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L’odissea di un prete clandestino nella Barcellona rossa del 1936

Il seguente articolo dal titolo originario “L’odissea di un sacerdote scampato al terrore di Barcellona” lo traiamo da L’Osservatore Romano della Domenica del 23 ottobre 1938 (anno V – n. 43). Si tratta di una testimonianza diretta e contemporanea delle atrocità commesse dalla repubblica spagnola e dalle sue bande armate durante la cosiddetta guerra civile, o meglio rivoluzione, del 1936-1939. La storia di un sacerdote che è la stessa di altre decine di migliaia e di preti e di suore e di laici in quegli anni insanguinati. Una storia che nell’essere raccontata a così tanti anni di distanza vuole essere un contributo serio alla cultura della memoria e soprattutto della verità, contrapposta alla riscrittura dei fatti avvenuti posta in essere in Spagna (dove ormai si abbattono le croci come in Cina), Italia e un po’ dappertutto in Europa.

GENOVA, ottobre. – Un sacerdote spagnolo, il Padre Edoardo, è giunto al Convento di San Francesco di Veltri, essendo riuscito, dopo due anni, a fuggire dalla Catalogna.
A un giornalista egli ha narrato che quando scoppiò la rivoluzione, egli si trovava nel suo convento nella Catalogna. Il monastero fu invaso dai comunisti che uccisero la maggior parte dei religiosi e incendiarono gli edifici della comunità.

Nel momento in cui stavano per essere presi una delle vittime, intonò il Te Deum e fu immediatamente ucciso.

Due sacerdoti solamente riuscirono a sfuggire alla morte: il Rettore della comunità e il Padre Edoardo, raggiungendo la montagna, vestiti in borghese. L’indomani il Padre Rettore era scoperto e ucciso da militi rossi della montagna.

Il Padre Edoardo, riuscì a raggiungere Barcellona, dove la sua famiglia gli assicurò l’alloggio per un certo periodo di tempo. Poi, dinnanzi al pericolo che la sua presenza causava alla famiglia — la presenza di un sacerdote poteva significare la morte per tutti — egli lasciò questo asilo.

Persuaso ormai che la sua esistenza errante lo avrebbe presto o tardi esposto alla morte, si decise a ritornare alla casa paterna, dalla quale in seguilo non poté più evadere.

II 4 ottobre 1936, per la prima volta poté celebrane il Santo Sacrificio. Una coppa di argento doralo gli servì da calice, ma non potè usare che qualche indumento sacro che era riuscito a nascondere sotto le sue vesti civili. Un libro da messa gli servì da Messale, e si fece delle particole con del pane compresso fra due lastre di metallo. Dei fedeli si recarono clandestinamente nel suo asilo per pregare: nelle tenebre, l’uditorio ascoltava la stazione radio di Lisbona che trasmetteva una messa cantata.

Il giorno di Natale, celebrò pure la Santa Messa e fu l’ultima volta che suo padre gliela servi, poiché tanti dolori ebbero il sopravvento sulla sua salute e fu suo figlio che gli somministrò gli ultimi Sacramenti. Egli morì dopo un’agonia che durò parecchi giorni. Inseguito, avendo sentilo dire che il suo rifugio era noto, dovette fuggire di nuovo. Incontrò allora una guida che gli propose di condurlo alla stazione per il prezzo di tremila pesetas. Riuscirono a raggiungere la stazione dove la guida acquisto dei biglietti di viaggio da Barcellona all’ultima stazione spagnola ai Pirenei: questo numero indica che altri, avevano rimesso la loro sorte nello mani del «cicerone». Si trattava di biglietti di andata e ritorno per evitare di svegliare dei sospetti, ed essi dovevano passare per persone in cerca di viveri per la loro famiglia. Il Padre Edoardo si era munito di carte d’identità false tanto che riuscì a rappresentare la parte del commesso viaggiatore in articoli di profumeria.

Giunti alla stazione di frontiera, si nascosero in un caffè. Verso il tramonto, raggiunsero, sotto la pioggia dirotta, i dintorni del villaggio. All’alba bisognò nascondersi di nuovo e attendere la notte seguente per rimettersi in cammino. La marcia attraverso la montagna, faticosa, richiese tre lunghe notti, spesso su sentieri coperti di neve e attraverso corsi d’acqua difficilmente guadabili.

Infine la comitiva riuscì a raggiungere la frontiera francese e la salvezza.

Fonte : osservatoreromano.va
jamacor
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Raffaele Vargetto
Perché, davvero la tirannide rossa attua il "paradiso in terra"? Con il comunismo c'è l'inferno sulla terra e, soprattutto, senza pentimento, l'inferno eterno, quello vero. Il mistero d'iniquità è il risultato del tradimento di una buona parte dei chierici, che diventano discepoli di Giuda Iscariota, e dell'infiltrazione pianificata di agenti seduttori nel clero per la sovversione all'interno …Altro
Perché, davvero la tirannide rossa attua il "paradiso in terra"? Con il comunismo c'è l'inferno sulla terra e, soprattutto, senza pentimento, l'inferno eterno, quello vero. Il mistero d'iniquità è il risultato del tradimento di una buona parte dei chierici, che diventano discepoli di Giuda Iscariota, e dell'infiltrazione pianificata di agenti seduttori nel clero per la sovversione all'interno della Chiesa: Stalin, ad esempio, aveva messo su una strategia del genere.
Diodoro
E perché buona parte del Clero ha sognato e sogna in Rosso, da decenni? Semplice: perché sogna il Paradiso in Terra. E finisce col dire che la Terra è divina, ed è un Paradiso, solo che noi (noi Non-illuminati) non ce ne accorgiamo.
Fratelli tutti, Immacolati tutti, Liberi tutti . Tranne i Cattolici, che pensano che in Paradiso non si va in carrozza