Chi è stato il più perfetto consacrato a Maria, dopo Gesù?

Il mese di marzo è dedicato alla grande figura di san Giuseppe. In questa riflessione vorrei mettere in rilievo il mistero dell’unione di san Giuseppe con la Beata Vergine Maria. In ciò vi è la sorgente di tutte le grazie di cui è ricco il mistero josephino, oltre ad essere il modo in cui il Santo di Nazareth viene introdotto dal Nuovo Testamento ed è conosciuto nella Chiesa. Se guardiamo attentamente alla sua vita, tutto accade per mezzo di Maria. Giuseppe comincia ad essere conosciuto come lo sposo di Maria (cf. Mt 1,16) e proprio in ragione di questa relazione sponsale – da essere approfondita nella sua profondità spirituale – è introdotto nel mistero di Cristo divenendo suo padre putativo. Tutto per Maria.

Concentriamoci per un momento sul Vangelo di Matteo (Mt 1,18-19) dove Giuseppe di Nazareth viene presentato prima di tutto quale sposo di Maria e quindi come “uomo giusto”: «Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto». Con ciò comprendiamo che Maria e Giuseppe erano già sposati quando la Vergine si trovò incinta miracolosamente del suo Figlio Gesù. Dicendo “promessa sposa”, il Vangelo mette in evidenza il costume ebraico di celebrare le nozze in due momenti: l’unione legale, quale vero matrimonio con tutti gli effetti civili e religiosi e la coabitazione che poteva avvenire anche un anno dopo la promessa di matrimonio. Anche il Vangelo di Luca riferisce che Giuseppe era già unito a Maria da un patto matrimoniale. Infatti l’Angelo fu mandato «a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe» (Lc 1,27).

Da questa unione sponsale benedetta con Maria prende forma anche la relazione di san Giuseppe con Gesù. Il Santo falegname entra in contatto personale con Gesù mediante la Madonna quando è lui a dare il nome “Gesù” al figlio di Maria (cf. Mt 1,21). Anche al momento dell’adorazione dei pastori, che arrivarono in fretta per vedere il segno di Dio, Giuseppe si trova tra Maria e Gesù: «Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia» ci dice il Vangelo (Lc 2,16); come per dire che il cammino cristiano che conduce a scoprire pienamente chi è quel Bambino è da Maria a Gesù. Attraverso lo sposalizio con Maria, Giuseppe stringe Gesù e lo tiene tra le sue braccia. Egli pertanto è l’icona più perfetta della consacrazione a Maria, dell’adagio classico a Gesù per Maria.

Riflettiamo più a fondo sullo sposalizio unico e verginale di san Giuseppe con la Madonna, vera chiave per capire la figura del falegname di Nazareth come primo tipo o modello esemplare della consacrazione mariana. Questo matrimonio santo fu senza dubbio straordinario. Nel considerare questo mistero dobbiamo trascendere il suo significato naturale e puntare subito alla profondità dell’aspetto spirituale. Tutto infatti depone a favore di un’unione speciale e interamente spirituale. Nel racconto di san Matteo (Mt 1,18-19) appena citato, circa il fatto che Giuseppe fosse già sposato con Maria pur non coabitando ancora, possiamo scoprire qualcosa in più in virtù di una lettura anagogica del testo. E cioè, mentre Giuseppe era già unito in matrimonio a Maria – inizialmente e legalmente – non era però ancora pienamente unito a Lei; ciò potremmo leggerlo nel senso di non essere ancora consacrato a Lei, dal momento che la coabitazione sarebbe stata, di comune accordo, verginale e casta. Le ragioni di ciò le vedremo tra breve. Il matrimonio giuseppino dovrebbe essere considerato sotto un’altra luce in riferimento a due momenti superiori: l’unione maritale iniziale e la sua consumazione, da essere letta come consacrazione a Maria: una piena donazione di se stesso alla Vergine. La consumazione del matrimonio allora acquisterebbe un significato spirituale nuovo, preannunciando ciò che Gesù sceglierà nel suo matrimonio mistico con la Chiesa sulla Croce. Come per Gesù Crocifisso il dono di sé alla Sposa è “consumato” nel suo amore «fino alla fine» (Gv 13,1), amore totale fino alla morte, così sarà per san Giuseppe. Il suo totale amore a Maria sarà consumato nel sacrificio di se stesso fino alla morte per essere uno con Maria e ciò al fine di partecipare alla Redenzione di Cristo. Questa consacrazione a Maria accade dopo la rivelazione dell’Angelo, quando Giuseppe ha la piena conoscenza di chi è Maria e chi è quel Figlio che Lei portava in grembo. Ora Giuseppe è pronto a prendere Maria nella sua vita e per mezzo di Lei a prendersi cura di Gesù.

