"Ma non sarà un po' marxista?"
Primo Piano | Approfondimenti - 06:00
"Ma non sarà un po' marxista?"
Esattamente due anni fa Jorge Mario Bergoglio succedeva a Joseph Ratzinger: oggi è un Papa popolarissimo
In fondo non c'è troppo da stupirsi: è dalle millenarie polemiche (a partire dagli ipotetici errori di traduzione) sull'icastica iperbole evangelica dei cammelli nelle crune degli aghi e dei ricchi nel regno dei cieli che il rapporto tra sacre scritture ed economia di mercato non smette di dividere e accendere gli animi, almeno nel cristianizzato mondo occidentale. Tuttavia non si può negare che tra gli aspetti più discussi di questo primo biennio del pontificato bergogliano - un pontificato di grande popolarità che suscita molte simpatie - c'è proprio la posizione critica di papa Francesco nei confronti di quell' «economia di carta», per usare il titolo di un famoso saggio di David Bazelon del 1964, che è in fondo la «causa strutturale dell'iniquità» contemporanea che il pontefice non ha timore di denunciare a gran voce. In due anni di pontificato (anniversario che cade proprio oggi) il Papa ha parlato molto di denaro, finanza, occupazione, costi umani della crisi. Giudizi taglienti entrati nei documenti ufficiali della Chiesa e in un testo rivolto a tutti, ma in particolare alle gerarchie e ai fedeli, perché operino con una rinnovata responsabilità nel mondo globale. Ma chi lo attacca, e chi lo difende, in questa battaglia?
Per capire meglio il pensiero economico di Bergoglio e per orientarsi nell'impostazione che sta prendendo la dottrina sociale della Chiesa è di grande aiuto il libro dei vaticanisti Andrea Tornielli e Giacomo Galeazzi, appena pubblicato con una intervista al Papa su capitalismo e giustizia sociale (Papa Francesco: questa economia uccide, ed. Piemme), cui dedichiamo l'intervista nella pagina a lato. Ma già all'indomani dell'esortazione apostolica «Evangelii Gaudium», una sorta di manifesto programmatico in cui senza mezzi termini papa Francesco definisce l'attuale sistema economico «ingiusto alla radice», contro le posizioni di Bergoglio (per alcuni il Papa è addirittura un «comunista») si sono levate voci e critiche talvolta piuttosto aspre.
Limbaugh: «Non sa di cosa parla»
A cominciare dagli Stati Uniti dove il noto speaker radiofonico Rush Limbaugh aveva commentato a caldo: «È incredibile, il Papa ha scritto sui mali intrinseci del capitalismo. È triste perché fa capire che non sa di cosa parla, quando si tratta di capitalismo e socialismo». Sulla stessa lunghezza d'onda il milionario Ken Langone, cattolico e filantropo, che era arrivato a mettere in dubbio i finanziamenti per il restauro della cattedrale di Saint Patrick, a New York: le parole del Papa – aveva osservato – rappresentano «un elemento di esclusione». Più duro ancora il deputato dei Tea Party Jonathan Moseley: «Gesù sta piangendo per le parole del Papa». Alle accuse il Papa aveva tuttavia prontamente replicato seppur indirettamente nel corso dell'intervista concessa a «La Stampa» il 15 dicembre 2013 dicendo: «Il marxismo è un'ideologia sbagliata, ma ho conosciuto diversi marxisti che erano brave persone, e quindi quell'aggettivo non mi offende».
Glassman: «Basta lamentarsi»
Il 2 dicembre 2013, in un memorandum, l'economista James Glassman di JP Morgan, pur senza mai nominare il Papa, difendeva le economie di mercato e la loro «efficienza» nel salvare la gente dalla povertà. «Chi è preoccupato per la povertà globale» scriveva Glassman «deve avere un atteggiamento più grato, oggigiorno, invece di lamentarsi. I lamenti che si sentono spesso sull'incapacità dei sistemi economici di far fronte alla piaga della povertà ignorano alcuni fatti fondamentali». Il 23 dicembre 2013 John Gapper, noto editorialista del «Financial Times», commentando l'esortazione «Evangelii Gaudium», ha affermato a sua volta che Francesco «ha torto sulla questione della diseguaglianza» economica nel mondo. Nel mirino del commentatore dell'autorevole quotidiano economico-finanziario c'è soprattutto il paragrafo 56 dell'«Evangelii Gaudium» contro le ideologie che difendono l'autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria. «Un attacco al capitalismo finanziario e al cosiddetto 1 per cento della popolazione», cioè ai ricchi, ha scritto Gapper.
