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1891

Rozlúčka s Jonášom, ktorého chce Šimon oslobodiť

(M.Valtorta, Evanj.2/63) Svetlo je veľmi slabé, ledva bliká. Pri dverách biednej chatrče stojí Ježiš so svojimi, s Jonášom a s ďalšími chudobnými roľníkmi ako on. Nastal čas rozlúčky. ,,Už ťa viac …Viac
(M.Valtorta, Evanj.2/63)
Svetlo je veľmi slabé, ledva bliká. Pri dverách biednej chatrče stojí Ježiš so svojimi, s Jonášom a s ďalšími chudobnými roľníkmi ako on. Nastal čas rozlúčky.
,,Už ťa viac neuvidím, môj Pane?" pýta sa Jonáš. ,,Ty si nám vniesol svetlo do srdca. Tvoja dobrota urobila z týchto dní sviatok, ktorý potrvá po celý život. Videl si však, ako tu s nami zaobchádzajú. O osla sa starajú viac ako o nás. I so stromom zaobchádzajú ľudskejšie. Osol aj strom sú peniaze. My sme však iba mlynčeky, ktoré dávajú peniaze. A využívajú nás, kým človek nezomrie z neznesiteľnej roboty. Tvoje slová však boli pohladkaním ochranných krídel. Chlieb sa nám zdal hojnejší a lepší, lebo si ho ochutnal s nami, ten chlieb, ktorý on nedáva ani svojim psom. Vráť sa, aby si ho mohol lámať s nami, Pane. Odvažujem sa to povedať len preto, že si to ty. Pre kohokoľvek iného by bolo urážkou ponúknuť odpočinok a pokrm, ktorý nie je hodný žobráka. Ale ty..."
,,Ale ja v nich nachádzam nebeskú vôňu a chuť, …Viac
TerezaK
I messaggi della Madonna nel Mondo
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MARIA VALTORTA: I 4 DOLORI DI MARIA
Secondo dolore di Maria la Fuga in Egitto Insegnamenti sull'ultima visione legata all'avvento di Gesù.
(Mt 2,13)
Il mio spirito vede la seguente scena.
È notte. Giuseppe dorme sul suo lettuccio nella minuscola stanzetta. Un placido sonno di chi si riposa dal molto lavoro compiuto con onestà e solerzia.
Lo vedo nell'oscurità …Viac
I messaggi della Madonna nel Mondo

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MARIA VALTORTA: I 4 DOLORI DI MARIA

Secondo dolore di Maria la Fuga in Egitto Insegnamenti sull'ultima visione legata all'avvento di Gesù.

(Mt 2,13)

Il mio spirito vede la seguente scena.
È notte. Giuseppe dorme sul suo lettuccio nella minuscola stanzetta. Un placido sonno di chi si riposa dal molto lavoro compiuto con onestà e solerzia.
Lo vedo nell'oscurità dell'ambiente, che è appena rotta da un filo di luce lunare che penetra da una fessura dell'impannata lasciata accostata ma non serrata del tutto, come se Giuseppe avesse caldo nella piccola stanza o volesse avere quel filo di luce per sapersi regolare all'alba e alzarsi sollecito. È volto su un fianco e nel sonno sorride a chissà quale visione che vede nel sogno.
Ma il sorriso si cambia in affanno. Sospira profondamente, come fa chi è preso da un incubo, e si sveglia con un soprassalto. Si siede sul letto, si stropiccia gli occhi e si guarda intorno. Guarda verso la finestrella da cui viene quel filo di luce. È notte alta, ma egli afferra la veste stesa ai piedi del letto e, sempre stando seduto sul letto, se la infila sulla tunica bianca dalle corte maniche che aveva sulla pelle. Scosta le coperture, mette i piedi a terra e cerca i sandali. Se li mette e allaccia. Si alza in piedi e si dirige alla porta di fronte al suo letto, non a quella che ha al fianco dello stesso e che conduce nello stanzone dove furono accolti i Magi.
Picchia piano, appena un tic-tic, con la punta delle dita. Deve sentire che lo si invita ad entrare, perché apre con attenzione la porta e la riaccosta senza rumore. Prima di andare alla porta ha acceso un piccolo lume ad olio, ad una sola fiamma, e si fa perciò lume con questo. Entra. Ma in una camera, di poco più vasta della sua e nella quale vi è un basso lettino presso una cuna, vi è già un lumino che arde, e la fiammella oscillante in un angolo pare una stellina dalla luce tenue e dorata che permetta di vedere senza dar noia a chi dorma.

