Il Giudizio Particolare – Fioretti ed episodi
Consideriamo con molta serietà il giorno della nostra morte e della comparsa dinanzi al Giudice Supremo che passerà in rassegna tutta la nostra vita, giudicandola e dando la giusta retribuzione ai nostri pensieri, parole, opere e omissioni. In vista di quel giorno al quale nessuno di noi potrà sfuggire, accumuliamo depositi interi di opere buone e viviamo in modo santo, il più possibile. Quanto tempo sprechiamo in cose inutili! Pensiamo mai che il tempo a nostra disposizione è come del denaro datoci per impiegarlo tutto nel bene? Quanto ne gettiamo via con facilità impressionante? Se il santo o chi si sforza di vivere come tale è deriso o quanto meno incompreso in terra, la situazione sarà completamente ribaltata al momento della morte: sarà il non-santo a doversi coprire il volto dalla vergogna... Perché non essere saggi e capire che solo la santità conta in questa vita? Perché non cominciare sin da subito a dare una direzione diversa alla nostra vita all'insegna della preghiera, dei sacrifici offerti con amore, delle opere buone e dell'obbedienza alla volontà di Dio in tutto e per tutto? Sarà un gran guadagno per l'eternità. Al contrario, se così non avremo fatto, nel giorno del giudizio ci mangeremo le mani pensando all'occasione perduta e sarà desolante ascoltare la sentenza inappellabile e definitiva di Cristo Signore e Giudice
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S. Giovanni Climaco racconta di aver visitato un monastero di penitenti: «Ne vidi (dice egli) di quelli già vecchi, che praticavano austerità inaudite. Oltre al macerarsi coi digiuni e le lunghe preghiere, alcuni passavano le intere notti ritti in piedi, esposti alle intemperie; altri lavoravano inginocchiati e in continue lacrime. Ora questi vecchi, incanutiti nelle penitenze, tremavano all'avvicinarsi della morte, E quando qualcuno di essi si trovava agli estremi, gli altri, ridotti oramai scheletri viventi, lo confortavano dicendo: «Coraggio, fratello! le vostre penitenze e le vostre lacrime avranno certo placato il divin Giudice e vi avranno meritato il perdono dei vostri peccati».
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Il fatto che qui si riferisce è narrato da diversi autori, come prova del rigore con cui sarà fatto il Giudizio particolare. Due religiosi, che vivevano nello stesso monastero, si edificavano a vicenda con l'esatta osservanza della loro regola. Quando a Dio piacque, uno di essi morì; e l'altro non cessava di suffragarne l'anima con le preghiere. Or mentre questi un dì pregava per il confratello defunto, se lo vide comparire dinanzi come persona vivente, col volto atteggiato a grande tristezza e con le vesti luride e ridotte a brandelli. Allora lo interrogò perché fosse comparso in quello stato. E si ebbe dal morto questa risposta, ripetuta tre volte: «Nessuno crederebbe!». - «Che volete dire con questo?», riprese il vivo. E l'altro concluse: «Nessuno crederebbe con quanto rigore Iddio giudica, e con quanta severità punisce il peccato!». E disparve.
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Quando la regina Ester (come si legge nella S. Scrittura) si presentò al re Assuero per implorare la clemenza in favore della nazione giudaica, egli si trovava seduto sul suo trono in tutto lo splendore della sua maestà. Avendo questo re alzato lo sguardo, dimostrando negli occhi ardenti lo sdegno dell'animo, la regina svenne e cadde tra le braccia della sua ancella. E poiché Assuero, il cui furore s'era calmato, la incoraggiò e confortò, essa rispose: «Io ho mirato te, o signore, come un Angelo di Dio, e il timore di tua magnificenza turbò il cuor mio» (ESTR. 15, 9-16). Se la collera di un re terreno, manifestata nello sguardo, fu così terribile nei suoi effetti, che sarà dello sdegno del Giudice eterno verso l peccatori che l'hanno oltraggiato?...
