L’imposizione della Comunione sulla mano: un abuso !

Riceviamo e pubblichiamo con molto piacere quest’articolo del Rev.do Don Federico Bortoli, autore del famoso libro La distribuzione della Comunione sulla mano (Cantagalli, 22€), proprio riguardo l’imposizione ai fedeli di ricevere il Corpo del Signore solo sulla mano, approfittando dell’emergenza coronavirus.

La questione della Comunione sulla mano è una tematica che mi sta molto a cuore e ho ampiamente trattato nel mio libro La distribuzione della Comunione sulla mano, edito da Cantagalli, con la prefazione del Cardinal Robert Sarah. Perciò in queste righe non affronterò il tema nel suo complesso, con tutte le sue problematiche, ma mi limiterò a considerare se esiste un fondamento medico-scientifico e giuridico per imporre la Comunione sulla mano, come si sta facendo in molti luoghi. Naturalmente per ciò che concerne l’ambito medico farò riferimento ad esperti in materia, mentre per l’aspetto giuridico cercherò di dare il mio contributo di canonista, basandomi su ciò che dice realmente il diritto canonico, che come ho avuto modo di apprendere nei miei studi è essenzialmente la ricerca di “ciò che è giusto” in modo oggettivo ed è garanzia affinché vengano salvaguardati i diritti dei fedeli. Spesso, invece, si ha l’impressione che il diritto o presunto tale venga utilizzato come strumento per imporre le proprie idee, calpestando le norme reali e i diritti dei fedeli, approfittando solamente della propria posizione di potere.

A seguito dell’attuale situazione sanitaria legata al covid, in molti luoghi la Comunione in bocca viene negata, ponendo serie difficoltà di coscienza sia ai fedeli che desiderano ricevere l’Eucaristia in tal modo, sia ai sacerdoti che desiderano rispettare il diritto dei fedeli stessi a comunicarsi così.

Il divieto della Comunione in bocca viene giustificato basandosi sul fatto che tale modalità sarebbe, in maniera certa e inequivocabile, più rischiosa rispetto alla Comunione sulla mano per la contaminazione da covid. Come vedremo, di questo non vi è alcuna evidenza scientifica oggettiva. Sul tema ci sono opinioni contrastanti, come del resto su tutta la questione covid si sente tutto e il contrario di tutto all’interno della stessa comunità scientifica, e non si capisce perché debbano valere di più le opinioni di certi medici piuttosto che altri, solo perché coincidono con il proprio punto di vista del tutto personale. È necessario valutare le cose con più oggettività possibile.

Tutti i medici concordano sul fatto che, in base alla letteratura scientifica, il covid si trasmette attraverso goccioline (droplets): in altre parole il coronavirus deve letteralmente “prendere il volo” per poter infettare, e ciò può avvenire con starnuti, colpi di tosse e parlando a voce alta. Inoltre, alcuni medici come il Dottor Paolo Gulisano, epidemiologo presso l’ospedale di Lecco e il Dottor Fabio Sansonna, chirurgo presso l’Ospedale Niguarda di Milano evidenziano che la stessa saliva finché non passa dallo stato liquido, come è normalmente in bocca, allo stato di goccioline è innoqua. Oltretutto la saliva stessa contiene il lisozima che è un disinfettante naturale, il quale agisce contro i virus e i batteri.

Il professor Filippo Boscia, presidente nazionale dei medici cattolici, sostiene che sono proprio le mani, toccando tutto, ad essere la parte del corpo più esposta ai virus e che pertanto è proprio la Comunione sulla mano ad essere più pericolosa. Di fronte a tale considerazione si obbietterà che, utilizzando il gel disinfettante e non facendo lo scambio della pace, tale problema non sussiste. In realtà, dopo essersi disinfettato le mani all’ingresso della chiesa, con le mani inevitabilmente si toccano le panche e altri oggetti. Ma soprattutto, in molte chiese, nonostante le attuali normative dicano che le offerte devono essere lasciate prima o al termine della funzione in un apposito contenitore (qui sì che si che si può tranquillamente trasgredire la norma), da tempo si è cominciato a raccogliere le offerte durante l’offertorio, pur utilizzando un oggetto adeguato per mantenere la distanza. Resta il fatto che i fedeli, dopo avere toccato il denaro, banconote o monete che siano (e si sa che dal punto di vista igienico sono tra le cose più sporche), ricevono l’Eucaristia sulla mano e se la portano alla bocca. Qualcuno dovrebbe spiegare dove sta l’igiene in questo caso. Per di più, molti sacerdoti notano che proprio distribuendo la Comunione sulla mano, con molta facilità, entrano in contatto con la mano del fedele, per quanto si cerchi di evitarlo, mentre con la Comunione in bocca molto raramente si viene in contatto con la lingua o le labbra del fedele e, se dovesse capitare, è sufficiente procedere alla disinfezione delle dita. Quindi, è proprio la Comunione sulla mano ad essere meno sicura dal punto di vista igienico.

