"Mi sono sentito donna, e voi mi avete chiamato Ugo". Di Gianni Toffali
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Discussione intestina alla Curia scaligera giunta in seguito ad un “consiglio elettorale" inviato da Zenti ai sacerdoti veronesi durante la campagna per le amministrative, con il quale li invitata a premiare il candidato che non veicolasse fantascientifiche teorie gender.
Missiva a cui replicò piccato Don Campedelli con una lettera aperta pubblicata sui media locali in cui invocava valori liberali e libertà espressive laiche che poco avevano da spartire con i principi della bimillenaria tradizione cattolica.
Plauso dunque a Mons. Zenti che forse per la prima volta della sua lunga carriera ha osato sfidare la massima “bergogliana”: “chi sono io per giudicare – nella fattispecie – un gender.
La problematica del “libertinaggio” clericale, è ormai prassi consolidata.
Se un prete in odor di eresia (categoria assai copiosa tra le mura vaticane) dalle ampie vedute mette in bocca a Gesù espressioni tipo: “ero gay e non avete riconosciuto il mio amore per il mio simile; sono andato a letto maschio, mi sono svegliato donna al mattino e avete insistito a chiamarmi Ugo; ero malato cronico o terminale e non mi avete donato l’eutanasia; ero gravida in un momento sbagliato e non mi avete permesso di abortire; mi sono sposato con la donna sbagliata e non mi avete concesso di risposarmi; ero sterile e non mi avete autorizzato a riprodurmi in vitro; ero depresso e non mi avete allungato una siringa con un buon tiramisù sintetico", gli applausi e i consensi del mondo, sono assicurati.
La speranza è che il monito di Zenti rimanga tale, la certezza è che il “miracolo” della riconciliazione, dei tarallucci e vino, e della relativa reintegrazione, si scruta già sull’orizzonte.