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Filippo II, re di Spagna (+ 1598), mentre un giorno assisteva alla Messa con la solita sua pietà, osservo due suoi cortigiani che stavano in chiesa senza rispetto, chiacchierando e ridendo. Terminata la Messa, il re li fece chiamare davanti a sè, li fissò con uno sguardo terribile e disse loro: «Vi par questo il modo di assistere ai più santi e tremendi Misteri Via da me! E non comparirete mai più alla mia corte». Queste parole furono come un fulmine per quei disgraziati. Tremanti e piangenti se ne andarono via; ma per il crepacuore uno di essi morì dopo due giorni, e l'altro Impazzì. Or quale angoscia e spavento deve provare Il peccatore quando dal giudice supremo udirà le terribili parole: «Via da me!»
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Si racconta dell'imperatore Carlo V (+ 1558), che una volta andando a caccia con un seguito numeroso fra le montagne dell'Estremadura (regione della Spagna), fu colto da un violento uragano, per cui fu costretto a rifugiarsi in una caverna praticata nel fianco d'una roccia. Là si trovò solo, poiché il suo seguito s'era sbandato, in cerca di rifugio. Quando il furioso temporale cessò, Carlo si vide all'improvviso attorniato da quattro malandrini, sbucati dallo stesso antro e armati di pistole e e di pugnali. Spogliato da quelli di quanto aveva indosso di prezioso, l'imperatore si diè quasi perduto. Ma poi pensò che gli rimaneva ancora un mezzo eli sicurezza: ed era lo zufolo da caccia, che egli portava sempre con sè. Allora diede un forte fischio che risonò lontano nel bosco. A questo segnale, accorse tutto il suo seguito qua e là disperso, composto di gendarmi armati fino ai denti; i quali circondarono il. principe, pronti a eseguire i suoi ordini. A quella inattesa comparsa, i banditi riconobbero l'imperatore e gli si gettarono ai piedi chiedendo mercè. Ma Carlo credette di andar contro la giustizia se faceva grazia a malandrini sorpresi in flagrante delitto; perciò fu inesorabile, e li fece uccidere tutti e quattro. Così sarà inesorabile coi peccatori il Re eterno nel giorno della sua giustizia.
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L'empio Baldassarre re di Babilonia (+ 539 a. C.), una notte si trovava nella gioia di un convito, circondato dai grandi della sua corte, e beveva nei vasi d'oro che Nabucodonosor, suo padre, aveva rubato al tempio di Gerusalemme. Or, mentre tutti i commensali andavano a gara nel profanare i vasi sacri, e lodavano i loro falsi Dei d'oro, d'argento, di ferro, di legno e di pietra; ecco apparire all'improvviso una mano d'uomo che scriveva, dirimpetto al candeliere, sul muro della sala. Nello scritto erano queste parole misteriose: Mane, Techel Phares. Il re, alla vista di questa mano, si tramutò nella faccia ed ebbe un fremito convulso in tutte le membra per lo spavento, talché le sue ginocchia si battevano insieme. Alle grida ch'Egli mando, si corse in suo aiuto; ma tutta la sua corte fu impotente a calmarlo. Le misteriose parole, interpretate dal profeta Daniele, erano il suo giudizio e la sua condanna. Infatti in quella notte stessa Ciro, re dei Persiani, entrò in babilonia e Baldassarre fu ucciso (cf Dan cap5). Questo. scellerato principe non aveva visto che una mano, come di uomo, che scriveva la sua sentenza. Or che sarà quando il peccatore vedrà la faccia del divin Giudice che
lo condannerà?
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Sulpizio severo (nelle vite di Padri), ricorda il repentino cambiamento di vita di un giovane, al solo pensiero del Giudizio particolare. Questo giovane, vedendo il pericolo di perder l'anima vivendo nel mondo, e mosso dalla grazia abbracciò la vita monastica. Questo passo gli era stato fortemente contrastato dalla madre; ma il giovane riuscì a superare ogni ostacolo, opponendo solo questa ragione: «Voglio ad ogni costo assicurare la mia salute eterna». Ma per sua sventura, nella ita religiosa dimenticò preso i generosi propositi e cadde in un gran rilassamento. In quel tempo gli morì la madre. E poiché egli pregava per lei, ebbe un sogno (o visione che fosse) che gli mise addosso un salutare spavento. Gli parve di trovarsi al tribunale di Dio, come reo, in attesa della sentenza. E nel momento stesso scorse la madre sua che, stupefatta, gli rivolgeva queste parole: «Come? Anche tu trai reprobi?...». A tali parole il giovane rimase muto e pieno di confusione. Risvegliatosi tutto atterrito, approfittò di quell'avviso del cielo e a un tratto si mutò in un penitente così fervoroso da far meravigliare i confratelli. E quando questi lo esortavano a moderarsi nelle eccessive penitenze, rispondeva: : «Faccio troppo poco per rendermi propizio il divin Giudice. Come lo sosterrò io nel momento che gli comparirò davanti?».
