Una ricca famiglia cristiana e il suo tesoro (cosiddetto di Hoxne).

Il tesoro di Hoxne (in inglese Hoxne Hoard) è il più grande tesoro di oro e argento di età tardo-romana ritrovato in Gran Bretagna,[1] e la più grande raccolta di monete in oro e argento del IV secolo e V secolo rinvenuta all’interno del territorio dell’Impero romano. Ritrovato il 16 novembre 1992 con l’aiuto di un cercametalli nei pressi del villaggio di Hoxne, nel Suffolk, il tesoro di Hoxne consiste di 14.865 monete romane in oro, argento e bronzo, oltre a circa 200 pezzi di vasellame in argento e di gioielleria in oro.[2] Tutto il tesoro è ora conservato presso il British Museum di Londra, dove i pezzi principali sono esposti permanentemente. Nel 1993 il Treasure Valuation Committee valutò il tesoro circa 1,75 milioni di sterline.[3]

Il tesoro fu sepolto in una scatola di legno di rovere, con gli oggetti ordinati per tipologia: alcuni di loro furono raccolti in cassette di legno più piccole e altri in sacchetti o avvolti nel tessuto. Resti della cassa e dei suoi accessori, come le cerniere e le serrature, sono stati recuperati nello scavo. Le monete del tesoro ne permettono la datazione a dopo il 407, che è considerata la data della fine della dominazione romana in it.wikipedia.org/wiki/Britannia_(prov….[4] I proprietari del tesoro e le ragioni del suo seppellimento sono sconosciuti: il contenuto, accuratamente impacchettato, sembra paragonabile a quello che una famiglia molto ricca della zona avrebbe potuto possedere. Inoltre, vista la mancanza di grandi vassoi in argento e di pezzi di gioielleria comuni a quei tempi, si ritiene che il tesoro rappresenti solo una parte delle ricchezze del proprietario.

Il tesoro di Hoxne comprende diversi oggetti rari e preziosi, inclusa una catena per il corpo in oro e alcune pepaiole (piperatoria) in argento dorato. Il tesoro è importante anche perché la sua scoperta fu segnalata agli archeologi prima di essere estratto, e fu dunque possibile scavarlo studiandone la disposizione originaria intatta; questa collaborazione tra archeologi e cacciatori di tesori dilettanti influì su un mutamento della legge britannica che regola il ritrovamento di tesori.[5]

Scoperta e scavo iniziale

Hoxne

Il villaggio di Hoxne nel Suffolk

Il tesoro fu scoperto nel campo di una fattoria, circa 2,4 km a sud-ovest del villaggio di Hoxne nel Suffolk, il 16 novembre 1992. Peter Whatling, il fittavolo, aveva perduto un martello e chiese al suo amico Eric Lawes, giardiniere in pensione e cerca-metalli dilettante, di aiutarlo a ritrovarlo.[6] Mentre cercava nel campo col suo cerca-metalli, Lawes scoprì dei cucchiai in argento, gioielli in oro e numerose monete d’oro e di argento. Dopo aver recuperato alcuni pezzi, Lawes e Whatling notificarono la scoperta ai proprietari del terreno, il Suffolk County Council, e alla polizia, senza provare a trovare altri oggetti.[7]

Il giorno successivo, un gruppo di archeologi della Suffolk Archaeological Unit effettuarono uno scavo di emergenza del sito; l’intero tesoro fu scavato in un solo giorno, con la rimozione di diversi blocchi di materiale intatto per lo scavo in laboratorio,[8] e tutta l’area in un raggio di 30 metri dal luogo del ritrovamento fu indagata con i cerca-metalli.[9]Anche il martello perduto da Peter Whatling fu recuperato in questa occasione, e donato al British Museum.[10][11]

Il tesoro era concentrato in un unico deposito, all’interno dei resti consumati del contenitore in legno.[6] Gli oggetti erano stati disposti raggruppati all’interno del contenitore; per esempio, mestoli e ciotole erano impilati l’uno dentro gli altri, e gli altri oggetti erano disposti in maniera compatibile con una distribuzione all’interno di scatole.[12] Alcuni oggetti furono smossi da animali o dalle operazioni agricole, ma nel complesso il deposito non fu disturbato più di tanto.[13] Grazie alla pronta notifica della scoperta da parte di Lawes, gli archeologi hanno potuto determinare la disposizione originale dei pezzi, oltre a riconoscere l’esistenza del contenitore stesso.[7]

