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Perché tante SOFFERENZE nella nostra vita? Luci da Don Dolindo Ruotolo

IMITIAMO LA PAZIENZA DI DAVIDE CON SIMEI (cf 2 Samuele 16, 5-14) e pensiamo che tutto quello che soffriamo è sempre un giusto castigo per i nostri peccati (…).

Chi ti disprezza, chi t’insulta, chi ti perseguita, senza volerlo, ti ricorda che la tua anima è stata ingrata e infedele al Signore. Raccogliti in te e pensa: "Il Signore ha comandato ai miei superiori, ai miei fratelli, allo stesso mio padre e alla stessa mia madre di disprezzarmi; il Signore ha comandato ai miei avversari di perseguitarmi; non ho colpa in quello che mi dicono, è vero ma in quello che non vedono e non sanno. Essi sono come superficie di rimbalzo, dove le mie ingratitudini verso Dio ritornano a me, a guisa di saette avvelenate e mi pungono perché io risorga a vita più perfetta" (…).

Spesso a noi sfuggono le relazioni di causa ed effetto che vi sono tra un peccato passato e un’espiazione presente; ma queste relazioni vi sono certamente e noi possiamo benissimo umiliarci innanzi a Dio. Le colpe nostre sono occulte e Dio pietosamente le mantiene tali ma l’espiazione è manifesta, avviene nelle nostre relazioni con le creature (…).

Più l’anima è santa, più è cara a Dio e più queste espiazioni si fanno insistenti; è una misericordia immensa da parte del Signore, poiché Egli tende a rendere bella l’anima privilegiata prima che passi alla vita eterna, per averla subito nella gloria. Le pene dei santi non sono che il Purgatorio delle loro imperfezioni e la loro anima in questi crogiuoli si purifica di ogni più piccolo granello di scoria. Per questo, quanto più si va avanti nella via di Dio, tanto più la vita si adorna di spine (…).

Spesso la vita di un’anima santa ha il suo epilogo in un Calvario penosissimo che è l’ultima fiamma nella quale si consumano tutte le imperfezioni. Così nessuno si meraviglierà che santa Teresa del Bambino Gesù, l’innocente giglio di Lisieux, abbia chiuso la sua vita nello spasimo più profondo, fino ad esclamare: Non credevo che si potesse soffrire tanto. Essa era assediata dall’Amore (...). Nella morte occorreva la purezza assoluta, degna di Dio e l’Amore la tormentò per possederla immediatamente (…).

Perciò in ogni pena, di qualunque natura sia, non pensiamo mai che sia ingiusta ma esclamiamo con profonda riconoscenza a Dio che ci purifica: "È troppo poco questo per i peccati miei" (…).

Pensiamo che tutto si paga e che dobbiamo tremare salutarmente per il rendiconto di ogni nostra azione perversa. Siamo tutti peccatori innanzi a Dio, umiliamoci profondamente (…) e, anziché scusarci nelle nostre passioni, diciamo al Signore: “Ho peccato”. Quando ci vediamo tribolati in conseguenza delle nostre colpe, anziché disperarci (…) facciamo penitenza perché (…) possiamo avere dopo il castigo la misericordia e la pace (...).

Dio
ha per noi una carità meravigliosa, custodisce la nostra riputazione anche innanzi agli uomini e mostra così quanto gli è cara la carità. In generale ci colpisce per i peccati occulti con un castigo che ci mostra innocenti, con un castigo che sembra immeritato e nella sua bontà ci fa apparire coperti di un ammanto di gloria, quando dovremmo essere coperti di obbrobrio. Dio concilia intorno a noi la compassione altrui poiché nelle nostre pene siamo riguardati innocenti mentre, se tutti conoscessero la vera ragione della nostra espiazione, ci disprezzerebbero (…).

Quante volte noi crediamo che Dio sia spietato, permettendo che un’anima buona sia ingiustamente colpita; Egli, invece, è infinitamente delicato e nasconde le vere colpe da lei commesse, facendogliele espiare sotto un ammanto di eroica innocenza (...).

Se si facesse l’esame di tutte le pene della vita da questo punto di vista, noi forse riusciremmo a leggere pienamente nella nostra coscienza, come un medico che dai sintomi arguisce il malanno.

(Don Dolindo Ruotolo, dal commento al secondo libro di Samuele).

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UN MIO COMMENTO

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