Del resto, vi abbiamo già raccontato di Mauro Gambetti, francescano che quando ritorna ad Assisi indossa saio e sandaletti, ma in Vaticano impeccabile in clergyman stirato e croce pettorale, intento a organizzare raffinati buffet sulle terrazze di San Pietro e conferenze stampa sulla fraternità. La Basilica di San Pietro è da anni terreno di turismo aggressivo, una fiera del marketing religioso. Preghiera, adorazione, silenzio? Miraggi evaporati dal 2020. Gambetti ha aperto negozi in Via della Conciliazione, ha stretto accordi con gente ricca, ha speso milioni di euro per i suoi capricci, ecc…
Ma il contagio non si è fermato sotto il baldacchino del Bernini. Anche la Basilica di San Paolo fuori le mura, dove dimora la comunità dei benedettini di Donato Ogliari (già protagonista di un arido epilogo a Montecassino, dopo il fuggi fuggi da Noci dove i suoi confratelli non ne volevano più sentir parlare), sembra aver deciso di battere cassa...
...Il preventivo, redatto con una precisione quasi maniacale, non tralascia nulla. Si parte dalle sedie, che non sono più semplici arredi ma diventano una voce di bilancio: ogni fedele, per poter prendere posto, deve pagare il proprio. Un euro e trenta a sedia, moltiplicato per il numero dei pellegrini. Poi c’è la musica: l’organista non suona per devozione ma dietro compenso (e che compenso!), e per una sola celebrazione la cifra sale già a diverse centinaia di euro. Sfogliando ancora il documento, compaiono altre voci curiose: lo straordinario del personale fuori orario, il consumo di energia elettrica calcolato in modo forfettario – e qui il vescovo, con un sorriso amaro, domanda: «Ma perché, se non ci fossimo noi starebbero al buio?»...
Una Messa non è un concerto. Nessuno dovrebbe sentirsi “ospite a pagamento” nella casa di Dio, specie se si chiedono soldi per cose basilari come la sedia su cui sedersi.