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PS | Invito tutti ad iscriversi al canale telegram di Tempi di Maria nato per poter continuare a condurre con maggior libertà la buona battaglia della diffusione della verità, anche riguardo a quei temi oggi più osteggiati e censurati: Tempi di Maria
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S. Giovanni Climaco racconta di aver visitato un monastero di penitenti: «Ne vidi (dice egli) di quelli già vecchi, che praticavano austerità inaudite. Oltre al macerarsi coi digiuni e le lunghe preghiere, alcuni passavano le intere notti ritti in piedi, esposti alle intemperie; altri lavoravano inginocchiati e in continue lacrime. Ora questi vecchi, incanutiti nelle penitenze, tremavano all'avvicinarsi della morte, E quando qualcuno di essi si trovava agli estremi, gli altri, ridotti oramai scheletri viventi, lo confortavano dicendo: «Coraggio, fratello! le vostre penitenze e le vostre lacrime avranno certo placato il divin Giudice e vi avranno meritato il perdono dei vostri peccati».
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Il fatto che qui si riferisce è narrato da diversi autori, come prova del rigore con cui sarà fatto il Giudizio particolare. Due religiosi, che vivevano nello stesso monastero, si edificavano a vicenda con l'esatta osservanza della loro regola. Quando a Dio piacque, uno di essi morì; e l'altro non cessava di suffragarne l'anima con le preghiere. Or mentre questi un dì pregava per il confratello defunto, se lo vide comparire dinanzi come persona vivente, col volto atteggiato a grande tristezza e con le vesti luride e ridotte a brandelli. Allora lo interrogò perché fosse comparso in quello stato. E si ebbe dal morto questa risposta, ripetuta tre volte: «Nessuno crederebbe!». - «Che volete dire con questo?», riprese il vivo. E l'altro concluse: «Nessuno crederebbe con quanto rigore Iddio giudica, e con quanta severità punisce il peccato!». E disparve.
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Quando la regina Ester (come si legge nella S. Scrittura) si presentò al re Assuero per implorare la clemenza in favore della nazione giudaica, egli si trovava seduto sul suo trono in tutto lo splendore della sua maestà. Avendo questo re alzato lo sguardo, dimostrando negli occhi ardenti lo sdegno dell'animo, la regina svenne e cadde tra le braccia della sua ancella. E poiché Assuero, il cui furore s'era calmato, la incoraggiò e confortò, essa rispose: «Io ho mirato te, o signore, come un Angelo di Dio, e il timore di tua magnificenza turbò il cuor mio» (ESTR. 15, 9-16). Se la collera di un re terreno, manifestata nello sguardo, fu così terribile nei suoi effetti, che sarà dello sdegno del Giudice eterno verso l peccatori che l'hanno oltraggiato?...
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Filippo II, re di Spagna (+ 1598), mentre un giorno assisteva alla Messa con la solita sua pietà, osservo due suoi cortigiani che stavano in chiesa senza rispetto, chiacchierando e ridendo. Terminata la Messa, il re li fece chiamare davanti a sè, li fissò con uno sguardo terribile e disse loro: «Vi par questo il modo di assistere ai più santi e tremendi Misteri Via da me! E non comparirete mai più alla mia corte». Queste parole furono come un fulmine per quei disgraziati. Tremanti e piangenti se ne andarono via; ma per il crepacuore uno di essi morì dopo due giorni, e l'altro Impazzì. Or quale angoscia e spavento deve provare Il peccatore quando dal giudice supremo udirà le terribili parole: «Via da me!»