Possiamo contemplare tutto ciò alla luce del racconto del Vangelo di Matteo, in cui leggiamo: «Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,20-24).

Qui dovremmo concentrarci soprattutto sull’ultima frase di questa pericope, che nell’originale greco recita così: «kai parélaben tèn gunaîka autou» («prese con sé la sua sposa»). Il verbo para-lambano, “prendere”, ha generalmente due significati: 1) prendere con sé, unire a sé, o 2) ricevere ciò che è trasmesso. Questo verbo è lo stesso che troviamo nel Vangelo di Giovanni (Gv 19,27) per descrivere l’atto del prendere/ricevere Maria nella propria vita da parte del Discepolo prediletto: «E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé» (l’originale dice: «élaben o mathetès autèn eis ta ídia», “la prese tra le sue cose più care”). Quindi, possiamo facilmente concludere che anche Giuseppe, prima di ogni altro, da quell’ora, l’ora in cui fu istruito dall’Angelo per mezzo dello Spirito Santo circa il mistero di Maria e del Bambino nel suo grembo (echeggianti le parole di Nostro Signore sulla Croce al Discepolo prediletto in riferimento a sua Madre), prese Maria con sé. Da quel momento, dal momento dell’unione piena e perfetta con Maria, Giuseppe consegnò se stesso interamente a Lei, così che attraverso di Lei potesse entrare nel mistero di Cristo e partecipare attivamente all’opera della Redenzione.

Bisogna chiarire un ultimo punto al fine di presentare un quadro completo del matrimonio di san Giuseppe con Maria quale consacrazione a Lei. Il fatto che il matrimonio fu verginale è di grande importanza. Questo prova che la consegna completa che Giuseppe fece di se stesso a Maria durante la seconda fase delle nozze deve essere intesa piuttosto come consumazione spirituale di quella unione. Il Vangelo, sottolineando il modo in cui Giuseppe accoglie Maria nella sua vita, dice anche che «senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù» (Mt 1,25). Questa è certamente la traduzione corretta del testo originale che pur presentando la preposizione “fino a” (éos), non intende assolutamente dire che Giuseppe non ebbe rapporti matrimoniali con la sua sposa solo fino alla nascita di Gesù, come ad esempio non si intende cambiare la verità della permanenza costante di Gesù con i suoi nelle parole: «Io sarò con voi fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

Proviamo ora a pensare cosa poté significare a livello pratico per san Giuseppe ricevere Maria nella sua vita, cosicché ognuno possa avere nel grande Patriarca un modello di consacrazione a Maria. Fu anzitutto per san Giuseppe condividere tutta la sua vita: pensieri, volontà, beni, con Maria per poter piacere a Gesù e per fare la volontà di Dio; fu ancora essere verginalmente obbediente a Maria per poter essere conformato all’obbedienza di Gesù al Padre; fu amare Maria con tutto il suo cuore casto così da rimanere sempre vigilante nel suo ministero di custode di Cristo e di servo della Redenzione; fu infine rimanere devotamente alla presenza di Maria così da essere sempre alla presenza di Gesù. Conoscere chi è Maria fu per Giuseppe conoscere chi è Dio, dove Egli abita.

La consacrazione a Maria, che san Giuseppe fece prima di tutti e in modo più perfetto, dovrebbe allora mirare ad ottenere in primis quella casta disposizione giuseppina del cuore. Nella misura in cui amiamo la Madonna con un cuore puro, con il cuore puro di san Giuseppe, Lei ci accoglie sotto il suo manto di purità e ci rende suoi sposi d’amore, così da essere al sicuro da tutte le insidie di impurità e di empietà presenti nel mondo. Che san Giuseppe sia ancora più conosciuto quale Patriarca di amore a Gesù attraverso Maria e nel suo ruolo di sposo mistico della Santa Vergine.

Ite ad Ioseph. Ricorriamo a san Giuseppe, dunque. In lui sono nascosti molti segreti di grazia. San Pier Giuliano Eymard, infatti, dice che «quando Dio vuole elevare un’anima a maggiori altezze, la unisce a san Giuseppe dandole un forte amore per il buon santo».

Fonte:

settimanaleppio.it/dinamico.asp?idsez=6&id=2573
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Ite ad Joseph | La devozione al glorioso San Giuseppe.
I Santi e i maestri di tutti i tempi insegnano con sicurezza la via della fidente devozione al Glorioso san Giuseppe per ottenere ogni bene ed allontanare ogni male. Nessun Santo, dopo Maria SS., è stato insignito di tanto grnadi e tanto numerosi meriti e privilegi. Nessuna sorpresa allora, se all'unisono, i Testimoni del Risorto lungo i secoli …Altro
Ite ad Joseph | La devozione al glorioso San Giuseppe.