Il deposito dissotterrato fu portato al British Museum. La scoperta fu rivelata alla stampa, e il 19 novembre il it.wikipedia.org/wiki/The_Sun_(period… pubblicò una notizia in prima pagina con una foto di Lawes e del suo cerca-metalli; sebbene il contenuto esatto del tesoro e il suo valore non fossero noti, l’articolo affermò che il tesoro valeva 10 milioni di sterline.[6] Il British Museum reagì all’inattesa pubblicazione con una conferenza volta ad annunciare la scoperta, tenutasi al museo il 20 novembre. I giornali persero rapidamente interesse nella scoperta, permettendo ai curatori del British Museum di ordinare, pulire e consolidare il tesoro senza ulteriore intervento della stampa.[6] La pulizia iniziale e una prima opera di conservazione del tesoro furono terminati entro un mese dalla sua scoperta.[8]

Indagine e valutazione

Pur essendo il manico rotto di un contenitore sconosciuto, la «Tigre di Hoxne» in argento è divenuta il pezzo più famoso dei 15.000 che compongono il tesoro[14]

Il 3 settembre 1993, si tenne un’inchiesta a Lowestoft, a seguito della quale il deposito di Hoxne fu dichiarato treasure trove («tesoro trovato»), cioè nascosto con l’intenzione di essere recuperato successivamente; secondo la common law britannica, tutti i treasure troves sono di proprietà della Corona, a meno che qualcuno non abbia titolo per rivendicarli.[15] All’epoca era però consuetudine premiare colui che aveva trovato un treasure trove e l’aveva comunicato immediatamente alle autorità con un premio in denaro equivalente al valore di mercato del tesoro, a spese dell’istituzione che intendeva acquisire il bene. Nel novembre 1993, il Treasure Trove Reviewing Committee valutò il tesoro 1,75 milioni di sterline, che furono pagate a Lawes, in qualità di scopritore del tesoro; a sua volta Lawes divise il premio con Peter Whatling, il contadino affittuario del campo.[16] Tre anni dopo, il Treasure Act 1996 impose che il ritrovatore del tesoro e il proprietario del terreno siano premiati ugualmente.[17]

Indagini archeologiche successive

Nel settembre 1993, dopo che il campo del ritrovamento del tesoro era stato arato, il Suffolk County Council Archaeological Service provvedette ad effettuare una ricognizione archeologica, durante la quale furono ritrovate quattro monete d’oro e 81 di argento, tutte considerate parte del tesoro.[18] Furono anche trovati materiali risalenti sia alla precedente Età del ferro britannica che al successivo Medioevo inglese, ma nessun indizio di un insediamento romano nelle vicinanze.[9]

Nel 1994, in seguito alla segnalazione dell’attività di tombaroli nell’area del ritrovamento, il Suffolk County Council Archaeological Service effettuò un’ulteriore scavo archeologico. La buca in cui era stato sepolto il tesoro fu scavata nuovamente, e fu ritrovato il foro di un palo nell’angolo sud-orientale; si potrebbe trattare del palo posto ad indicare il luogo della sepoltura, in modo che il tesoro potesse essere successivamente recuperato.[9] Per analizzare l’area, fu rimosso il terreno nei 1000 m² attorno al luogo del ritrovamento, fino alla profondità di 10 cm, e dei cerca-metalli furono utilizzati per individuare artefatti in metallo. Questa indagine permise il ritrovamento di 335 oggetti riconducibili al periodo romano, per lo più monete, ma anche cardini e decorazioni di scatole. Anche in questo caso non furono trovati indizi di un insediamento di epoca romana, sebbene fosse scoperta una serie di buche per pali risalenti all’Età del bronzo o alla prima Età del ferro.[9][19]

Le monete scoperte durante l’indagine del 1994 erano sparse all’interno di un’ellisse centrata sul luogo del ritrovamento del tesoro, orientata lungo l’asse est-ovest e ampia 40 metri.[20] Questa distribuzione può essere spiegata col fatto che nel 1990 il contadino arò il campo in profondità in direzione est-ovest proprio nella zona in cui fu ritrovato il tesoro; precedentemente (a partire dal 1967/1968, quando l’area fu ripulita per convertirla a campo agricolo) il contadino aveva arato sempre in direzione nord-sud, ma l’assenza di monete a nord e a sud del punto di ritrovamento suggerisce che prima del 1990 le arature non avevano disturbato il deposito.[20]

