Tempi di Maria
2807

IL VITELLO D'ORO – figura dell’apostasia universale

Mentre Dio si rivelava in una maniera così solenne a Mosè, il popolo nella pianura commetteva la più orrenda scelleratezza. Sembrerebbe quasi incredibile tanta ingratitudine, e tanta insipienza, se non fossimo abituati a vedere simili enormità in mezzo a noi. Che cosa fa il mondo ingrato, mentre Dio si rivela in tanti modi? Dio si manifesta nella creazione, nella Provvidenza, nei ricami della grazia, si rivela per la Chiesa Cattolica, e il mondo eleva idoli nefandi, innanzi ai quali tresca in tutti i modi, offendendo il Signore! La prevaricazione degli Ebrei era figura della prevaricazione di tutti i tempi, e specialmente dell’apostasia finale, della quale noi siamo spettatori accorati. A Dio si è sostituito l’idolo delle creature, si è sostituito l’oro, e l’umanità si è data al sollazzo, allo sfogo di tutte le sue più umilianti passioni. Così fecero gli Ebrei quando il Verbo di Dio discese in terra e prese la nostra povera carne; essi lo ripudiarono, e lo crocifissero, portando invece in trionfo un ladro, Barabba.

Perché poi il popolo ebreo commise quel gran delitto? Alcuni affermano che l’avesse fatto per avere un segno sensibile di Dio, e che quell’atto fosse suggerito dalla fretta che aveva di raggiungere la terra promessa. Ma la spiegazione non suffraga, perché si oppone al contesto della Santa Scrittura, alla punizione severa che ebbero gli Israeliti e al disgusto che il Signore manifestò loro, in tanti modi, per quell’atto.

La psicologia di questo peccato è ben diversa: il popolo durante l’assenza di Mosè, non vedendo più nessun segno sensibile di Dio, cominciò a dubitare. Un senso di miscredenza invase quelle anime, prese dallo spirito di naturalismo, per il quale non riconobbero più un intervento divino nella loro storia, ma un evento umano. Essi, infatti, affermarono che Mosè li trasse dalla terra d’Egitto; dopo tanti segni miracolosi dell’intervento divino, bastò loro un’attesa di pochi giorni, per rinnegare tutto. Spiegata naturalmente, e come iniziativa personale di Mosè, l’uscita dall’Egitto, tutti i fatti miracolosi che si erano verificati nel loro viaggio furono giudicati alla stregua degli incantesimi egiziani.

Cessati, dunque quei fatti, secondo loro, bisognava rinnovarli per andare avanti; e per questo, occorreva elevare come un dio quello stesso bue che gli Egiziani adoravano. Mosè, non avendo più dato notizia di sé, era un uomo sfatato per gli Ebrei; avevano perduto un mago e volevano qualcosa che lo sostituisse, per uscire da quella situazione di attesa. Essi dovettero pensare anche che Mosè fosse qualche divinità, qualche idolo manifestatosi per un tempo, e poi eclissatosi. Solo così, infatti, si può spiegare come, volendo un capo che andasse innanzi a loro nel viaggio, invocano un idolo, e determinatamente il principale idolo egiziano: il vitello. Essi, forse, supposero che Mosè non fosse stato altro che il dio Api, il vitello egiziano; infatti prima dissero che Mosè li aveva tratti dall’Egitto, e dopo aver eretto il vitello assentirono a ciò che disse Aronne: Questo, o Israele, è il tuo dio che ti ha tratto dall’Egitto. Tutta la loro fede nel vero Dio era crollata sotto il gelido soffio di un’interpretazione personale dei fatti passati. Il libero esame compiva un altro dei suoi massacri di anime e le gettava nelle braccia dell’idolatria.

