dopo compie un altro esame meticoloso delle piaghe. Resta ancora tre giorni a San Giovanni Rotondo, e quindi si mette in viaggio per Roma, dove prepara un corposo rapporto che terminerà il 28 ottobre, consegnandolo, poi, al Ministro generale dei frati cappuccini.
Completato il rapporto medico sull’esame delle piaghe, il dott. Festa si fa premura di farlo pervenire alla Curia generale dei Cappuccini. Si tratta di una relazione dattiloscritta così titolata: Padre Pio da Pietrelcina. Impressioni e deduzioni scientifiche.
Dopo aver considerato minuziosamente le ferite alle mani e ai piedi, il dottore pone in evidenza che: “La pressione diretta su tutte le lesioni, tanto delle mani che dei piedi, per quanto dolcemente esercitata, riesce dolorosissima... Più intense ancora, per quanto egli si studi di nasconderle, sono le sofferenze che gli procurano, nel camminare, le lesioni dei piedi: di qui la difficoltà di rimanere per lungo tempo in stazione eretta, di qui la sua andatura lenta e talora incerta”[20].
è molto interessante il risultato dell’esame del costato: “Nella regione anteriore del torace sinistro, circa di due dita trasverse al di sotto della papilla mammaria, presenta un’ultima e più interessante lesione, in forma di croce capovolta. L’asta longitudinale di questa, misura all’incirca sette centimetri di lunghezza, parte dalla linea ascellare anteriore a livello del quinto spazio intercostale, e discende obliquamente fin verso il bordo cartilagineo delle costole, solcando la cute... L’asta trasversale della croce è lunga circa quattro centimetri, interseca non ad angolo retto, ma in modo obliquo, e pressappoco a cinque centimetri dal suo punto di partenza l’asta longitudinale e si presenta più espansa e rotondeggiante alla sua estremità inferiore”[21].
Concludendo le osservazioni, Festa aggiunge che le lesioni “non sono il prodotto di un traumatismo di origine esterna, e... neppure sono dovute all’applicazione di sostanze chimiche potentemente irritanti”[22]. In questa dichiarazione c’è un vago riferimento alle ipotesi inconsistenti, formulate in precedenza dal dott. Bignami. Ma c’è anche qualcosa di molto importante che il dottor Festa ci tiene a precisare: “A differenza di qualsiasi altra lesione, riscontrabile nel corpo umano, quelle che appaiono sul corpo di Padre Pio hanno contorni nettissimi, nessun accenno di reazione offrono i tessuti che le circondano e non presentano nessuna tendenza a cicatrizzare, neppure dopo tanto tempo che sono comparse, e nonostante la loro breve estensione e la loro limitata profondità”[23].
Il dottor Festa conclude il suo studio affermando che “Le lesioni e l’emorragia, riscontrate in Padre Pio hanno un’origine che le nostre cognizioni sono ben lungi dallo spiegare. Ben più alta della scienza umana è la ragione del loro essere”[24].
Contrariamente a Bignami che ha voluto spiegare in maniera positivistica le misteriose lesioni di Padre Pio, Festa ha avuto il merito di arrestarsi davanti al mistero, riconoscendo l’impossibilità della scienza medica nel decifrare e spiegare l’origine di tali ferite. In seguito ne gusterà anche l’ineffabile profumo, mistico effetto di quelle arcane lesioni che appaiono come una raffigurazione viva della santità nascosta del Frate di Pietrelcina.
Le stigmate scompariranno gradualmente dal corpo di Padre Pio verso la fine della sua esistenza terrena, senza lasciare alcun segno o traccia visibile nelle sue membra e nel cuore traforato per oltre cinquant’anni, laddove per oltre 50 anni c’erano ferite sanguinanti.
Infatti, Nei mesi di luglio e agosto del 1968, le stigmate localizzate sul dorso delle mani scompaiono, mentre restano aperte quelle sui palmi delle mani.
Il 23 settembre 1968 Padre Pio conclude la sua esistenza terrena. Dieci minuti dopo la morte il confratello, padre Giacomo Piccirillo scatta alcune fotografie della salma, in particolare al costato, alle mani e ai piedi: tutte le stimate sono scomparse, senza lasciare alcun segno di cicatrizzazione[25].
Il fenomeno della scomparsa delle stimmate, che fu verosimilmente progressivo, resta un enigma a livello scientifico. Su questo punto sembrano concordi i medici che lo hanno studiato.
Secondo Pietro Valli, ordinario di medicina legale e delle assicurazioni all’Università di Parma, «trattandosi di lesioni cutanee che a lungo avevano sanguinato, quale conseguenza di un interessamento per lo meno della parte superiore dello strato dermico e che si erano protratte per decenni in fase acuta o con plurime riacutizzazioni, la legge di natura presupponeva la formazione di una cicatrice, di una serie di cicatrici”.
Il fatto che le stigmate profonde e sanguinanti per cinquant’anni, scompaiano poco prima della sua morte senza lasciare nessuna cicatrice, è del tutto inspiegabile dal punto di vista scientifico[26], così attesta il dott. Marianeschi, confermando a distanza di decenni le medesime conclusioni a cui era giunto il dott. Giorgio Festa.
Tutto questo non fa che confermare che le stigmate presenti sul corpo di Padre Pio da Pietrelcina sono di origine soprannaturale, ed appartengono, quindi, a un Dono mirabile del Cristo Crocifisso, al Santo che ha fatto, della sua Passione, l’emblema mistico della sua spiritualità oblativa, volendo essere, in tutto e per tutto, come un Alter Christus: un altro Cristo.
Al di là di quanto affermato da più parti in riguardo alla spiegazione teologica della scomparsa delle stigmate, io credo che facendo scomparire le stigmate dal suo corpo prima di morire, Dio ha voluto dire a tutti gli uomini di buona volontà che Padre Pio aveva ormai completato la sua missione oblativa, il suo Consummatus es, ed era già entrato nella dimensione di Risorto. Ma con lo stesso evento prodigioso, ancora una volta Dio ha voluto implicitamente autenticare la stigmatizzazione di Padre Pio da Pietrelcina, vittima perfetta per Cristo, con Cristo e in Cristo.

