Distinzione tra promessa fatta a Dio, voto e giuramento

La promessa o anche il proposito è un impegno che ci prendiamo col Signore.
La promessa è l’impegno a comportarsi in un determinato modo e talvolta contiene in sé il timore che forse si verrà meno a quanto si è deliberato. Certamente il venir meno costituisce un peccato: infatti non ci si può prendere gioco di Dio.
Il voto invece si fa non solo per rendere più forte l’impegno, ma anche per trasformare l’azione o la vita in un atto di lode per il Signore.
L'essenza del volto consiste in questo: nel trasforma l’azione o anche la vita di una persona dedicandola esclusivamente alla maggior gloria di Dio, al suo culto.
Indubbiamente ha un valore più grande della promessa e non si può fare se non vi è la certezza morale di poterlo osservare.
È dunque logico fare un voto quando si sa che si potrà esservi fedele.
Quando al mattino presto pensi “oggi non prendo vino” avverti un’ispirazione. Questa diventa promessa se c’è da parte tua impegno ad acconsentirvi.
Se poi non l’ottemperi, dirai in confessione che non hai assecondato le ispirazioni che avevi accolto.
Per sacrilegio s’intende violare una persona o una cosa sacra.
Nel sesto comandamento, poiché la persona è consacrata, si tratta sempre di sacrilegio.
Nella povertà e nell’obbedienza non si viola normalmente una cosa sacra. Per questo non si parla di sacrilegio.
Questo però non esclude che si possa trattare anche di sacrilegio come quando ci si impossessa di offerte destinate al culto o ad altre motivazioni sacre.
Il giuramento è diverso dal voto: è un chiamare Dio a testimonio di quello che si dice o si promette di fare.
Lo si fa evidentemente in ordine agli impegni che ci si prende di fronte alla Chiesa e alla società.
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