Francesco crede che la liturgia sia "priva di significato" senza una cognizione soggettiva

“Se non si comprende che la fede è un dono di Dio, anche le preghiere che la Chiesa innalza a Dio sono prive di significato" scrive Francesco nel suo messaggio del 21 maggio Pontificio Istituto Missioni Estere.

Questa dichiarazione fa molta confusione tra la preghiera privata e la liturgia pubblica della Chiesa. Per fortuna, la liturgia non dipende dalla debolezza della comprensione umana e dalla nostra comprensione "che la fede è un dono di Dio".

La liturgia è la partecipazione alla preghiera di Cristo indirizzata al Padre (CCC 1071, 1073). Quindi la comprensione che la "fede è un dono di Dio" fa sempre parte della liturgia.

Nel suo insieme, il prolisso testo di 6600 parole soffre di sentimentalismo, insistendo un po' troppo su passioni secondarie, come gioia (17 volte), cuore (11), attrazione (9), fervore (5), piacere (2), oltre a una comprensione sentimentale dello Spirito Santo (35), moralismo (11 volte gratitudine, 6 volte umiltà), che Francesco polemicamente oppone a verità e ragione.

I mantra di Francesco sono inevitabili: la gente (26 volte), i poveri (10), la realtà (10) in contrasto ad astrazione (5), egocentrismo (6), elitarismo (5), sorpresa (3), proselitismo (2), rigidità (2), periferie (1) e creatività (1).

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