Ma Maria non dorme. È inginocchiata presso la cuna nella sua veste chiara e prega, vegliando Gesù che dorme tranquillo, Gesù che ha l'età che gli vidi nella visione dei Magi. Un infante di circa un anno, bello, roseo e biondo, che dorme con la testolina ricciuta affondata nel guanciale e una manina serrata a pugno sotto la gola.
«Non dormi? » chiede Giuseppe a voce bassa e stupita. «Perché? Gesù non sta bene?».
«Oh, no! Egli sta bene. Io prego. Ma per certo che poi dormirò. Perché sei venuto, Giuseppe?». Maria parla rimanendo inginocchiata dove era.
Giuseppe parla a voce bassissima per non svegliare il Bambino, ma concitata. «Bisogna andare via subito di qui. Ma subito. Prepara il cofano e un sacco con quanto puoi mettervi. Io preparerò il resto, porterò più che posso... All'alba fuggiremo. Lo farei anche prima, ma devo parlare alla padrona di casa...».
«Ma perché questa fuga?».
«Ti dirò poi meglio. È per Gesù. Un angelo me l'ha detto: “Prendi il Fanciullo e la Madre e fuggi in Egitto”. Non perdere tempo. Io vado a preparare ciò che posso ».

Non c'è bisogno di dire a Maria di non perdere tempo. Appena ha sentito parlare di angelo, di Gesù e di fuga, ha compreso che vi è un pericolo per la sua Creatura ed è balzata in piedi più bianca in viso di una cera, tenendosi una mano sul cuore, angosciata. E ha subito cominciato a muoversi lesta e leggera ed a sistemare gli indumenti nel cofano e in un ampio sacco, che ha steso sul suo letto ancora intatto. È certo angosciata, ma non perde la testa e fa le cose sollecitamente ma con ordine. Ogni tanto, passando presso la cuna, guarda il Bambino che dorme ignaro.
«Hai bisogno di aiuto? » chiede di tanto in tanto Giuseppe, mettendo il capo dentro la porta rimasta socchiusa.
«No, grazie» risponde sempre Maria.
Solamente quando il sacco è pieno, e deve essere pesante, chiama Giuseppe perché l'aiuti a chiuderlo e a levarlo dal letto. Ma Giuseppe non vuole essere aiutato e fa da sé, prendendo il lungo involto e portandolo nella sua cameretta.
«Prendo anche le coperte di lana?» chiede Maria.
«Più che puoi prendi. Il resto lo perderemo. Ma più che puoi prendilo. Ci farà comodo perché... perché dobbiamo stare via molto, Maria!... ». Giuseppe è molto addolorato nel dire questo. E Maria si può pensare come è. Piega sospirando le coltri sue e di Giuseppe, e questi le lega con una fune. «Lasceremo i trapunti e le stuoie » dice mentre lega le coltri. «Anche se prendo tre asinelli, non posso gravarli troppo. Dobbiamo fare lunga e disagevole via, parte fra montagne e parte nel deserto. Copri bene Gesù. Le notti saranno fredde, tanto nelle montagne che nel deserto. Ho preso i doni dei Magi perché ci faranno comodo laggiù. Quanto ho lo spendo tutto per comperare i due asinelli. Non possiamo rimandarli indietro e devo acquistarli. Io vado senza attendere l'alba. So dove cercarli. Tu finisci di preparare tutto ». Ed esce.
Maria raccoglie ancora qualche oggetto, poi, dopo avere osservato Gesù, esce e torna con delle piccole vesti che paiono ancora umide, forse lavate nel giorno avanti. Le piega e avvolge in un telo e le unisce alle altre cose. Non c'è più nulla.
Si volge intorno e vede in un angolo un giocattolo di Gesù: una pecorina, intagliata nel legno. La prende con un singhiozzo e la bacia. Il legno porta le tracce dei dentini di Gesù, e le orecchie della pecorina sono tutte morsicchiate. Maria carezza quell'oggetto senza valore, di un povero legno chiaro, ma di tanto valore per Lei, perché le dice l'affetto di Giuseppe per Gesù e le parla del suo Bambino. Mette anche quello presso le altre cose sul cofano chiuso.

Ora non c’è proprio più nulla. Solo Gesù nella sua cunella. Maria pensa che sia bene preparare anche il Bambino. Và alla cuna e la scuote un poco per svegliare il Piccino. Ma Egli ha solo un breve mugolìo e si volta, continuando a dormire. Maria lo carezza piano sui ricciolini. Gesù apre la bocchina ad uno sbadiglio. Maria si curva e lo bacia sulla gota. Gesù finisce di destarsi. Apre gli occhi. Vede la Mamma e sorride, e tende le manine al seno di Lei.
«Sì, amore della tua Mamma. Sì, il latte. Prima dell'ora solita... Ma Tu sei sempre pronto a succhiare la tua Mamma, agnellino mio santo!».
Gesù ride e scherza agitando i piedini fuori delle coperte, agitando le braccia con una di quelle allegrie degli infanti, così belle a vedersi. Punta i piedini contro lo stomaco della Mamma, si curva ad arco e appoggia anche il capino biondo sul seno di Lei, e poi si butta indietro e ride con le manine afferrate ai cordoncini che stringono al collo la veste di Maria, tentando di aprirla. Nella sua camicina di lino Egli appare bellissimo, grassottello, roseo come un fiore.
Maria si curva e, stando così, attraverso la cuna come una protezione, piange e sorride insieme, mentre il Bambino cinguetta quelle parole, che non son parole, di tutti i bambinelli e nelle quali è netta e ripetuta la parola «mamma». La guarda, stupito di vederla piangere. Stende una manina verso le righe lucide del pianto e se la bagna nella carezza. E, vezzoso, si riappoggia al seno materno e ci si raccoglie tutto contro, carezzandolo con la manina.
Maria lo bacia fra i capelli e se lo prende in collo, si siede, lo veste. Ecco, la vestina di lana è infilata, ed ecco messi i sandaletti minuscoli. Gli dà il latte e Gesù succhia avido il buon latte della sua Mamma e, quando gli sembra che da destra ne venga più poco, va a cercare a sinistra, e ride nel farlo, guardando da sotto in su la Mamma. Poi si addormenta da capo sul seno di Lei, la gotina rosea e tonda ancora contro la mammella bianca e tonda.
Maria si alza piano piano e lo depone sulla trapunta del suo letto. Lo copre con il suo mantello. Torna alla cuna e piega le piccole coperture. Riflette se sia bene prendere anche il materassino. È tanto piccino! Lo si può prendere. Lo mette, insieme al cuscino, presso le cose già messe sul cofano. E piange sulla cuna vuota, povera Mamma, perseguitata nella sua Creatura.