Composizione del tesoro

Il tesoro è composto per lo più di monete d’oro e d’argento e da gioielleria, per un totale di 3,5 kg d’oro e 23,75 kg d’argento.[21] Fu collocato in una cassa di legno, realizzata in tutto o in gran parte in rovere, e misurante 60×45×30 cm circa. All’interno della cassa, alcuni oggetti furono disposti in scatole più piccole, realizzate in legno di tasso e ciliegio, mentre altri oggetti furono avvolti in panni di lana o deposti nella paglia. La cassa e le scatole interne si dissolsero quasi completamente dopo la deposizione nel terreno, ma frammenti della cassa e i suoi elementi in metallo furono recuperati durante lo scavo.[22]

I principali oggetti ritrovati sono:

569 it.wikipedia.org/wiki/Solido_(moneta) (monete d’oro)[2]
14.272 monete in argento, tra cui 60 miliarenses e 14.212 it.wikipedia.org/wiki/Siliqua_(moneta)[2]
24 nummi (monete in bronzo)[2]
29 pezzi di gioielleria in oro[23]
98 cucchiai e mestoli in argento[24]
una tigre in argento, manico di un contenitore perduto[24]
4 coppe in argento e un piccolo piatto[25]
1 bricco in argento
1 vasetto in argento
4 pepaiole, tra cui la pepaiola “Imperatrice”[1]
oggetti da toletta come stuzzicadenti
2 lucchetti in argento, provenienti da contenitori in legno o cuoio scomparsi
tracce di materiali organici, come una piccola it.wikipedia.org/wiki/Pyxis_(vaso) in avorio.

Monete

Miliarense di it.wikipedia.org/wiki/Valente_(impera…

D N VALENS P F AVG / Busto di Valente a destra, diademato

VIRTVS EXERCITVS / SISCP
L’imperatore regge uno stendardo e uno scudo

Il tesoro di Hoxne comprende 569 it.wikipedia.org/wiki/Solido_(moneta) (monete d’oro), coniate tra il regno dell’imperatore Valentiniano I (364375) e quello di it.wikipedia.org/wiki/Onorio_(imperatore_romano) (393423); 14.272 monete in argento, tra cui 60 miliarenses e 14.212 siliquae, coniate tra il regno di Costantino II (337340) e quello di Onorio; e 24 nummi (monete in bronzo).[2]

Si tratta del più importante ritrovamento di monete della tarda Britannia romana, e contiene tutte le principali denominazioni della numismatica romana dell’epoca, tra cui molti esempi di monete in argento «tosate», cioè alle quali era stato rimosso del materiale prezioso, pratica diffusa in epoca tardo-romana in Britannia. L’unico ritrovamento nel Regno Unito che abbia portato alla luce una quantità maggiore di monete d’oro è il tesoro di Eye, trovato nel 1780 o 1781, del quale esiste una documentazione lacunosa.[26] Il più grande tesoro numismatico romano-britannico è il tesoro di Cunetio, composto da 54.951 monete del III secolo, ma si tratta di radiati svalutati, con poco metallo prezioso. Il tesoro di Frome, riportato alla luce nel Somerset nell’aprile del 2010, contiene 52.503 monete coniate tra il 253 e il 305, anche queste per lo più in argento e bronzo svalutati.[27] Tesori più grandi composti da monete romane sono stati trovati a Misurata, Libia[28] e pare anche ad Evreux, Francia (100.000 monete) e Comìn, Croazia (300.000 monete).[29]

I solidi in oro sono tutti vicini al loro peso teorico di 4,48 g (1/72 di libbra romana). La finezza di un solidus dell’epoca era del 99% di oro. Il peso totale dei solidi nel tesoro è di quasi esattamente 8 libbre romane, indizio che le monete erano state misurate a peso piuttosto che a numero.[30] L’analisi delle siliquae suggerisce un intervallo di finezza tra il 95% e il 99% di argento, con la percentuale più alta toccata dopo la riforma monetaria del 368.[31] Delle siliquae, 428 sono imitazioni prodotte localmente, generalmente di alta qualità e con molto più argento delle siliquae ufficiali dell’epoca. Una manciata di esse, però, sono dei cliché, dei falsi in cui un nucleo in metallo vile fu avvolto in un foglio di argento e coniato con conii originali.[32]

