Grandi segreti: perché PERDIAMO LA PACE dell'anima?

[COME REAGIRE A QUANTO CI FA PERDERE LA PACE]

Generalmente perdiamo la pace a causa del timore suscitato da alcune situazioni che ci toccano personalmente e nelle quali ci sentiamo minacciati, dall'apprensione di fronte a difficoltà presenti o future, della paura di essere privi di qualcosa di importante o di non riuscire in tale o tal altro progetto ecc. Gli esempi possono essere infiniti e toccare tutti i settori della nostra vita: salute, vita familiare e professionale, vita morale, la stessa vita spirituale in fine.


Nei casi elencati si tratta di un certo bene, di natura molto variabile: bene materiale (denaro, salute, potere), morale (capacità umane, stima, affetto di alcune persone), spirituale (virtù, doni e grazie spirituali), bene che desideriamo e riteniamo necessario, che abbiamo paura di perdere o di non acquisire, o bene di cui effettivamente manchiamo. L'inquietudine provocata dalla mancanza o dalla paura di mancare ci fa perdere la pace.

Cosa può permetterci di rimanere sempre in pace in questo genere di situazioni? La saggezza umana, con le sue precauzioni, le sue previsioni, le riserve ed assicurazioni d'ogni sorta, non basta di certo. Chi può garantire a se stesso con sicurezza il possesso duraturo di un bene qualsiasi? Non è certo grazie a calcoli e preoccupazioni che riusciremo a cavarcela: «E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita?» (Mt 6, 27).

L'uomo non ha mai la certezza matematica di ottenere qualcosa e tutto quanto tiene tra le mani può sfuggirgli da un momento all'altro. Non vi è alcuna garanzia umana su cui appoggiarsi saldamente. Gesù ci dice: «Chi vorrà salvare la propria vita la perderà» (Mt 16,25). Il modo più sicuro per perdere la pace è proprio il cercare di assicurarsi la propria vita, di acquistare o conservare un bene qualsiasi con l'aiuto della sola industria umana. In quali tormenti ed inquietudini si mette la persona che cerca di salvarsi in questo modo, considerate le sue forze limitate, l'impossibilità di prevedere tante cose, le delusioni che possono procurare gli avvenimenti o le persone sulle quali si fa affidamento!

Per conservare la pace in mezzo ai rischi dell'esistenza umana non abbiamo che un'unica soluzione: appoggiarci a Dio solo, con una totale fiducia in lui. Confidare in lui come in un padre che sa di cosa abbiamo bisogno
, secondo l'insegnamento del Signore: «Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo ed il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del ciclo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salamene, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena» (Mt 6, 25-34).

Gesù, con queste parole, non intende certo proibirci di fare il necessario per guadagnare il nostro nutrimento, di provvedere ai nostri indumenti e a tutte le altre necessità. Egli vuole liberarci da quella preoccupazione che rode e fa perdere la pace. Tuttavia, molti sono scandalizzati da questo modo di vedere le cose. Eppure potrebbero risparmiarsi tante sofferenze e tormenti inutili, se solo prendessero sul serio questa parola di Dio, che è parola d'amore, di consolazione e di tenerezza.

