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Lettera aperta a Mons. Camisasca da un fedele della diocesi: “Risposte smarrite”, “Tradimento”

Riceviamo e pubblichiamo. Marco Manfredini, reggiano doc (dunque fedele della diocesi sulla cui cattedra siede Massimo Camisasca), è autore de La Destra* necessaria – Manifesto reazionario per il XXI secolo.

di Marco Manfredini


Gentile Signor Vescovo,
le parole di Papa Francesco saranno pure state “estrapolate dal contesto nel docufilm”, ma come riconosce anche Lei sono piuttosto chiare. Anzi, caso più unico che raro da sette anni a questa parte, sono stranamente esplicite e inequivocabili dove parla di “ley civil”, legge civile per dare una “copertura legale” alle unioni omosessuali.

Non si tratta di un’illazione, possiamo dire “stranamente esplicite” a ragion veduta, avendo avuto ormai modo di valutare abbondantemente il modus operandi del Pontefice attraverso gli scritti, le interviste, le dichiarazioni, le risposte, ma soprattutto le non-risposte, le accuse, le mosse squisitamente politiche, e alcune eloquenti rivelazioni sfuggite a chi gli è vicino ed evidentemente ne condivide le finalità.

Se parliamo esplicitamente di comunione ai divorziati risposati, questi non sai che casino ci combinano. Allora non parliamone in modo diretto, tu fai in modo che ci siano le premesse, poi le conclusioni le trarrò io. [1]

Questo era Francesco che si rivolgeva a Mons. Bruno Forte, il segretario speciale del Sinodo sulla Famiglia, triste evento che ci ha regalato quel capolavoro di ambiguità chiamato Amoris Laetitia, di cui fin troppo s’è parlato. Sono parole peraltro, quelle di Forte, che non aggiungono niente a chi sa vedere i fatti per quello che sono, avendo constatato, pur con tutta la buona volontà, che non si può difendere ciò che è oggettivamente indifendibile.

Peggio, che sta diventando estremamente pericoloso l’atteggiamento di voler normalizzare e riportare nei giusti ranghi ciò che di normale non ha più nulla e nei ranghi non ha evidentemente alcuna intenzione di rientrare.
Per cui la toppa che Lei cerca di mettere alla papale dichiarazione nella sua intervista a Francesco Ognibene di Avvenire, pubblicata anche sulla Libertà, riesce a peggiorare ulteriormente il pontificale buco. Come? Confermando la bontà del buco stesso, dove afferma:

In Italia la CEI si è opposta alle unioni civili perché i diritti della persona erano già riconosciuti e perché troppo forte era il rischio che una legge sulle unioni civili indebolisse l’istituto del matrimonio già fortemente in crisi. Io non sono contrario a una tutela legale, purché si chiamino le cose con il loro nome.
Fa piacere che voglia chiamare le cose col loro nome, perché questo si chiama col nome di tradimento.

Da cattolici, e prima ancora da persone di buon senso, non possiamo accettare l’idea che un’unione di quel tipo possa essere fonte di particolari e speciali diritti (tutela legale), in quanto si tratta di un’unione che danneggia i suoi membri in primis, e non meno la società in cui ciò avviene.

La società deve accogliere tutte le persone. La Chiesa a maggior ragione.
Ma né la società né la Chiesa possono accettare un istituto contrario al perseguimento del bene dei singoli e della comunità. E soprattutto, se la società obnubilata non è più capace di vederne le ragioni, dovrebbe essere compito della Chiesa illuminare l’abisso di oscurità in cui essa è sprofondata.

Non sono contrario a una tutela legale” di queste unioni è un’affermazione che fino a qualche giorno fa nessun vescovo mediamente prudente e fedele al magistero si sarebbe mai sognato di fare. Da oggi è possibile; tra le polemiche, i videomontaggi, le tifoserie infuocate e i soliti pompieri il caos è notevole, ma di certo c’è che il limite è stato spostato più avanti di una nuova misura. Un nuovo colpo di piccone al Magistero perenne, un nuovo segno di resa all’autodemolitoria logica del mondo, una nuova occasione persa per fare una vera opera di Misericordia. Anzi tre: istruire gli ignoranti, ammonire i peccatori, e va detto, anche sopportare le persone moleste (come molesti sanno essere in modo peculiare i militanti LGBT).

Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato?

Una nuova, vigorosa dichiarazione di insipidità. Di conformazione a questo mondo. Confermata in seguito:

[La Chiesa] Sta sempre più prendendo coscienza della persona omosessuale come persona e si sta interrogando sul significato delle relazioni affettive tra due persone omosessuali. Risposte definitive ancora non ce ne sono.

Invece in duemila anni e passa le risposte sono state date, e abbondantemente. Il significato, o meglio, la caratteristica delle relazioni affettive omosessuali è che sono contro natura. L’unico modo, il più cristiano, per volere il bene di queste persone è non nascondere loro questa verità, che di per sé sarebbe più che evidente. Inutile riportare qua l’eloquenza con cui si sono espressi in questo senso l’Antico e il Nuovo Testamento, i discepoli, schiere di santi, di papi, e di santi papi nel corso della storia*. Il Vescovo ce lo potrebbe convenientemente insegnare egli stesso. Inutile riportare le conseguenze sui corpi e sulle anime delle pratiche che conseguono all’assecondamento di queste tendenze. Il Vescovo ne sarà già certamente più che edotto.

Dio è la risposta alle nostre domande. La Chiesa di Cristo, se non pretende di far concorrenza alle Nazioni Unite, all’UE o al Partito Democratico, può dare quelle risposte. Deve farlo, se i suoi Pastori hanno veramente cura delle pecorelle. Deve farlo, nonostante l’attuale conduzione che si ritrova.

Quella è la ragione della sua esistenza.

[1] chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351297.html
Fatima.
Attendo con ansia la risposta del vescovo. Se ci sarà....
Giangian
Dubito che ci sarà una risposta. Purtroppo i vescovi che parlano da pastori veri, con linguaggio chiaro e inequivocabile sono pochissimi.
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😊