Le monete sono gli unici artefatti del tesoro di Hoxne per i quali è possibile determinare la data e il luogo di produzione. Tutte le monete auree e molte di quelle in argento recano i nomi e i ritratti degli imperatori romani sotto i quali furono coniate; molte recano ancora i segni di zecca originali, con i quali è possibile determinare il luogo di produzione e verificare il sistema di coniazione romano, in cui zecce provinciali coniavano monete secondo un modello comune. In totale, 14 zecche romane coniarono le monete del tesoro di Hoxne: Treviri, Arelate e Lione (in Gallia), Ravenna, Milano, Aquileia e Roma (in Italia), Siscia (moderna Croazia), Sirmio (moderna Serbia), Tessalonica (in Grecia), Costantinopoli, Cizico, Nicomedia, Antiochia (moderna Turchia).[34]

Le monete furono coniate sotto tre dinastie romane: le prime sotto gli ultimi rappresentanti della dinastia costantiniana, seguite da quelle coniate sotto gli imperatori valentiniani, per finire con le monete coniate sotto la dinastia teodosiana. Il sistema di gestione collegiale del potere, noto come Consortium imperii, faceva sì che ciascun imperatore coniasse monete anche a nome dei propri colleghi nelle zecche sotto la propria giurisdizione; il fatto che gli imperatori d’Oriente e quelli d’Occidente avessero regni che si sovrappongono tra loro permette di datare le introduzioni dei nuovi tipi di monete anche all’interno del regno di ciascun imperatore. Così le monete più recenti del tesoretto, quello dell’imperatore d’Occidente it.wikipedia.org/wiki/Onorio_(imperatore_romano) (393423) e del suo avversario it.wikipedia.org/wiki/Costantino_III_… (407411) possono essere datate ai primi anni dei loro regni, in quanto corrispondono alle monete coniate sotto l’imperatore d’Oriente Arcadio, che morì nel 408.[35] In questo modo le monete forniscono un terminus post quem per la deposizione del tesoretto, che non fu nascosto prima del 408.[36]

Le siliquae presenti nel tesoro furono coniate per lo più nelle zecche occidentali della Gallia e dell’Italia. Non è noto se ciò sia dovuto al fatto che monete provenienti più da oriente raggiungessero raramente la Gran Bretagna attraverso le vie commerciali, o perché le zecche orientali coniavano raramente le siliquae.[37] La produzione di monete sembra inoltre seguire la residenza della corte imperiale; ad esempio, la frequenza di monete di Treviri è molto accentuata dopo il 367, forse come conseguenza dello spostamento della corte dell’imperatore Graziano in quella città.[37]

Tosatura delle monete d’argento

Una siliquanon tosata

Una siliquaparzialmente tosata

Una siliquagravemente tosata

Quasi ogni siliqua del tesoro è più o meno «tosata», cioè privata del bordo per recuperare materiale prezioso. Questo fenomeno è tipico delle monete romane argentee ritrovate nella Britannia romana e risalenti al tardo impero, mentre è molto più inusuale nel caso di monete ritrovate nel resto dell’Impero. Il processo di tosatura lascia invariabilmente intatto il ritratto dell’imperatore sul dritto della moneta, ma spesso danneggia il segno di zecca, la legenda e l’immagine sul rovescio.[38]

Le ragioni che spingevano alla tosatura sono controverse. Tra le possibili spiegazioni ci sono la frode, il tentativo deliberato di mantenere un rapporto stabile tra il valore delle monete in oro e in argento, o un tentativo ufficiale di ottenere una nuova fonte di argento mantenendo lo stesso numero di monete in circolazione.[38]

L’elevato numero di monete tosate nel tesoro di Hoxne ha reso possibile per gli archeologi studiare il processo di tosatura in dettaglio. Le monete erano ritagliate con il dritto verso l’alto, in modo da evitare di danneggiare il ritratto. Il livello di tosatura è praticamente costante per monete dal 350 in poi.[39]

Gioielleria in oro


La catena per il corpo in oro, proveniente dal tesoro di Hoxne. Sul petto sono visibili l’ametista e quattro granati; le altre quattro gemme, probabilmente perle, sono mancanti. Sul dorso, un it.wikipedia.org/wiki/Solido_(moneta) dell’imperatore Graziano.[40][41]