Questo è il grande dramma: l'uomo non ha fiducia in Dio. Cerca allora in ogni circostanza di cavarsela con le proprie forze, si mette in ansia e si rende terribilmente infelice, invece di abbandonarsi fiducioso nelle mani tenere e pietose di suo padre. Com'è però ingiustificata questa mancanza di fiducia! Non è assurdo che un bambino dubiti così di suo padre, quando questi è il migliore ed il più potente che possa esistere, quando è il Padre celeste? Malgrado ciò, è in questa assurdità che viviamo tanto spesso. Ascoltiamo il dolce rimprovero che ci rivolge il Signore, attraverso le parole di santa Caterina da Siena: «Perché non hai fiducia in me, tuo Creatore? Perché contare su te stesso? Non sono forse fedele e leale con te? Riscattato e ristabilito nella grazia in virtù del sangue del mio Figlio unico, l'uomo può dunque dire di aver sperimentato la mia fedeltà. Sembra tuttavia dubitare ancora che io sia sufficientemente potente per soccorrerlo, forte per assisterlo e difenderlo dai suoi nemici, saggio per dare luce agli occhi della sua intelligenza, o clemente per volergli donare quanto necessiti alla sua salvezza. Sembrerebbe credere che io non abbia ricchezza e bellezza a sufficienza per fare la sua fortuna e donargli bellezza. Si potrebbe dire che abbia paura di non trovare presso di me pane per essere nutrito o indumenti per essere rivestito» (Dialoghi, cap. 140).

Quanti giovani, ad esempio, esitano a donargli interamente la loro vita perché dubitano che Dio sia capace di renderli pienamente felici e, cercando di assicurarsi la felicità da soli, si rendono infelici! È proprio allora che il padre della menzogna, l'Accusatore, riporta la sua vittoria: quando riesce a mettere nel cuore di un figlio di Dio la diffidenza nei confronti di suo padre! Tutti gli uomini vengono al mondo segnati da questa diffidenza: questa è la traccia in noi del peccato originale. Tutta la nostra vita spirituale consiste appunto in un lungo processo di guarigione e di rieducazione, il cui scopo è il ritrovamento di questa fiducia perduta, aiutati dalla grazia dello Spirito Santo che ci rende poco a poco capaci di dire in verità: Abbà, padre! E pur vero che questo ricupero della fiducia nei confronti di Dio è per noi particolarmente difficile, lungo nel tempo e penoso. Si presentano due ostacoli principali.

[La nostra difficoltà a credere nella Provvidenza]

II primo ostacolo consiste nel fatto che, fino a quando non avremo sperimentato concretamente questa fedeltà di Dio che si prende cura di noi, avremo dei problemi a credere veramente e ad abbandonarci ad essa. Siamo delle teste dure, la parola di Dio non ci basta, vogliamo vedere almeno un po', prima di credere! Non vediamo la Provvidenza agire intorno a noi in modo chiaro. Come fare per confidarvi? Dobbiamo capire una cosa. Non si tratta di sperimentare per poi credere; bisogna prima credere, fare atti di fede e allora si sperimenterà. In altre parole, possiamo verificare questo sostegno di Dio soltanto nella misura in cui gli lasciamo lo spazio necessario in cui potersi manifestare.

Vorrei portare un esempio: fin quando una persona che deve saltare col paracadute non si sarà gettata nel vuoto, non potrà sentire che le corde del paracadute la sostengono. Bisogna prima fare il salto, solo in seguito ci si sentirà portati. Così è anche nella vita spirituale: «Dio dona nella misura che attendiamo da lui», dice san Giovanni della Croce; come pure san Francesco di Sales: «La misura della divina Provvidenza a nostro riguardo è la fiducia che riponiamo in essa».

Proprio questo è il vero problema. Molti non credono alla Provvidenza perché non ne hanno mai fatto l'esperienza e non possono farne l'esperienza perché non si decidono a fare il salto nel vuoto, il passo nella fede. Non lasciano mai al Signore la possibilità d'intervenire: calcolano tutto, prevedono tutto, cercano di risolvere ogni cosa, contano esclusivamente su dei mezzi umani. I fondatori di ordini religiosi procedono con audacia in questo spirito di fede, acquistano case senza avere un soldo, accolgono poveri pur non avendo di che nutrirli. E Dio compie miracoli per essi: arrivano degli assegni, si riempiono i granai. Troppo spesso, però, qualche generazione più tardi si perde questa bella audacia: tutto è pianificato, contabilizzato, non si affronta una spesa senza la certezza di poterla sostenere con i mezzi a disposizione.

