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2022: Sessantunomila morti in più per il caldo… o per le angurie? di Massimo Micaletti

Da giorni si parla di una ricerca pubblicata su Nature che rileverebbe che nell’estate del 2022 ci sarebbero stati oltre sessantunomila morti in più in Europa a causa delle elevate temperature: hanno ripreso quindi vigore gli allarmi per il riscaldamento globale che viene descritto come l’ennesima, tutta umana, Apocalisse imminente.

Ora, sul riscaldamento globale il discorso sarebbe complesso e controverso ma non è di questo che si tratta in questa breve riflessione da dilettante: ci si concentra, piuttosto, sulla ricerca in questione.

Lo studio di Nature – col dovuto rispetto per Nature, che non è in discussione – non individua le morti causate dal caldo: l’articolo non pone nessun nesso scientifico di causalità tra caldo e morti ma descrive statisticamente che nel periodo estivo del 2022, come tra il 30 maggio e il 4 settembre del 2003, anno di caldo record, ci sono stati molti più decessi del normale.

Gli autori, facendo la comparazione tra i dati del 2003, spiegano come in quell’anno ci sia stata una situazione eccezionale (anche in termini di assenza di piani di allarme per il caldo eccessivo) mentre – parole loro – “le temperature del 2022 non erano eccezionali” ed erano anzi pienamente prevedibili guardando al trend. Constatando che, nel 2022 come nel 2003, all’aumentare della temperatura, aumentano anche le morti, traggono la conclusione che l’aumento della prima possa essere collegato all’aumento delle seconde: è così che determinano la categoria di “heat related deaths“.

Gli autori dello studio hanno preso da Eurostat i dati statistici dei deceduti, distinti per sesso e fasce di età, ma non per eziologia e li hanno incrociati con le temperature locali dei vari Stati europei e da lì hanno desunto che il caldo del 2022 sia connesso con l’incremento delle morti: in altri termini, non attingono a nessun dato sanitario in ordine alla causa della morte.

Per essere ancora più chiari: i ricercatori non hanno discriminato, tra i deceduti, quelli – ad esempio – morti per evento cardiaco o vascolare (da sempre associati al calore) ma si sono limitati a censire dove abbia fatto più caldo e a verificare che lì ci sono stati più morti.

Gli autori cercano di correggere questa lacuna, almeno agli effetti della mortalità Covid, adoperando un modello epidemiologico di correzione per sceverare il dato dagli effetti del Covid ma, anche in questo caso, non adoperano dati statistici sui decessi da coronavirus (che non hanno e ciò è abbastanza singolare, dato che i numeri vengono aggiornati costantemente, Paese per Paese) ma si limitano, appunto, ad utilizzare un modello astratto.

Avrebbero dovuto accedere ai dati dei decessi per singola causa, considerato che Eurostat li pubblica: ciò avrebbe permesso loro di verificare se effettivamente l’aumento dei morti nel 2022 sia dovuto a fattori correlati al caldo o no, però i dati relativi al 2022 non sono ancora stati pubblicati (da questo punto di vista, Eurostat è fermo al 2020, il che è comprensibile, considerata la mole di informazioni che devono essere raccolte e discriminate).

I ricercatori non avevano dunque nessun dato medico per correlare i decessi al caldo e lo hanno espressamente riconosciuto, là ove nell’articolo si legge “lo studio ha analizzato i record di mortalità per tutte le cause perché non erano disponibili dati specifici per causa.

Questa limitazione è importante perché alcune delle differenze nei rischi e nei numeri di mortalità legati al caldo tra sesso e gruppi di età potrebbero essere interpretate meglio nel quadro di un’analisi approfondita delle cause di morte
”. Sarebbe bastato aspettare un po’, dar tempo a Eurostat di pubblicare i dati sulle cause di morte per il 2022, e di certo gli esiti sarebbero stati più accurati e basati su evidenze e non su modelli astratti corretti tramite altri modelli astratti.

Insomma, i ricercatori per primi sono molto prudenti nel saltare dal concetto di “correlazione” a quello di “causalità” e anzi pongono dei caveat in merito pur sostenendo l’esistenza di una correlazione tra aumento delle temperature.

Qualcuno potrebbe stringere il nesso di causalità tra decessi e aumento delle temperature in base alla massima d’esperienza per cui il caldo è un fattore di rischio: come direbbe quello, “i morti col caldo l’ha #semBrefatto”. Non è così. In effetti, se prendiamo in esame il ventennio 2002 / 2022 vediamo che in Europa, all’oscillare delle temperature medie il tasso di mortalità non varia significativamente né automaticamente: ad esempio, nel 2018 c’è stato un aumento anomalo delle temperature ma l’andamento dei decessi non è sostanzialmente mutato né è cambiato il tasso di mortalità.

In altri termini, un rischio accresciuto non comporta di necessità che l’evento sfavorevole poi si verifichi effettivamente. Ciò, per quanto attiene al nostro discorso, avviene per una molteplicità di fattori che vanno dalla demografia, alla temperatura media dell’area interessata dall’aumento del calore, alla percentuale di popolazione che si dedica di necessità ad attività all’aperto (agricoltura, allevamento etc.), alle campagne di prevenzione che hanno indotto una maggiore consapevolezza della pericolosità delle alte temperature nelle persone fragili.