Tutta la gioielleria compresa nel tesoro è in oro, e tutti gli oggetti in oro del tesoro, ad eccezione delle monete, sono gioielli. Nessun gioiello è nettamente da uomo, sebbene diversi pezzi, come gli anelli, potrebbero essere stati indossati da uomini e donne.[42] C’è una catena per il corpo, sei collane, tre anelli e 19 braccialetti. Il peso totale dell’oro usato per i gioielli è di circa 1 kg,[43] e il contenuto medio di metallo dei gioielli è del 91.5% di oro (circa 22 carati), con piccole percentuali di argento e rame.[44]

Il gioiello più importante del tesoro è la catena per il corpo, che consiste di quattro catene finemente lavorate e realizzate secondo la tecnica della «coda di volpe», attaccate sul davanti e posteriormente a due placche.[45] Sul davanti, le catene hanno dei terminali a testa di leone, mentre la placca è decorata da gemme montate in celle d’oro, con una grande ametista al centro e quattro granati più piccoli che si alternano a celle vuote, probabilmente ospitanti in origine delle perle, poi scomparse. Sulla schiena, le catene si innestano su di una montatura contenente un it.wikipedia.org/wiki/Solido_(moneta) dell’imperatore Graziano (375–383), che fu convertito da un precedente uso, forse come pendente, e che potrebbe essere stato un oggetto tramandato dalla famiglia.[45] Le catene per il corpo di questa tipologia compaiono nell’arte romana, talvolta indossate dalla dea it.wikipedia.org/wiki/Venere_(divinità) o dalle ninfe; alcuni esemplari hanno contesti erotici, ma erano indossate anche da matrone rispettabili. È anche possibile che fossero considerati doni adeguati per una sposa.[45] La catena per il corpo di Hoxne, se indossata aderente, sarebbe adatta per una donna con un seno di 76–81 cm.[46] Poche catene per il corpo si sono conservate; una delle più complete, trovata in Egitto e risalente al VII secolo, è ugualmente conservata al British Museum.[47]

Due bracciali in oro decorati a traforo

Il braccialetto iscritto di «Giuliana»[48]

Una delle collane presenta terminali a testa di leone, un’altra ingloba delfini stilizzati. Le altre quattro sono delle collane piuttosto semplici con catene a coda di volpe, sebbene una porti un chi-rho (☧) sulla chiusura, l’unico elemento cristiano della gioielleria.[49] In epoca romana, le collane di lunghezza simile a quella del tesoro erano normalmente indossate con un pendaglio, ma nessuno è stato trovato nel tesoro.[50]

Tre anelli erano originariamente incastonati di gemme o pezzi di vetro colorati; queste decorazioni furono però asportate prima della sepoltura del tesoro, forse per essere riutilizzate. Gli anelli sono simili tra loro; in uno la lunetta usata per incastonare la gemma è ovale, in uno circolare e nel terzo oblunga.[51]

Tra i 19 bracciali sepolti, vi sono tre serie di quattro bracciali in oro abbinati tra loro. Sebbene bracciali di tipologia simile siano sopravvissuti, i gruppi da quattro sono estremamente insoliti; potrebbero essere stati indossati due per ciascun braccio, oppure appartennero a due donne tra loro imparentate.[52] I bracciali di una serie furono decorati corrugandoli lateralmente e trasversalmente; le altre due serie sono caratterizzate da trafori geometrici. Altri cinque bracciali sono decorati con scene di caccia all’orso, un tema comune nell’arte decorativa tardo-romana; di questi, tre sono eseguiti a traforo, gli altri due a it.wikipedia.org/wiki/Sbalzo_(arte). Un bracciale è l’unico oggetto in oro del tesoro a recare un’iscrizione: si tratta di un bracciale a traforo con l’iscrizione latina VTERE FELIX DOMINA IVLIANE, «Usa [questo bracciale] felicemente, signora Giuliana».[52] L’espressione «utere felix» (o talvolta «uti felix») è la seconda formula più diffusa nelle iscrizioni della Britannia romana, ed era usata per augurare buona fortuna, benessere e gioia.[53] La formula non è specificamente cristiana, ma talvolta appare in contesti chiaramente cristiani, come, ad esempio, in congiunzione con il chi-rho.[53]