Come potrà allora manifestarsi la Provvidenza? Non c'è spazio per lei! Quanto diciamo è ugualmente valido sul piano spirituale. Se un sacerdote prepara tutti i sermoni e le conferenze, per essere sicuro di non venire mai preso alla sprovvista davanti al suo auditorio e non ha mai l'audacia di lanciarsi nella predicazione col sostegno della sola preghiera e della confidenza in Dio, come potrà fare questa esperienza tanto bella dello Spirito santo che parla per mezzo delle sue labbra? Ricordiamoci le parole del Vangelo: «Non preoccupatevi di come o di cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi» (Mt 10, 19-20).

Evidentemente non intendiamo dire che non si debba essere prudenti, pianificare bene i propri affari, preparare le proprie omelie. Le nostre capacità naturali sono anch'esse strumenti nelle mani della Provvidenza. Tuttavia esiste una differenza enorme tra colui che, non credendo all'intervento di Dio, programma tutto fin nel minimo dettaglio e non intraprende nulla se non nella misura esatta delle sue possibilità e colui che fa tutto ciò che deve fare ma si abbandona con fiducia a Dio che provvederà a quanto gli è richiesto oltre il previsto. E quanto il Signore ci chiede va sempre ben oltre le naturali possibilità e previsioni umane!

[La paura della sofferenza]

L'altro grande elemento, che costituisce impedimento all'abbandono fiducioso a Dio, è la presenza della sofferenza nella nostra vita personale come nel mondo che ci circonda, di tutte queste sfortune che sembrano contraddire le parole del Vangelo su Dio Padre, che prende cura dei suoi figli. Dio permette delle sofferenze anche per coloro che si abbandonano a lui, lasciando che manchino di alcune cose, a volte in modo doloroso. In quale povertà ha vissuto la famiglia della piccola Bernadette di Lourdes!

Questo non smentisce certo la parola di Dio. Il Signore potrà certo lasciarci mancare di alcune cose — giudicate talvolta indispensabili agli occhi del mondo —, ma non ci lascerà mai senza l'essenziale: la sua presenza, la sua grazia e tutto ciò che necessita alla piena realizzazione della nostra vita secondo i suoi progetti su di noi. Se egli permette delle sofferenze, la nostra forza risiede proprio nel credere, come dice Teresa di Gesù Bambino, che Dio non permette delle sofferenze inutili.

Nell'ambito della nostra vita personale, come in quello della storia del mondo, dobbiamo essere convinti che Dio è tanto buono e potente da utilizzare in nostro favore tutto il male - qualunque esso sia - e tutte le sofferenze, per assurde ed inutili che possano sembrare. Di questo non possiamo averne alcuna certezza matematica o filosofica: possiamo solo fare un atto di fede. Proprio a questo atto di fede ci invita la proclamazione della risurrezione di Gesù, accolta come il segno della vittoria definitiva di Dio sul male.

Il male è un mistero, uno scandalo e lo rimarrà per sempre. Bisogna fare quanto possibile per eliminarlo ed alleviare la sofferenza che procura. Esso resta comunque sempre presente nella nostra vita. Il suo posto nell'economia della redenzione appartiene alla saggezza di Dio che non è la saggezza degli uomini ed avrà sempre in sé qualcosa di incomprensibile: «Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie, oracolo del Signore. Quanto il ciclo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri» (Is 55, 8-9).

In alcuni momenti della sua vita il cristiano sarà invitato a credere a dispetto delle apparenze, a «sperare contro ogni speranza» (Rm 4,18): come Abramo, come Maria ai piedi della croce. Si verificano inevitabilmente delle circostanze in cui non possiamo comprendere il perché dell'agire di Dio. Siamo invitati allora a non disperare e a credere che non è più la saggezza degli uomini ad intervenire, bensì la saggezza divina, misteriosa ed incomprensibile.

