Quer pasticcicaccio brutto de… Fiducia supplicans. Di Massimo Micaletti

(RadioSpada.org) La contorta vicenda di Fiducia Supplicans è di pubblico dominio (almeno, per coloro che se ne interessano seriamente e non si fermano ai titoli dei giornali): l’uscita del documento, la presa di distanze di numerosi Vescovi, il “Comunicato” di chiarimento che rende le cose se possibile ancor più confuse (e desolanti), le parole del Cardinal Sarah che cita Papa Francesco per… opporre resistenza a quanto Fiducia Supplicans permette e dispone.

Ma cosa permette e dispone Fiducia Supplicans? Ad oggi, non si è ancora capito.

Tra smentite, chiarimenti che non chiariscono, benedizioni lampo che sarebbero pastorali ma non sacramentali (novità!), distinguo, inni all’innovazione da una parte e “non cambia di una virgola il magistero” dall’altra (duretta dire che un documento del Dicastero per la Dottrina della Fede non tocchi il magistero…), non è ancora chiaro se vengano benedette le relazioni, le persone, le persone in una relazione, le relazioni rispetto alle persone e forse qualcos’altro o nient’altro. Forse.

Ora, al di là del merito – che resta imperscrutabile al di là del più avveduto… discernimento – il messaggio vero pare essere ben altro che la questione delle relazioni omosessuali o del concubinato con o senza matrimonio alle spalle, ben altro anche rispetto all’innovazione delle “benedizioni pastorali”: il messaggio vero della vicenda Fiducia Supplicans, come di molte degli ultimi tempi, pare essere invece che non esista più nulla di certo e definito.

Non ci sono da tempo e non ci saranno per lungo tempo insegnamenti netti e chiari, univoci e coerenti in questa come in altre materie. Ci si chiede dunque l’assuefazione a un magistero portato allo stato liquido dall’azione del discernimento e della misericordia, sul quale si può galleggiare ma, per costruire la salvezza dell’anima o quantomeno un’esistenza dignitosa, bisogna poi piantare le fondamenta sul solido.

Che però resta sempre là in fondo, lo si dà per scontato e presto o tardi lo si dimentica. Si inizia col tacito interdetto all’uso della parola “cattolico” – meglio “cristiano”, suvvia: è più inclusivo – e si continua con le benedizioni pastorali. Dove si finirà, non lo si può sapere anche perché non si può sapere neppure a che punto si sia oggi.

Ecco, chiedo agli amici sacerdoti: a che punto siamo? Qualcuno lo sa dire? Qualcuno sa dire ancora con certezza che due concubini non sono in stato di grazia e non possono accostarsi ai Sacramenti?

Qualcuno può ancora affermare senza tema di smentita che Lutero sia stata una sciagura per la Chiesa? Qualcuno, di grazia, sa dire se Dio ha parlato solo nella Bibbia o se, come si dice da un po’, ha detto qualcosa anche nel Corano?

Queste cose non ce le possiamo permettere.
La Chiesa cattolica è la sola custode, quantomeno in Occidente, di un’antropologia coerente ed integrale, solida ma non rigida, forte perché deve proteggere l’uomo dal peccato, deve garantire la salvezza, deve portare anime a Dio ed Egli – Egli sì ed Egli solo! – userà poi il discernimento nelle Sue infinite misericordia e giustizia.

La Chiesa si fonda sulla Verità e sul perdono, ma non può e non deve confondere ad arte l’uno e l’altra perché altrimenti noi poveri padri e madri di famiglia non sappiamo più cosa insegnare ai figli, noi uomini gettati su questa terra il cui padrone è cinico e crudele non sappiamo più come riempire di significato la parola “amore” e se il significato di “amore” (ma anche di “pietà”, “pudore”, “corpo”, “giustizia”, “lealtà” e via) diventa liquido, diventa liquido pure l’amore e sull’amore liquido non si costruisce nulla. Se la Chiesa abdica a questo compito che le viene da Dio, se parla la lingua del mondo anzi se – peggio, peggio! – non si capisce più cosa dica, non resta più nulla di bello di vero su questa terra.

La vera questione, dunque, non è l’opposizione a questo o quel documento, è qualcosa di molto più grande: la vera questione è l’amore per la Verità, la Verità che la Chiesa ha il diritto e il dovere sacrosanto di offrirci.

In tema di famiglia, ma anche di Sacramenti, liturgia, teologia, mariologia non possiamo permetterci pasticciacci limacciosi come quello che stiamo vedendo in questi giorni e ormai da troppi anni.

Non possiamo accettare l’idea che il Male possa essere Bene perché in fin dei conti un po’ di Bene c’è anche nel Male, non possiamo accettare – soprattutto! – che la sola cosa certa sia l’incertezza e che la sola regola sia l’eccezione.

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