Ben 21 medici cattolici austriaci, nel giugno scorso, rifacendosi alle considerazioni del professor Boscia, hanno chiesto alla loro conferenza episcopale di rimuovere il divieto della Comunione in bocca e la conferenza ha tolto questo divieto. Nel settembre scorso anche 27 medici tedeschi hanno fatto la medesima richiesta alla loro conferenza episcopale.

Chiarito quindi che non vi è alcuna seria ed oggettiva ragione sanitaria per imporre la Comunione sulla mano, analizziamo ora la questione dal punto di vista giuridico, cercando di capire se i vari provvedimenti volti a vietare la Comunione sulla lingua siano leciti e validi.

Innanzitutto si sostiene che la Comunione sulla mano sarebbe una richiesta tassativa dello Stato per garantire la salute pubblica, la cui non osservanza porterebbe addirittura a conseguenze penali. A tal proposito, chi ritenesse che lo Stato possa determinare nel concreto un rito liturgico, segnalo che il Card. Sarah, quando era Prefetto del Culto Divino, il 12 settembre scorso ha reso pubblica una lettera ufficiale del 15 agosto 2020, approvata in forma specifica dal Santo Padre, in riferimento all’attuale situazione sanitaria, dove si ricorda che «le norme liturgiche non sono materie sulla quale possono legiferare le autorità civili, ma soltanto le competenti autorità ecclesiastiche», facendo riferimento diretto a Sacrosanctum Concilium 22 e al can. 838 del Codice di Diritto Canonico. Tanto per rispondere a chi distribuisce con tanta superficialità patenti di disobbedienza al Papa e al Vaticano II, senza alcun fondamento. Ci può stare che vengano date indicazioni circa il distanziamento e l’uso delle mascherine, ma non certo determinare come si debba svolgere un rito liturgico. In ogni caso, stando all’ultimo documento emanato dal Ministero dell’Interno stilato sulla base del famoso CTS, si parla solo di “raccomandazione” di evitare la distribuzione della Comunione in bocca. Quindi non vi è assolutamente alcun obbligo e tantomeno alcuna conseguenza penale nel non osservare tale raccomandazione.

Inoltre, è molto interessante considerare che nei protocolli siglati dallo Stato italiano con le Comunità ortodosse, protestanti, evangeliche e anglicane, al momento della Comunione si chiede solamente di non venire a contatto con i fedeli, senza assolutamente entrare nel dettaglio di come si debba svolgere questo rito. Ed è risaputo che le Comunità ortodosse fanno sempre la Comunione sotto le due specie utilizzando un cucchiaino che viene avvicinato alla bocca di ogni fedele. Anche alcune comunità luterane fanno la Comunione in bocca e in ginocchio. Quindi lo Stato verso queste comunità non ha affatto preteso che la Comunione venga fatta solo ed esclusivamente in mano; stanno svolgendo il rito di Comunione come hanno sempre fatto. La stessa raccomandazione di evitare la Comunione in bocca indirizzata alla CEI è stata fatta solo dopo una sollecitazione da parte della stessa CEI e nel primo protocollo si parla solo di non venire a contatto con le mani dei fedeli, senza escludere la Comunione in bocca. Pertanto è falso affermare che lo Stato o la CEI pretende in modo tassativo la Comunione sulla mano.