I Santi e i maestri di tutti i tempi insegnano con sicurezza la via della fidente devozione al Glorioso san Giuseppe per ottenere ogni bene ed allontanare ogni male. Nessun Santo, dopo Maria SS., è stato insignito di tanto grnadi e tanto numerosi meriti e privilegi. Nessuna sorpresa allora, se all'unisono, i Testimoni del Risorto lungo i secoli ci abbiano voluto consegnare, in eredità, la Devozione al Santo Patriarca come rimedio sicuro e "via perfectionis". Oggi in particolare la Chiesa ha bisogno di ricorrere con perseveranza al patrocinio di Colui che ne è il Patrono e il perenne Difensore. Raccogliamo tutti questa eredità!
Maria Fortunata Feliciello
Ave Maria!🙏🏼🙏🏼🙏🏼
Fiorini Ivana
🙏🏻💙Ave Maria carissimo fra'Pietro, GRAZIE per aver RIPROPOSTO questo
"Messaggio" ...a causa del lavoro che ho per Dono, ricevuto per poter fare mangiare i miei figli, purtroppo non riesco a seguire come prima.
Ma stasera per me è un "segno" aver trovato questo articolo che avevo perso,San GIUSEPPE...
Ho fatto e quasi finito il mese recitando ogni giorno il Sacro MANTO
🙏🏻🔥 E questo SCRITTO …Altro
🙏🏻💙Ave Maria carissimo fra'Pietro, GRAZIE per aver RIPROPOSTO questo
"Messaggio" ...a causa del lavoro che ho per Dono, ricevuto per poter fare mangiare i miei figli, purtroppo non riesco a seguire come prima.
Ma stasera per me è un "segno" aver trovato questo articolo che avevo perso,San GIUSEPPE...
Ho fatto e quasi finito il mese recitando ogni giorno il Sacro MANTO
🙏🏻🔥 E questo SCRITTO mi ha ricordato il motivo per cui lo iniziai...
Ovviamente una richiesta Spirituale, nn solo per me...
Grazie ancora,Siete CMQ E SEMPRE NELLE MIE POVERE MA CONTINUE PREGHIERE.
DIO VI STRABENEDICA
Niko Sanpatrizio
Negli scritti della Piccarreta Gesù dice che la più grande Santa dopo Maria SS, è la Piccarreta.
Pietro81
E lei ci crede?
Niko Sanpatrizio
Tutti i grandi Santi prima di Luisa facevano la Volontà di Dio in misura in cui la conoscevano. la spiritualità di Luisa è la stessa di Gesù e Maria SS. che sarebbe quella non di fare ma di vivere la Volontà di Dio che è cosa diversa. L’unico che ha posseduto questa spiritualità divina è stato Adamo in passato, prima che peccasse.
Con Luisa il Signore vuole riportare in essere questa spiritualità …Altro
Tutti i grandi Santi prima di Luisa facevano la Volontà di Dio in misura in cui la conoscevano. la spiritualità di Luisa è la stessa di Gesù e Maria SS. che sarebbe quella non di fare ma di vivere la Volontà di Dio che è cosa diversa. L’unico che ha posseduto questa spiritualità divina è stato Adamo in passato, prima che peccasse.
Con Luisa il Signore vuole riportare in essere questa spiritualità divina.

Luisa Piccarreta Vol.31 – 06/11/1932

Gesù fa un esempio: “…..Ora, chi opera anche il bene con la sua volontà umana (santità umana), siccome si trova nel tempo a valicare la sua via, si può dire che tutto ciò che fa sono opere temporanee soggette a mille miserie; saranno sempre opere umane di minimo valore, perché le manca il filo di oro, di luce della mia Volontà. Invece chi opera in Essa avrà il filo di oro in suo potere, non solo, ma avrà il suo Creatore operante nell’atto suo; avrà non il tempo, ma l’eternità in suo potere. Quindi la sola differenza tra Volontà Divina ed umana, non c’è paragone che regga, tra l’una e l’altra. È proprio questo il vivere nella mia Volontà: Essa tiene l’atto primo ed operante nella creatura; fa come un maestro che vuole essere [che venga] svolto il tema che ha dato al suo alunno. Lui stesso gli dà la carta, gli mette la penna in mano, mette la sua mano sopra la stessa mano del discepolo, e svolge il tema scrivendo insieme, la mano del maestro e quella del discepolo. Ora, non si deve dire che il maestro è stato operante ed ha messo in quel tema la sua scienza, la sua bella calligrafia in modo che nessuno potrà trovare ombra di difetto? Ma però l’alunno non si è spostato, ha subito l’opera del maestro, si ha [è] fatto condurre la mano, senza alcuna resistenza, anzi felice nel vedere le belle idee, i preziosi concetti nei quali si sentiva rapire. Ora, non si deve dire che il fortunato discepolo possiede il valore, il merito del lavoro del suo maestro? Così succede a chi vive nella mia Volontà: la creatura deve subire l’atto che vuol fare il mio Volere, non si deve mettere da parte, ed Essa deve mettere l’occorrente che conviene al suo atto divino. Ed è tanta la nostra bontà che la facciamo posseditrice dei nostri stessi atti.
Invece [a] chi non vive nel nostro Volere, succede come quando il maestro dà il tema al suo discepolo, ma non si fa Lui attore del tema del discepolo; lo lascia a libertà sua, in modo che può fare degli errori, e lo fa a secondo la sua piccola capacità, perché non sente sopra e dentro di sé, né la capacità, né l’atto operante del suo maestro. Ed il tema non è altro che la nostra grazia; non lascia mai la creatura anche nel piccolo bene che fa, ed a secondo le disposizioni della creatura, si presta o come atto operante, o come atto assistente, perché non c’è bene che si fa che non viene aiutato e sostenuto dalla grazia Divina.

