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1952

Magia e streghe tra Medioevo e Rinascimento

Volentieri offriamo ai lettori questo interessante passaggio del volume VIII della Storia universale della Chiesa I Papi rinascimentali, l’unione con i greci, la scoperta dell’America (Card. Hergenröther).

[…] La superstizione in generale e secondo le varie sue forme aveva messo forti radici. Astrologi, pronosticatori, indovini si trovavano alle corti dei grandi come nel tugurio del campagnolo.

Per le crociate e il commercio con gli arabi della Spagna s’introdusse l’uso degli amuleti e talismani[i], la credenza nella virtù mirabile delle pietre preziose, la magia e astrologia, l’alchimia e la negromanzia, alle quali si applicavano anche, come alle scienze più alte, giudei e saraceni. Assai comune era l’opinione che vi fossero uomini in comunicazione con gli spiriti malvagi, e che mercé il loro aiuto potessero fare cose straordinarie e preternaturali. Si parlava di patti col diavolo, di commerci infami col demonio, di maghi e maestri di magia.

I templari ed altri furono imputati di magia ed esaminati su ciò con la tortura. I concili ripetevano spesso il divieto della magia e d’ogni maniera di superstizione[ii]. Il corpo di diritto canonico trattava poco di questo argomento, e Alessandro IV aveva interdetto agli inquisitori d’ingerirsi nella punizione degli accusati di magia.

Giovanni XXII però scrisse una bolla contro l’alchimia, ma determinò che gl’inquisitori dovessero procedere solo quando insieme si trattasse di eresia.

La magia di solito si stimava un delitto misto; i magistrati secolari vi si immischiarono assai tosto, e ne facevano i processi con valersi della tortura. Il Gersone e la più parte dei teologi parigini riconoscevano bene che molte delle cose attribuite a forze demoniache, erano d’origine prettamente naturale, ma concedevano la possibilità di un intervento diabolico sotto diverse forme e dannavano l’opinione, che non fosse idolatria mettersi in commercio col demonio, promettere alcuna cosa al diavolo e simili[iii].

La facoltà teologica nel 1398 si dichiarò largamente su vari articoli di questo genere[iv], e nel 1431 sulla condanna di Giovanna d’Arco, imprigionata dagli inglesi e condannata di magia; nel 1466 riprovò i libri di magia di Arnaldo Desmaret, e nel 1493 gli scritti astrologici di Simone Phare. Nel 1459 ad Arras furono giustiziati per accusa di magia uomini e donne in gran numero, alcuni dei quali tuttavia erano colpevoli dei più gravi delitti[v].

La superstizione, benché dal Petrarca e da altri messa in derisione, cresceva per la stoltezza e l’ignoranza, per la bramosia di roba o di vendetta, sostenuta altresì dai pregiudizi dei medici e dei giuristi. Così il rinomato giurista Bartolo, nel 1350, giudicava pena dei maghi e degli stregoni essere il fuoco: si applicavano leggi antiche (anche quella del Levit. XX, 27); si estorcevano confessioni con la tortura.

Senza dubbio era punibile anche la sola intenzione di stringere patto con Satana, e da essa riusciva facile trascorrere alla seduzione altrui: di più alla magia si univano assai delitti; ma con tutto ciò non pochi innocenti caddero vittima della credenza popolare; e questa fece che anche presso i greci scismatici abbondarono i processi dopo il 1338. Tutta la società cristiana prestava allora fede alla magia[vi].

Sisto IV si levò contro la temerità di coloro che domandavano responsi ai demoni, e Innocenzo VIII diede facoltà a vari inquisitori in Germania (a Giacomo Sprenger, a Enrico Institoris e ad altri) di procedere contro di essi, cercando in generale di trarre la causa ai giudici ecclesiastici, affine di operare così per via di dolcezza e di persuasione[vii].

Quindi ebbe origine in Germania il «Martello delle streghe», di cui si fece grande abuso[viii]. Con ciò la credenza nella magia ricevette nuovo fomento. Alessandro VI, Leone X e il suo successore ebbero da ovviare ancora a tali disordini, che accorrevano massimamente in Germania e nell’Alta Italia[ix].

