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La Salvezza non è un PASSATEMPO! – Grandi parole del Vescovo Fulton J. Sheen

Da quando Dio scelse di creare un universo morale nel quale, in virtù del dono della libertà interiore conferito all’uomo, possono svilupparsi caratteri forti e virtuosi, esso è divenuto un campo di battaglia fra le forze del bene e quelle del male. Stando così le cose, è importante chiederci: possiamo assumere una posizione neutrale e disinteressata rispetto a questo scontro? Ci sono due risposte a questa domanda: una è la risposta del mondo, l’altra quella di Nostro Signore. La risposta del mondo può essere riassunta in una sola parola “indifferenza”; la risposta di Nostro Signore è data da queste parole: “Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono” (Mt 11,12).

In materia di religione, il mondo moderno professa l’indifferenza. In termini semplici, ciò significa né un grande amore né un grande odio; esso non vi trova alcun motivo per spendervi la vita, né una ragione per sacrificarla. Il mondo enumera le proprie virtù contando i vizi dai quali si astiene, chiede una religione facile e piacevole da praticare, affibbia il termine “mistico” a coloro che manifestano un atteggiamento spirituale; non gradisce l’entusiasmo ed ama la tolleranza, fa dell’eleganza il metro per misurare la virtù e dell’igiene quello per valutare la moralità, ritiene che un uomo possa essere eccessivamente religioso ma mai troppo raffinato. Crede che nessuno possa perdere la propria anima e finire all’inferno, eccetto che per gravissimi e spietati crimini come l’omicidio. In breve, l’indifferenza del mondo include l’assenza di un vero timore di Dio, la mancanza di zelo per la Sua gloria, l’assenza di un odio profondo per il peccato e nessuna preoccupazione per la salvezza eterna dell’anima. Questa indifferenza è sempre esistita; Nostro Signore ci ha messi in guardia, perché essa sarà presente fino alla fine del mondo: “Come ai giorni di Noè, così sarà alla venuta del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie e marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca. Poi venne il diluvio e li fece perire tutti. Allo stesso modo successe ai tempi di Lot: mangiavano, bevevano, compravano e vendevano, piantavano e costruivano. Ma nel giorno in cui Lot lasciò Sodoma, piovve brace, fuoco e zolfo dal cielo e li fece perire tutti. Così sarà anche nel giorno in cui il Figlio dell’uomo sarà rivelato” (Lc 17,26).

È importante rammentare che quest’indifferenza, nei confronti della propria anima e del conflitto fra il bene ed il male, è TOTALMENTE SBAGLIATA. In realtà, perdiamo la nostra anima proprio per il fatto di non opporci attivamente alle forze che ci trascinano verso il basso. Questo principio è valido tanto nell’ordine naturale, quanto in quello spirituale. Cos’è la vita, ad esempio, se non la risultante delle forze che si oppongono alla morte? Cos’è il principio biologico della retromutazione, se non la prova che per negligenza possiamo perderci? Supponiamo che un appassionato di uccelli, mediante abili incroci e un’attenta selezione, abbia prodotto un gruppo di piccioni con un alto livello di perfezione riguardo al colore del piumaggio. Supponiamo inoltre che, dopo averli abbandonati su un’isola deserta, vada a riprenderli dopo molti anni. Si renderebbe conto che i piccioni discendenti dal gruppo originario hanno perso quei colori, che con la sua conoscenza ed abilità aveva conferito ai loro antenati, ritornando così al tipico colore grigio. Ciò che è vero per gli animali, circa la regressione fenotipica, è vero anche per l’uomo. Anch’esso degenera per la semplice trascuratezza e negligenza. Sebbene vi sia in lui un principio spirituale che come una fiamma tende a elevarlo verso il cielo con Dio, c’è in lui anche un qualcosa che lo trascina verso la terra con la bestia. L’uomo è sempre consapevole della dualità della sua natura: del desiderare sempre il meglio ma di scegliere talvolta il peggio. Questa tendenza degenerativa in lui, cioè la concupiscenza, è la conseguenza del peccato originale; se non viene contrastata dalla natura e dalla grazia, lo conduce a regredire al tipo rappresentato dal primo Adamo, ossia il peccatore. Ne consegue la degenerazione delle facoltà morali ed intellettuali dell’uomo, secondo una legge inesorabile, a causa della negligenza nel combattere quelle forze che lo spingono e lo conducono alla morte spirituale.

Per illustrare questo principio, supponiamo che un uomo cada dall’ultimo piano di un altissimo grattacielo. Quando, nella sua caduta, egli oltrepassa uno dei piani inferiori, è ancora vivo; tuttavia, nessuno è così ottimista da ritenere che possa salvarsi, semplicemente perché il germe della morte è già in lui. L’uomo che ha trascurato di prendere le precauzioni necessarie per impedire che il germe della morte si sviluppi in lui, operando in questo senso durante la vita, a causa della sua negligenza deve soccombere. Oppure, supponiamo che un uomo abbia preso del veleno. Mentre questo si fa strada nel suo corpo gli si offre un antidoto. Affinché il veleno sviluppi il suo effetto letale, non è necessario che l’avvelenato getti con violenza l’antidoto fuori dalla finestra o, imprecando contro colui che glielo offre, lo butti contro il muro. Basta soltanto che egli trascuri di utilizzare il rimedio.