Ma molti sostengono che le conferenze episcopali regionali e/o il singolo vescovo diocesano possano proibire la Comunione in bocca. È veramente così? Innanzitutto possiamo notare che questi “provvedimenti” sono per lo più semplici comunicati o lettere, presentando quindi delle lacune dal punto di vista formale e giuridico e che pertanto non possono in alcun modo abrogare o sospendere la norma generale della Comunione in bocca. Perché è proprio questo il punto fondamentale, la Comunione sulla lingua è la norma generale che regola la distribuzione dell’Eucaristia, confermata in modo solenne dalla Santa Sede con l’Istruzione Memoriale Domini del 29 maggio 1969. Quindi è il legislatore supremo, la Sede Apostolica, ad avere confermato la norma generale della Comunione in bocca. La stessa Istruzione prevede anche la possibilità di chiedere l’indulto della Comunione sulla mano, che da punto di vista giuridico è una eccezione alla legge, che pertanto non può per sua natura diventare la norma generale. Per questo motivo un vescovo nella propria diocesi può fare tranquillamente un decreto con il quale vieta la Comunione sulla mano (come ha fatto il vescovo di Oruro in Colombia nel 2016), ma non può fare il contrario, ossia vietare la Comunione in bocca.

Si sostiene, però, che in caso di emergenza sanitaria, quanto sopra non vale. In realtà non vi è alcun fondamento giuridico in tale affermazione. Per di più abbiamo già dimostrato che non vi sono evidenze scientifiche oggettive per affermare che la Comunione sulla mano sia più sicura dal punto di vista igienico rispetto alla Comunione in bocca. Ma ammesso che si dimostrasse questo, solo il legislatore supremo, ossia la Santa Sede, potrebbe cambiare la norma generale della Comunione in bocca (e al momento non l’ha ancora fatto). Nessuna autorità inferiore può modificare questa norma, quindi nessuna conferenza episcopale nazionale, regionale o il singolo vescovo può modificare la norma generale della Comunione in bocca.

Lo stesso canone 838 del Codice di Diritto Canonico è estremamente importante in tal senso, perché ricorda proprio che regolare la sacra liturgia spetta alla Sede Apostolica, sottolineando che il vescovo diocesano può legiferare in materia liturgica entro i limiti della sua competenza. Le stesse conferenze episcopali hanno dei limiti ben determinati, come stabilisce il canone 455. Perciò se un vescovo o una conferenza episcopale vietano la Comunione in bocca, anche se anziché comunicati o lettere utilizzassero dei decreti (più corretti dal punto di vista formale), oltrepassano i limiti della loro competenza, compiendo un vero e proprio abuso di potere. Questi provvedimenti pertanto risultano essere invalidi e non hanno alcuna forza obbligante, né per i sacerdoti né per gli altri fedeli. Si dirà che per altre questioni, come l’abolizione dello scambio della pace (recentemente modificato), non si sono poste obiezioni, ma questo intervento rientra nel proprio ambito di competenza, anzi lo stesso celebrante ha facoltà sempre di ometterlo, non essendo obbligatorio. Quindi è davvero paradossale che certi pastori pretendano l’obbedienza a certe “norme” stabilite in modo arbitrario, quando essi stessi sono i primi disobbedienti alle autentiche norme della Chiesa.

L’attuale Ordinamento Generale del Messale Romano e l’Istruzione Redemptionis Sacramentum del 25 marzo 2004 confermano in maniera chiara e inequivocabile che il fedele ha sempre e comunque il diritto di ricevere la Comunione in bocca, anche dove è consentita la Comunione sulla mano. Non solo, la stessa Istruzione al n. 91 ricorda che non è lecito negare la Santa Comunione a seconda del modo che uno sceglie per comunicarsi, citando il canone 843 § 1, che stabilisce che «i ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedono opportunamente». Ora, come si può negare la Comunione semplicemente perché un fedele chiede di riceverla in un modo stabilito dalla Chiesa? Il fedele che non vuole ricevere la Comunione sulla mano non lo fa perché è fissato, rigido e formalista, ma perché con questa modalità ci sono molti inconvenienti, primo fra tutti l’inevitabile dispersione di frammenti eucaristici. La rigidità piuttosto la si riscontra in chi vuole imporre con la forza la Comunione sulla mano. In sostanza si dice: “Vuoi la Comunione? O la predi in mano o niente! Complimenti, e poi ci riempiamo la bocca di “carità e sensibilità pastorale”, di vicinanza ai fedeli, di essere misericordiosi e comprensivi. In realtà questa imposizione appare né più né meno come una forma di clericalismo, mai tanto combattuto come in questo tempo, ma solo a parole. Diversi sacerdoti, pur essendo contrari alla Comunione sulla mano, non la negano e nell’attuale situazione, per venire incontro alle difficoltà di alcuni fedeli, disorientati da tante informazioni contrastanti che ricevono, fanno comunicare prima coloro che vogliono la Comunione in mano e poi alle fine quelli in bocca. Quindi è sufficiente un po’ di buon senso. Mi pare che questi sacerdoti dimostrino un’apertura e una elasticità mentale ben maggiore di certi novelli farisei e legalisti. E invece cosa si fa? Chi rispetta la libertà di scelta dei fedeli, con le dovute attenzioni, viene accusato di disobbedienza e, senza alcun fondamento scientifico, di essere un irresponsabile, un untore, di essere causa di propagazione del virus, di non preoccuparsi della salute della gente. Come siamo bravi a stravolgere la realtà!

