Casa della Tradizione: Scismi, scomuniche, processi e fanfare. Di Piergiorgio Seveso

Raramente e a fatica ci occupiamo dell’attualità ecclesiale perché nel grande deserto che stiamo attraversando il da dire è poco, ancora meno ce ne occupiamo in senso positivo perché il più delle volte dobbiamo annotare lo sgretolamento dei già diroccati bastioni: più che di posizioni ecclesiologiche o di protagonisti della Reconquista, ci tocca avere a che fare con pezzi di muro scrostati, tegole infrante, calcinacci che sollevano polvere.

Nelle ultime settimane abbiamo però dovuto eternare sulla lavagna mediatica di Radio Spada episodi che possono essere forieri di positivi sviluppi. Le possibili nuove consacrazioni episcopali della Fraternità San Pio X e il “procedimento extragiudiziale” per scisma nei confronti di Monsignor Viganò sono indubbiamente notizie interessanti, sarei tentato di dire entusiasmanti, se per esperienza non sapessi che gli entusiasmi spesso si trasformano in severe disillusioni.

Ovviamente le consacrazioni avrebbero un vero effetto se contribuissero a spezzare la “tela del regno”, per citare un mio vecchio articolo del 2015, che Bergoglio ha costruito intorno alla Fraternità San Pio X in questi anni. In fondo, nella letteratura affabulatoria bergogliesca, la “Chiesa” ha un grande cuore e vi è un posto veramente per tutti in essa, basta “sentirlo”, basta volerlo, forse non serve nemmeno chiederlo: qualcuno sposta una sedia, qualcuno sorride, qualcuno guarda altrove e ci si ritrova già a tavola a pranzare con la Rivoluzione.

D’altronde è triste e doloroso rimanere in cortile mentre in casa si sente banchettare con risate fragorose e grandi battimani.

Queste consacrazioni episcopali, fatte ALMENO senza avallo implicito e mandato pubblico “romano”, servirebbero a “rovesciare il tavolo” con piatti ed argenteria, riportando le lancette a prima dei colloqui dottrinali del 2005 e del “giubileo” del 2000. La cosa, a prescindere dal grande dibattito in atto da decenni sull’Autorità, sarebbe comunque auspicabile, apprezzabile ed encomiabile: videant consules!

Il caso Viganò, anzi di Sua Eccellenza Monsignor Viganò (volendo dar credito alle voces williamsonianae) è certamente rilevantissimo, non tanto per i dettagli canonistici pur interessanti che però, in questo momento, perdono di rilevanza dal momento che i giudici sono sostanzialmente gli imputati stessi, ma per alcune risposte che il Presule ha dato.

Evitando di abbandonarci ad arditi e improbabili parallelismi con le vicende degli anni ‘80, va detto che il ripudio netto ed inequivocabile del “concilio vaticano secondo” da parte di un vescovo già conciliare di cui Radio Spada ha seguito ora con dubbiosa incertezza, ora con trepidazione, sempre con amicizia e rispetto, la parabola, ci riempie ora di grande interesse, ora di viva gioia.

Che questo possa gettare nella costernazione e nello sgomento conservatori imbibiti di cloroformio conformistico non può che trasmetterci immensa soddisfazione.

Che questo possa agitare quel grande esercito di mezzi cattolici che in questi anni hanno cercato di ritagliarsi strapuntini ecclesiali ed esistenziali, trattando con il Leviatano, non ci lascia affatto stupiti.

Che questo possa ispirare sarcasmi e dileggi in campioncini della “milizia clericale” che hanno scelto di militare principalmente nelle sartorie e nei ricevimenti, ci ispira più pietà che sdegno.

Che questo possa in ultima analisi sparigliare le carte dei circoncellioni neosedevacantisti dalla miccia corta e dei croupier della sede impedita che affollano le agorà telematiche ci sembra salutare e provvidenziale.

Certamente si tratta di un aurorale inizio, di un felice punto di (non) ritorno: facciamo auguri oranti e affettuosi all’amico Presule perché possa mantenere e approfondire la propria posizione e, ancora meglio, la propria azione, con la certezza però che gli uomini possono vacillare, sviarsi, tradire ma Dio non tradisce le sue promesse. Non gli faremo mancare preghiere e, SOLO ove richiesti, suggestioni, dal momento che già sin troppi lo tirano per la veste piana.

Le Edizioni Radio Spada, del resto, hanno dato alle stampe volumi che l’Arcivescovo ben conosce: Galleria neovaticana (che ha introdotto con un suo saggio), Parole chiare sulla Chiesa (per averne composto una gentile e approfondita recensione) e Golpe nella Chiesa (per averne firmato la prefazione nella traduzione francese da poco uscita).

Che la “storia” della Chiesa cattolica, avvolta nelle spire di un sonno comatoso profondo, la “Bella Addormentata” per adattare una immagine pur gradevole di Palmaro&Gnocchi, stia quindi per riprendere il “proprio cammino”?

Sarebbe certamente un fatto importante, anzitutto per la salus animarum (da decenni ampiamente compromessa) ma anche indirettamente per troncare una volta per tutte quelle pulsioni privatistiche che tanto affannano, dilaniano, immiseriscono il nostro mondo.

Che il cattolicesimo romano sia oggi ridotto a un cortile a ringhiera, non dissimile da quello della Teresa dei legnanesi, dove ci si lanciano vasi da fiori, ci si impolvera battendo i tappeti frusti, ci si urla da un appartamento all’altro, ci si spranga nei locali per non vedere i vicini o li si spii di sottecchi, maledicendoli da abbaini o lucernarii, non fa certamente onore alle grandi epoche che abbiamo vissuto, e in ultima analisi al nostro Divin Fondatore.

Né vorrei che questa distinzione fosse tacciata di soverchio naturalismo, di pessimismo irriverente perché, sfrondati i nostri alberi di Natale della Missio di addobbi e ghirlande brillanti, rimane spesso un pino spelacchiato e reciso da contemplare.

Ai vescovi che mantengono la pienezza dell’ordine e, se possibile, l’interezza della professione di Fede, spetta il colossale impegno di non fermarsi alla cura del proprio “particulare”, di non crearsi una piccola corte in vescovadi periferici di azzimati e scapolarizzati fedelissimi e di beghine belanti ma di prendersi cura appieno della Chiesa universale, denunziando eresie, errori ed erranti del PASSATO e del presente, lavorando appieno e secondo modalità giuridiche ovviamente da verificare in itinere, alla piena restaurazione della Chiesa militante.

Certamente è cosa da fare tremare i polsi e le mani, vivificate o rivivificate dalla Sacra Unzione, ma rappresenta tangibilmente quel “ponere vitam pro ovibus” che è cifra essenziale dell’Episcopato cattolico. Questi vescovi eventualmente coraggiosi potranno contare su un laicato fedele, degno, pronto e operoso dopo anni di bizzoso anticlericalismo o di rissosa inazione nelle retrovie della storia ecclesiastica?

La domanda non è affatto peregrina e rispondere in senso retoricamente affermativo sarebbe certamente un atto di temerità o di tracotante sicumera mentre rispondere in modo totalmente negativo sarebbe negare il valore di molti e gli aiuti della Provvidenza.

In ultima analisi, per citare le parole del Poeta, qui si parrà la nostra nobilitate.
Nella festa di San Giovanni Battista 2024
Mario Sedevacantista Colucci shares this
Radio Spada shares this
183
Grazie!
GIANLUCA CROCIATO MARTONE
belle parole su Vigano', bravo il dott. Seveso