Talvolta dobbiamo ritirarci in un bosco - di Maestro Aurelio Porfiri
![](https://seedus0275.gloriatv.net/storage1/ciy8egqvesza6l33mnrwrjxyhrt8dckq9kvvc5c.webp?scale=on&secure=5IQdQCR4NxG_3GjyI7MIzA&expires=1723727697)
“Quando tutte le istituzioni divengono equivoche o addirittura sospette, e persino nelle chiese si sente pregare ad alta voce non per i perseguitati bensì per i persecutori, la responsabilità morale passa nelle mani del singolo, o meglio del singolo che ancora non si è piegato“.
Talvolta, come diceva il grande scrittore tedesco, dobbiamo ritirarci in un bosco per poter attendere tempi migliori. Mi sembra che ci troviamo in tempi in cui dobbiamo esercitare una certa cautela nel nostro essere cattolici.
Il grande successo di un libro come l’Opzione Benedetto di (bold)Rod Dreher(bold), ci racconta di un desiderio forte di recuperare un senso profondo e identitario del cattolicesimo accompagnato però da un profondo disagio per la direzione presa dalla Chiesa in tempi recenti (non certamente solo negli ultimi anni). Un disagio che è molto diffuso, malgrado la propaganda di parte possa voler far credere ad un’altra narrativa.
Allora bisogna pensare ad un modo diverso di vivere la propria fede, per quanto tormentata. Un grande scrittore cattolico mi ha detto che se vuoi conservare la fede meglio stare alla larga dagli ambienti cattolici.
Non mi diceva un sacerdote tedesco molto conservatore: Roma veduta, fede perduta? Ma il problema non è solo Roma, è un problema generale.
Sta a noi starcene un poco laterali ma non per disinteressarci, ma anzi per interessarci con ancora più profondità, quello che appunto definisco “uscire nel mondo”. Dobbiamo vivere nel mondo, nelle nostre vite di tutti i giorni, come fossimo templari, mercedari (che all’inizio erano monaci guerrieri).
Dobbiamo unire la contemplazione all’azione, la preghiera all’impegno apologetico con quello spirito con cui i monaci di san Benedetto ricostruirono una vera civiltà cristiana.
Ci sono molti gruppi che prevedono un’azione dei laici in questo senso, ma ritengo che una caratteristica di questi nuovo movimento che vorrei sorgesse è quella di non dover essere organizzato. (bold)Costanza Miriano(bold) nei suoi libri parla di un monasteri virtuale, noi chiamiamolo “monastero diffuso”.
Non ci sono richiesti i voti del monachesimo istituzionale, ma una vita di preghiera e azione per ricostruire la nostra civiltà, che non può che essere cristiana perché questa obbedisce a leggi che sono iscritte nel cuore dell’uomo.
Dobbiamo scansare le beghe clericali, gli ecclesiastici che scondinzolano dietro il mondo, i piani pastorali quinquennali. Riprendiamo fra le mani la nostra fede ed aiutiamo per la conversione anche quei chierici che si fossero persi.
Non cerchiamo l’amicizia dei preti, cerchiamo la guida spirituale, quando sono in grado. In quanto a noi, il nostro monastero diffuso sia circondato da mura fatte di preghiera, di studio, di azione nel mondo per uscirne. Per perdere il mondo bisogna penetrarlo in profondità.
Foto: Ernst Jünger, Copyright: Wikicommons, CC-BY-SA