Va detto che questo profilo è toccato anche dai ricercatori dello studio di cui stiamo parlando, i quali rilevano come nel periodo 2015-2022 vi sia stata una sostanziale stabilità dell’andamento della mortalità in Europa pur a fronte dell’intensificarsi delle anomalie climatiche e che il nesso causale tra innalzamento delle temperature e decessi non è affatto assodato: tale rilevazione è effettuata con riferimento ad articoli scientifici del 2008 e del 2018 i cui autori – quelli sì – avevano acquisito anche dati sulla causa specifica dei decessi.

La conclusione cui si può giungere, dunque, è che nel periodo 30 maggio – 4 settembre 2022 ci sono stati effettivamente sessantunomila decessi in più ma, almeno dalla ricerca di Nature di cui parliamo, non si può trarre alcuna certezza scientifica sul nesso tra le morti e l’aumento del caldo, atteso soprattutto che, nel ventennio 2002/2022, solo nel 2003 e nel 2022 c’è stata una crescita tanto significativa delle morti in corrispondenza di un aumento delle temperature.

Del resto, nell’estate del 2022 c’è stata anche un’impennata drammatica del prezzo delle angurie che ha coinciso con i sessantunomila morti in più di Eurostat ma nessun ricercatore potrebbe sostenere che il crollo del prezzo dei cocomeri abbia causato sessantunomila morti, a meno che questo ricercatore non abbia dati sanitari a dimostrazione: e questi dati non ce li ha il ricercatore delle angurie e non ce li hanno i ricercatori dello studio di Nature e lo scrivono chiaramente.

Si va, naturalmente, per paradossi, ma al fine di enunciare l’ovvio: un nesso di causalità è una cosa seria e non si dimostra associando il termometro con la demografia se manca ogni riferimento di natura medica, salvo reggersi sull’assunto scientificamente non provato che “i morti, col caldo, l’ha #semBrefatto”.

Un’ultima osservazione. Dalla ricerca su Nature appare che l’incremento della mortalità tra gli individui di sesso maschile è particolarmente elevato nella fascia tra zero e sessantaquattro anni, fascia di età che non è certo quella solitamente più esposta a eventi gravi derivanti dal caldo.

Segnatamente, gli studiosi rilevano che, tra gli uomini di età compresa tra zero e sessantaquattro anni, il numero dei decessi nel periodo considerato è aumentato del 43%, mentre quelli aventi tra sessantacinque e settantanove anni hanno patito un aumento contenuto nel 14%. Questo dato, di per sé – dato che peraltro nelle donne si ribalta, con una maggior crescita dei decessi dai sessantacinque anni in su – induce ad ulteriore, estrema prudenza nel ritenere che l’aumento della mortalità sia dovuto alle temperature, quantomeno nella popolazione maschile 0-64 anni, e a ipotizzare che, invece, tale eccesso possa essere causato da un altro fattore, anche quale possibile concausa.

Ma, per quanto ci sforziamo, non ci viene in mente nulla, ma proprio nulla nulla, ma nulla nulla nulla nulla, che possa aver inciso rispetto agli anni precedenti.
Francesco Federico
@Diodoro
@Radio Spada
@In manus tuas
Peccato che la mortalità sia stata molto più elevata tra i "Non vaccinati"
Covid. Rapporto Iss su mortalità: “I decessi tra i no vax riguardano una popolazione più giovane e meno colpita da malattie preesistenti” | Aogoi
Anche il cardinal Massaia era guardato con sospetto dai preti abissini che temevano di perdere il loro potere:
Il cardinal Guglielmo Massaja …Altro
@Diodoro
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@In manus tuas
Peccato che la mortalità sia stata molto più elevata tra i "Non vaccinati"
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Il cardinal Guglielmo Massaja, “medico e vaccinato…
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Grazie!
Diodoro
"... tra gli uomini di età compresa tra zero e sessantaquattro anni, il numero dei decessi nel periodo considerato è aumentato del 43%...".
Cioè: tra i "giovani" (nel senso di non-anziani: da tempo l'inizio della Terza Età è stato posto convenzionalmente a 65 anni) c'è stata una catastrofica esplosione di mortalità .
Il dottor Mac Cullough, cardiologo di riferimento negli USA, da tempo ripete …Altro
"... tra gli uomini di età compresa tra zero e sessantaquattro anni, il numero dei decessi nel periodo considerato è aumentato del 43%...".
Cioè: tra i "giovani" (nel senso di non-anziani: da tempo l'inizio della Terza Età è stato posto convenzionalmente a 65 anni) c'è stata una catastrofica esplosione di mortalità .
Il dottor Mac Cullough, cardiologo di riferimento negli USA, da tempo ripete un qualcosa che peraltro è ovvio: "Se si osserva un aumento delle morti in coincidenza con l'introduzione massiccia di un nuovo farmaco, tale aumento va attribuito a quel nuovo farmaco, fino a prova contraria"