Luisa Piccarreta Vol.13 – 26/11/1921

Accentramento dello scopo della Creazione, Redenzione e Glorificazione.

Stavo pensando a ciò che sta scritto nel giorno 19 del corrente, e dicevo tra me: “Come è possibile che dopo la mia Mamma possa essere io il secondo poggio?” Ed il mio dolce Gesù, attirandomi a Sé dentro una luce immensa mi ha detto: “Figlia mia, perché ne dubiti? Qual’è la cagione?”
Ed io: “La mia grande miseria”.
E Lui: “Questo mettilo da banda; e poi, se non eleggevo te, dovevo certo eleggere un’altra dalla famiglia umana, perché questa si ri-bellò alla mia Volontà, e col ribellarsi Mi tolse lo scopo della gloria, dell’onore che la Creazione doveva darmi, quindi, un’altra della stessa umana famiglia con l’avere un continuo connesso col mio Volere, col vivere più con la mia Volontà che con la sua, abbracciando tutto nel mio Volere doveva elevarsi su tutto per deporre ai piedi del mio Trono la gloria, l’onore, l’amore che tutti gli altri non Mi hanno dato.
Unico scopo della Creazione fu che tutti compissero il mio Volere; non fu che l’uomo operasse cose grandi, anzi le guardo come un nonnulla e con disprezzo se non sono frutti della mia Volontà; e perciò molte opere nel più bello vanno a sfascio, perché la Vita della mia Volontà non c’era dentro. Onde avendo l’uomo rotto la sua [volontà] con la Mia, Mi distrusse il più bello, lo scopo per cui lo avevo creato; lui si rovinò completamente e Mi negò tutti i diritti che [gli uomini] Mi dovevano come a Creatore. Ma le mie opere portano l’impronta dell’Eterno, e non poteva la mia infinita Sapienza e il mio eterno amore lasciare l’opera della Creazione senza i suoi effetti e i diritti che Mi spettavano; ecco perciò la Redenzione. Volli espiare con tante pene le colpe dell’uomo e col non fare mai la mia Volontà ma sempre Quella della Divinità, ed anche nelle cose più piccole come il respirare, il guardare, il parlare, ecc.. La mia Umanità non si muoveva, né aveva vita se non era animata dalla Volontà del Padre mio; Mi sarei contentato di morire mille volte anziché dare un respiro senza il suo Volere. Con ciò rannodai di nuovo la volontà umana con la Divina, e nella mia sola Persona, essendo anch’Io vero uomo e vero Dio, ridavo al Padre mio tutta la gloria e i diritti che Gli convenivano.
Ma il mio Volere e il mio Amore non vogliono essere soli nelle opere mie, vogliono fare altre immagini simili a Me; ed avendo la mia Umanità rifatto lo scopo della Creazione, vidi per l’ingratitudine dell’uomo lo scopo della Redenzione pericolante, e per molti andare quasi a sfascio, perciò per fare che la Redenzione Mi portasse gloria completa e Mi desse tutti i diritti che Mi si dovevano, presi un’altra creatura della famiglia umana, quale fu la mia Mamma, copia fedele della mia Vita, in cui la mia Volontà si conservava integra, ed accentrai in Lei tutti i frutti della Redenzione. Onde misi in salvo lo scopo della Creazione e Redenzione; e la mia Mamma, se nessuno avesse profittato della Redenzione, Mi darebbe Lei tutto quello che le creature mi avrebbero dato .
Ora vengo a te. Io ero vero uomo e vero Dio, la mia cara Mamma era innocente e santa, ed il nostro Amore Ci spinse più oltre, volevamo un’altra creatura, che concepita come tutti gli altri figli degli uomini prendesse il terzo posto al mio fianco - non ero contento che Io solo e la mia Mamma fossimo integri con la Volontà Divina, volevamo gli altri figli - che a nome di tutti, vivendo in pieno accordo con la nostra Volontà, ci desse Gloria ed Amore divino per tutti. Quindi chiamai te fino ab-eterno, quando nulla esisteva ancora quaggiù; e come vagheggiavo la mia cara Mamma, deliziandomi, carezzandola e piovendo su di Lei a torrenti tutti i beni della Divinità, così vagheggiavo te, ti carezzavo, e i torrenti che piovevano sulla mia Mamma inondavano te [per] quanto ne eri capace di contenere, e ti preparavano, ti prevenivano ed abbellendoti ti davano la grazia che la mia Volontà fosse integra in te, e che non la tua, ma la Mia, animasse anche i tuoi più piccoli atti; in ogni tuo atto scorreva la mia Vita, il mio Volere e tutto il mio Amore. Che contento, quante gioie non provavo! Ecco perché ti chiamo secondo poggio dopo la mia Mamma; non su di te Mi poggiavo, perché tu eri nulla e non potevo poggiarmi, ma sulla mia Volontà che tu dovevi contenere. La mia Volontà è Vita, e chi La possiede, possiede la Vita e può sostenere l’Autore della stessa Vita.
Onde siccome in Me accentrai lo scopo della Creazione, nella mia Mamma accentrai i frutti della Redenzione, così in te accentrai lo scopo della Gloria,
come se in tutti fosse integro il mio Volere, da cui verrà il drappello delle altre creature; non passeranno le generazioni se non ottengo l’intento”.
Ond’io, stupita ho detto: “Amor mio, possibile che la tua Volontà stia integra in me, e che in tutta la mia vita non ci sia stata nessuna rottura tra la Tua e la mia volontà? Mi sembra che mi burli”.
E Gesù con accento più dolce ancora: “No, non ti burlo, è proprio vero che non c’è stata rottura, al più lesa qualche volta, ed il mio Amore come forte cemento ha riparato queste lesioni ed ha reso più forte l’integrità. Io sono stato a guardia d’ogni tuo atto e subito facevo scorrere il mio Volere come a posto d’onore; lo sapevo Io che molte grazie ci volevano, dovendo operare il più gran miracolo che esiste nel mondo, qual’è il vivere continuato nel mio Volere! L’anima deve assorbire tutto un Dio nel suo atto per ridarlo di nuovo integro come lo ha assorbito, e poi assorbirlo di nuovo; perciò oltrepassa lo stesso miracolo dell’Eucarestia, [nella Quale] gli accidenti non hanno ragione, né volontà, né desideri che possano opporsi alla mia Vita Sacramentale, sicché niente ci mette l’ostia, tutto l’operato è mio, se lo voglio lo faccio; invece, per far succedere il miracolo di vivere nel mio Volere devo piegare una ragione, una volontà umana, un desiderio, un amore puramente libero; e quanto non ci vuole? Perciò ci sono anime abbondanti che si comunicano e prendono parte al miracolo dell’Eucarestia, perché meno si sacrificano, ma dovendosi più sacrificare nel far succedere il miracolo che la mia Volontà abbia vita in loro, pochissime sono quelle che si dispongono”.