Così è anche per la vita morale dell’uomo. Egli perde la sua anima non solo commettendo gravi peccati ma anche trascurando di corrispondere alle grazie che gli vengono offerte continuamente da Dio, per premunirlo contro il peccato e condurlo all’unione eterna con Lui.
Cosa prosciuga il pozzo della contrizione e del pentimento se non l’abbandono della meditazione riguardo la perversità del peccato? Cosa rende la meditazione praticamente impossibile se non l’assenza della preghiera? Cosa fa apparire Dio così lontano ed irreale quanto il non vivere alla Sua Santa Presenza? Cosa trascina l’anima verso l’inferno se non l’assenza del moto contrario, ossia dello sforzo di elevarsi verso il Cielo? Lasciate che un uomo sia contento di se stesso, soddisfatto di ciò che è, allineato ai costumi del mondo, che respiri le esalazioni nocive del male raffinato, permettendo che la sua condotta morale segua le sue naturali tendenze senza controllarle e frenarle. Egli, quasi certamente, si lascerà trasportare, con un moto dolce e tranquillo, dalla corrente del vasto fiume che conduce verso la morte eterna. Dice San Paolo: “Come potremo noi scampare se avremo trascurato una salvezza così grande?” (Eb 2,3).

Perfino in questa vita c’è una TERRIBILE PUNIZIONE PER LA NEGLIGENZA ed è la deformazione, l’atrofia, l’ottundimento di quelle facoltà che ci sono state conferite proprio per alimentare la vita spirituale. Dio ci ha dato una mente per conoscerlo, una volontà per amarlo, ed un corpo per servirlo. Se queste facoltà corporali e spirituali non sono esercitate elevandole nell’adorazione del Padre, dal quale proviene ogni bene, la natura si prende una terribile vendetta. Ci accade, allora, qualcosa di simile a ciò che si verifica negli animali inferiori ossia la perdita della capacità di usare tali facoltà e di conseguire i fini per cui esse avrebbero dovuto essere impiegate. C’è un certo consenso, a livello scientifico, sul fatto che la talpa non è sempre stata cieca. Avendo però scelto di vivere sotto terra, senza usare la facoltà della vista, la natura in pratica, come un magistrato giudicante, ha detto alla talpa: “Poiché non usi la facoltà della vista che ti ho dato, te la tolgo, rendendoti cieca!”. Dunque, la punizione per la trascuratezza è addirittura la perdita delle facoltà ricevute in dono e non esercitate.

È questo l’insegnamento che Nostro Signore ci ha rivelato con la parabola dei talenti. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo le sue capacità. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Invece, colui che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Quando il padrone volle regolare i conti con loro, colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque e colui che ne aveva ricevuti due, altri due. Essi furono ammessi alla beatitudine del loro Signore. Ma a colui che aveva ricevuto un solo talento e lo nascose sottoterra, il padrone disse: “Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ne ha dieci” (Mt 25,28). La perdita del talento fu la naturale conseguenza della sua accidia. Come il braccio dell’uomo che non lo esercita mai s’indebolisce progressivamente, perdendo massa muscolare, così le facoltà che Dio ci ha dato, se non vengono utilizzate, regrediscono fino a scomparire: “Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha” (Mt 25,29).

II mondo è pieno di uomini che hanno trascurato i loro talenti, le cui facoltà spirituali per mera indifferenza si sono atrofizzate, che non pensano a Dio più di quanto non s’interessino alla turbolenta situazione politica di un paesino sperduto dell’Africa centrale. L’anelito all’eternità delle loro anime è spento; ogni via verso il Cielo sbarrata; ogni talento ricevuto dissipato; ogni facoltà spirituale, destinata ad orientare al Divino, è talmente rivolta verso le realtà terrene da aver perduto ogni legame con quelle celesti. Ogni giorno trascorso, ogni ora che passa, riduce la loro sensibilità riguardo al vasto regno dello spirito. Diventano insensibili, proprio come il sordo nei confronti dei suoni armoniosi della vita, del rumore di una cascata o della melodia di una canzone; proprio come il cieco di fronte alle bellezze della natura, ai colori di un arcobaleno o al sorriso di un bimbo. Allo stesso modo, queste anime atrofizzate, sono sorde al dolce sussurrare dello Spirito Santo, cieche di fronte alla visione abbagliante di Gesù. Queste anime, che trascurano di ascoltare la Parola di Dio e di fissare lo sguardo su Gesù, sono esattamente quelle di cui parlava Nostro Signore, quando disse: “Pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono” (Mt 13,13). Se allora il castigo per la negligenza e l’indifferenza è così terribile, non dovremmo forse disporci con tutte le nostre energie morali alla battaglia? I più vigilanti devono sentirsi come se non ci fosse un’ora da perdere, simili agli Apostoli nell’Orto degli Ulivi; i più zelanti come se scagliassero la loro freccia con un arco snervato ed indebolito; coloro che anelano maggiormente alla Vita Eterna, come chi deve entrare per la porta stretta e salire per il sentiero ripido e disagevole.