È un bene non poter sempre capire tutto! Come sarebbe altrimenti possibile lasciare la saggezza di Dio libera di agire secondo i suoi disegni? Come potrebbe esserci spazio per la fiducia? È vero che in molte circostanze non agiremmo proprio come Dio! Non avremmo certo scelto la follia della croce come mezzo di redenzione! Fortunatamente, però, è la saggezza di Dio — e non la nostra — a dirigere ogni cosa, poiché è infinitamente più potente e ricca d'amore e, soprattutto, più misericordiosa della nostra.

Se la saggezza di Dio supera ogni concetto umano, nel suo modo d'agire a nostro riguardo, dobbiamo convincerci che proprio in questa incomprensibilità si trova la garanzia che ciò che prepara, per coloro che sperano in essa, supera infinitamente in gloria e bellezza quanto possiamo immaginare e concepire: «Sta scritto, infatti: quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1 Cor 2, 9).

La saggezza dell'uomo non può produrre che opere a misura d'uomo, solo la saggezza divina può realizzare cose divine. Ed è a grandezze divine che siamo predestinati. Ecco qual è la nostra forza di fronte al male: una fiducia di bimbo in Dio, nel suo amore e nella sua saggezza, la ferma certezza che «Dio fa concorrere tutto al bene di coloro che lo amano» (Rm 8, 28) e che «le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi» (Rm 8,18).

[Per crescere nella fiducia: una preghiera da bambino]

Come crescere e dimorare in questa totale fiducia in Dio? Non sarà sufficiente poggiarci su speculazioni intellettuali e considerazioni teologiche: non reggeranno nel momento della prova. Ciò che ci sosterrà sarà
uno sguardo di contemplazione su Gesù. Contemplare Gesù che dona la sua vita per noi; nutrirci di questo amore folle che egli manifesta per noi sulla croce: ecco quanto veramente ispira fiducia. Come potrebbe questa suprema prova d'amore — «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13) —, instancabilmente contemplata con uno sguardo di fede, non fortificare poco a poco il nostro cuore, stabilendolo in un atteggiamento di incrollabile fiducia? Cosa mai possiamo temere da un Dio che ci ha manifestato il suo amore in modo così evidente? Come potrebbe non stare per noi, non agire a nostro favore, questo Dio amico degli uomini «che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi» (Rm 8, 32)? E «se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?» (Rm 8, 31).

Vedete bene dunque l'assoluta necessità della contemplazione per crescere nella fiducia. Molte persone vivono nell'inquietudine proprio perché non sono contemplative, nel senso che non prendono del tempo per nutrire il proprio cuore e per restituire ad esso la pace attraverso uno sguardo di fede e di amore posato su Gesù. Per resistere alla paura e all'abbattimento bisogna, mediante un incontro personale con Dio nella preghiera, poter «gustare e vedere com'è buono il Signore» (Salmo 34). Le certezze che vengono ad abitare il nostro cuore, come frutto della fedeltà alla preghiera, sono di gran lunga più forti di quelle che derivano dalla più alta teologia.

Così come sono incessanti gli assalti del male, i pensieri di scoraggiamento e di sfiducia, incessante ed instancabile deve essere la nostra preghiera. Quante volte mi è capitato di recarmi a fare l'ora quotidiana di adorazione davanti al Santissimo Sacramento in uno stato di preoccupazione e scoraggiamento e senza che nulla di particolare fosse successo, senza aver detto né avvertito cose speciali, di uscirne col cuore placato! La situazione era esteriormente sempre la stessa, i problemi ancora da risolvere, ma il cuore era cambiato e poteva ormai affrontarli nella pace. Lo Spirito Santo aveva lavorato nel segreto.