Il Tritemio stesso, benché sì dotto nelle scienze naturali da essere accusato di stregone, combatté in un’opera i maghi, gli astrologi, e gli alchimisti. Ulrico Molitore di Costanza, dottore a Pavia, scrisse un libro, indirizzato all’arciduca Sigismondo, contro la credenza nella magia[x]; ma non trovò ascolto né presso i principi, né presso le università; per invidia contro gli inquisitori pontifici, i giudici secolari inquisivano con la maggior sollecitudine il delitto di magia. […]

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[i] Amuleti dell’Oriente si trovano menzionati in Iacob. de Vitriaco, Hist. Hier.c. 73, 89.

[ii] Concilio di Treviri 1310, can. 79; Concilio di Magonza 1310, can. 136; Concilio di Valladolid 1322, can. 24; Concilio di Salamanca 1335, can. 15; Concilio di Praga 1349, can. 56; Concilio di Magdeburgo 1390, can. 45 e via via. Alex. IV, c. 8, § 4 de haer. V, 2 in 6. Ioann. XXII, Const. 13 Super. del 12 agosto 1325. Eymeric., Direct. Inquis. pars 2, q. 43, n. 9. Const. un. V, 6, in Xvagg. comm. Codici inglesi e decreti parlamentari di Francia, presso il Friedberg, De fin. etc.p. 93, n. 3, 5, 8 s.

[iii] Schwab, Gerson, p. 717 ss.

[iv] Determinatio Parisiis facta per Facult. theol. super quibusdam superstitionibus noviter exortis (19 settembre 1398), presso il Du Plessis l. c. I, 2, p. 154-157. Denifle-Chatelain, Chartularium IV, 32 ss. Qui all’art. 1: «Quod per artes magicas et maleficia et invocationes nefarias quaerere familiaritates, amicitias et auxilia daemonum, non sit idolatria», si dà la censura: «Error. Quoniam daemon adversarius et pertinax et implacabilis Dei et hominis iudicatur, nec est honoris vel dominii cuiuscumque vere seu participative vel aptitudinaliter susceptivus, ut aliae creaturae rationales non damnatae, nec in signo ad placitum instituto, ut sunt imagines et templa, Deus in ipsis honoratur».

[v] Denifle-Chatelain l. c. p. 518 ss. Du Plessis l. c. I, 2, p. 229 ss. Iudicium del 26 ottobre 1466, presso il Du Plessis l. c. I, 2, p. 324-331. Iudicium de Simone Pharees, p. 418, c. 2. Delitti in Arras, secondo il Monstrelet, Chron. du roi Charles VII, p. 1459, 1460, ed. Paris, 1861.

[vi] In Germania lo Specchio sassone (libro II, art. 13, § 7) pone il supplizio del fuoco per il commercio coi maghi. Cfr. il codice civile dello Specchio svevo § 174. Ordinamento della procedura criminale di Carlo V, art. 109. Intorno alla grande estensione delle cause di magia in Germania v. Spee, S. I. Cautio criminalis, dub. XI, XV. Medici superstiziosi, presso il Gerson., Opp. I, 203-210. Inchieste fra i greci: Acta Patriarchatus Constantinopolitani, ed. Muller et Miklosich, t. I, Docum. 79, 80, 85 s. 134, 137, 153, 228. 292, 305, 331; t. II, Docum. 377 e altri parecchi. Cfr.: Hergenrother, La Chiesa cattolica e lo Stato cristiano.

[vii] Sixtus IV, C. 2 de malef. et incantato V, 12 in libro Sept. Innoc. VIII, Const. Summis desiderantes nel Bullar. Rom. ed. Taur. V. 296 s. c. 4, I. c. in Sept.

[viii] Il «Malleus maleficarum» composto dallo Sprenger e dall’Institoris fu da prima stampato nei 1487 e 1488.

[ix] Alex. VI, c. 1 I. C. in Sept. Leo X, Const. Honestis potentium l. c. c. 6. Bullar. Rom. p. 499. Hadrian. VI (1522), Ad Inquis. Comm. Sept. l. c. c. 3. Hardouin l. c. IX, 1907-1910.

[x] Il libro di U. Molitor, De lamiis pythonicis mulieribus, Colon., 1489, si trova anche in appendice all’edizione di Francoforte (1580) del Martello delle streghe. Sopra questo l’università di Colonia dette un parere favorevole, e il re Massimiliano un salvacondotto agl’inquisitori (Bruxelles, 6 novembre 1486).
Immagine: The Magic Circle (1886) di John William Waterhouse
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