Luisa Piccarreta - Vol.19 - 01/07/1926

Non c’è santità senza la Volontà di Dio. La venuta di Gesù sulla terra servì per formare le vie, le scale, per giungere al Regno del suo Volere.

Stavo facendo i miei soliti atti nel Supremo Volere e pensavo tra me: “Possibile che i tanti Santi dell’Antico Testamento, che tanto si sono distinti con la potenza dei miracoli, come un Mosè, un Elia ed i tanti profeti, e tanti Santi dopo la venuta di Nostro Signore, che tanto si sono resi maravigliosi per virtù e per miracoli, nessuno di questi abbia posseduto il Regno della Volontà Divina e vissuto nell’unità della sua Luce? Pare incredibile”. Ora, mentre ciò pensavo, il mio dolce Gesù è uscito da dentro il mio interno e stringendomi a Sé mi ha detto:

Figlia mia, eppure è proprio vero che finora nessuno ha posseduto il Regno della mia Volontà, né goduto tutta la pienezza dell’unità della Luce che Essa contiene. Se ciò fosse stato, essendo la cosa che più M’interessa, che più Mi glorifica e che nientemeno metterà in salvo tutti i diritti divini e completerà l’opera della Creazione e Redenzione, non solo, ma porterà alla creatura il bene più grande che può esistere in Cielo ed in terra, Io avrei fatto in modo che l’avrei fatto conoscere, come ho fatto conoscere le tante virtù e maraviglie dei miei Santi, avrei fatto conoscere chi aveva posseduto il Regno della mia Volontà, che tanto Mi sta a Cuore, per trasmetterlo agli altri, imitando colui che l’aveva posseduto. Ora, i Santi dell’Antico Testamento si trovavano nelle stesse condizioni di Adamo, che mancava il Divino Riparatore, che mentre doveva rinsaldare l’umana e Divina Volontà, doveva pagare in modo divino i debiti dell’uomo colpevole. Ma però, tanto i Santi antichi quanto i moderni hanno preso della mia Volontà, tanto quanto hanno conosciuto; gl’istessi miracoli che hanno fatto erano particelle della potenza della mia Volontà comunicata a loro. Sicché tutti i miei Santi hanno vissuto, chi all’ombra di Essa, chi ai riflessi della sua luce, chi sottomesso alla sua potenza, chi agli ordini dei suoi comandi, perché non c’è santità senza mia Volontà; ma hanno posseduto di Essa quel poco che hanno conosciuto e non più, perché il bene allora si sospira e si giunge a possederlo quando si conosce, nessuno possiede un bene, una proprietà, senza conoscerla, e supponi che la possedesse e non la conosce, per lui quel bene è come morto, perché manca la vita della conoscenza.

Ora, essendo la cosa più grande la mia Volontà, che tutto coinvolge, e tutte le cose, dalla più grande alla più piccola, innanzi ad Essa restano sperdute, si dovrebbe conoscere della mia Volontà tante cose da oltrepassare ciò che si conosce della Creazione, della Redenzione, delle virtù e di tutte le scienze. Essa doveva essere un libro per ogni passo, per ogni atto, un libro per ciascuna cosa creata, sicché tutta la terra doveva essere riempita di volumi, da oltrepassare il numero delle cose create, [e] di conoscenze che dovevano riguardare il Regno della mia Volontà. Ora, dove sono questi libri? Nessun libro, appena qualche detto si conosce di Essa, mentre dovrebbe stare a principio d’ogni conoscenza, di qualunque cosa; essendo Essa la vita di ciascuna cosa, dovrebbe