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Si racconta dell'imperatore Carlo V (+ 1558), che una volta andando a caccia con un seguito numeroso fra le montagne dell'Estremadura (regione della Spagna), fu colto da un violento uragano, per cui fu costretto a rifugiarsi in una caverna praticata nel fianco d'una roccia. Là si trovò solo, poiché il suo seguito s'era sbandato, in cerca di rifugio. Quando il furioso temporale cessò, Carlo si vide all'improvviso attorniato da quattro malandrini, sbucati dallo stesso antro e armati di pistole e e di pugnali. Spogliato da quelli di quanto aveva indosso di prezioso, l'imperatore si diè quasi perduto. Ma poi pensò che gli rimaneva ancora un mezzo eli sicurezza: ed era lo zufolo da caccia, che egli portava sempre con sè. Allora diede un forte fischio che risonò lontano nel bosco. A questo segnale, accorse tutto il suo seguito qua e là disperso, composto di gendarmi armati fino ai denti; i quali circondarono il. principe, pronti a eseguire i suoi ordini. A quella inattesa comparsa, i banditi riconobbero l'imperatore e gli si gettarono ai piedi chiedendo mercè. Ma Carlo credette di andar contro la giustizia se faceva grazia a malandrini sorpresi in flagrante delitto; perciò fu inesorabile, e li fece uccidere tutti e quattro. Così sarà inesorabile coi peccatori il Re eterno nel giorno della sua giustizia.
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L'empio Baldassarre re di Babilonia (+ 539 a. C.), una notte si trovava nella gioia di un convito, circondato dai grandi della sua corte, e beveva nei vasi d'oro che Nabucodonosor, suo padre, aveva rubato al tempio di Gerusalemme. Or, mentre tutti i commensali andavano a gara nel profanare i vasi sacri, e lodavano i loro falsi Dei d'oro, d'argento, di ferro, di legno e di pietra; ecco apparire all'improvviso una mano d'uomo che scriveva, dirimpetto al candeliere, sul muro della sala. Nello scritto erano queste parole misteriose: Mane, Techel Phares. Il re, alla vista di questa mano, si tramutò nella faccia ed ebbe un fremito convulso in tutte le membra per lo spavento, talché le sue ginocchia si battevano insieme. Alle grida ch'Egli mando, si corse in suo aiuto; ma tutta la sua corte fu impotente a calmarlo. Le misteriose parole, interpretate dal profeta Daniele, erano il suo giudizio e la sua condanna. Infatti in quella notte stessa Ciro, re dei Persiani, entrò in babilonia e Baldassarre fu ucciso (cf Dan cap5). Questo. scellerato principe non aveva visto che una mano, come di uomo, che scriveva la sua sentenza. Or che sarà quando il peccatore vedrà la faccia del divin Giudice che
lo condannerà?
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Sulpizio severo (nelle vite di Padri), ricorda il repentino cambiamento di vita di un giovane, al solo pensiero del Giudizio particolare. Questo giovane, vedendo il pericolo di perder l'anima vivendo nel mondo, e mosso dalla grazia abbracciò la vita monastica. Questo passo gli era stato fortemente contrastato dalla madre; ma il giovane riuscì a superare ogni ostacolo, opponendo solo questa ragione: «Voglio ad ogni costo assicurare la mia salute eterna». Ma per sua sventura, nella ita religiosa dimenticò preso i generosi propositi e cadde in un gran rilassamento. In quel tempo gli morì la madre. E poiché egli pregava per lei, ebbe un sogno (o visione che fosse) che gli mise addosso un salutare spavento. Gli parve di trovarsi al tribunale di Dio, come reo, in attesa della sentenza. E nel momento stesso scorse la madre sua che, stupefatta, gli rivolgeva queste parole: «Come? Anche tu trai reprobi?...». A tali parole il giovane rimase muto e pieno di confusione. Risvegliatosi tutto atterrito, approfittò di quell'avviso del cielo e a un tratto si mutò in un penitente così fervoroso da far meravigliare i confratelli. E quando questi lo esortavano a moderarsi nelle eccessive penitenze, rispondeva: : «Faccio troppo poco per rendermi propizio il divin Giudice. Come lo sosterrò io nel momento che gli comparirò davanti?».
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PS | Invito tutti ad iscriversi al canale telegram di Tempi di Maria nato per poter continuare a condurre con maggior libertà la buona battaglia della diffusione della verità, anche riguardo a quei temi oggi più osteggiati e censurati: Tempi di Maria