Torna Giuseppe. «Sei pronta? È pronto Gesù? Hai preso le sue coperte, il suo lettino? Non possiamo portare la cuna, ma almeno Egli abbia il suo materassino, povero Piccino che cercano a morte!».
«Giuseppe! ». Maria ha un grido mentre si afferra al braccio di Giuseppe.
«Si, Maria, a morte. Erode lo vuole morto... perché ne ha paura... per il suo regno umano ha paura di questo Innocente, quella belva immonda. Cosa farà quando capirà che Egli è fuggito, non so. Ma noi saremo lontani, ormai. Non credo che si vendicherà cercandolo sino in Galilea. Già sarebbe troppo difficile per lui scoprire che noi siamo galilei e tanto meno di Nazareth e chi siamo, di preciso. A meno che Satana non lo aiuti per ringraziarlo d'essergli servo fedele. Ma... se ciò avvenisse... Dio ci aiuterà lo stesso. Non piangere, Maria. Vederti piangere mi è un dolore ben più forte di quello di dover andare in esilio».
«Perdonami, Giuseppe! Non è per me che piango, né per il poco bene che perdo. Piango per te... Hai già dovuto sacrificarti tanto! Ed ora torni a non avere più clienti, né casa. Quanto ti costo, Giuseppe! ».
«Quanto? No, Maria. Non mi costi. Mi consoli. Sempre. Non pensare al domani. Abbiamo le ricchezze dei Magi. Ci aiuteranno nei primi tempi. Poi troverò lavoro. Un operaio onesto e capace si fa subito strada. Hai visto qui. Non mi bastano le ore al lavoro che ho ».
«Lo so. Ma chi ti solleverà dalla nostalgia? ».
«E tu, chi ti solleverà dalla nostalgia di quella casa che ti è così cara?».
«Gesù. Avendo Lui, ho ancora quello che là ho avuto».
«E io, avendo Gesù, ho la patria, sperata fino a pochi mesi sono. Ho il mio Dio. Lo vedi che non perdo nulla di ciò che mi è caro sopra ogni cosa. Basta salvare Gesù e allora tutto ci resta. Anche non dovessimo più vedere questo cielo, queste campagne, né quelle ancor più care di Galilea, avremo sempre tutto, perché avremo Lui.

Vieni, Maria, ché l'alba si inizia. È tempo di salutare l'ospite e di caricare la roba nostra. Tutto andrà bene».
Maria si alza in piedi, ubbidiente. Si avvolge nel mantello, mentre Giuseppe fa un ultimo fagotto ed esce carico di quello.
Maria solleva delicatamente il Bambino e lo avvolge in uno scialle e se lo stringe al cuore. Guarda le pareti che l'hanno ospitata per dei mesi e con una mano le sfiora. Beata casa, che ha meritato di essere amata e benedetta da Maria!
Esce. Traversa la stanzetta che era di Giuseppe, entra nello stanzone. La padrona di casa, in lacrime, la bacia e saluta e, sollevando un lembo dello scialle, bacia sulla fronte il Bambino, che dorme tranquillo. Scendono per la scaletta esterna.
Vi è un primo chiarore d'alba che dà appena modo di vedere. Nella poca luce si vedono tre somarelli. Il più robusto, carico delle masserizie. Gli altri, con la sella. Giuseppe si dà da fare ad assicurare per bene cofano e involti sul basto del primo. Vedo legati a mazzo, e posti sulla cima del sacco, i suoi arnesi da falegname.
Ancora saluti e lacrime e poi Maria monta sul suo ciuchino, mentre la padrona tiene Gesù in collo e lo bacia ancora, poi lo rende a Maria. Monta anche Giuseppe, che ha legato il suo asino con l'asino carico dei bagagli per esser libero di tenere a cavezza l'asinello di Maria.
La fuga ha inizio mentre Betlemme, che sogna ancora la fantasmagorica scena dei Magi, dorme quieta, inconscia di quanto l'attende.
E la visione cessa così.

Evangelo 35.1