Non insisteremo mai abbastanza, dunque, sulla necessità dell'orazione silenziosa, vera fonte della pace interiore. Come abbandonarsi a Dio e avere fiducia in lui se non lo conosciamo che da lontano, senza un incontro personale? «Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono» (Gb 42, 5), disse Giobbe e così potrà dire ogni uomo che persevera nella preghiera. Il cuore non si risveglia alla fiducia se non risvegliandosi all'amore e noi abbiamo bisogno di avvertire la dolcezza e la tenerezza del cuore di Gesù. Questo si raggiunge solo con la pratica della preghiera contemplativa.

Impariamo dunque ad abbandonarci, a riporre una fiducia totale in Dio nelle grandi come nelle piccole cose, con la semplicità dei bambini, con la certezza di trovare tutto in lui. Dio, allora, manifesterà la sua tenerezza, la sua lungimiranza, la sua fedeltà in modo a volte sconvolgente. Sebbene ci tratti in certi momenti con apparente rudezza, egli ci riserva spesso delicatezze di cui solo un amore tanto tenero e puro come il suo può essere capace. Alla fine della sua vita san Giovanni della Croce, in cammino verso il convento dove si sarebbero consumati i suoi ultimi giorni, malato, esausto da non poterne più, sente il forte desiderio di mangiare asparagi, come faceva nella sua infanzia. Vicino alla pietra dove siede per riprendere fiato eccone un mazzo, deposto. Tra le tante prove che saremo chiamati ad affrontare faremo anche l'esperienza di queste delicatezze dell'Amore. Non sono riservate solo ai santi, esse sono per tutti i poveri che credono veramente che Iddio è loro padre. Saranno per noi un potente incoraggiamento all'abbandono, molto più efficace di tutti i ragionamenti.

Credo stia in questo la vera risposta al mistero del male e della sofferenza. Risposta non filosofica, bensì esistenziale: esercitandomi nell'abbandono, faccio l'esperienza concreta che Dio fa sì che tutto concorra a mio favore, anche il male, le sofferenze, perfino i miei peccati. Quante circostanze che temevo, in fin dei conti mi appaiono sopportabili, anzi alla fine benefiche, anche se dopo un primo impatto doloroso. Quanto credevo fosse contro di me, si rivela a mio favore. A quel punto mi dico: ciò che Dio fa per me, nella sua infinita misericordia, deve ben farlo anche per tutti gli altri, in modo misterioso e nascosto. Deve pur farlo anche per il mondo intero!

[Non c'è abbandono se non è totale]

A proposito dell'abbandono, è utile fare un'osservazione. Perché l'abbandono sia autentico e generi pace, bisogna che sia totale. Dobbiamo rimettere tutto, senza eccezioni, nelle mani di Dio senza cercare di amministrare o salvare nulla da soli sia nel campo materiale che nella sfera affettiva o in quella spirituale. Non possiamo dividere l'esistenza umana in settori, in alcuni dei quali sia legittimo abbandonarsi a Dio con fiducia ed altri dove ce la si debba sbrogliare esclusivamente da soli.

Occorre sapere quanto segue: tutte le realtà che non avremo abbandonato, che vorremmo gestire da soli (senza lasciare carta bianca a Dio) continueranno, in un modo o nell'altro, a renderci inquieti. La misura della nostra pace interiore sarà quella del nostro abbandono, dunque anche quella del nostro essere distaccati. L'abbandono comporta così una parte inevitabile di rinuncia, non necessariamente effettiva ma come disposizione del cuore, una prontezza a lasciare a Dio di gestire la nostra vita con una libertà totale.

Questo ci risulta particolarmente difficile. Abbiamo una naturale tendenza a fare nostre un mucchio di cose: beni materiali, affetti, desideri, progetti. Ci costa terribilmente lasciare la presa, perché abbiamo l'impressione di perderci, di morire. Proprio in quell'istante, però, bisogna credere con tutto il cuore alla parola di Gesù, a questa legge del «chi perde vince» talmente esplicita nel Vangelo: «Chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 16, 25). Colui che accetta questa morte del distacco, della rinuncia, trova la vera vita. L'uomo che si abbarbica a qualcosa, che vuole salvaguardare un campo qualunque della sua vita per gestirlo a sua convenienza, senza abbandonarlo radicalmente nelle mani di Dio, fa un pessimo calcolo: si carica di inutili preoccupazioni, si espone all'inquietudine di perdere tutto.