Questi gioielli potrebbero essere stati la «riserva» di oggetti raramente o mai utilizzati all’interno della collezione di una donna o di una famiglia facoltose. Alcune tipologie di gioielli molto diffuse, infatti, sono mancanti: spille, pendenti e orecchini mancano, ad esempio. Anche oggetti decorati con inserti di gemme non sono presenti nel tesoro, sebbene fossero molto alla moda in quel periodo. Secondo Catherine Johns, già curatrice capo per la Britannia romana al British Museum, suggerisce la possibilità che la gioielleria preferita della matrona, o quella da lei usata quotidianamente, non sia stata inclusa nel deposito.[54]

Oggetti in argento

Cucchiaio della tipologia cignus, dal tipico manico ritorto, placcato in argento e decorato con una creatura marina mitica simile al capricorno

Il tesoro contiene circa un centinaio di oggetti in argento o placcati in argento; il numero è impreciso perché ci sono delle parti rotte che non è stato possibile ricostruire. Tra gli oggetti una statuetta di una tigre che salta, realizzata come maniglia di un oggetto come un vasetto o una lampada; quattro pepaiole (piperatoria); un bricco; un vasetto; quattro scodelle; un piatto piccolo; 98 tra cucchiai e mestoli. Il bricco e il vasetto sono decorati con disegni simili di foglie e germogli, e il vasetto ha tre bande dorate. Al contrario, le scodelle e il piatto sono semplici, e si presume che il proprietario del tesoro ne possedesse molti altri del genere, tra cui, probabilmente, i grandi piatti decorati ritrovati in altri depositi.[14]Molti pezzi sono parzialmente dorati per evidenziare le decorazioni. La tecnica utilizzata fu quella della doratura a fuoco con it.wikipedia.org/wiki/Mercurio_(eleme…,[55] come tipico dell’epoca.[56]

Pepaiole

Tre delle piperatoria («pepaiole») ritrovate nel tesoro; a destra quella della cosiddetta «Imperatrice», in realtà una donna ricca e acculturata.

Le pepaiole (in latino piperatoria) erano contenitori destinati a dispensare spezie, in particolare pepe. Quelle ritrovate nel tesoro sono modellate a rappresentare una statua di Ercole e Anteo, uno stambecco, e un montone insieme a un segugio, oltre alla più famosa tra esse, la cosiddetta «Imperatrice». Si tratta di un busto femminile, in cui i capelli, i gioielli e le vesti sono raffigurati con dettaglio e la doratura è usata per evidenziare i dettagli della decorazione; la figura regge un rotolo nella mano sinistra, e ha l’aspetto di una donna ricca e che ha ricevuto un’educazione. Deve il suo nome di «Imperatrice» alla somiglianza con altre rappresentazioni iconografiche di donne risalenti alla Tarda antichità, in particolare ai pesi in bronzo per le bilance portatili del tipo stadera; all’epoca dello scavo del tesoro di Hoxne, si riteneva che tali pesi raffigurassero imperatrici, mentre ora gli studiosi propendono per figure generiche di matrone, ma il nome «Imperatrice» è rimasto.[57] Tutte le pepaiole del tesoro di Hoxne posseggono un meccanismo alla base che permette di ruotare un disco intero, attraverso il quale controllare l’apertura di due fori nella base; aprire completamente i fori permetteva di ricaricare la pepaiola attraverso un imbuto, aprendoli parzialmente era invece possibile dispensarne il contenuto su cibo e bevande.

Piperatorium è generalmente tradotto come «pepaiola»; si tratta di un tipo di argenteria romana molto rara, tanto che i ritrovamenti di Hoxne «hanno espanso in maniera significativa l’intervallo temporale, la tipologia e la funzione iconografica di questi pezzi».[58] Il pepe nero è, tra le numerose e costose spezie consumate dalle classi alte della società romana, quella che più probabilmente vi era conservata. Il commercio e l’uso di pepe in questo periodo è stato confermato sia dal ritrovamente di pepe nero mineralizzato in siti relativi a tre province periferiche,[59] sia dalle tavolette di Vindolanda, che registrano l’acquisto di una quantità non specificata di pepe per due denari;[60] ritrovamenti archeologici coevi hanno rivelato l’uso di spezie come il coriandolo, semi di papavero, sedano, aneto, santoreggia, semi di senape e finocchio,[61] mentre l’uso di zafferano, zenzero e cardamomo sono citati nell’Editto sui prezzi massimi del 301.[62]

Altra argenteria

Un «mestolo» di 13 cm, proveniente dal tesoro, decorato con un chi-rho e creature marine