Piuttosto sembra che, nell’attuale situazione, si sia presa la palla al balzo per dare un’ultima spallata alla Comunione in bocca, detestata da molti per motivi ideologici. Ne è prova il fatto che qualche vescovo ha addirittura definito la Comunione sulla lingua un abuso liturgico, quando in realtà è proprio la Comunione sulla mano ad essersi imposta come un abuso liturgico, che poi è stato successivamente legalizzato. Sono numerosi i fedeli che, anche prima dell’inizio della pandemia, sono stati derisi, presi in giro e gravemente offesi dai propri pastori solo perché desideravano ricevere la Comunione in bocca e in ginocchio, dimostrando anche in questo caso una proverbiale carità e sensibilità pastorale. A loro veniva intimato, con estrema severità di alzarsi, altrimenti non avrebbero ricevuto l’Eucaristia: questo sì che è un abuso, come ricorda Redemptionis Sacramentum n. 91. Ma, di fronte a tanti casi del genere, non si è preso nessun provvedimento, anzi c’è stato un tacito assenso.

Mi pare che molti fedeli oggi dimostrino di aver più fede nella Presenza Reale di Nostro Signore e di aver più rispetto nell’Eucaristia di molti pastori che, invece di fare crociate contro la Comunione in bocca, dovrebbero forse prendere ad esempio dalla fede dei piccoli e semplici pastorelli di Fatima che così pregavano con la preghiera insegnata loro dall’Angelo:

«Mio Dio, io credo, adoro, spero e Ti amo. Ti chiedo perdono per quelli che non credono, non adorano, non sperano e non Ti amano. Santissima Trinità, Padre e Figlio e Spirito Santo, io Ti adoro profondamente e Ti offro il Preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di nostro Signore Gesù Cristo, presente in tutti i Tabernacoli del mondo, in riparazione degli oltraggi, sacrilegi ed indifferenze con cui Egli stesso ê offeso. E per i meriti infiniti del Suo Cuore Sacratissimo e del Cuore Immacolato di Maria, Ti domando la conversione dei poveri peccatori».

Don Federico Bortoli

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INTERVISTA A KRUIJEN

No, non si può vietare la Comunione sulla lingua

di Luisella Scrosati

Monsignor Christophe J.Kruijen, sacerdote della diocesi di Metz, alla Congregazione per la Dottrina della Fede dal 2008 al 2016 e autore del recente articolo “À propos de l’interdiction de la communion donnée sur la langue”, ha spiegato alla Nuova Bussola Quotidiana il limite dei vescovi e delle conferenze episcopali nel vietare di ricevere la Comunione sulla lingua e quali possibilità si hanno di distribuirla così nonostante l’imposizione.

Monsignor Christophe J.Kruijen è sacerdote della diocesi di Metz. La sua tesi di dogmatica ha ricevuto il premio “Henri de Lubac” nel 2010; riveduta ed ampliata è stata pubblicata con il titolo Peut-on espérer un salut universel?, ricevendo il riconoscimento dell’Académie française. Ha lavorato alla Congregazione per la Dottrina della Fede dal 2008 al 2016 ed è anche autore del recente articolo “À propos de l’interdiction de la communion donnée sur la langue” (vedi qui).