Al contrario, colui che accetta di rimettere tutto nelle sue mani, di permettergli di prendere e donare secondo la sua volontà, trova una pace e una libertà interiore inesprimibili: «Ah, se sapessimo cosa si guadagna a rinunciare a se stessi in tutte le cose!», dice santa Teresa di Gesù Bambino. È la via della felicità, poiché se lo lasciamo agire A MODO SUO, Dio sarà capace di renderci infinitamente più felici, perché ci conosce e ci ama molto più di quanto noi stessi ci conosciamo e amiamo. San Giovanni della Croce esprime questa stessa verità in altri termini: «Tutti i beni mi sono stati donati a partire dal momento in cui non li ho più cercati». Se ci stacchiamo da ogni cosa rimettendola nelle mani del Signore, egli ci renderà molto di più: «II centuplo in questa vita» (Mc 10, 30).

[Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla]

Una delle più belle espressioni dell'abbandono fiducioso nelle mani di Dio è il Salmo 23: «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla» (...)

Vorremmo soffermarci qualche istante su questa sorprendente affermazione della Scrittura che Dio non ci lascia mancare di nulla. Questo servirà a smascherare una tentazione molto comune nella vita cristiana e che paralizza enormemente il progresso spirituale.

Si tratta di quella impressione a causa della quale si crede che nella nostra situazione attuale ci manchi qualcosa di essenziale e che, per questo, la possibilità di crescere spiritualmente ci sia rifiutata. Per esempio: manco di salute, dunque non riesco a pregare come ritengo indispensabile fare. Oppure: la mia famiglia mi impedisce di organizzare le mie attività spirituali come vorrei. O ancora: non ho le qualità, le forze, le virtù, i doni che ritengo essermi necessari per la realizzazione di qualcosa di bello sul piano della vita cristiana. Non sono soddisfatto della mia vita, della mia persona, del mio stato e vivo con la costante sensazione che fin quando le cose andranno in un tale modo mi sarà impossibile vivere veramente ed intensamente. Mi sento svantaggiato rispetto agli altri e porto in me la costante nostalgia di un'altra vita, migliore e più vantaggiosa, dove finalmente poter realizzare delle cose valide. Ho la netta sensazione, secondo l'espressione di Rimbaud, che «la vera vita sia altrove»; altrove, ma non nella mia situazione. Non accetto la mia storia personale e le sue limitazioni e questo mi paralizza.

Questo modo di percepire la propria situazione è molto frequente anche in cristiani sinceri ma denota una mancanza di fede. Basterebbe poco perché tutto si modificasse e io iniziassi a progredire in modo autentico: uno sguardo diverso, uno sguardo di fiducia e di speranza sulla mia situazione (basato sulla certezza di fede che nulla mi manca). Allora mi si aprirebbero delle porte, delle insperate possibilità di crescita spirituale che esistono sempre perché Dio non le può rifiutare a nessuno ma che non vedo perché sono centrato su me stesso. Noi viviamo spesso in questa illusione.

Vorremmo che quanto ci circonda cambiasse, che si trasformassero le circostanze esteriori, nell'errata convinzione che tutto allora andrebbe meglio: molto spesso è un errore. Non sono le circostanze esteriori, è il nostro cuore che prima d'ogni altra cosa deve cambiare, purificarsi dal ripiegamento su se stesso, dalla tristezza e dalla mancanza di speranza: «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio» (Mt 5,8). Beati coloro il cui cuore è purificato dalla fede e dalla speranza che posano sulla loro vita uno sguardo animato dalla certezza che, nonostante le circostanze apparentemente sfavorevoli, Dio è presente e dunque nulla può loro mancare. In quell'istante, se avranno questa fede, vedranno Dio: sperimenteranno questa sua presenza che li accompagna e li guida, vedranno che molte cose che ritenevano negative nella loro vita sono invece, nella pedagogia divina, dei potenti modi per farli crescere e progredire.