stare su tutto, come l’immagine del re improntata sulla moneta che corre nel Regno, come la luce del sole che splende su ciascuna pianta per darle la vita, come l’acqua che disseta le labbra ardenti, come cibo che sazia l’affamato dopo lungo digiuno. Tutto doveva essere riempito delle conoscenze riguardanti la mia Volontà; e se ciò non lo è, è segno che il Regno della mia Volontà non è conosciuto, quindi non posseduto. Mi sapresti forse tu dire qualche santo che ha detto che possedeva questo Regno e l’unità della Luce del Voler Supremo? Certo che no. Io stesso poco parlai; se avessi voluto parlare in modo disteso sul Regno della mia Volontà e di volerlo formare nell’uomo come lo possedeva Adamo innocente, essendo il punto più alto, il più immediato a Dio e che si avvicina più dappresso alla somiglianza divina, essendo ancor fresca la caduta di Adamo, si sarebbero tutti scoraggiati, e voltandomi le spalle avrebbero detto: ‘Se Adamo innocente non si fidò né ebbe la costanza di vivere nella santità di questo Regno, tanto che precipitò lui stesso e tutte le generazioni nelle miserie, nelle passioni ed in mali irreparabili, come possiamo noi, colpevoli, vivere in un Regno sì santo? Bello, sì, ma possiamo dire che non è per noi’. Non solo, ma essendo il punto più alto la mia Volontà, ci volevano le vie, i mezzi di trasporto, le scale, le vesti decenti, i cibi adatti, per poter dimorare in questo Regno. Onde, la mia venuta sulla terra servì per formare tutto questo; sicché ogni mio detto, opera, pena, preghiera, esempio, sacramenti istituiti, erano vie che formavo, mezzi di trasporto per farli giungere più subito, scale per farli salire; si può dire che li diedi [loro] le vesti della mia Umanità imporporate col mio sangue, per farli stare decentemente vestiti in questo Regno sì santo del mio Volere, stabilito dall’Increata Sapienza nella Creazione di darlo come retaggio dell’uomo. Quindi, se poco parlai su di ciò (perché quando Io parlo, parlo a tempo e a circostanza, in cui deve stare racchiusa nella mia parola la necessità e l’utilità del bene che contiene), onde, invece di parlare feci i fatti e Mi riservai di parlare a te sul Regno della mia Volontà.

Ora, come potevano possederlo se non avevano una piena conoscenza? D’altronde, tu devi sapere che tutte le manifestazioni che ti ho fatto su di Esso, i suoi prodigi, i suoi beni, quello che conviene che faccia l’anima per potersi stabilire in questo Regno, la mia stessa Volontà espressa che voglio che l’uomo ritorni nel Regno mio, e come tutto ho fatto, la Creazione, la Redenzione, perché entrasse in possesso del mio Regno perduto, sono vincoli di trasmissione, sono porte per farlo entrare, sono donazioni che faccio, sono leggi, istruzioni come vivere in esso, intelligenza per farli comprendere ed apprezzare il bene che posseggono. Se tutto ciò mancava, come potevano possedere questo Regno della mia Volontà? Sarebbe come se un individuo volesse passare in un altro Regno a vivere senza passaporto, senza conoscere né leggi, né modi, né dialetto: poveretto, sarebbe inaccessibile la sua entrata, e se come intruso entrasse, si troverebbe tanto a disagio, che lui stesso amerebbe d’uscire da un Regno che [in] nulla conosce.