Lo scorso 13 novembre, Mons. Roche, sulla base della lettera del Card. Sarah del 15 agosto 2020, ha scritto che in tempi di difficoltà, i vescovi possono imporre norme provvisorie «anche chiaramente, come in questo caso, sospendere per tutto il tempo richiesto la recezione della Santa Comunione sulla lingua durante la celebrazione pubblica della Santa Messa». Nel 2009, sempre in tempi di pandemia, si era invece difeso il diritto del fedele, secondo Redemptionis Sacramentum, 92. E’ canonicamente possibile un tale rovesciamento?
Mi sembra problematico. Mons. Roche si riferisce alla menzionata lettera del Card. Sarah, ma in essa sta anche scritto: “Si faciliti la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni […] nel pieno rispetto delle norme, contenute nei libri liturgici, che ne regolano lo svolgimento”. Ora, questi libri prevedano la Comunione in bocca. Ricordo poi l’Istruzione Redemptionis Sacramentum, 186: «Ogni ministro sacro si interroghi, anche con severità, se ha rispettato i diritti dei fedeli laici».

Il divieto è stato imposto anche per le celebrazioni nella Forma Straordinaria del Rito Romano. Questa decisione è compatibile con la legislazione propria di questa forma celebrativa?
Non lo è, perché la celebrazione della santa Messa secondo questa forma non prevede la possibilità della Comunione in mano. Imporla ciononostante rappresenta una violazione dell’integrità di un Rito sacro e multisecolare. Singoli vescovi o Conferenze episcopali non possono modificare autonomamente un Rito le cui norme liturgiche sono state approvate dalla somma autorità della Chiesa.

La Comunione sulla lingua è stata proibita dalle Conferenze Episcopali per lo più con comunicati. In Italia, per esempio, si tratta di un protocollo firmato dal Card. Bassetti d’intesa con il Governo, nel quale si afferma genericamente che il ministro deve aver «cura di offrire l’ostia senza venire a contatto con le mani dei fedeli». Quanto sono vincolanti indicazioni di questo tipo?
In un mio precedente articolo, ho concluso per l’invalidità di detta proibizione, partendo dal fatto che la potestà legislativa dei singoli vescovi o delle Conferenze episcopali «è da esercitarsi nel modo stabilito dal diritto», il quale dispone che «da parte del legislatore inferiore non può essere data validamente una legge contraria al diritto superiore» (can. 135 § 2 CIC). Ora, il diritto liturgico universale prevede che i fedeli abbiano sempre il diritto di ricevere la santa Comunione sulla lingua (vedi l’Istruzione Redemptionis Sacramentum, 92, ma già l’Istruzione Memoriale Domini del 1969 e l’Institutio generalis del Messale Romano, 161). Questa posizione mi sembra giustificata a fortiori quando il divieto in questione viene imposto con un semplice comunicato o in termini vaghi.

Lei è a conoscenza di modalità diverse con cui si è cercato di venire incontro al diritto dei fedeli di ricevere la Comunione sulla lingua, senza urtare l’ormai diffusa paura degli altri fedeli verso questa modalità?
Sì, sarebbe possibile prevedere la distribuzione della Comunione sulla lingua dopo che gli altri fedeli l’abbiano ricevuto in mano. Questa possibilità è stata offerta recentemente da parte dei vescovi austriaci (vedi qui).

Di fronte alle argomentazioni dei fedeli, vescovi e sacerdoti rispondono che la situazione di emergenza è tale da giustificare questa imposizione. Ma è possibile operare in questo modo, senza che si sia accertata la portata reale di questo “rischio sanitario”?
Una situazione eccezionale di tipo “covid” non può giustificare l’abolizione dei diritti basilari. Anche nell’emergenza rimangono principi fondamentali, come il rispetto del diritto e della coscienza. In modo analogo, rimane valida la legge morale anche durante i conflitti armati (cf. CCC 2312). Il divieto ingiusto di dare la Comunione sulla lingua è basato innanzitutto su pregiudizi irrazionali. E’ importante ribadire tre aspetti.

Prego.
Anzitutto, dal punto di vista sanitario, in globo le mani sono più “sporche” rispetto alla bocca. Di fatto, l’etichetta sul vasetto di gel idroalcolico che sta di fronte a me inizia proprio con queste parole: «La maggioranza delle malattie infettive si trasmette tramite le mani». In secondo luogo, il rischio sanitario “zero” non esiste. Se rimane una possibilità di infezione con la Comunione in bocca, questo vale anche per la Comunione in mano. Non esiste un consenso scientifico sul fatto di sapere quale sia il modo di amministrare la Comunione più “sicuro”. Anzi, nel mio articolo sulla questione, cito vari medici che ritengono che la Comunione in mano sia meno “sicura” rispetto a quella sulla lingua. Infine, dal punto di vista empirico, conosco luoghi in cui la santa Comunione continua ad essere data ai fedeli in bocca da vari mesi, senza che questo abbia provocato particolari problemi di infezione. D’altronde, non sono a conoscenza di testimonianze storiche di infezioni in seguito a questa prassi.

