signummagnum
1958

"E tu credi in questo?" - "Credo e come!"

Gli atti del carcere Pawiak registrano una eroica professione di fede del P. Massimiliano Kolbe. La riferisce il signor Gniadek che ne fu testimone oculare, per trovarsi rinchiuso nella stessa cella 103 del reparto III insieme con P. Massimiliano e con un ebreo, certo signor Singer. Il fatto deve essere accaduto appena il P. Massimiliano, Dio sa per quali ragioni, fu prelevato dalla cella dei confratelli e trasferito al Reparto III, prima del suo ricovero nell’infermeria. Ecco quanto testimonia il Signor Gniadek:

« Al principio di marzo del 1941 mi trovavo nella prigione di Pawiak, a Varsavia, nella cella 103, al Reparto III. Insieme con me v’era un ebreo di nome Singer. Dopo alcuni giorni nella stessa nostra cella trasferirono il P. Kolbe, che era vestito con la tonaca da religioso e rasato sebbene prima della guerra portasse la barba. Fui molto lieto di averlo compagno, poiché lo stare insieme con l’ebreo m’irritava, per il fatto che sono antisemita. La presenza invece del Kolbe mi calmava; ma avevo però sempre la sensazione che da un momento all’altro me lo avrebbero portato via. Dio sa dove. Dopo cinque giorni dal suo trasferimento tra noi, ricevemmo l’ispezione del capo-reparto (un nazista). Quando scorse P. Kolbe con l’abito religioso, mi sembrò come se gli dovesse venire un colpo. L’odio di quell’uomo era non solo per la veste religiosa, ma anche e soprattutto per il Crocifisso e il Rosario (che pendevano dal cingolo del nostro francescano).
Dopo il rapporto fatto dall’ebreo ch’era il più anziano della cella, il capo-reparto afferrò il Crocifisso di P. Kolbe e tirandolo a strattoni gridava: ” E tu credi in questo? ”.
Al che P. Kolbe con la massima calma rispose: ” Credo e come! ”. Il tedesco divenne color paonazzo per l’ira. Senza por tempo in mezzo colpì P. Kolbe sul viso. Ripetè per tre volte la domanda e tre volte ebbe la stessa risposta e tre volte lo schiaffeggiò. Avrei voluto scagliarmi contro di lui, ma nella certezza di peggiorare le cose, cercai di dissimulare la mia ira, perché altrimenti la guardia avrebbe infierito ancora di più contro P. Kolbe, e si sarebbe poi anche vendicato su di noi.
Nonostante ciò P. Kolbe restò totalmente calmo, e, unico segno del fatto, restò la lividura lasciatagli sul viso. Era presente anche una guardia polacca, ferma sull’uscio. Dopo che il capo-reparto fu uscito, il P. Kolbe si mise a passeggiare per la cella pregando. Noi due eravamo più irritati di lui, il che è spiegabilissimo. In certi momenti anche i nervi più saldi non resistono. Fu proprio il P. Kolbe che cercò di calmarci dicendo: — Non v’è alcuna ragione d’irritarsi così; avete già gravi motivi personali di preoccupazioni. Questa è una sciocchezza, è tutto per la Mammina —. Dopo alquanto tempo la guardia polacca portò al P. Kolbe gli abiti da prigioniero, per evitare in seguito che quella tonaca e quel Crocifisso urtassero i nervi del capo-reparto. La notizia dell’accaduto si sparse per tutta la prigione, ed in breve i medici facilitarono al P. Kolbe il passaggio nell’infermeria, anche perché era veramente colpito da polmonite ».


L’eroica testimonianza di fede e la condotta di P. Massimiliano nel Pawiak di Varsavia sono anche ricordate dal Sig. Taddeo Luciano Chroscicki. Fu compagno di cella con P. Massimiliano, come afferma « da uno a due mesi, perché in seguito fu trasferito in un altro reparto del carcere». Ecco la sua testimonianza:

« ...Quando P. Kolbe fu portato al carcere Pawiak, dove mi trovavo già prigioniero, ci disse che era stato arrestato a Niepokalanów assieme ai fratelli, ma non ricordo se parlò dei motivi dell’arresto. Era la seconda volta che veniva arrestato dai Tedeschi. Mentre rimanevamo nella cella conducevamo spesso, s’intende, delle conversazioni su vari argomenti: politici, sociali o religiosi. E siccome ero ancora piuttosto giovane, contando appena 22 anni di età, assieme (agli altri) ascoltavo queste conversazioni e discussioni. L’influsso esercitato dal P. Kolbe su di me e sugli altri compagni di prigionia era assai tranquillizzante, cioè che era per noi molto prezioso a cagione delle difficili condizioni del carcere.
Tutti i prigionieri della cella avevano in lui il migliore dei protettori spirituali e dei padri. Egli godeva di molto rispetto presso i prigionieri, grazie al suo modo semplice di condurre discussioni e di reagire alle condizioni spesso dure della vita nella prigione. Tutta la sua persona spirava calma, unzione, così che tutti si stringevano attorno a lui. Ricordo che, perfino dei prigionieri dall’atteggiamento spesso scettico alle volte, trovavano, dopo le discussioni, parole di approvazione e di rispetto nei suoi riguardi. Ci difendeva dall’abbattimento spirituale, ci incoraggiava ad essere forti e a perseverare. In ogni pena aveva comprensione per noi e sapeva dare consigli, consolazione e buon coraggio.
Dalle conversazioni dei fratelli, arrestati assieme con lui, appariva molta preoccupazione per Niepokalanów. P. Kolbe invece rimetteva tutto nelle mani di Dio e dell'Immacolata. Il Servo di Dio sopportava le dure condizioni del carcere assai generosamente e con fortezza, così da essere per tutti noi un modello ed un esempio. Sopportò con calma e dignità le angherie delle SS. provocate principalmente dalla sua veste religiosa. Non l’ho mai udito lamentarsi sia a causa delle bastonate che delle angherie ».


Fonte:
Estratto da:
A. Ricciardi, Beato Massimiliano Kolbe, Postulazione generale dei frati minori Conventuali, Roma 1971, pp. 351-353.

Una mia brevissima riflessione…

Penso che l'episodio del Padre Kolbe, oltre che ammirabile per l'eroismo della testimonianza, sia anche profondamente istruttivo quanto al prezioso insegnamento e ammaestramento che contiene e trasmette a ciascuno di noi.

Il messaggio più chiaro è ovviamente legato alla Fede o meglio alla saldezza della fede da conservare soprattutto in tempo di prova. E’ importante, fermandosi a riflettere, cercare di contestualizzare quel triplice atto di Fede (che quindi si impreziosisce ancora di più se si considera la costanza e la perseveranza con cui esso è stato emesso) calandolo nella situazione concreta in cui si trovava San Massimiliano: nel carcere di Varsavia, in mezzo a una desolazione infinita, nel contesto di una guerra folle e distruttrice, in mezzo ai nemici, dopo aver visto il fallimento di una vita intera, il fallimento di tutte le grandiose opere di apostolato da lui messe in piedi per la gloria di Dio ed il bene delle anime.

Il Crocifisso ed il Rosario su cui si incentra la professione di fede di San Massimiliano sono, ovviamente, i distintivi della fede Cattolica: Gesù Cristo Crocifisso (dunque l’Incarnazione redentrice) e la Vergine Maria in cui né i protestanti e né tantomeno le decine di migliaia di sette che pullulano oggi credono, amano e venerano.

Quel credo di San Massimiliano è un credo nella fede Cattolica o meglio: un credo nella fede Cattolica in un momento in cui le circostanze umane inviterebbero a non esserne così convinti ed entusiasti: come si fa a credere in Qualcuno che è più Potente di tutti e al di sopra di tutto e che poi lascia che il male trionfi (apparentemente...) in questo mondo?... Si tratta, però, di pure logiche e prospettive umane, di dubbi che attanagliano quando l'astro luminoso della Fede non brilla come dovrebbe, quando la sua luce non richiara come converrebbe... le ragioni della Fede, invece, solcano i cieli, svettano alte e sanno superare ogni diffcioltà, come ci mostra San Massimilano che non solo credeva ma vedeva in azione Dio con la sua Provvidenza anche nel terribile campo di sterminio di Auschwitz. E i Santi hanno ragione, come garantosce al Santa Chiesa canonizzandoli e riconoscendone le virtù eroiche; tutti coloro che non sono santi,invece, non possono che avere torto... Tutte queste perplessità umane la Fede sa non solo metterle da parte ma rigettarle del tutto per guardare le cose nella luce di Dio, nella luce della pura Fede, nella luce della Verità.

E’ questo che ci insegna San Massimiliano: proprio il momento più buio della sua vita si è, in realtà, trasformato in quello più luminoso per l'esempio di virtù sublime che ha saputo lasciare alla Chiesa ed al mondo. Solo la Fede conta, la carne non giova a nulla; solo la fede vince il mondo!

È questo ciò che ci grida questo meraviglioso testimone della fede nel secolo scorso il cui messaggio resta più che attuale, anzi oggi attualissimo.

Stringiamoci dunque alla Fede proprio quando la prova è più dura, proprio quando la notte con le sue tenebre scende sulla terra degli uomini; ebbene, proprio allora la nostra Fede vinca il mondo, vinca lo sconforto, vinca ogni male!

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SAN MASSIMILIANO KOLBE, CHI E'?

www.santiebeati.it/dettaglio/34050

Per approfondire leggi anche:

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