LA SALVEZZA NON È UN PASSATEMPO CON CUI OCCUPARE IL TEMPO LIBERO! Quando la mente è stanca e sovraffaticata, ingolfata nelle abitudini del mondo, deve rammentarsi continuamente che la salvezza non è destinata a chi seppellisce i suoi talenti avvolti in un fazzoletto. Lungo tutto il corso della storia si ode l’Appello Divino rivolto a uomini di carattere, affinché intraprendano la lotta, prendano la loro croce e perseverino fino alla fine. Dall’alto dei Cieli, con soavi ispirazioni e copiosa grazia, giunge l’esortazione a sviluppare e perfezionare i doni che il Signore ci ha dato, sempre con il timore che, trascurandoli od usandoli male, ci vengano tolti.

Le mani non rimangano inoperose ma siano abituate a spezzare il pane per il povero, in nome di Cristo. I piedi non restino fermi, ma come il Nazareno, siano sempre pronti a condurci per le vie del mondo a compiere il bene. Lo sguardo non si distragga nel contemplare le bellezze naturali ma sia rivolto interiormente all’anima, laddove sta la bellezza della figlia del Re. Le orecchie vengano abituate a percepire il delicato sussurro della Santissima Trinità che, prendendo dimora nell’anima in grazia, la rende realmente tempio di Dio. Le mani non siano fiacche, usate solo per frugare in quei tesori che la ruggine consuma, la tignola rode e i ladri rapinano ma si diano da fare, come quelle della donna emorroissa, per giungere a toccare l’orlo del mantello di Nostro Signore. Il gusto non si limiti ad assaporare il cibo che perisce ma sia abituato ad apprezzare e gustare il Pane della Vita ed il Vino che genera i vergini. L’olfatto non sia lasciato ottundersi dai raffinati profumi mondani, ma impari a sentire l’odore della santità che effonde ogni anima abitata dalla grazia. Infine, il cuore non sia assorbito dall’amore per ciò che il tempo un giorno ci toglierà ma sia interamente rivolto a “quell’Amore di cui avvertiamo la mancanza in ogni altro amore, a quella Bellezza che fa apparire ogni altra bellezza dolore“. Insomma, ogni fibra, energia, senso e facoltà, devono essere impiegati per conquistare la corona eterna!

Non ci accada per disgrazia che la nostra indifferenza per i doni e le grazie che Dio ci ha offerto, in questi giorni ed in quest’epoca, procuri a Nostro Signore maggiore dolore, tormento e sofferenza della crudeltà di coloro che lo inchiodarono sulla Croce. Come scrisse il poeta inglese G. A. Studdert-Kennedy: “Quando Gesù salì sul Golgota, Lo inchiodarono ad una croce, enormi chiodi Gli trapassarono le mani ed i piedi, un vero tormento. Gli cinsero il capo con una corona di spine, aprendo ferite profonde da cui scendeva copioso il sangue. Era gente crudele in un tempo di crudeltà, quando ben poco valeva la vita umana. Quando Gesù venne a Birmingham, la gente Gli passava accanto senza degnarlo di alcuna attenzione. Non Gli fecero alcun male, solamente Lo lasciarono morire di fame e di freddo. Gli uomini erano diventati meno crudeli, non Gli avrebbero arrecato alcun dolore fisico, solamente passavano oltre noncuranti, lasciandolo fradicio di pioggia. Ora come in passato, Gesù continua a gridare: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”.

(Fulton J. Sheen, da “Il Regno di Dio è una sfida: una guida per il Cielo” edizioni Mimep)

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(1) FORMAZIONE COMPLETA DI SANA DOTTRINA CATTOLICA: CREDO, 10 COMANDAMENTI, SACRAMENTI, PREGHIERA, VIZI E VIRTÙ

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p. s. Garantisco la rettitudine dell'insegnamento dottrinale offerto nelle catechesi dei padri impegnati in queste esposizioni. Le catechesi di Padre Donato (il sacerdote che cura il Credo, i 10 Comandamenti, i Sacramenti e i Precetti della Chiesa) sono vivamente consigliate

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Raccolta di perle di sapienza e ricca soprattutto di aforismi tratti dagli insegnamenti immortali dei Santi. Questa raccolta risponde allo scopo di offrire un "vademecum di vera razionalità e spiritualità", fatto di schegge di luce che toccano un po' tutti i temi più importanti.

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