Cosa consegue da questa “incertezza scientifica”?
Il dubbio circa il modo migliore di amministrare la santa Eucaristia nel contesto del “covid” avrebbe dovuto far propendere verso il diritto dei fedeli di ricevere il loro Creatore sulla lingua. Questo vale ancora di più per i fedeli della messa detta “tridentina”. In effetti, il vetus Ordo prevede che i fedeli siano inginocchiati al momento della Comunione, il che permette di dare il Sacramento in maniera ottimale, cioè limitando al massimo il contatto delle dita del sacerdote con la lingua o le labbra dei fedeli. Oltre a questo, occorre tener presente la natura stessa della legge. Contro il veleno idolatrico del dilagante positivismo giuridico in atto, va ricordato oggi con forza che la legge deve procedere non primariamente dalla volontà e dall’autorità del legislatore, ma dall’ordinamento della ragione (ordinatio rationis) in vista del bene comune (così san Tommaso nella Sum. theol. Ia-IIae, q. 90, a. 4, resp.). Una norma che non è né ragionevole né utile al bene comune non è una legge, ma è arbitrarietà e quindi non vincolante in coscienza.

In una situazione del genere, a suo avviso, un sacerdote è maggiormente vincolato all’obbedienza verso il vescovo o a quella delle leggi superiori, che dispongono diversamente?
Si tratta di una questione assai delicata, anche perché il modo di ricevere la santa Comunione non riguarda soltanto la sfera disciplinare, ma possiede delle implicazioni che riguardano anche la religiosità e potenzialmente la dottrina, come viene ricordato nella Memoriale Domini. Inoltre, il carattere vincolante delle recenti norme emanate da molti vescovi o episcopati è discutibile dal punto di vista canonistico. Ci possono essere errori di valutazione in questo campo e anche abusi di potere.

In che senso?
Vi faccio un esempio. Durante il post-concilio, la Messa detta tridentina era considerata generalmente come vietata ed abolita, salvo indulto. Poi, nel 2007 papa Benedetto XVI ha dichiarato che il Messale Romano promulgato nel 1962 non fu “mai abrogato”. Il che implica che detto “divieto” di fatto era in realtà privo di una base legale reale. La questione tocca anche la coscienza personale del celebrante. Benché sia tenuto alle norme liturgiche, il sacerdote quando celebra non è un robot e nella loro applicazione deve godere di un certo margine di valutazione. Esiste anche il caso in cui il vescovo tollera almeno tacitamente che in alcuni luoghi si continui a dare la Comunione sulla lingua. Inoltre il sacerdote conserva la possibilità di venire incontro ai bisogni spirituali dei fedeli in privato, essendo chiaro che la proibizione, di cui stiamo parlando, contempla soltanto la celebrazione pubblica della santa Messa.

Come pensa si potrebbe uscire ragionevolmente da questa situazione di impasse, che sta facendo soffrire numerosi fedeli e sacerdoti?
Non possiamo assistere passivamente alla soppressione de facto di un uso liturgico millenario, che manifesta eccellentemente la sacralità del mistero eucaristico, favorendone tanto la fede e la devozione. Bisogna pregare, ma occorre anche presentare argomenti e pubblicazioni.

03:32
Iosif Rachiteanu Rachiteanu shares this
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lella63
Consiglio vivamente la lettura, c'è anche la versione digitale. Un lavoro fondamentale la cui importanza sarà più chiara quando finirà questa situazione e non ci sarà più l'alibi del virus per imporre questo abuso.
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@Kiakiar : Se utilizza la posta elettronica non c'è bisogno di convertirlo il pdf: è sufficiente che lei invii questo link, ovviamente utilizzando il copia- incolla: L’imposizione della Comunione sulla mano: un abuso !
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L'abuso della comunione sulle mani.
N.S.dellaGuardia
Torni anche l'acqua Santa!!!