«Sulla linea di Lenin»
Polemiche suscitò poi un'intervista apparsa sul quotidiano catalano «La Vanguardia» il 12 giugno 2014 nella quale il Papa diceva, tra le altre cose: «Scartiamo un'intera generazione per mantenere un sistema economico che non regge più, un sistema che per sopravvivere deve fare la guerra, come hanno fatto sempre i grandi imperi. (...) si fabbricano e si vendono armi, e così facendo i bilanci delle economie idolatriche, le grandi economie mondiali che sacrificano l'uomo ai piedi dell'idolo del denaro, ovviamente si sanano». «Dichiarando un collegamento diretto tra capitalismo e guerra» scriveva una settimana dopo l'«Economist» «[il Papa] sembra prendere una linea ultraradicale: una linea che – consapevolmente o meno – segue quella proposta da Vladimir Lenin nella sua analisi di capitalismo e imperialismo e di come siano stati la causa dello scoppio della Prima guerra mondiale, un secolo fa. Ci sono molti controargomenti: la storia è piena di esempi di forme di potere che hanno generato violenza in modo ancora più evidente di quanto non abbia fatto il capitalismo, dal feudalesimo ai regimi totalitari».
«Non interpretiamolo»
Una via di mezzo l'ha cercata invece su questi argomenti il Washington Post spiegando con un lungo articolo di Tom Krattenmaker che il Papa non va interpretato con una chiave solo politica: il suo è un approccio «profetico» ai problemi e quindi anche al tema dell'ingiustizia e degli eccessi dell'individualismo, Bergoglio «non è un neo marxista». I suoi critici fanno dunque un errore nel valutarlo con le lenti «della politica e dell'ideologia americana». Tuttavia, per tornare in Europa, sull'edizione online de «Il Giornale» dello scorso 5 marzo, Piero Ostellino, già direttore del «Corriere della Sera» e commentatore per la nostra testata, ha scritto che «Papa Francesco pare credere all'idea di Rousseau che l'uomo nasca innocente e si corrompa vivendo in società; in particolare, nella società democratico-liberale e capitalista, dove la libertà e la proprietà privata produrrebbero, a suo avviso, solo diseguaglianze generatrici di ingiustizie. (...) Questo Papa, terzomondista, demagogo e pauperista, non mi piace e non piace neppure a molti cattolici. Forse, conquisterà qualche nuovo credente nelle zone del mondo, come l'America Latina, da dove viene e dove più forti sono le diseguaglianze sociali. Ma temo che, col suo soggettivismo, farà più danni che apportare vantaggi alla religione». Torna in mente il paradosso di Hélder Càmara, il «Vescovo brasiliano delle favelas» che polemicamente ripeteva ad ogni intervistatore: «Quando do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista». Chissà cosa ne pensa papa Francesco.
13.03.2015 - 06:00 (dal Corriere del Ticino on-line)
Carlo Silini e Matteo Airaghi
"Ma non sarà un po' marxista?"
Esattamente due anni fa Jorge Mario Bergoglio succedeva a Joseph Ratzinger: oggi è un Papa popolarissimo
In fondo non c'è troppo da stupirsi: è dalle millenarie polemiche (a partire dagli ipotetici errori di traduzione) sull'icastica iperbole evangelica dei cammelli nelle crune degli aghi e dei ricchi nel regno dei cieli che il rapporto tra sacre scritture ed economia di mercato non smette di dividere e accendere gli animi, almeno nel cristianizzato mondo occidentale. Tuttavia non si può negare che tra gli aspetti più discussi di questo primo biennio del pontificato bergogliano - un pontificato di grande popolarità che suscita molte simpatie - c'è proprio la posizione critica di papa Francesco nei confronti di quell' «economia di carta», per usare il titolo di un famoso saggio di David Bazelon del 1964, che è in fondo la «causa strutturale dell'iniquità» contemporanea che il pontefice non ha timore di denunciare a gran voce. In due anni di pontificato (anniversario che cade proprio oggi) il Papa ha parlato molto di denaro, finanza, occupazione, costi umani della crisi. Giudizi taglienti entrati nei documenti ufficiali della Chiesa e in un testo rivolto a tutti, ma in particolare alle gerarchie e ai fedeli, perché operino con una rinnovata responsabilità nel mondo globale. Ma chi lo attacca, e chi lo difende, in questa battaglia?
Per capire meglio il pensiero economico di Bergoglio e per orientarsi nell'impostazione che sta prendendo la dottrina sociale della Chiesa è di grande aiuto il libro dei vaticanisti Andrea Tornielli e Giacomo Galeazzi, appena pubblicato con una intervista al Papa su capitalismo e giustizia sociale (Papa Francesco: questa economia uccide, ed. Piemme), cui dedichiamo l'intervista nella pagina a lato. Ma già all'indomani dell'esortazione apostolica «Evangelii Gaudium», una sorta di manifesto programmatico in cui senza mezzi termini papa Francesco definisce l'attuale sistema economico «ingiusto alla radice», contro le posizioni di Bergoglio (per alcuni il Papa è addirittura un «comunista») si sono levate voci e critiche talvolta piuttosto aspre.
