Un’ardente preghiera di Francesco Petrarca

Il 19 luglio 1374 moriva il genio umano e cristiano di Francesco Petrarca, poeta laureato, diplomatico, chierico, canonico delle Cattedrali di Parma e di Padova. Lo ricordiamo con una sua preghiera tratta dal trattato filosofico De sui ipsius et multorum ignorantia contro gli averroisti veneziani, razionalisti e naturalisti.

O tu d’ogni sapere e d’ogni ingegno vero ed unico Iddio, tu datore di vera gloria, Signore d’ogni virtù, almo Salvatore Gesù, vedi che supplice e nell’anima genuflesso innanzi a te sinceramente ti prego che, se altro dar non mi vuoi, questo almeno tu mi conceda, che io sia uomo dabbene: né tale sarò mai che amando te grandemente e devotamente adorandoti ché per questo io son nato, non per le lettere; le quali, se sole occupino la mente, gonfiano e distruggono invece di edificare, e sono all’anima lucenti catene, penoso travaglio, fragoroso pesantissimo incarico.

Tu, innanzi al quale ogni mio desiderio, ogni sospiro è manifesto, tu sai, o Signore, che dalle lettere, cui sobriamente attesi, null’altro ho chiesto che divenir virtuoso, e che questo non dalle lettere, checché Aristotile ed altri ne vadano promettendo, ma da te solo si può ottenere; e se parvemi a quella meta più onorevole, più sicuro e più dilettevole ancora il cammin delle lettere te sempre e non altri io presi a guida.

Tu dunque che scruti e leggi nel profondo di questo cuore, vedi che vero è quanto io dico. Giovane fui ardente e cupido della gloria, nol nego, non mai tanto però che meglio non bramassi esser buono che dotto. E l’uno e l’altro confesso di aver desiderato, siccome è proprio dell’ umana natura, che mai non s’acquieta, mai non si sazia, finché non si riposi in Te ultimo termine di ogni desiderio …

Tu, mio Dio, Signore di tutte scienze, unico e solo, che ad Aristotile, ai filosofi tutti, a tutti i poeti, a quanti menano vanto di sublime sermone, alla letteratura infine, ad ogni dottrina e a tutte quante sono le cose e debbo e voglio anteporre: tu quello che costoro immeritamente mi attribuiscono, nome di uomo dabbene, concedimi, ché lo puoi io te ne prego. Né solo il nome io ti chieggo, cui Salomone diceva più prezioso de’ balsami preziosi: ma sì col nome la cosa; perché amandoti io sia fatto degno dell’amor tuo. Ché niuno al par di te gli amanti rimerita ed io son fermo di pensare a te solo, a te obbedire, in te sperare, parlare di te.

Via dunque dal labbro mio le fole antiche, e tutti a te si consacrino i miei pensieri, ché vinto è l’arco dei forti, e sorsero i deboli accinti in nuovo vigore.

Oh quanto è più felice un di questi tapini i quali credono in te, che non Platone e Aristotile e Cicerone e Varrone, che, quantunque dottissimi, non ti conobbero, e avvicinati e posti a contatto con te, che pietra sei di paragone, disparvero quelli che aveano di loro giudicato, e si rese manifesta la letterata loro ignoranza.
Oremus pro
48 Logge, 1800 iscritti: è la Firenze massonica
al n. 18 di Borgo Albizi. Qui si trova quello che i fiorentini battezzarono il Palazzo dei Visacci, così chiamato a motivo dei 15 volti - i visacci, appunto - scolpiti sulla facciata, disposti in una serie di cinque per piano e realizzati tutti tra il 1660 e il 1664 per volere di Baccio Valori il Giovane, bibliotecario e uomo di cultura. I busti più …Altro
48 Logge, 1800 iscritti: è la Firenze massonica

al n. 18 di Borgo Albizi. Qui si trova quello che i fiorentini battezzarono il Palazzo dei Visacci, così chiamato a motivo dei 15 volti - i visacci, appunto - scolpiti sulla facciata, disposti in una serie di cinque per piano e realizzati tutti tra il 1660 e il 1664 per volere di Baccio Valori il Giovane, bibliotecario e uomo di cultura. I busti più bassi hanno ognuno la loro epigrafe: Accursio giureconsulto; Taddeo Alderotti medico; Marsilio Ficino filosofo; Donato Acciaioli oratore; Pier Vettori politico. Quelli più in alto, senza epigrafe, raffigurano: Amerigo Vespucci, Leon Battista Alberti, Francesco Guicciardini, Marcello Adriani e Vincenzo Borghini. Più alti ancora: Dante, Petrarca, Boccaccio, Giovanni della Casa e Luigi Alamanni.

Ma il segreto è all’interno, non nella facciata! Il primo piano del palazzo, infatti, appartiene alla loggia massonica fiorentina del Grande Oriente d'Italia, il cui Collegio circoscrizionale dei Maestri Venerabili della Toscana dispone qui di 6 templi, tra i quali ne spicca uno ricavato nell'ex alcova dove sono presenti stucchi di Giovan Martino Portogalli (decoratore svizzero che qui a Firenze realizzò i suoi capolavori) e pitture di Andrea Landini. Il palazzo è visitabile solo esternamente.

+ trapaninostra.it/…i_New/Curiosita_aneddoti_avvenimenti_massonici.pdf
Giovanna Delbueno
Beh, moltissime strade di Firenze sono intitolate ai grandi maestri, di cui sopra e a quelli loro succeduti. Conclusioni?