Ora figlia mia, non sembra a te più facile, più incoraggiante, più alla portata della natura umana, che dopo che hanno conosciuto il Regno della Redenzione, dove possono guarire i ciechi, gli zoppi, i malati, (perché nel Regno della mia Volontà non entrano i ciechi, ma tutti dritti e di florida salute), trovando tutti i mezzi possibili nel Regno della Redenzione e lo stesso passaporto della mia Passione e Morte per passare nel Regno della mia Volontà, animati a vista di sì gran bene, si decideranno di prenderne il possesso? Perciò sii attenta, né voler restringere, diminuire i beni che ci sono nel Regno della mia Volontà; e questo lo fai quando non tutto manifesti ciò che ti faccio conoscere, perché la conoscenza è portatrice del dono, e se adesso largheggio nelle conoscenze di Essa, sono doni che faccio, e in questi doni stabilisco il più o il meno da mettere nel Regno della mia Volontà, a bene di chi deve possederlo”.

Luisa Piccarreta – Vol.19 - 01/07/1926

Non c’è santità senza la Volontà di Dio. La venuta di Gesù sulla terra servì per formare le vie, le scale, per giungere al Regno del suo Volere.


Stavo facendo i miei soliti atti nel Supremo Volere e pensavo tra me: “Possibile che i tanti Santi dell’Antico Testamento, che tanto si sono distinti con la potenza dei miracoli, come un Mosè, un Elia ed i tanti profeti, e tanti Santi dopo la venuta di Nostro Signore, che tanto si sono resi maravigliosi per virtù e per miracoli, nessuno di questi abbia posseduto il Regno della Volontà Divina e vissuto nell’unità della sua Luce? Pare incredibile”. Ora, mentre ciò pensavo, il mio dolce Gesù è uscito da dentro il mio interno e stringendomi a Sé mi ha detto:

“Figlia mia, eppure è proprio vero che finora nessuno ha posseduto il Regno della mia Volontà, né goduto tutta la pienezza dell’unità della Luce che Essa contiene. Se ciò fosse stato, essendo la cosa che più M’interessa, che più Mi glorifica e che nientemeno metterà in salvo tutti i diritti divini e completerà l’opera della Creazione e Redenzione, non solo, ma porterà alla creatura il bene più grande che può esistere in Cielo ed in terra, Io avrei fatto in modo che l’avrei fatto conoscere, come ho fatto conoscere le tante virtù e maraviglie dei miei Santi, avrei fatto conoscere chi aveva posseduto il Regno della mia Volontà, che tanto Mi sta a Cuore, per trasmetterlo agli altri, imitando colui che l’aveva posseduto. Ora, i Santi dell’Antico Testamento si trovavano nelle stesse condizioni di Adamo, che mancava il Divino Riparatore, che mentre doveva rinsaldare l’umana e Divina Volontà, doveva pagare in modo divino i debiti dell’uomo colpevole. Ma però, tanto i Santi antichi quanto i moderni hanno preso della mia Volontà, tanto quanto hanno conosciuto; gl’istessi miracoli che hanno fatto erano particelle della potenza della mia Volontà comunicata a loro. Sicché tutti i miei Santi hanno vissuto, chi all’ombra di Essa, chi ai riflessi della sua luce, chi sottomesso alla sua potenza, chi agli ordini dei suoi comandi, perché non c’è santità senza mia Volontà; ma hanno posseduto di Essa quel poco che hanno conosciuto e non più, perché il bene allora si sospira e si giunge a possederlo quando si conosce, nessuno possiede un bene, una proprietà, senza conoscerla, e supponi che la possedesse e non la conosce, per lui quel bene è come morto, perché manca la vita della conoscenza.