La tigre è una statuetta a tutto tondo di 480 g, lunga 15,9 cm dalla testa alla coda. Fu fusa con lo scopo di essere saldata su qualche altro oggetto e fungere da manico; sotto le zampe posteriori sono state ritrovate tracce di stagno con una «curvatura concava liscia».[63] La disposizione esteticamente migliore è quella in cui le curve serpentine della testa, della schiena e della coda formano un angolo di 45°, cosicché le zampe posteriori sono piatte.[64]Il genere è riconoscibile grazie alla presenza di sei capezzoli sul ventre. La tigre è attentamente decorata sulla schiena, ma la parte ventrale è «rifinita sommariamente».[65]Le strisce sono raffigurate per mezzo di due linee incise, con una damaschinatura in nielloche spesso non raggiunge le strisce. Né il corpo allungato né la distribuzione delle strisce corrispondono a quelli delle tigri; ha infatti la lunga striscia dorsale, dal cranio lungo la spina dorsale fino all’inizio della coda, tipica del gatto soriano più che della tigre. Non presenta strisce sulla coda, che si ingrossa verso la fine a suggerire la punta tipica dei leoni, mancante nelle tigri ma tipica delle raffigurazioni romane.[65

Due cochlearia provenienti dal tesoro

La vasta collezione di cucchiai include 51 cochlearia, piccoli cucchiai con scodella poco profonda e manici lunghi e rastremati, la cui punta era usata per forare le uova e infilzare piccole porzioni di cibo – dato che i Romani non usavano forchette a tavola.[66] Sono inclusi 33 rari cigni, cucchiai molto piatti con manici corti e sinuosi, e circa 20 cucchiai rotondi e profondi o piccoli mestoli e colini. Molti sono decorati con disegni astratti, alcuni con delfini o stravaganti creature marine. Molti cucchiai, tra cui tre serie da dieci, recano incisi una croce cristiana o un chi-rho, talvolta accompagnati dalle lettere greche alfa e omega, un riferimento a Gesù. Frequente è la presenza di iscrizioni incise, tipica dei cucchiai in argento romani; si tratta talvolta del nome del possessore, o di iscrizioni augurali di lunga vita; in totale, nel tesoro di Hoxne sono citate otto persone, sette sui cucchiai e una sull’unico bricco: Aurelius Ursicinus (il più frequente, presente sui cinque cochlearia di una serie e su cinque mestoli), Datianus, Euherius, Faustinus, Peregrinus, Quintus, Sanctus e Silvicola.[67]

Dettaglio di un cochlearium con un chi-rho inciso sul fondo della scodella

Sebbene solo una delle iscrizioni sia esplicitamente cristiana (vivas in deo),[68] nei tesori tardo-romani è normalmente possibile identificare come cristiane le iscrizioni su cucchiai d’argento composte da un nome seguito da vivas or vivat; ad esempio, nel tesoro di Mildenhall vi sono cinque cucchiai, tre con il chi-rho e due con iscrizioni del tipo vivas(PASCENTIA VIVAS e PAPITTEDO VIVAS).[69] La formula vir bone vivas è presente su di un cucchiaio proveniente dal tesoro di Thetford, ma mentre i cucchiai del tesoro di Thetford recano per lo più iscrizioni pagane (come Dei Fau[ni] Medugeni, «del dio Fauno Medugeno»),[70] il tesoro di Hoxne non comprende iscrizioni di natura decisamente pagana, e il tesoro potrebbe provenire da una o più famiglie cristiane. È stato ipotizzato che i cucchiai romani col chi-rho o la formula vivas in deo siano cucchiai per il battesimo (forse donati in occasione del battesimo di un adulto) o che fossero usati durante l’eucarestia, ma ciò non è certo.[71]

da it.wikipedia.org/wiki/Tesoro_di_Hoxne.