[1] P.M. Marianeschi, Stimmate, in Dizionario dei fenomeni mistici, a cura di Luigi Borriello e Raffaele Di Muro, Editrice àncora Milano, 2014, 132.

[2] Un volume nel quale riassume i suoi studi e gli esami riportati sulle piaghe di Padre Pio, N.d.A.
[3] Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, 1996, 161.
[4] Testimonianza pubblicata, con altre che la confermano, in G. Pagnossin, Il Calvario di Padre Pio, t. I, pp. 203 ss. in Yves Chiron, Padre Pio, una strada di misericordia, Ed. Paoline Milano, 1997, 152.
[5] Padre Benedetto da San Marco in Lamis, Lettera a padre Luigi d’Avellino, 16 luglio 1932, in Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, 1996, 161.

[6] avvenire.it/…-un-bugiardo-vide-davvero-le-stimmate-di-padre-pio.
[7] Idem.
[8] G.Festa, Erroneità della tesi sostenuta dal padre Gemelli, in Per amore di verità…, ms. c.., (ff. 19-28e) f. 20, in Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo 1996, 162.
[9] Id., f 22, in, Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo 1996, 162.
[10] Renzo Allegri, A Tu per Tu con Padre Pio, Arnoldo Mondadori Editore, III edizione, dicembre 1995, 109.
[11] Cfr. Alessandro Pronzato, Padre Pio un Santo scomodo, Gribaudi, seconda edizione settembre 2002, 48.
[12] Sulla rivista Month di Londra aveva accreditato le stimmate di Padre Pio (Padre Pio da Pietrelcina, in The Month, vol 7, 1952, n.6, pp.348-357 [particolarmente le pp.352 s.]),
[13] Agostino Gemelli, Lettera a padre Martindale, in Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, 1996, 161-162.

[14] Cfr. Yves Chiron, Padre Pio, una strada di misericordia, Ed. Paoline Milano, 1997, 153.
[15] G. Festa, o. c., p. 278, in Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo 1996, 135.
[16] idem, 136.
[17] Idem.
[18] Paolino da Casacalenda, o. c., p. 174, in Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo 1996, 136s.
[19] Cfr. Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, 1996, 137.
[20] Giorgio Festa, Prima relazione, dattil. c., in Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo 1996, 139.
[21] Idem, 139s.
[22] Idem, 140
[23] idem, 141.
[24] idem.

[25] Le fotografie scattate alla salma di Padre Pio sono riprodotte in Le stigmate di Padre Pio da Pietrelcina. Testimonianze e relazioni, op. cit.
[26] P.M. Marianeschi, Stimmate, in Dizionario dei fenomeni mistici, a cura di Luigi Borriello e Raffaele Di Muro, Editrice àncora Milano, 2014, 132.