Ora, essendo la cosa più grande la mia Volontà, che tutto coinvolge, e tutte le cose, dalla più grande alla più piccola, innanzi ad Essa restano sperdute, si dovrebbe conoscere della mia Volontà tante cose da oltrepassare ciò che si conosce della Creazione, della Redenzione, delle virtù e di tutte le scienze. Essa doveva essere un libro per ogni passo, per ogni atto, un libro per ciascuna cosa creata, sicché tutta la terra doveva essere riempita di volumi, da oltrepassare il numero delle cose create, [e] di conoscenze che dovevano riguardare il Regno della mia Volontà. Ora, dove sono questi libri? Nessun libro, appena qualche detto si conosce di Essa, mentre dovrebbe stare a principio d’ogni conoscenza, di qualunque cosa; essendo Essa la vita di ciascuna cosa, dovrebbe stare su tutto, come l’immagine del re improntata sulla moneta che corre nel Regno, come la luce del sole che splende su ciascuna pianta per darle la vita, come l’acqua che disseta le labbra ardenti, come cibo che sazia l’affamato dopo lungo digiuno. Tutto doveva essere riempito delle conoscenze riguardanti la mia Volontà; e se ciò non lo è, è segno che il Regno della mia Volontà non è conosciuto, quindi non posseduto. Mi sapresti forse tu dire qualche santo che ha detto che possedeva questo Regno e l’unità della Luce del Voler Supremo? Certo che no. Io stesso poco parlai; se avessi voluto parlare in modo disteso sul Regno della mia Volontà e di volerlo formare nell’uomo come lo possedeva Adamo innocente, essendo il punto più alto, il più immediato a Dio e che si avvicina più dappresso alla somiglianza divina, essendo ancor fresca la caduta di Adamo, si sarebbero tutti scoraggiati, e voltandomi le spalle avrebbero detto: ‘Se Adamo innocente non si fidò né ebbe la costanza di vivere nella santità di questo Regno, tanto che precipitò lui stesso e tutte le generazioni nelle miserie, nelle passioni ed in mali irreparabili, come possiamo noi, colpevoli, vivere in un Regno sì santo? Bello, sì, ma possiamo dire che non è per noi’. Non solo, ma essendo il punto più alto la mia Volontà, ci volevano le vie, i mezzi di trasporto, le scale, le vesti decenti, i cibi adatti, per poter dimorare in questo Regno. Onde, la mia venuta sulla terra servì per formare tutto questo; sicché ogni mio detto, opera, pena, preghiera, esempio, sacramenti istituiti, erano vie che formavo, mezzi di trasporto per farli giungere più subito, scale per farli salire; si può dire che li diedi [loro] le vesti della mia Umanità imporporate col mio sangue, per farli stare decentemente vestiti in questo Regno sì santo del mio Volere, stabilito dall’Increata Sapienza nella Creazione di darlo come retaggio dell’uomo. Quindi, se poco parlai su di ciò (perché quando Io parlo, parlo a tempo e a circostanza, in cui deve stare racchiusa nella mia parola la necessità e l’utilità del bene che contiene), on-de, invece di parlare feci i fatti e Mi riservai di parlare a te sul Regno della mia Volontà.

Ora, come potevano possederlo se non avevano una piena conoscenza? D’altronde, tu devi sapere che tutte le manifestazioni che ti ho fatto su di Esso, i suoi prodigi, i suoi beni, quello che conviene che faccia l’anima per potersi stabilire in questo Regno, la mia stessa Volontà espressa che voglio che l’uomo ritorni nel Regno mio, e come tutto ho fatto, la Creazione, la Redenzione, perché entrasse in possesso del mio Regno perduto, sono vincoli di trasmissione, sono porte per farlo entrare, sono donazioni che faccio, sono leggi, istruzioni come vivere in esso, intelligenza per farli comprendere ed apprezzare il bene che posseggono. Se tutto ciò mancava, come potevano possedere questo Regno della mia Volontà? Sarebbe come se un individuo volesse passare in un altro Regno a vivere senza passaporto, senza conoscere né leggi, né modi, né dialetto: poveretto, sarebbe inaccessibile la sua entrata, e se come intruso entrasse, si troverebbe tanto a disagio, che lui stesso amerebbe d’uscire da un Regno che [in] nulla conosce.

Ora figlia mia, non sembra a te più facile, più incoraggiante, più alla portata della natura umana, che dopo che hanno conosciuto il Regno della Redenzione, dove possono guarire i ciechi, gli zoppi, i malati, (perché nel Regno della mia Volontà non entrano i ciechi, ma tutti dritti e di florida salute), trovando tutti i mezzi possibili nel Regno della Redenzione e lo stesso passaporto della mia Passione e Morte per passare nel Regno della mia Volontà, animati a vista di sì gran bene, si decideranno di prenderne il possesso? Perciò sii attenta, né voler restringere, diminuire i beni che ci sono nel Regno della mia Volontà; e questo lo fai quando non tutto manifesti ciò che ti faccio conoscere, perché la conoscenza è portatrice del dono, e se adesso largheggio nelle conoscenze di Essa, sono doni che faccio, e in questi doni stabilisco il più o il meno da mettere nel Regno della mia Volontà, a bene di chi deve possederlo”.
Niko Sanpatrizio
In questi due siti potete approfondire, se vorrete, quanto vi ho accennato:
ladivinavolonta.org
donleonardomariapompei.it