Avviso: su internet Wikipedia è la voce più esaustiva sull'argomento.
alda luisa corsini
Francesco I
La ringrazio molto
Francesco I
Trovo molto saggia la consuetudine britannica di compensare in modo equo colui che trova un tesoro. Questo impedisce che certi beni archeologici prendano le vie del commercio clandestino o, ancor peggio, trattandosi di manufatti in metalli preziosi, vengano fusi per essere posti sul mercato sotto forma di lingotti. Stranamente la legislazione italiana impedisce il commercio di una semplice lucerna …Altro
Trovo molto saggia la consuetudine britannica di compensare in modo equo colui che trova un tesoro. Questo impedisce che certi beni archeologici prendano le vie del commercio clandestino o, ancor peggio, trattandosi di manufatti in metalli preziosi, vengano fusi per essere posti sul mercato sotto forma di lingotti. Stranamente la legislazione italiana impedisce il commercio di una semplice lucerna in terracotta del primo secolo, mentre ho constatato che Bolaffi ha nel suo catalogo monete che risalgono al IV o V secolo a.C.

www.biddr.ch/auctions/bolaffi/browse
alda luisa corsini
@Francesco I Mi sono occupata per anni delle collezioni archeologiche private, studiando i singoli pezzi che le componevano e decretandone l'autenticità o meno, l'interesse artistico o meno. Se il bene archeologico è di proprietà privata ma non viene acquistato dallo Stato Italiano, anche se denunciato può essere alienato purchè non esca dai confini italiani e sia corredato del suo fascicolo/…Altro
@Francesco I Mi sono occupata per anni delle collezioni archeologiche private, studiando i singoli pezzi che le componevano e decretandone l'autenticità o meno, l'interesse artistico o meno. Se il bene archeologico è di proprietà privata ma non viene acquistato dallo Stato Italiano, anche se denunciato può essere alienato purchè non esca dai confini italiani e sia corredato del suo fascicolo/scheda della Soprintendenza, che viene continuamente aggiornato in termini di proprietà e spostamenti. Per questo motivo molti oggetti archeologici possono essere messi in vendita in aste o presso gli antiquari purchè rimangano nel territorio italiano. Ogni giorno all'Ufficio esportazioni c'è un ispettore archeologo, uno storico dell'arte, de beni librari o archivistici ecc. che verifica e blocca l'uscita di questi pezzi.
Francesco I
La ringrazio della spiegazione.
alda luisa corsini
Cfr. i cucchiai del tesoro di Mildenhill con iscrizioni cristiane:
"....I rimanenti oggetti del tesoro di Mildenhall sono tutti piccoli utensili alimentari: cinque mestoli o cucchiai tondi e otto cucchiai a manico lungo della diffusa tipologia tardo-romana (cochlearium). I mestoli rotondi hanno manici zoomorfi, fusi in forma di delfini; un pezzo simile si trova nel tesoro di Traprain Law,Altro
Cfr. i cucchiai del tesoro di Mildenhill con iscrizioni cristiane:

"....I rimanenti oggetti del tesoro di Mildenhall sono tutti piccoli utensili alimentari: cinque mestoli o cucchiai tondi e otto cucchiai a manico lungo della diffusa tipologia tardo-romana (cochlearium). I mestoli rotondi hanno manici zoomorfi, fusi in forma di delfini; un pezzo simile si trova nel tesoro di Traprain Law,it.wikipedia.org/wiki/Tesoro_di_Mildenhall mentre due servizi di dieci mestoli di questa tipologia, sebbene senza manico zoomorfo, fanno parte del tesoro di Hoxne.it.wikipedia.org/wiki/Tesoro_di_Mildenhall Solo quattro manici si sono conservati, e uno è rotto e incompleto; poiché i manici erano saldati al corpo del cucchiaio e poiché le saldature si sono dissolte durante la sepoltura, non è chiaro la corrispondenza tra un particolare cucchiaio e il relativo manico.

Gli otto cochlearia appartengono a tre servizi distinti. Treit.wikipedia.org/wiki/Tesoro_di_Mildenhall hanno la scodella a forma di pera con all'interno decorazioni di foglie. I numeri 29–31 hanno tutti, all'interno, iscrizioni decisamente cristiane, le uniche dell'intero deposito, il monogramma it.wikipedia.org/wiki/Monogramma_di_Cristo fiancheggiato dall'it.wikipedia.org/wiki/Alfa_(lettera) e dall'it.wikipedia.org/wiki/Omega_(lettera). Gli altri due cucchiai, i numeri 27 e 28, recano iscrizioni augurali con nomi personali, PASCENTIAVIVAS e PAPITTEDOVIVAS; sebbene le iscrizioni di tipo VIVAS («viva!») non siano esclusivamente cristiane, sono comunemente trovate in contesti cristiani, dunque questi cucchiai potrebbero fare riferimento alle tradizioni cristiane."