Limbaugh: «Non sa di cosa parla»
A cominciare dagli Stati Uniti dove il noto speaker radiofonico Rush Limbaugh aveva commentato a caldo: «È incredibile, il Papa ha scritto sui mali intrinseci del capitalismo. È triste perché fa capire che non sa di cosa parla, quando si tratta di capitalismo e socialismo». Sulla stessa lunghezza d'onda il milionario Ken Langone, cattolico e filantropo, che era arrivato a mettere in dubbio i finanziamenti per il restauro della cattedrale di Saint Patrick, a New York: le parole del Papa – aveva osservato – rappresentano «un elemento di esclusione». Più duro ancora il deputato dei Tea Party Jonathan Moseley: «Gesù sta piangendo per le parole del Papa». Alle accuse il Papa aveva tuttavia prontamente replicato seppur indirettamente nel corso dell'intervista concessa a «La Stampa» il 15 dicembre 2013 dicendo: «Il marxismo è un'ideologia sbagliata, ma ho conosciuto diversi marxisti che erano brave persone, e quindi quell'aggettivo non mi offende».
Glassman: «Basta lamentarsi»
Il 2 dicembre 2013, in un memorandum, l'economista James Glassman di JP Morgan, pur senza mai nominare il Papa, difendeva le economie di mercato e la loro «efficienza» nel salvare la gente dalla povertà. «Chi è preoccupato per la povertà globale» scriveva Glassman «deve avere un atteggiamento più grato, oggigiorno, invece di lamentarsi. I lamenti che si sentono spesso sull'incapacità dei sistemi economici di far fronte alla piaga della povertà ignorano alcuni fatti fondamentali». Il 23 dicembre 2013 John Gapper, noto editorialista del «Financial Times», commentando l'esortazione «Evangelii Gaudium», ha affermato a sua volta che Francesco «ha torto sulla questione della diseguaglianza» economica nel mondo. Nel mirino del commentatore dell'autorevole quotidiano economico-finanziario c'è soprattutto il paragrafo 56 dell'«Evangelii Gaudium» contro le ideologie che difendono l'autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria. «Un attacco al capitalismo finanziario e al cosiddetto 1 per cento della popolazione», cioè ai ricchi, ha scritto Gapper.
«Sulla linea di Lenin»
Polemiche suscitò poi un'intervista apparsa sul quotidiano catalano «La Vanguardia» il 12 giugno 2014 nella quale il Papa diceva, tra le altre cose: «Scartiamo un'intera generazione per mantenere un sistema economico che non regge più, un sistema che per sopravvivere deve fare la guerra, come hanno fatto sempre i grandi imperi. (...) si fabbricano e si vendono armi, e così facendo i bilanci delle economie idolatriche, le grandi economie mondiali che sacrificano l'uomo ai piedi dell'idolo del denaro, ovviamente si sanano». «Dichiarando un collegamento diretto tra capitalismo e guerra» scriveva una settimana dopo l'«Economist» «[il Papa] sembra prendere una linea ultraradicale: una linea che – consapevolmente o meno – segue quella proposta da Vladimir Lenin nella sua analisi di capitalismo e imperialismo e di come siano stati la causa dello scoppio della Prima guerra mondiale, un secolo fa. Ci sono molti controargomenti: la storia è piena di esempi di forme di potere che hanno generato violenza in modo ancora più evidente di quanto non abbia fatto il capitalismo, dal feudalesimo ai regimi totalitari».
«Non interpretiamolo»
Una via di mezzo l'ha cercata invece su questi argomenti il Washington Post spiegando con un lungo articolo di Tom Krattenmaker che il Papa non va interpretato con una chiave solo politica: il suo è un approccio «profetico» ai problemi e quindi anche al tema dell'ingiustizia e degli eccessi dell'individualismo, Bergoglio «non è un neo marxista». I suoi critici fanno dunque un errore nel valutarlo con le lenti «della politica e dell'ideologia americana». Tuttavia, per tornare in Europa, sull'edizione online de «Il Giornale» dello scorso 5 marzo, Piero Ostellino, già direttore del «Corriere della Sera» e commentatore per la nostra testata, ha scritto che «Papa Francesco pare credere all'idea di Rousseau che l'uomo nasca innocente e si corrompa vivendo in società; in particolare, nella società democratico-liberale e capitalista, dove la libertà e la proprietà privata produrrebbero, a suo avviso, solo diseguaglianze generatrici di ingiustizie. (...) Questo Papa, terzomondista, demagogo e pauperista, non mi piace e non piace neppure a molti cattolici. Forse, conquisterà qualche nuovo credente nelle zone del mondo, come l'America Latina, da dove viene e dove più forti sono le diseguaglianze sociali. Ma temo che, col suo soggettivismo, farà più danni che apportare vantaggi alla religione». Torna in mente il paradosso di Hélder Càmara, il «Vescovo brasiliano delle favelas» che polemicamente ripeteva ad ogni intervistatore: «Quando do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista». Chissà cosa ne pensa papa Francesco.
13.03.2015 - 06:00 (dal Corriere del Ticino on-line)
Carlo Silini e Matteo Airaghi