San Giovanni della Croce dice che «molto spesso è da quello che essa crede di perdere che l'anima trae maggior profitto». Per esempio (...) quante nostre imperfezioni, di cui ci lamentiamo e vorremmo essere sbarazzati, potrebbero mutarsi in occasioni per progredire in umiltà e fiducia nella misericordia di Dio e dunque nella santità. Il problema di fondo è che contiamo troppo sul discernimento personale di quello che è buono e quello che non lo è e non abbiamo invece sufficiente fiducia nella saggezza di Dio.

Se qualcosa ci manca, è soprattutto il credere che «tutto è grazia» (Teresa di Gesù Bambino). Crescere e realizzarsi, in termini di cristianesimo, vuol dire imparare ad amare. Tanti aspetti della mia vita percepiti in un modo negativo potrebbero invece, se avessi più fede, essere delle preziose occasioni per amare di più: per essere più paziente, più umile, più dolce, più misericordioso, più distaccato, per abbandonarmi maggiormente nelle mani di Dio, e così via. Dio mi potrà lasciare talvolta mancare di alcune cose: di danaro, di salute, di virtù; ma non mi lascerà mai mancare se stesso e la grazia che mi permette di vivere ogni situazione in modo da progredire nell'amore.

* * *

L'autore del libro, nei paragrafi che seguono questo estratto, affronta casi particolari molto comuni nei quali ci si trova facilmente a perdere la pace, cadendo vittima dell'inganno del nemico, della carne o del mondo come per es. il cattivo comportamento degli altri, la perdita o la sofferenza delle persone care, i nostri peccati e difetti, ecc. La lettura integrale dell'aureo opuscolo è vivamente consigliata. Non si parla di un argomento tra gli altri: difendere, proteggere e alimentare la pace dell'anima è la cosa più grande che possiamo fare qui in terra e da ciò dipende la vera felicità dell'uomo. Il libro in pdf è possibile leggerlo o scaricarlo qui:

LA PACE DEL CUORE - di Padre Jacques Philippe

________________

IMPORTANTE PER LA PROPRIA FORMAZIONE CRISTIANA

FORMAZIONE COMPLETA DI SANA DOTTRINA CATTOLICA: CREDO, 10 COMANDAMENTI, SACRAMENTI, PREGHIERA, VIZI E VIRTÙ

youtube.com/playlist?list=PLwHI-ixHBu4_G_bHW0Nlk_0-tTJH8A9Vk&c


p. s. Garantisco la rettitudine dell'insegnamento dottrinale offerto nelle catechesi dei padri impegnati in queste esposizioni. Le catechesi di Padre Donato (il sacerdote che cura il Credo, i 10 Comandamenti, i Sacramenti e i Precetti della Chiesa) sono vivamente consigliate

FRASARIO IN SEI PARTI (CON CENTINAIA DI AFORISMI)

Florilegio – aforismi vari, una raccolta per resis…


Raccolta di perle di sapienza e ricca soprattutto di aforismi tratti dagli insegnamenti immortali dei Santi. Questa raccolta risponde allo scopo di offrire un "vademecum di vera razionalità e spiritualità", fatto di schegge di luce che toccano un po' tutti i temi più importanti.

* * *

PS: invito tutti ad iscriversi al canale telegram di Tempi di Maria nato per poter continuare a condurre con maggior libertà la buona battaglia della diffusione della verità, anche riguardo a quei temi oggi più osteggiati e censurati: Tempi di Maria
pavilo shares this
266
[COME REAGIRE A QUANTO CI FA PERDERE LA PACE]