È evidente che gli Ebrei stessi, con atteggiamento minaccioso, richiesero da Aronne l’idolo. Non fu Aronne a far loro quella proposta empia e stolta; anzi egli, sperando di dissuaderli, domando l’oro che portavano agli orecchi le mogli, le figlie e i figli secondo l’uso orientale, per formare l’idolo maledetto. Sperava così di farli desistere dalla loro perversità, toccandoli nella cupidigia. Ma quello che essi non avrebbero dato al Signore, lo diedero senza discutere a satana! Così, mentre Dio richiedeva dal suo popolo un contributo per far erigere il tabernacolo, la sua dimora in mezzo a loro (25, 1, 7), satana, invidioso del loro bene, raccoglieva il suo tributo, per formarsi il suo tabernacolo e il suo altare! È una viva figura di quello che succede ogni giorno nel mondo, dove satana semina la zizzania e forma i suoi idoli e i suoi tabernacoli nefasti, per contrapporli a Dio. È una figura dell’apostasia dei popoli che, presi da un delirio diabolico, hanno disconosciuto Gesù Cristo, hanno finto d’ignorarlo, hanno gettato le loro attività nel fuoco delle passioni, e hanno formato un idolo di tutto quello che loro apparteneva. La ragione, la libertà, la scienza, lo Stato, la patria, tutto è stato idolatrato, e ridotto perciò in somma abiezione.

In questo delirio di apostasia universale, anche i sacerdoti hanno prevaricato tante volte, lasciandosi trasportare dalla corrente nefasta, come fece Aronne che edificò un altare al vitello, e fece proclamare come festa solenne del Signore l’orgia idolatrica di quel popolo. Certo, la colpa di Aronne fu molto grande. Compiuta l’apostasia, il popolo non pensò più che a mangiare, a bere e a divertirsi. Questa è anche oggi la vita del mondo apostata da Dio!
(...)

Mosè, scese dal monte insieme a Giosué (...). Quando vide poi da vicino il vitello, le danze, il tripudio di quel popolo (...) preso il vitello, lo gettò nel fuoco; lo fece fondere prima, poi lo ridusse in polvere e gettò la polvere nell’acqua, cioè nel rivo scorrente dall’Oreb, al quale beveva il popolo, affinché questi, bevendo, avesse capito l’inanità di quell’idolo! Lo fece anche perché quella polvere, mista all’acqua, ispirava disgusto, ed egli voleva, almeno così, dare agli Ebrei un profondo disprezzo per quell’idolo! (...)

Quale ammonimento è questo capitolo della Santa Scrittura per i sacerdoti! Un sacerdote, Aronne, fu il principale fattore dell’enorme delitto di quel popolo; si lasciò trascinare dalla moltitudine, ed eresse egli stesso un altare all’idolo infame! Un sacerdote non può farsi sopraffare dallo spirito del mondo; ogni dedizione al mondo lo rende idolatra delle creature e infedele alla missione ricevuta da Dio. Se il sacerdote, vedendo il popolo proclive al male, indulge al male stesso e lascia correre ogni disordine senza protestare, è reo innanzi a Dio di tutti i peccati che quel popolo commette. (...)

Aronne si scusò del peccato dicendo che il vitello s’era formato da sé nella fornace. Così fanno tutti quelli che oggi rinnegano Dio: negano Dio, Essere da sé, e ammettono il caso, la natura, le forze biologiche e simili pan-zane, come esseri da sé. Riguardano come una schiavitù l’idea soprannaturale e si fanno schiavi della materia! Quanti idoli sono oggi nel mondo e nessuno li infrange! L’idolatria dello Stato o statolatria, l’idolatria della donna, dell’indecenza, dell’impurità, l’idolatria della falsa scienza che presume di elevarsi in alto, in luogo di Dio, mentre non è che vacua stoltezza umana. Ci vuole nel mondo un’anima forte, innamorata di Dio fino al delirio, che infranga e polverizzi questi idoli, perché trionfi in tutto la gloria di Dio solo!

Don Dolindo Ruotolo, brano tratto dal "Commento all'Esodo" (cap. 32)

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Laus Tibi Christe
Questo è ben peggio della pachamama ... L'apostasia di Assisi'86: Buddha sull'altare
Francesco I
Se non altro il vitello era di materiale prezioso, mentre la pachamama, adorata da Bergoglio, è un barbaro manufatto di legno scadente!